L’INFN CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE PER LE DONNE E LE RAGAZZE NELLA SCIENZA 2024

L’INFN CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE PER LE DONNE E LE RAGAZZE NELLA SCIENZA 2024

L’11 febbraio torna l’International day of women and girls in science, la giornata internazionale per le donne e le ragazze nella scienza, a cui l’INFN aderisce con tante iniziative, eventi e incontri in tutta Italia e online.

La giornata è stata istituita nel 2015 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per promuovere la piena ed equa partecipazione di donne e ragazze nelle scienze, in materia di istruzione, formazione, occupazione e processi decisionali.

I canali social INFN aderiscono alla campagna #WomenInScience, a cui parteciperanno anche altri grandi laboratori internazionali come il CERN. Attraverso la pubblicazione di brevi video, sarà evidenziato il ruolo e i contributi di quattro grandi scienziate al progresso della conoscenza: Vera Cooper Rubin, Marietta Blau, Chien Shiung Wu e Milla Baldo Ceolin.

Ad aprire le celebrazioni, martedì 6 febbraio, a partire dalle 17:00 all’Antico Caffè San Marco di Trieste, ci sarà l’evento “Un caffè con le ricercatrici”, a cui l’INFN partecipa insieme a SISSA, Università di Trieste, Area science park, OGS, ICGEB, Elettra e INAF.

Le iniziative proseguono il 7 febbraio al Conservatorio di Cagliari, con lo spettacolo teatrale “La forza nascosta”, che racconta la storia di quattro grandi scienziate del ’900, Vera Cooper Rubin, Marietta Blau, Chien-Shiung Wu e Milla Baldo Ceolin. All’evento parteciperanno studentesse e studenti delle scuole superiori. Il 13 febbraio alle 17:00, lo stesso spettacolo sarà replicato nella speciale cornice dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, luogo simbolo per la ricerca scientifica in cui si cercano di svelare i grandi misteri dell’universo, e sarà trasmesso sul canale youtube dell’INFN. Il 14 febbraio alle 9:00 andrà in scena al Teatro dell’Accademia di Belle arti de L’Aquila. Questa rappresentazione sarà dedicata a studenti e studentesse delle scuole secondarie di secondo grado delle città.

A Roma, a Palazzo delle Esposizioni, giovedì 8 febbraio alle 18:30, ci sarà un incontro su onde gravitazionali e astronomia multimessaggera dal titolo “Otto anni di onde gravitazionali – L’astronomia multimessaggera, da LIGO-Virgo all’Einstein Telescope”, con le ricercatrici Marica Branchesi (GSSI, INAF e INFN) e Viviana Fafone (Università di Roma Tor Vergata e INFN). L’evento è organizzato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, in occasione della mostra “Macchine del tempo”, che sarà visitabile fino al 24 marzo.

La maggior parte delle iniziative sono organizzate per venerdì 9 febbraio. In particolare, a partire dalle 9:00 le sezioni INFN di Roma Tor Vergata, di Roma Sapienza e il gruppo collegato di Cosenza partecipano a una speciale edizione delle masterclass di fisica delle particelle dedicata esclusivamente a studentesse delle scuole superiori, che per un giorno rivestiranno i panni di una ricercatrice che lavora all’analisi dei dati dei grandi esperimenti del CERN e avranno modo di confrontarsi con altre studentesse che partecipano alla stessa iniziativa in altri paesi, dalla Spagna alla Bulgaria, dal Brasile all’Ungheria. Inoltre, dalle 9:00 alle 13:00, i Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, invitano studentesse e studenti del quarto e quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado a partecipare all’evento “Let’s Stem Together”, con l’obiettivo di stimolare ragazze e ragazzi a riflettere e confrontarsi su ostacoli e opportunità nel loro percorso formativo oltre che sul ruolo della donna nella società e nella ricerca. E, per tutta la giornata, la sezione INFN di Cagliari e l’Università di Cagliari organizzano una Masterclass con studentesse e studenti della scuola secondaria di secondo grado con attività di laboratorio che riguardano la fisica ma anche altre discipline scientifiche.

Domenica 11 febbraio alle 16:00, invece, la sezione INFN di Torino organizza in collaborazione con Infini.to, il Planetario di Torino, una tavola rotonda dal titolo “Le Donne della Fisica”. E, lunedì 12 febbraio alle 15:00 ai Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN ci sarà un seminario dedicato alla scienziata Cecilia Payne.

Lunedi 12 febbraio dalle 9:30 alle 13:00, a Roma, all’Auditorium dell’Agenzia Spaziale Italiana in Via del Politecnico, ci sarà un incontro rivolto alle studentesse e agli studenti della Scuola secondaria di secondo grado, con molti interventi volti a decostruire gli stereotipi legati all’idea che il mondo delle materie STEM sia solo per pochi e ad illustrare il ricco e poliedrico mondo della scienza, attraverso le testimonianze, aperte al dialogo e al confronto, di studentesse universitarie, dottorande e ricercatrici. L’incontro è organizzato di Comitati Unici di Garanzia dell’ASI, dell’INFN, dell’INAF, dell’Università di Roma Tor Vergata, dell’ENEA e del CNR e dall’associazione Women in Aerospace Europe Rome Local Group (WIA) ed è patrocinato dall’Unione Astronomica Internazionale (IAU).

