QUANTO PER? AL VIA LA NUOVA CAMPAGNA SOCIAL REALIZZATA DA INFN E ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI

QUANTO PER? AL VIA LA NUOVA CAMPAGNA SOCIAL REALIZZATA DA INFN E ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI

La meccanica quantistica ha rappresentato una profonda rivoluzione per la scienza e i suoi principi, all’apparenza paradossali, ci hanno permesso di raggiungere incredibili avanzamenti in ambiti differenti della conoscenza e della tecnologia. Proprio alle molteplici applicazioni della meccanica quantistica per il progresso e il benessere della società, dai computer fino agli strumenti per la diagnostica e la terapia medica, è dedicata la nuova campagna social “Quanto Per?”, realizzata dall’INFN e dall’Accademia Nazionale dei Lincei e ideata in occasione della mostra “Quanto. La rivoluzione in salto”, che sarà aperta al pubblico al Museo delle Scienze (MUSE) di Trento fino al 15 giugno. Esperti ed esperte in discipline differenti racconteranno le molteplici, e a volte poco conosciute, applicazioni della meccanica quantistica in dieci video che saranno pubblicati sulle pagine Facebook e Instagram e sui canali YouTube dell’INFN e dell’Accademia a partire da oggi, 16 aprile, fino al 14 giugno.

A introdurre la campagna, sarà Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica 2021, vicepresidente dell’Accademia dei Lincei, professore della Sapienza Università di Roma e ricercatore INFN. Sarà poi Lucia Banci, Università di Firenze, a illustrare l’apporto della meccanica quantistica nello sviluppo di nuovi farmaci; Giorgio Manzi, Sapienza Università di Roma, esporrà le applicazioni nello studio dell’evoluzione umana; mentre Saverio Braccini, University of Bern, spiegherà la PET; Valeria Cimini, Sapienza Università di Roma, parlerà di qubit e dei computer del futuro; Giulio Cerullo, Politecnico di Milano, definirà i laser e le loro diverse applicazioni; Massimo Inguscio, Università Campus Bio-Medico di Roma, esaminerà il ruolo della meccanica quantistica nella creazione di nuovi stati della materia; Rosario Fazio, ICTP, tratterà di superconduttori; invece Maurizio Prato, Università di Trieste, ragionerà sull’impiego della fisica quantistica nella fotosintesi; infine Eleonora Capocasa, APC-CNRS e collaborazione Virgo, discuterà delle applicazioni della meccanica quantistica alla rivelazione delle onde gravitazionali.

COMPUTING E FISICA DEI NEUTRINI: FIRMATI DUE NUOVI ACCORDI TRA ITALIA E STATI UNITI

COMPUTING E FISICA DEI NEUTRINI: FIRMATI DUE NUOVI ACCORDI TRA ITALIA E STATI UNITI

Nell’ambito della missione negli Stati Uniti, a Washington, del Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, che si è svolta tra l’8 e il 10 aprile alla presenza di una delegazione dell’INFN, guidata dal presidente Antonio Zoccoli, sono stati firmati due accordi tra il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti d’America (DOE) e il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) relativi al calcolo avanzato e alle tecnologie di informazione quantistica per la fisica delle alte energie e delle astroparticelle, e al programma di ricerca Deep Underground Neutrino Experiment (DUNE), un grande esperimento scientifico internazionale sulla fisica dei neutrini in fase di costruzione negli Stati Uniti. I due accordi sono stati firmati lo scorso 9 aprile dal Ministro Bernini e da Harriet Kung, Acting Director Office of Science del DOE, e riguardano la collaborazione tra il laboratorio statunitense Femilab e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

“La collaborazione scientifica tra Italia e Stati Uniti è sempre stata strategica, e oggi, davanti alle nuove sfide emergenti nel campo del computing e della fisica delle particelle, lo diventa ancora di più”, commenta il presidente dell’INFN Antonio Zoccoli. “Siamo quindi molto soddisfatti di aver rafforzato questa storica collaborazione, andando a potenziare, grazie agli accordi appena sottoscritti, due settori strategici per lo sviluppo delle nostre attività scientifiche”.

In particolare, l’accordo per la cooperazione nell’ambito del calcolo avanzato e delle tecnologie quantistiche prevede la ricerca, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecniche di High Performance Computing (calcolo ad alte prestazioni) e di nuove tecnologie per l’informazione quantistica, attraverso lo sviluppo e l’ottimizzazione di nuovi algoritmi, strumenti e infrastrutture di machine learning e di nuove tecnologie e architetture di calcolo quantistico per simulazioni e calcoli di fisica delle alte energie e delle astroparticelle. Inoltre, l’accordo prevede anche uno scambio legato alla formazione di giovani scienziati e scienziate e alla revisione scientifica e tecnica dei lavori dei due Istituti in questi ambiti.

