VERSO #LHCRUN3

VERSO #LHCRUN3

In diretta su Instagram per approfondire il nuovo programma di fisica dell’acceleratore di particelle più potente al mondo

Il più potente acceleratore di particelle al mondo, il Large Hadron Collider del CERN, si prepara per l’inizio del nuovo programma di fisica, il cosiddetto Run3, dopo una pausa di oltre tre anni (LS2, Long Shutdown 2) per i lavori di manutenzione e aggiornamento che hanno interessato sia l’acceleratore sia i grandi esperimenti ALICE, ATLAS, CMS e LHCb. In attesa dell’avvio del nuovo programma di fisica del grande acceleratore, previsto per luglio, tra domani 5 maggio e mercoledì 1 giugno, l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare organizza una serie di incontri in diretta sulla propria pagina Instagram, @infn_insights, per fare il punto su come è cambiato l’acceleratore e i suoi esperimenti in questi tre anni e su cosa ci si aspetta dal nuovo Run.
Protagonisti degli incontri, che dureranno 20 minuti, saranno giovani ricercatrici e ricercatori che lavorano ai grandi esperimenti di LHC e risponderanno a tante delle curiosità e delle domande che il pubblico invierà in diretta.

 

IL PROGRAMMA COMPLETO

Giovedì 5 maggio, ore 18:30 | Il Large Hadron Collider
Diretta Instagram con Mirko Pojer, co-responsabile di un progetto che ha permesso di rinforzare LHC per aumentare l’energia in sicurezza, il progetto DISMAC (Diode InSulation and MAgnet Consolidation).

Martedì 10 maggio, ore 18:30 | L’esperimento CMS
Diretta Instagram con Caterina Aruta, dottoranda dell’Università di Bari e ricercatrice INFN che lavora all’esperimento CMS al CERN.

Giovedì 19 maggio, ore 18:30 | L’esperimento ALICE
Diretta Instagram con Chiara De Martin, dottoranda dell’Università di Trieste e ricercatrice INFN che lavora all’esperimento ALICE al CERN.

Giovedì 26 maggio, ore 18:30 | L’esperimento LHCb
Diretta Instagram con Serena Maccolino, dottoranda dell’Università di Bologna e ricercatrice INFN che lavora all’esperimento LHCb al CERN.

Mercoledì 1 giugno, ore 18:30 |L’esperimento ATLAS
Diretta Instagram con Giada Mancini, ricercatrice dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN che lavora all’esperimento ATLAS al CERN.

 

STUDENTI A CACCIA DI RAGGI COSMICI AI LABORATORI NAZIONALI DI FRASCATI

STUDENTI A CACCIA DI RAGGI COSMICI AI LABORATORI NAZIONALI DI FRASCATI

Provenienti da istituti secondari di II grado di tutta Italia, in 28 partecipano allo stage del progetto dell’INFN OCRA per scoprire di più sulle particelle che arrivano dal cosmo

Che cosa sono i raggi cosmici? Da dove provengono? Quali messaggi portano? Come possiamo misurarli? Con il lancio di un pallone stratosferico in alta quota studenti delle scuole secondarie di II grado proveranno a rispondere a queste domande. Dal 3 al 6 maggio saranno ospiti presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per partecipare a uno stage organizzato dal progetto OCRA – Outreach Cosmic Ray Activities dell’INFN.

Per gli studenti e le studentesse sarà l’occasione di approfondire la fisica dei raggi cosmici e delle alte energie, di visitare i Laboratori di Frascati dell’INFN e scoprire di più sulla ricerca scientifica.

La prima giornata, il 4 maggio, sarà dedicata a seminari teorici sui raggi cosmici e sulle tecniche che usiamo per rivelarli e gli studenti e le studentesse saranno accompagnati in una visita all’Osservatorio Astronomico di Roma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF.

Il cuore dello stage è il 5 maggio quando in tarda mattinata gli studenti e le studentesse parteciperanno al lancio di un pallone stratosferico con a bordo un rivelatore per la misura di raggi cosmici. Nel pomeriggio e durante la mattinata successiva, saranno gli studenti stessi ad analizzare i dati raccolti dal rivelatore sul pallone.

I 28 partecipanti allo stage sono stati selezionati durante concorsi locali inerenti alle attività proposte da OCRA per la giornata internazionale dei raggi cosmici (ICD – International Cosmic Day) del 2021 presso le sedi INFN di Bari, Cosenza, Firenze, GSSI, Lecce, Laboratori Nazionale del Gran Sasso, Milano, Milano Bicocca, Napoli, Padova e Laboratori Nazionali di Legnaro, Roma, Sassari, Torino e Trieste.

Il progetto OCRA

OCRA – Outreach Cosmic Ray Activities è un programma del Comitato di Coordinamento della Terza Missione dell’INFN che raccoglie le attività di outreach sul tema dei raggi cosmici. Con l’obiettivo di essere di supporto ai docenti per coinvolgere le studentesse e gli studenti nel campo della fisica dei raggi cosmici, OCRA organizza diverse attività per le scuole e la cittadinanza, e si occupa dello sviluppo e della produzione di strumenti e percorsi online pensati per attività didattiche.

Il progetto OCRA coinvolge docenti e ricercatori nelle sezioni INFN e università di Bari, Cosenza, Firenze, Lecce, Milano, Milano Bicocca, Napoli, Padova, Pavia, Perugia, Pisa, Roma, Roma Tor Vergata, Sassari, Siena, Torino, Trieste e, infine, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, i Laboratori Nazionali di Legnaro, il GSSI – Gran Sasso Science Institute, e il TIFPA – Trento Institute for Fundamental Physics and Applications di Trento.