Venerdì 15 febbraio, a partire dalle 14:00, l’Aula Rostagni del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Univestirà degli Studi di Padova, ospiterà l’evelento “Dai fiocchi rosa ai femminicidi: la costruzione sociale dei ruoli di genere“, organizzato in collaborazione con la sezione INFN di Padova.

Le celebrazioni si chiuderanno martedì 27 febbraio, alle 11:00, con un evento dal titolo “Equità nel progresso: la diversità per una ricerca sostenibile” che, organizzato in collaborazione con la sezione INFN di Firenze, si terrà nell’aula magna del dipartimento di fisica dell’Università degli studi di Firenze e vedrà la partecipazione di Nicole Ticchi, presidente dell’associazione “She is a scientist”. L’evento è organizzato nell’ambito dell’iniziativa GWB2024 (Global Women Breakfast) della IUPAC – International Union of Pure and Applied Chemistry.

In foto, Cristina Bahamonde, ricercatrice del CERN, al lavoro sul Large Hadron Collider. ©Noemi Caraban/CERN

FERMILAB: COMPLETATO LO SCAVO DELLE GIGANTESCHE CAVERNE PER L’ESPERIMENTO DUNE

FERMILAB: COMPLETATO LO SCAVO DELLE GIGANTESCHE CAVERNE PER L’ESPERIMENTO DUNE

Negli Stati Uniti, in South Dakota, a Lead, sono stati completati gli scavi delle caverne che ospiteranno i giganteschi rivelatori di particelle dell’esperimento internazionale DUNE (Deep Underground Neutrino Experiment), a cui lavorano anche scienziati e scienziate dell’INFN, fin dalla sua ideazione. Situate a un miglio sotto la superficie, le tre grandissime caverne ospiteranno una nuova infrastruttura di ricerca che si estenderà su un’area sotterranea grande quanto otto campi da calcio.

L’obiettivo dell’esperimento DUNE sarà studiare il comportamento dei neutrini per cercare le risposte ad alcune delle più fondamentali domande sul nostro universo: perché è composto di materia? Come una stella che esplode dà origine a un buco nero? I neutrini sono connessi alla materia oscura o ad altre particelle non ancora scoperte?

Nelle caverne saranno alloggiati quattro grandi rivelatori di neutrini, ciascuno delle dimensioni di un edificio di sette piani, che saranno riempiti di argon liquido e registreranno le rare interazioni dei neutrini con il liquido.

Con DUNE, le ricercatrici e i ricercatori cercheranno di rivelare i neutrini provenienti dalle stelle che esplodono ma studieranno anche il comportamento di un fascio di neutrini prodotto al Fermilab, vicino a Chicago, e che arriverà ai rivelatori dopo un percorso di circa 800 miglia.

Le squadre di ingegneria, costruzione e scavo lavorano dal 2021 nei pressi della Sanford Underground Research Facility, sede dell’esperimento DUNE in South Dakota. Le squadre di costruzione hanno smantellato pesanti attrezzature minerarie e, pezzo per pezzo, le hanno trasportate sottoterra utilizzando un pozzo esistente. Una volta sottoterra, hanno riassemblato l’attrezzatura e hanno trascorso quasi due anni a far saltare e rimuovere la roccia. Quasi 800.000 tonnellate di roccia sono state scavate e trasportate dal sottosuolo in un’ampia ex area mineraria fuori terra, chiamata Open Cut.

A breve, inizieranno i lavori per attrezzare le caverne con i sistemi necessari per l’installazione dei rivelatori di DUNE e per le operazioni quotidiane della struttura di ricerca: l’inizio dell’installazione della struttura in acciaio che ospiterà il primo rivelatore di neutrini è prevista iniziare già quest’anno, con l’obiettivo di rendere operativo il primo rivelatore dell’esperimento entro la fine del 2028.

Fotografie e video delle operazioni di scavo

Breve videoanimazione dell’esperimento DUNE

Breve videoanimazione sul percoso dei neutrini

 

 

 

 

 