L’accordo di collaborazione su DUNE prevede, invece, di rafforzare la collaborazione tra l’INFN e il Fermilab nell’ambito della ricerca sulla fisica dei neutrini. Specificamente, l’INFN contribuirà alla costruzione dell’esperimento, costituito da due rivelatori sotterranei posti a 1300 chilometri di distanza l’uno dall’altro (al Fermilab, vicino Chicago, e al laboratorio SURF Sanford Underground Research Facilities, nel Dakota del Sud), fornendo tra l’altro contributi in-kind per la costruzione dei rivelatori, come il sistema di magneti e calorimetri impiegati nell’esperimento KLOE, attivo ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN fino al 2018, che costituiranno un elemento fondamentale del rivelatore di DUNE al Fermilab.
La visita negli Stati Uniti della delegazione INFN è stata anche l’occasione per tenere due incontri bilaterali con rappresentanti del DOE e della National Science Foundation statunitense per fare il punto sui progetti su cui collaborano Italia e Stati Uniti nel campo della fisica delle alte energie.

20 BORSE DI STUDIO PER LA SCUOLA DI COMUNICAZIONE E GIORNALISMO SCIENTIFICO A ERICE

20 BORSE DI STUDIO PER LA SCUOLA DI COMUNICAZIONE E GIORNALISMO SCIENTIFICO A ERICE

Osservare l’Universo da sotto per indagare i grandi misteri della fisica di oggi. È questa la sfida che racconta la nuova edizione della Scuola di comunicazione e giornalismo scientifico di Erice che offre 20 borse di studio per giornalisti e comunicatori che avranno l’opportunità di partecipare a una scuola internazionale per giovani professionisti dedicata a scienza e comunicazione. La call apre oggi e il tema dell’edizione 2024, che si terrà dal 16 al 18 ottobre 2024, è UNDERGROUND SCIENCE. Observing the Universe from below.

La scadenza per presentare domanda è il 12 maggio 2024.

Leggi tutte le informazioni su

https://ericescicomschool.lnf.infn.it/

La scuola Internazionale di comunicazione e giornalismo scientifico di Erice è una scuola breve organizzata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che si tiene annualmente nella sede del Centro di Cultura Scientifica  Ettore Majorana a Erice. La scuola è organizzata dall’INFN in collaborazione con Nature Italia,  la rivista digitale dedicata alla ricerca in Italia e alla comunità scientifica italiana edita da Nature Portfolio. Il programma prevede l’alternarsi di lezioni, dibattiti e attività intreattive dedicate alla scienza e alla comunicazione e al giornalismo scientifico centrate sul tema di ciascuna edizione.

ADDIO A PETER HIGGS

ADDIO A PETER HIGGS

Si è spento l’8 aprile, all’età di 94 anni, il fisico britannico Peter Higgs, che nel 2013 aveva ricevuto il Premio Nobel per la Fisica per aver ipotizzato nel 1964 il meccanismo attraverso cui le particelle elementari acquisiscono massa, e l’esistenza del bosone che oggi porta il suo nome, confermata sperimentalmente dopo cinquant’anni dagli esperimenti ATLAS e CMS all’acceleratore LHC del CERN. Una scoperta storica, che per essere portata a compimento aveva richiesto la realizzazione del più grande e potente complesso di macchine mai realizzato, e alla quale la comunità scientifica italiana coordinata dall’INFN aveva dato un contributo fondamentale, e annunciata al mondo il 4 luglio 2012 dall’italiana Fabiola Gianotti e dall’americano Joseph Incandela, allora alla guida delle collaborazioni scientifiche dei due esperimenti, rispettivamente ATLAS e CMS.

“Peter Higgs è stato uno scienziato che ha avuto un enorme impatto sulla fisica fondamentale grazie alla sua originale ipotesi del meccanismo che conferisce la massa alle particelle elementari”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN e membro della collaborazione ATLAS già ai tempi della scoperta. “L’attribuzione nel 2013 del premio Nobel a Peter Higgs, a valle di cinquant’anni di ricerche della comunità scientifica per confermare l’esistenza del bosone che porta il suo nome, rappresenta il giusto riconoscimento del suo eccezionale contributo al progresso della conoscenza”.

Per decenni il bosone di Higgs è stato il sacro Graal della fisica delle particelle: la sua ricerca era iniziata con vari esperimenti già negli anni ’80, ed era proseguita nel decennio successivo col collisore LEP, per concludersi infine nel luglio del 2012 con la prima osservazione al superacceleratore LHC. L’intuizione di Peter Higgs del 1964 è alla base dell’unificazione delle forze deboli ed elettromagnetica, ma inizialmente ai fisici sperimentali sembrava un po’ un artifizio teorico, una soluzione elegante con analogie con la superconduttività, che difficilmente avrebbe retto alla prova dell’esperimento. La scoperta, sempre al CERN, dei bosoni W e Z nel 1983, che valse il Premio Nobel per la Fisica all’italiano Carlo Rubbia e all’olandese Simon van der Meer, ha dato il via alla ricerca dell’ultimo tassello mancante del Modello Standard, la teoria che descrive le particelle elementari e le loro interazioni, che è effettivamente risultato straordinariamente simile alle ipotesi formulate da Higgs e, in modo indipendente, dai suoi colleghi belgi Robert Brout e François Englert.