QUBIC, UN MODO NUOVO DI STUDIARE L’UNIVERSO PRIMORDIALE

QUBIC, UN MODO NUOVO DI STUDIARE L’UNIVERSO PRIMORDIALE

Escono oggi, giovedì 21 aprile, su un numero speciale della rivista “Journal of Cosmology and Astroparticle Physics”, otto articoli a firma della collaborazione internazionale QUBIC (Q&U Bolometric Interferometer for Cosmology), che sta realizzando in Argentina un telescopio per lo studio dell’universo appena nato che si avvarrà di una tecnica innovativa. QUBIC, infatti, osserverà e mapperà le proprietà del fondo cosmico a microonde, l’eco residua del Big Bang, concentrandosi sulla misura di particolari componenti dell’orientamento dell’oscillazione delle microonde della radiazione cosmica di fondo sul piano del cielo (polarizzazione), denominate modi-B, indicative delle possibili perturbazioni indotte dalle onde gravitazionali generate nei primi istanti di vita dell’universo. Il progetto vede l’Italia protagonista grazie ai contributi scientifici e tecnologici forniti dall’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e dalle Università di Milano Statale, Milano-Bicocca, Università di Roma “Tor Vergata” e Sapienza Università di Roma. QUBIC osserverà il cielo a partire dalla fine del 2022, da un sito desertico di alta quota (5000 m) in Argentina, vicino alla località San Antonio de Los Cobres.

Dopo il suo sviluppo e l’integrazione avvenuta presso i laboratori europei delle Università e degli enti di ricerca coinvolti nella collaborazione, QUBIC è arrivato in Argentina, nella città di Salta, nel luglio 2021, dove si sta procedendo alle fasi finali di calibrazione e di test in laboratorio. I risultati di queste attività, presentati negli otto articoli apparsi su ‘Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, hanno confermato il corretto funzionamento dello strumento e dell’’interferometria bolometrica’, ossia la tecnica di nuova concezione su cui si baseranno le osservazioni di QUBIC, che combina l’elevatissima sensibilità dei rivelatori raffreddati quasi allo zero assoluto (-273 °C) e capaci di misurare l’energia della radiazione del fondo cosmico trasformandola in calore (bolometri), con la precisione degli strumenti interferometrici.

“QUBIC è uno strumento originale ed estremamente complesso: per questo era necessario pubblicare in anticipo tutti i dettagli del suo hardware e delle nuove metodologie di sfruttamento dei dati raccolti. Inoltre, con queste lunghe ed esaustive calibrazioni abbiamo dimostrato in laboratorio l’efficienza di QUBIC come interferometro bolometrico. È un passo essenziale per le successive misure di interesse per la cosmologia e la fisica fondamentale”, spiega Silvia Masi, docente presso Sapienza Università di Roma e ricercatrice INFN, che coordina la partecipazione italiana all’esperimento.

Grazie alla sua estrema sensibilità, che consentirà di distinguere i dettagli di ciascuno dei ‘pixel’ in cui sarà suddivisa la mappa celeste, QUBIC potrà discriminare i modi-B dai segnali generati dalle altre sorgenti del cielo, fornendo una prova diretta della teoria dell’inflazione. Questa è oggi la teoria di riferimento per la descrizione di ciò che sarebbe avvenuto nei primi istanti dell’universo, sviluppata negli anni ‘80 per spiegare alcune caratteristiche dell’universo, fra cui la ‘piattezza’ e l’estrema omogeneità dello spaziotempo.

Secondo la teoria dell’inflazione, la rapidissima fase di espansione dell’universo subito dopo il Big Bang, durata meno di un centomillesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo (circa 10-32 secondi), avrebbe lasciato un debole fondo di onde gravitazionali, che a loro volta avrebbero prodotto particolari debolissime tracce, detti modi-B, nella polarizzazione del fondo cosmico di microonde. In pratica, le onde elettromagnetiche del fondo cosmico non oscillerebbero in direzioni casuali. Sarebbero invece leggermente preferite direzioni che in cielo formano un disegno vorticoso.

Alla precisione delle misure che saranno effettuate da QUBIC contribuiranno inoltre la limpidezza e l’assenza di umidità che contraddistinguono l’aria del sito di Alto Chorrillo in cui sarà istallato il telescopio, a circa 5000 metri sul livello del mare, sul plateau La Puna nell’Argentina settentrionale, vicino alla cittadina di San Antonio de los Cobres, nella provincia di Salta.

“QUBIC verrà portato nel sito di Alto Chorrillo entro pochi mesi. Le prime misure dimostreranno l’efficienza del nuovo metodo dell’interferometria bolometrica per la prima volta osservando sorgenti astronomiche. Lo strumento verrà poi completato inserendo un maggiore numero di rivelatori, in modo da poter eseguire le misure di interesse cosmologico entro tre anni. La strada è lunga, e QUBIC si presenta come estremamente originale e complementare a tutti gli altri che cercano di misurare questo elusivo segnale primordiale”, illustra Aniello Mennella, ricercatore INFN e docente all’Università di Milano.