IL GGI VINCE UN NUOVO FINANZIAMENTO DELLA FONDAZIONE SIMONS

IL GGI VINCE UN NUOVO FINANZIAMENTO DELLA FONDAZIONE SIMONS

Il Galileo Galilei Institute, Centro Nazionale di Studi Avanzati dell’INFN dedicato alla fisica teorica, ha vinto un Targeted Grant to Institutes della Simons Foundation del valore totale di circa 500.000 dollari. È la seconda volta che il GGI risulta vincitore dei bandi di finanziamento Simons. La proposta scientifica selezionata riguarda diverse attività da svolgersi al GGI nell’arco dei prossimi tre anni. In particolare, il Simons Visiting Program at GGI copre tre diverse tipologie di collaborazioni con le attività del Centro: le visite a lungo termine di scienziati e scienziate, la partecipazione di eminenti scienziate e scienziati ai workshop organizzati al GGI, iniziative per una maggiore partecipazione di giovani ricercatrici e ricercatori, e di dottorandi e dottorande provenienti da Istituzioni con finanziamenti limitati. Inoltre, viene stabilita una partnership per lo sviluppo del Centro di Fisica di Pollica (Pollica Physics Centre), un istituto recentemente costituito nel Sud Italia, più precisamente nel Cilento, che organizza workshop di fisica teorica e matematica. Il contributo della Simons Foundation andrà a integrare il finanziamento istituzionale, sostenendo azioni specifiche per la missione scientifica del GGI.

“Siamo estremamente felici per il positivo riscontro che la nostra proposta ha ricevuto da parte della Simons Foundation, anche perché si tratta del secondo successo che il GGI ottiene in queste selezioni, e questo ci rende molto orgogliosi, è un riconoscimento dell’importanza del GGI e del lavoro che stiamo facendo”, commenta Stefania De Curtis, direttrice del Galileo Galilei Institute. “Il Simons Visiting Program che potremo così realizzare al GGI – prosegue De Curtis – amplierà e rafforzerà il ruolo del nostro Istituto come punto di riferimento internazionale per la formazione avanzata e la ricerca, contribuendo a rafforzare i contatti all’interno della comunità scientifica internazionale, e favorendo l’interazione e la sinergia tra competenze diverse. Inoltre, potremo introdurre iniziative per favorire l’inclusività e lo sviluppo del Centro di Fisica di Pollica e, più in generale, promuovere lo scambio di conoscenze scientifiche tra l’Italia e il resto del mondo. Ringraziamo, quindi, la Simons Foundation per il riconoscimento e per la bellissima opportunità che offre al Galileo Galilei Institute”.

ADDIO A STEFANO CATANI

ADDIO A STEFANO CATANI

Il 16 gennaio ci ha lasciati Stefano Catani, fisico teorico della Sezione di Firenze dell’INFN, uno dei massimi esperti internazionali della teoria delle interazioni forti, la Cromodinamica Quantistica (QCD), e delle sue applicazioni agli acceleratori di particelle.

“Uno scienziato di fama mondiale, una persona eccezionale, colta e gentile, un amico”, così lo ricordano i colleghi della Sezione di Firenze. Stefano Catani ha studiato fisica all’Università di Firenze, conseguendovi anche il dottorato di ricerca nel 1987 sotto la supervisione di Marcello Ciafaloni. Quindi è stato borsista postdoc all’università di Cambridge dal 1989 al 1991, e alla Divisione Teorica del CERN dal 1991 al 1993. Successivamente ha sviluppato la sua carriera scientifica come dipendente dell’INFN presso la Sezione di Firenze, diventando primo ricercatore nel 1993 e dirigente di ricerca nel 2001. Tra il 1997 e il 2002 è stato member staff della Divisione Teorica del CERN.

“Stefano Catani è stato un grandissimo fisico teorico, uno dei grandi pionieri nello sviluppo della QCD come scienza di precisione, grazie alla sua straordinaria capacità di abbracciare l’intero campo senza soluzione di continuità, dalla fisica dei gluoni ‘soft’ e la loro risommazione, al regime perturbativo”, ricorda Lance Dixon, professore a SLAC e all’Università di Stanford. “Io e i miei colleghi ci siamo basati molto sul suo lavoro per imparare come organizzare le ampiezze perturbative nella QCD, così come nei suoi ‘cugini’ supersimmetrici. Stefano è stato un caro collega sempre generoso con il suo tempo e le sue intuizioni, un vero amico. Mancherà molto a tutti”, conclude Dixon.

Gli innumerevoli messaggi ricevuti da collaboratori e colleghi di tutto il mondo, colpiti dalla perdita di un caro amico e collega straordinario, confermano queste parole, riconoscendo a Stefano grandi doti di generosità, calore umano e rigore scientifico.

Le sue ricerche sono internazionalmente riconosciute come fondamentali per il successo del programma di fisica agli acceleratori di alta energia, in particolare per lo studio della fisica del bosone di Higgs e del quark top. Tra i suoi contributi più importanti ricordiamo la formulazione degli algoritmi di ‘jet clustering’, l’analisi delle singolarità infrarosse nelle ampiezze di scattering (la cosiddetta formula di Catani), l’algoritmo generale per il calcolo perturbativo delle sezioni d’urto che è diventato uno standard nella comunità scientifica (mediante la sottrazione di Catani-Seymour) e il metodo innovativo per le simulazioni Monte Carlo di processi con molti jet (metodo di Catani-Krauss-Kuhn-Webber). Ha inoltre studiato le proprietà di fattorizzazione e gli effetti di coerenza nel limite di alta energia (equazione di Catani-Ciafaloni-Fiorani-Marchesini).