“Peter Higgs era una persona riservata e non particolarmente visibile negli anni precedenti il premio Nobel. Il campo di Higgs, per contrasto, non solo è presente nel nostro universo fornendo massa alle particelle elementari, ma oggi è anche presenza constante e crescente nelle discussioni e nel lavoro dei fisici teorici e sperimentali”, commenta Roberto Tenchini, presidente della Commissione Scientifica di fisica delle alte energie dell’INFN e membro della collaborazione scientifica CMS. “Gli esperimenti attuali e quelli in preparazione ai futuri acceleratori hanno lo studio del campo di Higgs come obbiettivo centrale. Lo studio del bosone di Higgs può rappresentare un portale, una via promettente per arrivare alla nuova fisica al di là del Modello Standard. Così l’intuizione di Peter Higgs, mezzo secolo fa, ha dato origine a un filone di ricerca che spazia dalla fisica delle particelle alla cosmologia e che ha un ruolo dominante nella fisica fondamentale attuale”, conclude Tenchini.

 

Per approfondire

Un tè con Peter Higgs, di Vittorio De Luca in Asimmetrie 8 | Il bosone di Higgs, 2009

La particella che dà la massa, di Roberto Petronzio in Asimmetrie 8 | Il bosone di Higgs, 2009

L’INFN E LA STRATEGIA EUROPEA DI FISICA DELLE PARTICELLE: A MAGGIO IL WORKSHOP NAZIONALE

L’INFN E LA STRATEGIA EUROPEA DI FISICA DELLE PARTICELLE: A MAGGIO IL WORKSHOP NAZIONALE

I recenti progressi e i futuri sviluppi dello studio di fattibilità del Future Circular Collider (FCC, il collisore di particelle che verso il 2040 potrebbe succedere al progetto High Luminosity LHC), e degli altri progetti compresi nella European Strategy for Particle Physics saranno al centro del workshop nazionale “L’INFN e la Strategia Europea per la Fisica delle Particelle”, che tra un mese, il 6 e 7 maggio, aprirà a Roma, al Centro Congresso Frentani. Il workshop sarà dedicato all’aggiornamento e alla discussione sulle attività che, nell’ambito della comunità italiana della fisica delle particelle coordinata dall’INFN, i diversi gruppi stanno sviluppando per l’implementazione delle raccomandazioni della European Strategy. La due giorni di lavori servirà ad avviare il processo di preparazione dei contributi scientifici alla prossima edizione della Strategia, un appuntamento cruciale per il futuro della fisica delle alte energie europea e mondiale.

Il workshop organizzato dall’INFN si inserisce quindi nel più ampio contesto internazionale. Nello scorso mese di febbraio era stato, infatti, presentato al Council del CERN il lavoro fin qui compiuto, grazie all’impegno della vasta comunità scientifica di cui fa parte anche l’INFN, in particolare per la realizzazione dello studio di fattibilità di FCC. Attualmente lo studio di fattibilità si trova a metà del suo sviluppo e dovrebbe essere completato entro il 2025. Inoltre, nel corso della riunione di marzo, il Council ha approvato il calendario generale del prossimo aggiornamento della Strategia. La scadenza per la presentazione del contributo della comunità è stata fissata il 31 marzo 2025, avendo come obiettivo di concludere il processo nel giugno 2026, con l’aggiornamento della Strategia da parte del Council del CERN.

Lo studio di fattibilità per FCC è stato lanciato in risposta a una raccomandazione contenuta nell’aggiornamento del 2020 della European Strategy for Particle Physics, secondo la quale l’Europa, in collaborazione con la comunità scientifica mondiale, avrebbe dovuto intraprendere uno studio di fattibilità tecnica e finanziaria per un progetto integrato che prevede in una prima fase un collisore elettrone-positrone e, in una fase successiva, un collisore di adroni ad alta energia.

Il documento strategico individuava, infatti, come prioritaria la realizzazione di una Higgs factory, cioè una macchina capace di generare milioni di bosoni di Higgs, con stati finali molto “puliti”, come quelli che caratterizzano una macchina leptonica, seguita dall’ambizioso progetto di una macchina a protoni di altissima energia. Così, con il supporto del Council, il CERN ha avviato lo studio di fattibilità per il progetto FCC, che prevede la costruzione di un tunnel di circa 91 km di circonferenza. Il tunnel ospiterebbe inizialmente un collisore elettroni-positroni di altissima luminosità in grado di operare a diverse energie, sia al picco di produzione dell’Higgs (ZH), sia al valore della massa del bosone Z0, fino alla soglia di produzione di una coppia di quark top-antitop). Il collisore leptonico verrebbe quindi sostituito da un collisore protone-protone, con una energia nel centro di massa fino a oltre 100 TeV.