La ricerca dei modi-B rappresenta una sfida formidabile e centrale per fisici e astrofisici. Il segnale da misurare è così debole da richiedere rivelatori ultrasensibili e telescopi di grande precisione, anche per rimuovere, durante l’analisi dati, altri segnali polarizzati di origine locale che potrebbero confondere la misura. Le misure di QUBIC saranno perciò contemporanee a quelle di una mezza dozzina di altri esperimenti nel mondo che hanno lo stesso obiettivo scientifico. A differenza di questi ultimi, che producono immagini direttamente tramite telescopi a singola apertura, QUBIC sarà l’unico strumento a effettuare osservazioni raccogliendo le microonde da molte aperture e facendole interferire.

“La misura di un segnale così debole”, dice Mario Zannoni, ricercatore INFN e docente all’Università di Milano-Bicocca, “verrà ritenuta esente da errori sistematici solo se si avranno risultati consistenti provenienti da strumenti molto diversi. Proprio per questo motivo QUBIC, unico interferometro bolometrico, rappresenta una risorsa insostituibile nella ricerca dei modi-B e nello studio dei primi attimi dell’universo”. Grazie alle capacità multispettrali e di autocalibrazione, “QUBIC produrrà dati del tutto originali e complementari a quelli degli altri esperimenti, offrendo agli analisti innumerevoli possibilità di controllo incrociato e quindi una robustezza ineguagliabile dei risultati”, conclude Giancarlo De Gasperis, ricercatore INFN e docente all’Università di Roma “Tor Vergata”.

QUBIC è il risultato della collaborazione di 130 ricercatori, ingegneri e tecnici in Francia, Italia, Argentina, Irlanda e Regno Unito. Lo strumento è stato integrato a Parigi presso i laboratori APC nel 2018 e calibrato durante il 2019-2021.

Il contributo italiano è stato fondamentale per lo sviluppo dello strumento, e continuerà ad esserlo nelle fasi successive dell’esperimento. Lo strumento è ospitato in un criostato, progettato e costruito nei laboratori della Sapienza e della Sezione di Roma dell’INFN, capace di raffreddare vicino allo zero assoluto non solo i rivelatori ma anche tutto il sistema ottico dell’interferometro. Lo stesso gruppo ha realizzato anche il sistema crio-meccanico che permette di ruotare i componenti ottici all’interno del criostato per misurare lo stato di polarizzazione della radiazione. Italiane sono anche altre componenti criogeniche, che lavorano a una temperatura inferiore a -270 °C, come le avanzatissime antenne corrugate che selezionano i fotoni da far interferire, realizzate nei laboratori dell’Università e della Sezione INFN di Milano Statale, mentre le ottiche che focalizzano i fotoni sui rivelatori e il sistema di otturatori che permette di variare la configurazione dell’interferometro e di autocalibrarlo sono realizzate dall’Università e dalla Sezione di Milano Bicocca. L’Università di Roma “Tor Vergata” e la Sezione INFN di Roma2 contribuisce invece allo sviluppo del complesso software di analisi dei dati.

 

Per maggiori informazioni:

Pagina web di QUBIC: http://qubic.in2p3.fr/wordpress/

Numero speciale di JCAP (Journal of Cosmology and Astroparticle Physics): https://iopscience.iop.org/journal/1475-7516/page/Special%20Issues

 

 

TI RACCONTO L’UNIVERSO: LA FISICA DEL COSMO PER BAMBINI E RAGAZZI

TI RACCONTO L’UNIVERSO: LA FISICA DEL COSMO PER BAMBINI E RAGAZZI

Quali segreti si nascondono dietro le parole antimateria, materia oscura, onde gravitazionali? Di cosa è composto l’universo? A queste e altre domande sul nostro Universo risponderanno da giovedì 28 aprile a lunedì 9 maggio ricercatrici e ricercatori dell’INFN nel corso del nuovo ciclo di incontri “Ti racconto l’Universo. Fisica per bambini e ragazzi”, dedicato alle scuole primarie e secondarie di I grado: tre incontri online in diretta per ragazze e ragazzi dagli 8 ai 12 anni, per stimolare la curiosità sui misteri dell’Universo e aprire una finestra sul mestiere di chi fa scienza. 

Attraverso cartoon, animazioni e fantasiose metafore, un breve video di 15 minuti introdurrà alcuni dei temi chiave per la ricerca sull’Universo, come la materia oscura, l’antimateria e le onde gravitazionali. Si aprirà quindi un dialogo tra le classi e le ricercatrici e ricercatori, in cui ragazzi e ragazze potranno porre le loro domande utilizzando la chat o i commenti. Si comincia giovedì 28 aprile con l’incontro “L’universo con la s davanti” in cui la ricercatrice Barbara Sciascia (INFN Laboratori Nazionali di Frascati) parlerà alle classi di antimateria, per poi proseguire martedì 3 maggio con “Onde nell’universo”, l’incontro con la ricercatrice Ornella Juliana Piccinni (INFN e IFAE – Institut de Fisica d’Altes Energies) sulle onde gravitazionali. L’ultimo incontro, “L’universo in bottiglia”, è previsto per lunedì 9 maggio con la partecipazione del ricercatore Matteo Duranti (INFN Sezione di Perugia) che parlerà di materia oscura. 

Gli incontri, della durata di 50 minuti, avranno luogo in diretta sul canale YouTube dell’INFN, ma saranno registrati e rimarranno disponibili online per poter essere visti anche in differita.È possibile partecipare direttamente collegandosi sul canale YouTube dell’INFN ma si consiglia l’iscrizione per la classe o le classi partecipanti attraverso il form di iscrizione dedicato.Per le classi iscritte sarà possibile, una volta concluso il ciclo di incontri, richiedere per la classe un attestato di partecipazione. 