 

 

ALL’INFN NUOVE NOMINE IN GIUNTA E CONSIGLIO DIRETTIVO

ALL’INFN NUOVE NOMINE IN GIUNTA E CONSIGLIO DIRETTIVO

Nel corso delle riunioni del Consiglio Direttivo dell’INFN di dicembre e gennaio, sono stati eletti e sono state ufficializzate le nomine ministeriali dei nuovi membri della Giunta Esecutiva e del Consiglio Direttivo dell’Istituto. Per quanto riguarda la Giunta Esecutiva, è stato eletto Oscar Adriani, già Direttore della Sezione INFN di Firenze, mentre Diego Bettoni viene nominato rappresentante del MUR Ministero dell’Università e della Ricerca. Per quanto riguarda, invece, il Consiglio Direttivo, sono stati eletti Tommaso Tabarelli de Fatis alla direzione della Sezione INFN di Milano Bicocca e Valter Bonvicini alla direzione della Sezione INFN di Trieste, mentre Francesco Forti entra nel Consiglio Direttivo come rappresentante del MUR.

 

Oscar Adriani, professore ordinario all’Università di Firenze, è un fisico sperimentale esperto nel campo della fisica delle particelle e nella fisica dei raggi cosmici. La sua carriera scientifica è iniziata nell’ambito delle misure di precisione all’acceleratore LEP del CERN, a Ginevra, per poi proseguire nel campo della fisica delle astroparticelle con l’esperimento su satellite PAMELA, dedicato alla misura di antimateria nei raggi cosmici. In seguito, è stato uno dei principali proponenti dell’esperimento LHCf, dedicato a misure “in avanti” nelle collisioni ad alta energia nell’acceleratore LHC del CERN, finalizzate al miglioramento della conoscenza della fisica dei raggi cosmici. Nel corso della sua carriera ha fornito importanti contributi allo sviluppo di rivelatori di particelle, sia per rivelatori traccianti di precisione per spettrometri magnetici, sia per sistemi calorimetrici innovativi per la fisica dei raggi cosmici. È stato direttore della Sezione INFN di Firenze dal 2015 al 2023.

 
 

Diego Bettoni è un fisico sperimentale esperto di fisica nucleare e delle alte energie. I suoi principali interessi di ricerca sono nel campo della spettroscopia adronica, in particolare la fisica del quarkonio convenzionale ed esotico, e della struttura degli adroni, in particolare lo studio dei fattori di forma del nucleone. Bettoni ha collaborato a esperimenti nei principali laboratori internazionali, tra cui il CERN a Ginevra, Fermilab e SLAC negli Stati Uniti e FAIR/GSI in Germania. Attualmente partecipa all’esperimento BESIII presso IHEP in Cina. È coautore di oltre 600 pubblicazioni scientifiche. Bettoni è stato direttore della Sezione di Ferrara e dei Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN ed è già stato membro della Giunta Esecutiva dell’Istituto.

 
 

Valter Bonvicini è un fisico sperimentale, dirigente di ricerca dell’INFN. Si è principalmente occupato dello sviluppo di sistemi di rivelazione per tracciamento in esperimenti di fisica delle alte energie, e calorimetria in esperimenti spaziali. Ha partecipato a esperimenti, sia su palloni stratosferici sia su satelliti, per lo studio della componente isotopica dei raggi cosmici, la misura della componente di antimateria nei raggi cosmici primari e la ricerca indiretta di materia oscura. Nell’esperimento PAMELA, è stato responsabile per la progettazione e la costruzione del calorimetro elettromagnetico tracciante. È co-responsabile nazionale dell’esperimento XRO (X-Ray Observatories). Si è, inoltre, occupato di fisica interdisciplinare, in particolare di imaging mammografico diagnostico e di studi degli effetti della radiazione cosmica sul sistema nervoso e visivo umano. Dal 2014 al 2021, è stato presidente della Commissione Scientifica Nazionale 5 dell’INFN per la ricerca tecnologica e le sue applicazioni. Dal 2021 coordina le attività ‘quantum’ dell’Istituto. È autore o coautore di oltre 390 pubblicazioni.

 
 

Francesco Forti, due figli, è professore ordinario all’Università di Pisa dal 2016. La sua attività di ricerca si è svolta nell’ambito della fisica particellare agli acceleratori, con particolare interesse per la fisica del sapore. Ha lavorato nell’esperimento Aleph al CERN, al Lawrence Berkeley Laboratory, e nell’esperimento Babar a SLAC, in California, nel quale è stato responsabile della costruzione del rivelatore di vertice. Dal 2013 partecipa all’esperimento Belle II, al laboratorio KEK, in Giappone, di cui è stato presidente del comitato esecutivo ed è attualmente coordinatore dell’upgrade. Ha svolto attività di ricerca e sviluppo nel campo dei rivelatori di tracciatura a semiconduttore.  Ha fatto parte di numerosi comitati di revisione di progetto di MIUR, INFN, CERN, Fermilab e ERC. Dal 2015 al 2019 è stato presidente del comitato LHC del CERN. È membro del ICFA Instrumentation, Innovation and Development Panel. Dal gennaio 2024 è editor-in-chief per la sezione Accelerator Based High-Energy Physics della rivista European Physics Journal C. Ha sempre unito alla ricerca scientifica attività di divulgazione e impegno sociale e dal novembre 2019 è Segretario Nazionale dell’Unione Scienziati per Il Disarmo (USPID).