L’INFN è coinvolto in diversi progetti inclusi nella European Strategy, e in particolare in FCC attraverso la sigla RD-FCC, con una articolata attività di ricerca e sviluppo finalizzata alla realizzazione del rivelatore IDEA (Innovative Detector for Electron-positron Accelerator), e anche attraverso lo studio dell’infrastruttura da implementare e del disegno dell’acceleratore leptonico.

 

 

 

 

I RIVELATORI GRAVITAZIONALI LIGO E VIRGO RIPRENDONO L’ATTIVITÀ OSSERVATIVA

I RIVELATORI GRAVITAZIONALI LIGO E VIRGO RIPRENDONO L’ATTIVITÀ OSSERVATIVA

Il prossimo 10 aprile la collaborazione LIGO-Virgo-KAGRA avvierà la seconda parte della quarta campagna osservativa (O4b). Anche il rivelatore Virgo, che si trova in Italia, vicino a Pisa, presso l’Osservatorio Gravitazionale Europeo fondato dall’INFN e dal francese CNRS, si unirà alla corsa per identificare nuovi eventi gravitazionali, insieme ai due interferometri statunitensi LIGO, quello di Hanford, nello stato di Washington e quello di Livingston, in Louisiana, che hanno condotto la prima parte del ciclo osservativo (O4a) da maggio 2023 a gennaio 2024. O4b è previsto durare fino all’inizio del 2025.

“L’astronomia delle onde gravitazionali è diventata un metodo chiave per studiare il nostro universo. Con i dati di questo ciclo osservativo contribuiremo ad ampliare in modo significativo i nostri orizzonti, e la conoscenza dei fenomeni più oscuri e violenti dell’universo”, commenta Patrick Brady, coordinatore della Collaborazione Scientifica LIGO.

“I rivelatori di onde gravitazionali sono strumenti all’avanguardia e come tali devono affrontare molte sfide. Siamo soddisfatti di poterci unire alla nuova campagna di presa dati: il contributo di Virgo sarà fondamentale per migliorare la localizzazione degli eventi multimessaggeri che ci aspettiamo di rivelare”, commenta Gianluca Gemme, ricercatore dell’INFN che coordina la Collaborazione Virgo.

I due rivelatori LIGO hanno iniziato la campagna osservativa O4 il 24 maggio 2023 e si sono fermati il 16 gennaio 2024 per manutenzione e aggiornamenti. Nel maggio 2023, Virgo aveva preso la decisione di proseguire le proprie attività di aggiornamento tecnologico fino al 2024 per mitigare l’impatto di diverse sorgenti di ‘rumore’. Mentre il rivelatore giapponese KAGRA si è unito a O4a per un mese prima di riprendere i lavori di aggiornamento.

La durata prevista del ciclo O4 è di 18 mesi, escluse le interruzioni per manutenzione e aggiornamento. Solo nei primi sette mesi e mezzo (O4a), i due rilevatori LIGO hanno identificato 81 candidati di eventi gravitazionali altamente probabili, un numero coerente con il tasso previsto di un evento ogni 2 o 3 giorni. La grande quantità di dati raccolti durante O4a è ancora in fase di analisi, e le osservazioni astrofisiche più significative saranno annunciate nei prossimi mesi. Entro la fine della campagna O4b, prevista per febbraio 2025, mantenendo un tasso di rivelazione simile, il numero totale di segnali di onde gravitazionali osservati potrebbe superare i 200.

“Affrontare sfide – spiega Gemme – è parte integrante delle imprese alla frontiera della scienza e della tecnologia: dopo un lungo periodo di aggiornamento tecnologico durante il quale abbiamo dovuto affrontare anche molte difficoltà, abbiamo raggiunto una sensibilità di 60 Mpc, quindi un livello pari ai più alti raggiunti da Virgo in passato. Il lavoro per migliorare ulteriormente la sensibilità del nostro rivelatore continuerà anche durante il periodo di presa dati che stiamo per iniziare”.

I rivelatori LIGO hanno interrotto le osservazioni lo scorso gennaio per attività di manutenzione programmate, che hanno portato a miglioramenti ai sistemi ottici che servono a “strizzare” la luce laser per superare i limiti di sensibilità imposti dalla meccanica quantistica. Un altro sforzo ha riguardato l’individuazione e l’isolamento delle fonti di rumore nelle numerose camere a vuoto delle sale sperimentali alle estremità dei bracci di quattro chilometri. Questi e altri miglioramenti permetteranno alla Collaborazione Scientifica LIGO di continuare ad aumentare la sensibilità dei suoi interferometri, che in O4a ha raggiunti i 160 Mpc per eventi prodotti da sistemi binari di stelle di neutroni.