Per maggiori informazioni: programma completo degli incontri

È TORNATO LHC

È TORNATO LHC

Oggi, 22 aprile, alle 12:16 è stato riavviato il Large Hadron Collider del CERN e due fasci di protoni hanno percorso, all’energia di iniezione di 450 miliardi di elettronvolt (450 GeV), in direzioni opposte, un primo intero giro dell’anello, lungo 27 chilometri, del più grande e potente acceleratore al mondo. LHC è così tornato in attività dopo una pausa di oltre tre anni (LS2, Long Shutdown 2) per i lavori di manutenzione e aggiornamento che hanno interessato sia l’acceleratore stesso sia i grandi esperimenti dislocati nei punti di collisione dei fasci. I fasci di protoni che hanno iniziato a circolare in LHC sono per ora a bassa intensità e viaggiano appunto all’energia di iniezione, quindi a bassa energia. Bisognerà attendere ancora alcune settimane perché abbia inizio il vero e proprio programma di fisica, il Run3, che dovrebbe iniziare a luglio. Prima è infatti necessario effettuare il collaudo della macchina e aumentare l’intensità dei fasci e la loro energia fino a raggiungere l’energia di regime di 13,6 trilioni di elettronvolt (13,6 TeV), un’energia ancora più elevata rispetto a quella raggiunta nel Run2.

“Con il Run 3 si apre un quadriennio che si annuncia eccitante per la fisica delle particelle”, commenta Roberto Tenchini, presidente della Commissione Scientifica Nazionale di fisica delle particelle dell’INFN. “LHC dovrebbe rendere assai più solidi i dati sulle anomalie osservate nei decadimenti del quark b durante il Run2, escludendole o confermandole definitivamente. Inoltre gli studi sulle proprietà del bosone di Higgs, scoperto 10 anni fa proprio a LHC, potranno essere effettuati con statistica assai più alta, estendendo contemporaneamente il territorio esplorato alla ricerca di nuovi fenomeni”, conclude Tenchini.

Il Run3 di LHC vedrà, infatti, gli esperimenti raccogliere dati dalle collisioni non solo a un’energia record ma anche in quantità senza precedenti. Gli esperimenti ATLAS e CMS raccoglieranno più dati di quelli raccolti nei primi due Run messi assieme, mentre i dati raccolti da LHCb, che ha subito un completo rinnovamento durante il LS2, dovrebbero aumentare di un fattore almeno tre. ALICE, poi, che è un rivelatore specializzato nello studio delle collisioni tra ioni pesanti, può aspettarsi un aumento da quattro a cinque volte del numero totale di collisioni di ioni, grazie al recente completamento di un importante aggiornamento. Il numero senza precedenti di collisioni consentirà alle collaborazioni internazionali di ricercatrici e ricercatori del CERN e di Istituti e Laboratori di tutto il mondo di studiare il bosone di Higgs in grande dettaglio e di sottoporre il Modello Standard della fisica delle particelle e le sue varie estensioni a ulteriori prove. Altre cose in arrivo con il Run 3 includono il funzionamento di due nuovi esperimenti, FASER e SND@LHC, progettati per cercare la fisica oltre il Modello Standard, collisioni speciali protone-elio per misurare la frequenza con cui vengono prodotte le controparti di antimateria dei protoni in queste collisioni, e le collisioni che coinvolgono ioni ossigeno che miglioreranno la conoscenza della fisica dei raggi cosmici e del plasma di quark e gluoni, uno stato della materia che esisteva poco dopo il Big Bang.

Approfondimento

Interventi effettuati su LHC durante LS2

Il lungo shutdown 2 ha permesso un importante ammodernamento e miglioramento degli iniettori di LHC. Il cosiddetto progetto LIU (LHC Injectors Upgrade) ha realizzato la sostituzione del primo “anello” della catena di accelerazione (il LINAC2) con il LINAC4, che accelera le particelle a un’energia più elevata, ma soprattutto produce un’intensitá doppia di protoni per pacchetto. Inoltre,  il rimpiazzo del sistema a radio-frequenza dell’acceleratore SPS e molti altri interventi di miglioria della lunga catena di iniezione permettono di ottenere densità di particelle più elevate per rispondere alle esigenze di HL-LHC (High-Luminosity LHC), il progetto di aumento del numero di collisioni in LHC, che dovrebbe realizzarsi a partire del 2026.

Inoltre, nel corso di LS2 si sono potuti compiere una serie di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su LHC, che permetteranno di aumentare l’energia di collisione della macchina, ma soprattutto di funzionare nei prossimi quattro anni con una rinnovata affidabilità e giungere all’appuntamento di HL-LHC con una parte dei lavori di upgrade già avanzati.