 
 

 

Tommaso Tabarelli de Fatis è professore di fisica sperimentale all’Università di Milano Bicocca, con interessi scientifici in esperimenti a collisori di particelle, in esperimenti su scala di laboratorio e nello sviluppo di rivelatori per lo studio delle interazioni fondamentali. Ha contribuito alla progettazione, al funzionamento e all’analisi dei dati di esperimenti ai collisori LEP e LHC al CERN e, in minor misura, a ricerche sulle proprietà di massa e coniugazione di carica dei neutrini ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso. È stato responsabile del calorimetro elettromagnetico dell’esperimento CMS durante la prima fase di operazione di LHC, culminata nell’osservazione del bosone di Higgs. È responsabile del progetto di un innovativo rivelatore di traccia con risoluzione di tempo estrema, per l’aggiornamento dell’esperimento CMS per la fase di alta luminosità di LHC.

QUEL FOTONE CHE NON SAREBBE MAI DOVUTO ARRIVARE SULLA TERRA

QUEL FOTONE CHE NON SAREBBE MAI DOVUTO ARRIVARE SULLA TERRA

Un fotone di altissima energia associato al lampo gamma più potente finora registrato ha messo in crisi l’attuale modello che descrive questi violentissimi eventi celesti. Un gruppo tutto italiano composto da ricercatrici e ricercatori dell’INAF e dell’INFN prova a far luce su questo fotone che non sarebbe mai dovuto arrivare sulla Terra, proponendo un’interpretazione che contempla la presenza di una oscillazione tra fotoni e ALP, ipotetiche particelle previste dalla teoria delle stringhe.

Un singolo fotone ma talmente energetico da mettere in crisi gli attuali modelli astrofisici sulla propagazione dei raggi gamma.  L’evento nel quale è stato osservato, chiamato BOAT (brightest of all time, ovvero il più luminoso di tutti i tempi), è il lampo di raggi gamma (gamma-ray burst, GRB) GRB 221009A, emesso da una galassia a oltre due miliardi di anni luce da noi e rivelato – da terra e nello spazio – il 9 ottobre 2022. Tra i fotoni gamma di altissima energia intercettati dal rivelatore cinese LHAASO in occasione di questo evento, ce n’era, appunto, uno di addirittura 18 TeV: l’energia più elevata mai registrata da un GRB. Un’interessante interpretazione di questa inaspettata osservazione viene fornita da uno studio interamente italiano, coordinato da INAF Istituto Nazionale di Astrofisica insieme a INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con autori Giorgio Galanti, Lara Nava, Marco Roncadelli, Fabrizio Tavecchio e Giacomo Bonnoli, pubblicato oggi, 18 dicembre, su Physical Review Letters.

“Pochi minuti dopo aver avuto notizia dell’esplosione – ricorda Giorgio Galanti dell’INAF, primo autore dell’articolo – abbiamo intuito che questo GRB non solo poteva essere un evento astrofisico straordinario ma poteva anche rappresentare un’opportunità unica per studi di fisica fondamentale, in particolare riguardo alle axion-like particles”.

Secondo l’ipotesi avanzata dal gruppo di ricerca, quel fotone così energetico potrebbe essere un ‘fotone trasformista’: capace cioè di cambiare natura, oscillando da una ‘personalità’ all’altra mentre viaggia alla velocità della luce. E le ALP – le axion-like particles, ipotetiche particelle previste dalla teoria delle stringhe candidate per costituire la materia oscura fredda, simili ad altre particelle altrettanto ipotetiche, gli assioni – sarebbero una di queste personalità. Un po’ come Mr. Hyde, una ALP è infatti in grado di compiere azioni che un fotone, il Dr. Jekyll di questa strana storia, non riuscirebbe mai a portare a termine: attraversare indenne la cosiddetta EBL – l’extragalactic background light, la luce di fondo extragalattica, ovvero la luce emessa da tutte le stelle durante l’intera evoluzione dell’universo.

Quando un fotone di alta energia — diciamo superiore a 100 GeV — urta un fotone dell’EBL, c’è una probabilità che si formi una coppia elettrone-positrone, che fa scomparire il fotone di alta energia. E questo effetto diventa progressivamente più importante al crescere sia dell’energia, sia della distanza. Ritornando, quindi, al GRB 221009A, secondo la fisica convenzionale, i fotoni di energia superiore a circa 10 TeV verrebbero completamente assorbiti. Considerando il redshift della sorgente, e dunque l’enorme distanza percorsa dal lampo gamma, i fotoni a energie più elevate in teoria non sarebbero mai stati in grado di giungere fino a noi. Come è allora possibile che LHAASO, unico strumento per la rivelazione dei lampi gamma a non essere andato in saturazione quel 9 ottobre di un anno fa, abbia osservato fotoni del GRB 221009A a energie comprese fra 500 GeV e 18 TeV? È qui che entrano in gioco, appunto, le ALP. 