Il rilevatore KAGRA in Giappone, che prevedeva di entrare in O4b fin dall’inizio, si unirà invece negli ultimi mesi del 2024, dopo aver risolto i danni causati in diverse strutture dell’esperimento dal terremoto (di magnitudo 7,6 con epicentro a 120 km dal sito KAGRA) che ha colpito la penisola di Noto  lo scorso 1° gennaio. Nonostante si siano registrati solo lievi danni al tunnel, al sistema di vuoto e al sistema criogenico di KAGRA, purtroppo 9 dei 20 sistemi di sospensione degli specchi devono essere riparati e ciò richiederà un ritardo di almeno sei mesi rispetto al precedente programma. Alla conclusione dei lavori e della fase di messa in funzione, è previsto che KAGRA si unica a O4b con una sensibilità di circa 10 Mpc.

Nei prossimi mesi le ricercatrici e i ricercatori della collaborazione LIGO-Virgo-KAGRA sperano di riuscire a rivelare nuovi eventi multimessaggeri, e in questo caso

la presenza di Virgo può fare la differenza nella localizzazione in cielo delle sorgenti di questi eventi eccezionali. Inoltre, rispetto all’ultimo ciclo di osservazioni, l’aggiornamento degli strumenti, i nuovi ancora più accurati modelli di segnale, e i metodi di analisi dei dati più avanzati aumenteranno le possibilità che dall’analisi dei dati emergano prove di nuovi segnali gravitazionali, come le cosiddette ‘onde gravitazionali continue’, ossia segnali con una frequenza quasi costante e ben definita che vengono generati da stelle di neutroni rotanti (pulsar) con una distribuzione di massa asimmetrica. I dati di O4 potrebbero anche aiutare ad ampliare la nostra conoscenza del fondo gravitazionale primordiale, prodotto dalle onde gravitazionali generate nelle prime fasi della nascita dell’universo. Come nelle precedenti campagne di osservazione, durante O4b gli avvisi delle rivelazioni di possibili candidati di onde gravitazionali saranno distribuiti pubblicamente.

 

 

 

 

 

Dai neutrini solari “bisestili” possibili indizi sul momento magnetico del neutrino

Dai neutrini solari “bisestili” possibili indizi sul momento magnetico del neutrino

Osservata negli anni bisestili un’anomalia nell’emissione dei neutrini solari che potrebbe provare l’esistenza del momento magnetico del neutrino. È quanto emerge da una rianalisi dei dati degli esperimenti Gallex e Borexino, che dal 1991 fino al 2022 hanno studiato i neutrini solari dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, sotto 1400 metri di roccia. In particolare, lo studio guidato dal gruppo di Raul Pescado, professore della Pez Universitas, ha evidenziato la presenza di un’emissione pulsata di neutrini molto intensa, che si verifica ogni 29 febbraio, incompatibile con i processi noti di produzione dei neutrini nel Sole, ma spiegabile ipotizzando l’esistenza del momento magnetico del neutrino.

“Correlando i dati con diversi parametri solari, abbiamo osservato che in coincidenza dell’emissione di questi neutrini, che hanno una energia di 666 keV, nel Sole si verificano perturbazioni del campo magnetico,” spiega Pescado. “Lo stretto legame tra le emissioni anomale di neutrini e queste perturbazioni magnetiche è spiegabile se si ipotizza che il neutrino abbia un momento magnetico bisestile. La nostra rianalisi potrebbe portare, quindi, a una svolta fondamentale nel campo della fisica delle particelle che apre affascinanti scenari di nuova fisica.”

Queste anomalie si registrano una volta ogni quattro anni, curiosamente ogni 29 febbraio, e avvengono in concomitanza di eventi atipici anche in altri ambiti, dalle telecomunicazioni alla biologia.

Già gli antichi romani, a partire dal 46 a. C., avevano iniziato a osservare eventi particolari in questa giornata. Secondo Plinio il Giovane, il 29 febbraio era sempre un giorno sfavorevole per la pesca delle triglie: numerosi pescherecci osservavano banchi di triglie nuotare in modo insolito evitando sapientemente le loro reti. Da qui il detto “Annus bisextus, annus funestus”, che è alla base delle credenze che l’anno bisestile sia un anno sfortunato.

“Se il momento magnetico del neutrino fosse confermato e se questo fornisse anche una spiegazione del comportamento di alcuni pesci e della malasorte degli anni bisestili sarebbe una doppia sorprendente scoperta”, chiosa il vice-presidente dell’INFN Marco Pallavicini.