“L’attività più importante per LHC è stato il progetto DISMAC (acronimo di Diode InSulation and MAgnet Consolidation), – spiega Mirko Pojer, co-responsabile del progetto DISMAC – che ha permesso di rinforzare LHC per permettere l’aumento sicuro dell’energia da 6.5 a 6.8 TeV”. Si tratta dell’isolamento di uno dei componenti critici per la protezione dei magneti di LHC: i diodi. Durante il quench (transizione tra la fase superconduttiva e la fase resistiva), che può occorrere in un magnete superconduttivo quando si aumenta la corrente (e quindi il campo magnetico al suo interno) a valori prossimi al suo limite ingegneristico, un diodo, collegato in serie con il magnete, si attiva per evitare che la corrente continui a circolare nel magnete; altre protezioni garantiscono inoltre che l’energia del magnete si dissipi in maniera sicura al suo interno. Per una serie di ragioni pratiche, la connessione elettrica della maggior parte dei diodi dei 1232 dipoli di LHC non fu isolata durante l’installazione della macchina, con il risultato che, durante i molteplici quench avvenuti nel passato, in due casi si è osservato un problema elettrico (corto a terra di uno di questi diodi) che ha richiesto il riscaldamento di una parte della macchina per risolverlo. L’aumento dell’energia di LHC, sebbene dell’ordine di un ‘piccolo’ 5%, ha comportato circa 900 quench sui dipoli nel tunnel nell’ultimo anno: senza il consolidamento effettuato sull’isolamento dei diodi, avremmo potuto avere altri casi di perdita dell’isolamento elettrico, con conseguenze possibilmente anche serie sulla disponibilitá e integritá della macchina. Per completare questo lavoro di consolidamento di LHC, una squadra di circa 150 persone ha lavorato durante poco più di un anno per aprire più di 1200 interconnessioni tra magneti, permettere l’accesso ai diodi, isolarne le parti nude e richiudere e testare il tutto. Inoltre, una parte di questa squadra ha lavorato a sostituire 22 dei magneti della macchina che avevano delle debolezze elettriche di altro tipo (circuiti secondari danneggiati, protezione ridotta, configurazione dei tubi delle particelle non standard ecc.) e ha contribuito a implementare nuove soluzioni di misura e diagnostica sui circuiti di raffreddamento di LHC.

Parlando poi di raffreddamento, durante i due anni di LS2, l’acceleratore ha dovuto essere riscaldato per poter operare sui suoi magneti. Il servizio di criogenia del CERN ne ha quindi approfittato per compiere dei lavori di manutenzione di tutte le installazioni, inviando i grossi compressori (che servono a rafferddare l’elio che scorre nei magneti) persino a migliaia di chilometri di distanza per rimetterli in un perfetto stato di funzionamento che garantisca di operare senza problemi durante i prossimi quattro anni del Run3.

Molti altri gruppi e servizi sono stati poi attivi nel tunnel di LHC. A partire dal gruppo di protezione, che ha effettuato interventi di manutenzione sui sistemi che garantiscono di operare in maniera continua e sicura su LHC. Al gruppo di radio-frequenza, che ha sostituito dei moduli delle cavità che accelerano i fasci e ha lavorato a migliorare la diagnostica e i sistemi di feedback. Il gruppo di strumentazione ha anch’esso migliorato i propri strumenti di “osservazione” dei fasci, mettendo inoltre a punto tecnologie che saranno di grande utilizzo negli anni di HL-LHC. Proprio per HL-LHC, poi, un grande lavoro è stato fatto negli ultimi anni per realizzare le infrastrutture necessarie all’installazione di tutte le apparecchiature per il futuro upgrade della macchina, con lo scavo di due tunnel di 300 metri di lunghezza che corrono paralleli al tunnel principale, al punto 1 e 5 di LHC.

“Molti interventi sono stati realizzati, che hanno permesso di mettere LHC a regime e pronto a funzionare a un nuovo record di energia per i prossimi quattro anni, ma che hanno anche spianato la strada al prossimo progetto del CERN, volto ad aumentare la raccolta dii dati a LHC verso un futuro “più brillante”, conclude Mirko Pojer.

 

 

 

 

APPROVATA LA FASE CONCLUSIVA DEL PROGETTO PIP-II

APPROVATA LA FASE CONCLUSIVA DEL PROGETTO PIP-II

Al via la fase finale Proton Improvement Plan-II (PIP-II), progetto per l’aggiornamento del complesso di acceleratori del Fermilab, il principale centro statunitense di ricerca per la fisica delle particelle situato a Batavia (Illinois). A comunicarlo, nella giornata di ieri, 20 aprile, lo stesso Fermilab, che ha reso nota la decisione da parte del Dipartimento dell’Energia statunitense (DOE) di approvare formalmente l’inizio dei lavori di costruzione su larga scala delle strutture e degli strumenti di cui si comporranno i miglioramenti previsti da PIP-II, tra cui un nuovo acceleratore lineare superconduttore di 215 metri di lunghezza (LINAC), che avrà il compito di produrre il fascio di neutrini di alta energia più potente del mondo per l’esperimento DUNE (Deep Underground Neutrino Experiment), dedicato alla studio delle proprietà dei neutrini. PIP-II è il primo progetto statunitense nell’ambito della fisica degli acceleratori che conta su una partnership internazionale, a cui anche l’Italia fornisci significativi contributi attraverso l’INFN, tra i principali membri anche della collaborazione DUNE.

Il decreto del DOE rappresenta solo l’ultimo passo del progetto PIP-II, che arriva al termine di un lungo periodo di progettazione e di sviluppo tecnologico, durante il quale sono state individuate e realizzate le innovative soluzioni superconduttive che saranno adottate dal LINAC, grazie al quale sarà quale sarà possibile raggiungere energie del 60 % più elevate rispetto a quelle oggi ottenibili al Fermilab e di modulare la produzione dei fasci di protoni sulla base delle esigenze dei singoli esperimenti verso cui questi ultimi saranno indirizzati. A un simile sforzo ha partecipato – e continuerà a farlo – anche l’INFN, grazie alle sue riconosciute compente nel campo delle tecnologie per acceleratori. Il Laboratorio di Acceleratori e Superconduttività Applicata (LASA) dell’INFN, insieme all’Università Statale di Milano e al contributo dell’azienda italiana ZANON, sarà infatti responsabile della realizzazione delle cavità risonanti di niobio necessarie per fornire energia ai fasci di protoni di PIP-II.