“Secondo la nostra ipotesi, in presenza di campi magnetici, i fotoni si tramutano in ALP e viceversa, — spiega Marco Roncadelli, ricercatore associato all’INFN e all’INAF — rendendo così possibile raggiungere la Terra a un maggior numero di fotoni, perché le ALP sono invisibili ai fotoni del fondo extragalattico”.

Entrando un po’ più nel dettaglio, le ALP si accoppiano a due fotoni, ma non a un singolo fotone. Questo fatto implica che in presenza di un campo magnetico esterno – che, come è ben noto, è costituito da fotoni – si possono avere ‘oscillazioni fotone-ALP’. Queste sono molto simili alle oscillazioni dei neutrini massivi di tipo diverso, con la sola differenza che per le ALP l’esistenza del campo magnetico è essenziale al fine di garantire la conservazione del momento angolare, in quanto il fotone ha spin 1 mentre le ALP hanno spin 0: lo spin mancante o eccedente è compensato dal campo magnetico esterno. 

L’oscillazione tra fotoni e ALP per aggirare l’opacità del fondo extragalattico ai fotoni di energia elevata non è un’idea inedita: è una soluzione proposta per la prima volta nel 2007 da Alessandro De Angelis, Oriana Mansutti e Marco Roncadelli. Ed è una soluzione a un problema più generale di quello posto da questo gamma-ray burst. Oltre ai lampi di raggi gamma, ci sono infatti altre sorgenti distanti che emettono fotoni a energie elevatissime eppure in grado di giungere fino a noi, in barba alla fisica standard. Sorgenti come i quasar di tipo FSRQ (flat spectrum radio quasar), dove la componente ‘opaca’ che intralcia la corsa dei fotoni ad alta energia, fino a renderne teoricamente impossibile la fuoriuscita, non è la ELB ma qualcosa di molto simile: un campo di radiazione ultravioletta all’interno della sorgente stessa. O i blazar di tipo BL Lac, il cui spettro – come mostrato da uno studio pubblicato nel 2020 dagli stessi Galanti, Roncadelli e De Angelis insieme a Giovanni F. Bignami – sarebbe in alcuni casi inspiegabile senza ricorrere a un meccanismo che consenta di aumentare la ‘trasparenza cosmica’, riducendo quindi l’assorbimento prodotto dall’EBL. 

Fotoni da quasar FSRQ, fotoni da blazar BL Lac e ora fotoni da questo lampo gamma BOAT, dunque. Tutt’e tre apparentemente inconcepibili entro il perimetro della fisica standard. Ma tutt’e tre spiegabili se al posto di ‘semplici’ fotoni ci fossero particelle “Jekyll-Hyde” che oscillano da fotone ad ALP e viceversa. Per dare solidità a questa ipotesi, serviranno altre osservazioni, e saranno per questo di grande aiuto i nuovi osservatori astrofisici per alte energie – primi fra tutti CTA e l’italiano ASTRI – pronti a entrare in funzione nei prossimi anni.

L’articolo Observability of the very-high-energy emission from GRB 221009A di Giorgio Galanti, Lara Nava, Marco Roncadelli, Fabrizio Tavecchio, Giacomo Bonnoli viene pubblicato oggi sulla rivista Physical Review Letters.

ADDIO A GIOVANNI RICCO

ADDIO A GIOVANNI RICCO

Ci ha lasciati Giovanni Ricco, fisico sperimentale di fama internazionale, professore dell’Università di Genova e ricercatore associato all’INFN, di cui è stato anche vicepresidente.

“Con lui se ne va un pezzo di storia del vecchio Istituto e dell’attuale Dipartimento di Fisica, ma soprattutto della Sezione di Genova dell’INFN all’interno della quale ha svolto la sua lunga e blasonata carriera scientifica e manageriale”, ricorda Mauro Taiuti, direttore della Sezione INFN di Genova.