EHT: L’IMMAGINE POLARIZZATA DI SAGITTARIUS A* SVELA SIMILITUDINI CON M87

EHT: L’IMMAGINE POLARIZZATA DI SAGITTARIUS A* SVELA SIMILITUDINI CON M87

La collaborazione scientifica Event Horizon Telescope (EHT) ha realizzato la prima immagine in luce polarizzata del buco nero supermassiccio Sagittarius A* (Sgr A*). Questa nuova immagine ha svelato la presenza di campi magnetici forti e organizzati che si sviluppano a spirale dal margine del buco nero al cuore della Via Lattea. Inoltre, ha rivelato che la loro struttura è sorprendentemente simile a quella dei campi magnetici del buco nero al centro della galassia M87, suggerendo che questi forti campi magnetici possano essere comuni ai buchi neri. Questa somiglianza suggerisce anche che vi possa essere un getto di materia nascosto in Sgr A*, così com’è in M87. I risultati sono stati pubblicati oggi su The Astrophysical Journal Letters.

“Il fatto che la struttura del campo magnetico di M87* sia così simile a quella di Sgr A* è significativo perché suggerisce che i processi fisici che governano il modo in cui un buco nero alimenta e lancia un getto potrebbero essere universali tra i buchi neri supermassicci, nonostante le differenze di massa, dimensione e ambiente circostante”, spiega Mariafelicia De Laurentis, professoressa all’Università di Napoli Federico II e ricercatrice all’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. “Questo risultato ci consente di affinare i nostri modelli teorici e le nostre simulazioni, migliorando la nostra comprensione di come la materia viene influenzata vicino all’orizzonte degli eventi di un buco nero”.

La luce polarizzata è un’onda elettromagnetica che oscilla con un determinato orientamento. Nel plasma attorno ai buchi neri osservati, le particelle che ruotano attorno alle linee del campo magnetico determinano uno schema di polarizzazione perpendicolare al campo. Ciò consente di vedere con dettagli sempre più vividi che cosa stia accadendo nelle regioni dei buchi neri e di mappare le linee del loro campo magnetico. Dall’immagine della luce polarizzata proveniente dal gas caldo e incandescente vicino ai buchi neri, è possibile dedurre direttamente la struttura e la forza dei campi magnetici che attraversano il flusso di gas e materia che il buco nero inghiotte ed espelle. La luce polarizzata insegna quindi molto sull’astrofisica, sulle proprietà del gas e sui meccanismi che avvengono quando un buco nero si alimenta. Ma ottenere immagini in luce polarizzata dei buchi neri non è facile come osservare il mondo attorno a noi attraverso le lenti polarizzate di un paio di occhiali da sole. E questo è particolarmente vero per Sgr A* che muta assai velocemente, rendendo difficile catturare la sua immagine.

Essere riusciti a ottenere immagini di entrambi i buchi neri supermassicci in luce polarizzata è un grande risultato perché offre nuovi modi per confrontare e contrapporre buchi neri di diverse dimensioni e masse e, con il progredire della tecnologia, è probabile che le immagini rivelino ancora più segreti sui buchi neri e sulle loro somiglianze o differenze.

“In attesa di chiarire dove è stata originata una proprietà del segnale polarizzato (detta misura di rotazione) che abbiamo registrato a 230 GHz, ovvero se nelle nubi di gas che si trovano fra noi e Sgr A* o invece molto più vicino, nel plasma che lo circonda, questi nuovi risultati forniscono limiti stringenti sui modelli di accrescimento di Sgr A*. In futuro, combinando dati polarimetrici a 230 e 345 GHz, saremo in grado di conoscere meglio questi aspetti della natura del buco nero al centro della nostra galassia.” dice Kazi Rygl, ricercatrice dell’INAF Istituto Nazionale di Astrofisica a Bologna.

La collaborazione scientifica EHT ha condotto diverse osservazioni dal 2017 e prevede di osservare nuovamente Sgr A* ad aprile. Ogni anno, le immagini migliorano man mano che EHT si arricchisce di nuovi telescopi, maggiore larghezza di banda e nuove frequenze di osservazione. Il potenziamento della capacità osservativa pianificato per il prossimo decennio consentirà di ottenere filmati ad alta fedeltà di Sgr A*: questo aumento di sensibilità e di dettaglio potrebbe portare a rivelare un getto di materia oggi ancora nascosto, e consentire agli scienziati di osservare caratteristiche di polarizzazione simili in altri buchi neri. Inoltre, estendere EHT nello spazio grazie al contributo di telescopi satellitari potrà fornire immagini dei buchi neri più nitide che mai.

 

 

 

CON n_TOF SI INDAGA IL REBUS DEL CERIO NELL’UNIVERSO

CON n_TOF SI INDAGA IL REBUS DEL CERIO NELL’UNIVERSO

Il cerio è un metallo che fa parte delle cosiddette “terre rare”, che ha numerose applicazioni tecnologiche di uso quotidiano, da alcuni tipi di lampadine alle TV a schermo piatto. Ma come si produce il cerio nell’universo? Una nuova ricerca condotta presso l’esperimento n_TOF al CERN, di cui sono capofila l’INFN, l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’ENEA pubblicata oggi, 21 marzo, sulla rivista Physical Review Letters e selezionata come scelta dell’editore, ha cercato di rispondere a questa domanda, aprendo a nuovi interrogativi sulla nucleosintesi stellare e l’evoluzione chimica delle galassie. I modelli stellari basati sui nuovi risultati sperimentali predicono un’abbondanza di cerio di molto inferiore a quanto misurato nelle osservazioni astrofisiche. Ne consegue la necessità di rivedere i meccanismi che fino ad oggi si credeva fossero responsabili della produzione di questo elemento nelle stelle, con importanti conseguenze anche su tutti gli elementi più pesanti.