Grazie alle sue capacità, PIP-II proietterà quindi la ricerca nel campo della fisica delle particelle nel futuro, con una particolare attenzione nei confronti dello studio dei neutrini, particelle sfuggenti su cui si concentrerà DUNE, che potrebbe aiutarci nella comprensione dell’evoluzione dell’universo. L’esperimento, a cui collaborano 30 paesi, si comporrà di due rivelatori sotterranei posti a 1300 chilometri di distanza, che avranno il compito di individuare le caratteristiche dei neutrini e delle loro trasformazioni nel tragitto dal Fermilab, dove fasci ad alta energia di queste particelle verranno prodotte usando il nuovo acceleratore superconduttore, al Sanford Underground Research Facilities nel South Dakota. Anche in questo caso, l’esperimento si avvarrà di un decisivo contributo dell’INFN, che conta già 80 nostri ricercatori impegnati nella realizzazione dei due rivelatori dell’esperimento.

STUDENTESSE E STUDENTI DELLE SUPERIORI DI TUTTA ITALIA ALLE PRESE CON LA FISICA DELLE PARTICELLE

STUDENTESSE E STUDENTI DELLE SUPERIORI DI TUTTA ITALIA ALLE PRESE CON LA FISICA DELLE PARTICELLE

Dal 24 febbraio, al via la 18° edizione delle International Masterclass sulla fisica delle particelle, l’iniziativa internazionale che porta migliaia di studenti delle scuole superiori di tutta Italia e del mondo in un viaggio alla scoperta dell’infinitamente piccolo.

Sono quasi 2000 le studentesse e gli studenti delle scuole superiori di tutta Italia che partecipano alle Masterclass sulla fisica delle particelle, coordinate in Italia dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

Tra il 24 febbraio e l’8 aprile studenti e studentesse da tutta Italia, in contemporanea, con i loro coetanei di tutto il mondo, potranno scoprire come funziona la fisica delle particelle analizzando direttamente i dati di alcuni tra i più importanti esperimenti del CERN di Ginevra e non solo.

Le prime Masterclass iniziano il 24 febbraio con eventi nelle sezioni INFN della Sapienza Università di Roma, dell’Università degli Studi di Cagliari e dell’Università degli Studi di Pavia, per il giorno successivo sono previsti eventi organizzati dalle sezioni INFN delle Università di Milano-Bicocca, Udine e Cagliari. Le iniziative continueranno fino all’8 aprile con più di 60 eventi in 23 città in Italia, alcuni in presenza e altri in modalità telematica a causa della pandemia di Covid-19.

Le studentesse e gli studenti si collegheranno online o si recheranno all’università e saranno accompagnati da ricercatori e ricercatrici in un viaggio alla scoperta delle proprietà delle particelle, esplorando i segreti di grandi esperimenti in fisica delle particelle, a cominciare dalla grande macchina LHC (Large Hadron Collider) del CERN, all’interno di un tunnel di 27 km a 100 metri di profondità sotto la campagna fuori Ginevra, dove le particelle si scontrano quasi alla velocità della luce.

Durante le Masterclass dedicate al CERN, ogni sede organizza una o più giornate di lezioni e seminari sugli argomenti fondamentali della fisica delle particelle, seguite da esercitazioni al computer in cui gli studenti e le studentesse potranno analizzare i dati degli esperimenti dell’acceleratore di particelle LHC (ATLAS, CMS, ALICE o LHCb). Potranno usare i veri dati di LHC per simulare negli esercizi l’epocale scoperta del bosone di Higgs, avvenuta nel 2012, ma anche quella dei bosoni W e Z (proprio quelli che nel 1984 valsero il Premio Nobel a Carlo Rubbia), e potranno conoscere ancora altre particelle ed esplorarne caratteristiche e proprietà peculiari. 

Oltre ai dati degli esperimenti del CERN, alcune Masterclass di quest’anno sono dedicate all’esperimento BELLEII del laboratorio KEK di Tsukuba in Giappone. Dall’anno scorso, alcune sedi italiane partecipano, in collaborazione con il CNAO – Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, anche alle masterclass in Particle Therapy, per far scoprire agli studenti le applicazioni mediche della fisica delle particelle.

Alla fine di ogni giornata, proprio come in una vera collaborazione di ricerca internazionale, ci sarà un collegamento in videoconferenza tra i giovani partecipanti alle Masterclass di tutto il mondo per discutere insieme i risultati emersi dalle esercitazioni. 

L’iniziativa, giunta alla 18° edizione, fa parte delle Masterclass internazionali organizzate da IPPOG (International Particle Physics Outreach Group) e, in Italia, dall’INFN. Le Masterclass si svolgono contemporaneamente in 60 diversi paesi, coinvolgono oltre 200 tra i più prestigiosi enti di ricerca e università del mondo e più di 13.000 studenti delle scuole secondarie di II grado. Per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare quest’anno sono presenti le sezioni di Bari, Bologna, Cagliari, Cosenza, Ferrara, Firenze, Genova, Lecce, Milano Bicocca, Milano, Napoli, Padova, Parma, Pavia, Perugia, Pisa, Sapienza Università di Roma, Roma Tor Vergata, Roma Tre, Salerno, Torino, Trieste, Trento e Udine, e i Laboratori Nazionali di Frascati (LNF).