Giovanni Ricco, Gianni come lo chiamavano tutti, all’INFN è stato prima direttore della Sezione di Genova e successivamente membro della Giunta Esecutiva e quindi vicepresidente dell’Istituto. Nel corso degli anni Gianni ha organizzato un gruppo sperimentale di fisica nucleare molto preparato, in particolare sul fronte della progettazione e realizzazione di strumentazione scientifica di altissimo livello, caratteristica che, insieme ai risultati ottenuti, gli ha valso riconoscimenti a livello sia nazionale, sia internazionale, come dimostrano le diverse collaborazioni che sono via via maturate, anche dopo il suo ritiro per il pensionamento. La sua lunga carriera scientifica era iniziata negli anni ’60, quando a Genova ancora funzionava il betatrone. Ricco ha quindi lavorato al sincrotrone di Torino e al ciclotrone di Milano, e successivamente al tandem dei Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN e allo storico anello di accumulazione Adone dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, allo ESRF di Grenoble e al Jefferson Laboratory negli USA. Il campo della fisica nucleare di competenza del suo gruppo è sempre stato quello delle fotoreazioni dirette e inverse, e in generale le interazioni nucleari elettromagnetiche in sistemi a pochi corpi. Il gruppo di Genova si è distinto soprattutto nella realizzazione di apparati sperimentali sempre più complessi, fino ad arrivare alla realizzazione del calorimetro elettromagnetico LAC e alla sua successiva installazione e gestione nella Sala B del Jefferson Laboratory. Grazie al suo supporto sono partite a Genova nel campo della fisica astronucleare e astroparticellare le iniziative LUNA ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, e NEMO ai Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN, quest’ultimo evoluto successivamente nel grande telescopio sottomarino per neutrini KM3NeT. Anche dopo il pensionamento, Gianni Ricco ha continuato a dedicarsi alla ricerca, più specificamente alla fisica nucleare applicata, partecipando attivamente alla nascita del progetto INFN-Energia.

“Gianni era una persona dotata di grande vivacità intellettuale, entusiasta e caparbia che mai si è arresa di fronte a nulla e che ha avuto il grande merito di essere sempre riuscito a portare a termine positivamente tutte le grandi sfide sperimentali che ha affrontato nella sua lunga carriera”, ricorda Piero Corvisiero, già direttore della Sezione INFN di Genova.

 

 

 

 

GOVERNO RAFFORZA LA CANDIDATURA DELL’ITALIA PER ET

GOVERNO RAFFORZA LA CANDIDATURA DELL’ITALIA PER ET

Il presidente dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Antonio Zoccoli commenta l’impegno istituzionale e finanziario del Governo italiano a sostegno della candidatura della Sardegna a ospitare Einstein Telescope, come riportato nel comunicato del MUR Ministero dell’Università e della Ricerca: “Ringraziamo il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per il significativo sostegno del nostro Governo al progetto Einstein Telescope, sostegno fondamentale per la candidatura italiana della Sardegna a ospitare il futuro grande rivelatore di onde gravitazionali. Ringraziamo il Ministro Anna Maria Bernini per la risolutezza con cui il Ministero dell’Università e della Ricerca ha sostenuto fin da subito e promuove, a livello sia nazionale sia internazionale, questa grande impresa scientifica, che rivoluzionerà lo studio del nostro universo, permettendo di raggiungere luoghi e tempi ad oggi inesplorati e inesplorabili. Einstein Telescope è un’opportunità unica non solo per la scienza e per la conoscenza, ma anche per il nostro Paese. Se riusciremo a vincere la dura competizione internazionale, e oggi la candidatura italiana è davvero la più solida, per realizzare questa grande infrastruttura scientifica in Italia, la Sardegna sarà al centro della ricerca mondiale sulle onde gravitazionali, e potrà attrarre sul proprio territorio risorse e ricercatori e ricercatrici da tutta Europa, con esiti positivi in termini di innovazione e crescita industriale, economica, sociale e culturale che interesseranno il territorio e l’intero Sistema Paese. Per disegnare il futuro ci vogliono visione e determinazione. Einstein Telescope è un investimento strategico per il futuro della Sardegna, dell’Italia, di tutti noi e, è bello dirlo, soprattutto delle nostre giovani e dei nostri giovani”. 

AL VIA LA COLLABORAZIONE TRA INFN NUCLEARE E CDP NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA INVESTEU

AL VIA LA COLLABORAZIONE TRA INFN NUCLEARE E CDP NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA INVESTEU

Promuovere lo sviluppo industriale attraverso il potenziamento dell’attività di ricerca all’interno delle aziende italiane, favorendo progetti innovativi a beneficio della comunità scientifica. Questo l’obiettivo del Protocollo d’intesa firmato tra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e Cassa Depositi e Prestiti (CDP).

La collaborazione, in essere fino a fine 2024, permetterà all’INFN, anche nell’ambito del proprio programma Research for Innovation (R4I), di cogliere le opportunità offerte dal Programma InvestEU, avvalendosi del sostegno di CDP in forza del suo ruolo di Advisory Partner della Commissione Europea nell’ambito del Polo di Consulenza promosso dall’Unione Europea.

In dettaglio, l’INFN, nell’ambito della sua missione di ricerca scientifica nel campo della fisica fondamentale, in particolare della fisica nucleare, subnucleare e astroparticellare, e di sviluppo delle relative tecnologie, realizza importanti progetti tecnologici in collaborazione con aziende, ed è quindi impegnato anche nella diffusione della ricerca nel mondo imprenditoriale e nel rafforzamento delle sue stesse competenze, attraverso la formazione della comunità scientifica.