Le abbondanze degli elementi più pesanti del ferro osservati nelle stelle (come stagno, argento, oro e piombo) si possono riprodurre dal punto di vista teorico ipotizzando l’esistenza di due processi di cattura neutronica: il processo di cattura neutronica lenta (o processo s, dall’inglese “slow”) e il processo di cattura neutronica veloce (o processo r, dall’inglese “rapid”). I flussi neutronici che li caratterizzano sono di circa 10 milioni di neutroni per centimetro cubico e più di 1 milione di miliardi di miliardi di neutroni per centimetro cubico, rispettivamente. Il processo s produce circa la metà degli elementi più pesanti del ferro presenti nell’universo, tra cui il cerio.

Relativamente raro nella crosta terrestre, nell’universo il cerio è leggermente più abbondante e il cuore di questo studio è stato proprio la misura della sua sezione d’urto, che esprime la probabilità che avvenga la cattura di un neutrone da parte del nucleo dell’isotopo 140 del cerio per produrre l’isotopo 141. Questa reazione, svolgendo un ruolo cruciale nella sintesi di elementi pesanti nelle stelle, è stata misurata a tutte le energie di interesse astrofisico con un’accuratezza senza precedenti.

Le misure sono state condotte al CERN all’esperimento n_TOF dove, sfruttando intensi fasci di neutroni, vengono studiate reazioni nucleari determinanti in vari campi di ricerca, tra cui l’astrofisica nucleare, le tecnologie per la produzione di energia e la fisica medica. Le misure realizzate per questo studio sono state affiancate da sofisticati modelli teorici, utili a comprendere la produzione degli elementi chimici nell’universo nei processi di cattura neutronica nel corso dell’evoluzione di diverse tipologie di stelle.

“La misura che abbiamo effettuato ci ha permesso di identificare risonanze nucleari mai osservate prima nell’intervallo di energie coinvolte nella produzione del cerio nelle stelle”, ha spiegato Simone Amaducci, dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN e primo autore dello studio. “Questo grazie all’altissima risoluzione energetica dell’apparato sperimentale e alla disponibilità di un campione purissimo di cerio 140”.

L’esperimento, proposto da Sergio Cristallo dell’Osservatorio Astronomico d’Abruzzo dell’INAF, apre nuovi interrogativi sulla natura e sulla composizione chimica dell’universo. “Quello che ci ha incuriosito all’inizio è stata una discrepanza tra i modelli stellari teorici e i dati osservativi del cerio nelle stelle dell’ammasso globulare M22 nella costellazione del Sagittario”, ha spiegato Cristallo. “I nuovi dati nucleari differiscono significativamente, fino al 40%, da quelli presenti nei database nucleari attualmente utilizzati, decisamente oltre l’incertezza stimata”.

I risultati delle ultime misurazioni a n_TOF hanno notevoli implicazioni astrofisiche, suggerendo una riduzione del 20% del contributo del processo s all’abbondanza di cerio nella Galassia. Inoltre, i nuovi dati hanno un impatto significativo sulla nostra comprensione dell’evoluzione chimica galattica, con conseguenze anche per la produzione di elementi più pesanti. Per questo motivo, è richiesto un cambio di paradigma nell’interpretazione della nucleosintesi del cerio che includa l’esistenza di altri processi fisici, al momento non considerati nei calcoli di evoluzione stellare.

L’ESPERIMENTO ARCHIMEDES VA A CACCIA DI FOTONI OSCURI

L’ESPERIMENTO ARCHIMEDES VA A CACCIA DI FOTONI OSCURI

In attesa di Einstein Telescope, nell’area dell’ex miniera di Sos Enattos, in Sardegna, sono già in corso esperimenti che stanno producendo risultati scientifici interessanti, come l’esperimento di fisica fondamentale Archimedes, coordinato dall’INFN, che ha recentemente pubblicato su “The European Physical Journal Plus” (EPJ Plus) i suoi primi risultati, segnalati anche tra gli Highlight dalla rivista.

Operativo nel laboratorio SAR-GRAV a Sos Enattos, Archimedes punta a misurare l’interazione tra le fluttuazioni del vuoto elettromagnetico e il campo gravitazionale: in particolare, il gruppo di ricerca dell’esperimento ha realizzato una bilancia, prototipo di quella che sarà utilizzata per Archimedes, con una sensibilità nella banda di frequenze comprese tra i 20 e 100 millihertz, compatibile con il rumore termico. Il raggiungimento di questa sensibilità, oltre a dimostrare l’affidabilità del design ottico e meccanico della bilancia prototipo, apre la strada anche alla ricerca dei cosiddetti fotoni oscuri ultraleggeri di tipo B-L, candidati a costituire la materia oscura.