Informazioni sulle Masterclass Internazionali: http://physicsmasterclasses.org/neu/ 
Informazioni sulle Masterclass in Italia: https://masterclass.infn.it/

I TELESCOPI MAGIC OSSERVANO L’ESPLOSIONE NUCLEARE DI UNA STELLA VAMPIRA

I TELESCOPI MAGIC OSSERVANO L’ESPLOSIONE NUCLEARE DI UNA STELLA VAMPIRA

Uno nuovo studio condotto dalle ricercatrici e dai ricercatori della collaborazione europea MAGIC ha reso nota l’osservazione di un flusso di raggi gamma ad alta energia proveniente da una nova ricorrente nella Via Lattea. L’evento, il primo del suo genere a essere stato rivelato a simili energie, fa luce su una classe di fenomeni astrofisici considerati responsabili delle periodiche esplosioni che hanno luogo sulla superficie delle novae – corpi stellari appartenenti alla famiglia delle nane bianche – e dell’emissione di una parte dei fotoni che costituiscono il fondo di radiazione gamma che permea la nostra intera galassia. Il risultato, presentato in un articolo pubblicato oggi, 14 aprile, sulla rivista Nature Astronomy, è stato ottenuto grazie alle rivelazioni effettuate dai due telescopi Cherenkov situati nell’isola di La Palma (Isole Canarie), in Spagna, di cui si compone il sistema MAGIC, che vede l’Italia impegnata con un ruolo di primo piano attraverso i contributi dell’istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

Prima di essere ‘fotografato’ da MAGIC l’8 agosto 2021, l’evento descritto nell’articolo di Nature Astronomy è stato individuato dal rivelatore Large Area Telescope a bordo dell’osservatorio spaziale Fermi della NASA e dai telescopi dell’High Energy Stereoscopic System (HESS) in Namibia. A seguito degli avvisi tempestivi lanciati dalle due collaborazioni, è stato possibile orientare i sensibili telescopi gemelli di MAGIC nella direzione di arrivo del flusso di raggi gamma, la cui origine è stata attribuita all’attività del sistema RS Ophiuchi, situato nella costellazione dell’Ofiuco (portatore di serpenti) a 8000 anni luce di distanza dalla Terra, una sorgente galattica ricorrente, la cui ultima esplosione era stata registrata nel 2006.

“Grazie alle buone condizioni di osservazione presenti a La Palma, alla rapida reazione della collaborazione e alla sensibilità unica offerta dal sistema MAGIC”, spiega Ruben Lopez-Coto, ricercatore del progetto ‘Fellini’ della Sezione INFN di Padova e uno dei principali autori dello studio, “siamo riusciti a individuare in tempo l’eruzione di RS Ophiuchi, un evento raro nel cielo dei raggi gamma, poiché rappresenta la luce prodotta da nova più luminosa e con il flusso più elevato di raggi gamma, e quindi più lontana, mai rivelata.”

In concomitanza con le rivelazioni di MAGIC, l’evento RS Ophiuchi 2001 è stato inoltre oggetto delle osservazioni di strumenti operanti in differenti lunghezze d’onda, come il Joan Oró Telescope (TJO) dell’osservatorio Montsec (Spagna), lo spettrografo Echelle del     telescopio di Varese e lo spettropolarimetro CAOS della stazione osservativa di Serra La Nave dell’INAF di Catania, diventando il primo del suo genere a essere studiato sia dalla Terra che dallo spazio in un così ampio spettro di energia.

L’analisi di RS Ophiuchi 2021 condotta da parte della collaborazione MAGIC, che si è potuta avvantaggiare di dati raccolti in tutte le lunghezze d’onda, ha perciò consentito di identificare le novae come un nuovo tipo di sorgenti di raggi gamma, aprendo una nuova linea di ricerca nell’astronomia ad altissima energia e confermando uno dei modelli astrofisici proposti per spiegare la presenza dei raggi cosmici altamente energetici che permeano la Via Lattea. L’esplosione della nova è stata infatti abbastanza energetica da produrre forti onde d’urto nel tenue mezzo che circonda il sistema stellare. Uno shock che è considerato tra i meccanismi fisici responsabili dell’accelerazione, a velocità prossime a quelle della luce, delle particelle subatomiche di cui si compongono i raggi cosmici.

“Nel caso della spettacolare eruzione di RS Ophiuchi 2021, il modello che meglio descrive le osservazioni di MAGIC e di altri telescopi fa risalire l’origine dei raggi gamma ad altissima energia rivelati all’accelerazione dei protoni, particelle cariche positivamente che compongono i nuclei degli atomi di idrogeno”, illustra Mosè Mariotti, docente dell’Università di Padova e ricercatore INFN, già portavoce della collaborazione MAGIC.

“Sebbene le eruzioni in una nova siano individualmente meno energetiche delle loro parenti molto più violente – le supernovae, dove una stella di grande massa muore in un’esplosione catastrofica -, sono però molto più frequenti, e forniscono una spiegazione alla sovradensità di raggi gamma osservati nelle loro vicinanze. Il risultato mostra quindi che le novae brillano nei raggi gamma di altissima energia originati dall’accelerazione dei protoni, aprendo una nuova finestra sulla conoscenza di questa tipologia di raggi cosmici”, prosegue Antonio Stamerra, ricercatore dell’INAF di Roma e coordinatore della scienza di MAGIC.