L’attività di consulenza di CDP a favore dell’Istituto riguarda in particolare quattro macro-aree: analisi delle tecnologie e dei processi elaborati dall’INFN che rientrano nel progetto, oltre alla definizione delle priorità dei cosiddetti Proof of Concept (POC, o prova di fattibilità, rappresenta il modello di prova realizzato allo scopo di dimostrare la fattibilità di un prodotto, un servizio o un processo di lavoro) scientifici più avanzati, per un potenziale sviluppo a livello imprenditoriale secondo analisi di fattibilità; valutazione delle competenze dei gruppi di progetto dei POC selezionati ed elaborazione di una gap analysis per la loro implementazione rispetto agli standard di riferimento del settore; realizzazione di attività di inquadramento strategico del potenziale di mercato delle ricerche scientifiche dei singoli gruppi attivi sui progetti; promozione e sviluppo di partnership finalizzate alla diffusione in determinate filiere industriali delle tecnologie sviluppate.

“La sigla dell’accordo con CDP rappresenta una tappa fondamentale del percorso che l’INFN ha intrapreso da lungo tempo per promuovere e valorizzare le proprie capacità di innovazione”, commenta Mariangela Cestelli Guidi, coordinatrice del Comitato Trasferimento Tecnologico dell’INFN. “Il programma Proof of Concept R4I è una delle azioni strategiche su cui l’INFN, tramite il proprio Comitato Nazionale per il Trasferimento Tecnologico, sta investendo per aggiungere valore a tecnologie di eccellenza dell’Istituto e trovare una via per il loro utilizzo, anche da parte della società e del mondo produttivo. Un ruolo centrale in questo percorso è rappresentato dal rafforzamento delle competenze specialistiche e manageriali dei ricercatori coinvolti nei progetti R4I per diffondere la cultura imprenditoriale e di innovazione. L’INFN, quindi, identifica nella formazione uno strumento strategico per la realizzazione dei propri obiettivi, e CDP rappresenta in questo ambito il partner ideale. Ci auguriamo che la sottoscrizione di questo accordo rappresenti l’inizio di una lunga e fruttuosa collaborazione”, conclude Cestelli Guidi.

Simone Aibino, Responsabile Innovazione, Digitalizzazione e Progetti Speciali di CDP ha dichiarato: “Sostenere l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare nella realizzazione di un programma volto a colmare la distanza tra ricerca e innovazione è per noi un’importante opportunità per rafforzare il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti come Istituto Nazionale di Promozione. L’Italia presenta un divario significativo fra l’eccellente qualità della sua ricerca scientifica e l’effettiva trasformazione di questo patrimonio in progettualità innovative di prodotti e servizi competitivi. Con questa collaborazione, facendo leva sul ruolo di Advisory Partner del Programma InvestEU,  intendiamo mettere a disposizione dell’INFN le nostre competenze in ambito di innovazione, tech-transfer e venture capital, promuovendo così azioni di sostegno mirate a massimizzare l’impatto dell’INFN e di tutto l’ecosistema di Ricerca e Sviluppo sulla società e l’industria del Paese”.

 

 

ESPERIMENTO DUNE: FIRMATO NEGLI USA ACCORDO INTERNAZIONALE

ESPERIMENTO DUNE: FIRMATO NEGLI USA ACCORDO INTERNAZIONALE

Dieci istituzioni internazionali,  tra cui l’INFN per l’Italia, e il CERN, hanno sottoscritto negli USA un accordo per la costruzione del gigantesco rivelatore sotterraneo per neutrini DUNE (Deep Underground Neutrino Experiment), un esperimento scientifico internazionale che impiegherà enormi rilevatori di particelle per studiare il comportamento dei neutrini e in particolare il fenomeno dell’oscillazione dei neutrini.

DUNE si comporrà di due rivelatori sotterranei posti a 1300 chilometri di distanza, che avranno il compito di individuare le caratteristiche dei neutrini e delle loro trasformazioni nel tragitto dal Fermilab (FNAL), a 40 km da Chicago, dove fasci ad alta energia di queste particelle verranno prodotte usando il nuovo acceleratore superconduttore, al Sanford Underground Research Facilities (SURF) nel South Dakota. Entrambi i rivelatori, il Near Detector al Fermilab (ND) e il Far Detector a Sanford (FD) vedono un decisivo contributo dell’INFN.

Con questo accordo la collaborazione DUNE, che rappresenta scienziati provenienti da decine di paesi in tutto il mondo, si impegna a contribuire alla costruzione dei rilevatori in entrambi i siti negli Stati Uniti.

“La collaborazione tra il DOE (Departement of Energy) e il Fermilab è strategica per l’INFN” sottolinea Marco Pallavicini, vicepresidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. “Siamo felici di condividere la responsabilità della costruzione dell’acceleratore Pip-2 e dei rivelatori in Sud Dakota al SURF e al FNAL. Non vediamo l’ora di vedere i risultati che questa bellissima impresa scientifica porterà”.

 

La collaborazione scientifica DUNE raccoglie oltre 1400 scienziati e scienziate e ingegneri di oltre 200 istituti di ricerca di tutto il mondo.

Per maggiori informazioni: Dune collaboration