Gli obiettivi scientifici dell’esperimento Archimedes ruotano intorno al concetto di “vuoto”, che nel contesto della meccanica quantistica è in realtà tutt’altro che tale (almeno nel significato associato abitualmente a questo termine): il vuoto quantistico è infatti dotato di una sua energia, diversa da zero, ed è caratterizzato da incessanti fluttuazioni, dovute alla continua creazione e distruzione di particelle e antiparticelle. Tali fluttuazioni possono, almeno in teoria, produrre delle interazioni con gli oggetti macroscopici: Archimedes, in particolare, punta a osservare le eventuali interazioni del vuoto quantistico con il campo gravitazionale, e quindi la sua influenza sul peso dei corpi. Per riuscirci, deve operare in condizioni di assoluto silenzio sismico e antropico, requisiti garantiti dal sito di Sos Enattos (che per gli stessi motivi è considerato ideale anche per ospitare l’Einstein Telescope, futuro osservatorio di onde gravitazionali).

La bilancia prototipo usata finora lavora a temperatura ambiente: ha un braccio in alluminio di 50 centimetri e sostiene un campione di alluminio di 200 grammi, con un contrappeso in piombo. Una prima breve sessione di misure, i cui risultati sono riportati nell’articolo pubblicato su EPJ Plus, è stata già sufficiente a certificarne l’efficienza e la sensibilità, aprendo la strada al completamento della bilancia vera e propria di Archimedes. Quest’ultima sarà criogenica e potrà raggiungere una sensibilità circa 10 volte superiore rispetto al prototipo, sia grazie alla bassa temperatura sia per effetto di un miglioramento del fattore di qualità della sospensione, attualmente in fase di studio.

Ma questi risultati preliminari aprono anche altri scenari interessanti, legati in particolare alla ricerca della materia oscura, la misteriosa forma di materia che costituisce circa l’86% della massa dell’intero universo, la cui natura è ancora ignota. Tra i tanti candidati di materia oscura proposti nel corso degli ultimi decenni c’è anche il fotone oscuro, una sorta di controparte del fotone elettromagnetico che fungerebbe da mediatore tra il mondo della materia ordinaria e il “settore oscuro”, composto appunto dalle ipotetiche particelle di materia oscura. A loro volta, sono stati teorizzati numerosi tipi di fotoni oscuri, dalle caratteristiche fisiche variabili.

“Tra i vari candidati rientra il cosiddetto fotone oscuro B-L: si tratta di un bosone vettoriale massivo ultraleggero sensibile al numero quantico B-L, dove B è il numero barionico e L è il numero leptonico”, spiega Luigi Rosa, fisico teorico all’Università di Napoli Federico II e della Sezione INFN di Napoli. “Gli strumenti di misurazione di piccole forze si sono rivelati tra i migliori per la ricerca dei fotoni oscuri ultraleggeri”.

Ed è qui che entra in gioco Archimedes: la sensibilità raggiunta dall’esperimento è infatti già tale da poter indagare l’esistenza di questo tipo di fotone oscuro, o almeno porre dei vincoli più stringenti ai valori ammessi della sua massa. “L’esperimento Archimedes, nel suo progredire verso la misura dell’interazione delle fluttuazioni di vuoto con la gravità, ha raggiunto un interessante risultato intermedio: realizzare la prima bilancia limitata dal rumore termico, nella banda di frequenze compresa tra 20 e 100 millihertz, aprendo la via alla ricerca del fotone oscuro B-L, nell’intervallo di masse compreso tra 10-16 e 10-15 elettronvolt”, sottolinea il coordinatore dell’esperimento, Enrico Calloni, dell’Università di Napoli Federico II e della Sezione INFN di Napoli. “In una sola notte di presa dati, Archimedes ha raggiunto limiti compatibili con i vincoli scientifici attuali; con una raccolta dati di qualche mese, sarebbe già in grado di raggiungere una regione di rivelazione del tutto inesplorata”.

La collaborazione Archimedes, guidata dall’INFN, include la Sapienza Università di Roma, studio l’Università di Napoli Federico II, l’Università di Sassari, lo European Gravitational Observatory (EGO), l’Istituto Nazionale di Ottica del CNR (CNR-INO) e il Centro di fisica teorica dell’Università di Marsiglia (Francia). Il laboratorio SAR-GRAV è nato nell’ambito di un accordo di programma tra Regione Sardegna, INFN, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Università di Sassari, Università di Cagliari e IGEA spa (la società che gestisce la miniera dismessa di Sos Enattos), ed è finanziato dalla Regione Sardegna.

 

 Archimedes su CGTN Europe

 Archimedes su Le Figaro