Nell’ambito della classificazione stellare, che suddivide i tipi di stelle sulla base delle loro fasi evolutive, a loro volta determinate dalla massa stellare, le novae rientrano all’interno della categoria appartenente alle cosiddette nane bianche, termine che identifica stelle con masse simili a quella del nostro Sole giunte al termine della loro vita.

“La formazione di tali corpi celesti, è dovuta al collasso che si verifica come conseguenza dell’esaurimento di tutto il combustibile capace di alimentare le reazioni di fusione nucleare che avvengono nel nucleo della stella. Un destino analogo a quello a cui andrà incontro tra cinque miliardi di anni il Sole, il quale si trasformerà in un oggetto composto da materiale molto denso in grado di irradiare esclusivamente calore residuo”, spiega Lucio Angelo Antonelli, ricercatore dell’INAF di Roma e responsabile nazionale INAF presso la collaborazione MAGIC.

Nonostante siano oggetti inerti, le nane bianche possono essere responsabili, in particolari circostanze, di violente esplosioni. Ciò avviane quando, in presenza di una vicina stella nella sua fase di Gigante Rossa, l’idrogeno prodotto da quest’ultima viene catturato dal campo gravitazionale della nana bianca, andandosi ad accumulare sulla sua superficie. Il trasferimento di materiale da una stella ancora attiva a una ormai morta, una sorta di ‘vampirismo stellare’, può infine provocare, una volta raggiunte temperature e pressioni tali da innescare le reazioni di fusione nucleare, esplosioni ricorrenti sulla superficie della nova.

“Durante la fase esplosiva il materiale espulso dalla superficie della nana bianca sfugge a una velocità tremenda, da duemila a quattromila chilometri al secondo. In alcuni sistemi il ciclo di trasferimento del gas dalla stella gigante alla nana densa può ricominciare e questo provoca una ricorrenza del fenomeno di eruzione della nova. Questi sistemi vengono chiamati novae ricorrenti”, chiarisce Francesco Leone, docente dell’Università di Catania ed INAF di Catania.

Nonostante l’emissione di raggi gamma da RS Ophiuchi abbia fornito la prima prova convincente dell’accelerazione dei protoni nelle novae, non è ancora chiara quale sia la natura del corpo stellare oggetto della ‘vampirizzazione’.

“Ancora non sappiamo se l’evento osservato sia correlato alla particolarità di avere una stella Gigante Rossa come stella compagna della nana bianca, o piuttosto a una proprietà più generale di tutte le novae. Ulteriori osservazioni di novae con i telescopi Cherenkov ci permetteranno di rispondere a questa domanda”, conclude Riccardo Paoletti, docente dell’Università di Siena e responsabile nazionale della collaborazione MAGIC per l’INFN.

Per maggiori informazioni: ‘Proton acceleration in thermonuclear nova explosions revealed by gamma rays’

VQR 2015-2019: L’INFN SI CONFERMA AI PRIMI POSTI TRA GLI EPR PER QUALITÀ DELLA RICERCA E DELLA TERZA MISSIONE

VQR 2015-2019: L’INFN SI CONFERMA AI PRIMI POSTI TRA GLI EPR PER QUALITÀ DELLA RICERCA E DELLA TERZA MISSIONE

L’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare si conferma ai primi posti tra gli Enti Pubblici di Ricerca vigilati dal MUR Ministero dell’Università e della Ricerca nella valutazione della qualità della ricerca VQR 2015-2019 dell’ANVUR, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca, e anche nella valutazione della qualità della Terza Missione, ossia nel trasferimento di conoscenze e tecnologie e nella diffusione della cultura scientifica.

“Ringraziamo l’ANVUR e i suoi valutatori per il loro lavoro, che sappiamo essere molto oneroso, ma che al contempo è estremamente rilevante per il Sistema Ricerca del nostro Paese”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. “Siamo molto soddisfatti per i risultati ottenuti dall’INFN nella VQR 2015-2019, che confermano gli ottimi risultati conseguiti dal nostro Istituto nella precedente VQR 2011-2014. Per questo esito positivo, vogliamo ringraziare la nostra comunità, i dipendenti e gli associati tutti, dottorandi, borsisti e assegnisti, perché è di tutti loro il merito dell’eccellenza della nostra ricerca e delle nostre attività, è grazie al loro lavoro, condotto sempre con passione, dedizione e serietà, che l’INFN riesce a condurre al successo anche i progetti più ambiziosi, complessi e competitivi. E ringraziamo per l’impegno con cui si sono dedicati all’adempimento degli incarichi per la VQR le colleghe e i colleghi che vi hanno contribuito”. “Auspichiamo, infine, che a conclusione della VQR si possa anche avviare un percorso condiviso tra valutatori e valutati per confrontarsi e riflettere assieme su questa esperienza, in modo da perfezionarla sempre più e potenziarne l’efficacia a vantaggio e per la valorizzazione della ricerca scientifica nazionale”, conclude Zoccoli.

 

 

 

ADDIO A SANDRO SQUARCIA

ADDIO A SANDRO SQUARCIA

Sandro Squarcia, fisico, professore all’Università e ricercatore della Sezione INFN di Genova, di cui era stato anche Direttore, ci ha recentemente lasciati, dopo una breve ma implacabile malattia.

Sandro si era ritirato nel 2018, dopo una lunga carriera scientifica che lo aveva visto partecipare a importanti esperimenti di fisica delle particelle e di fisica medica, primo fra tutti DELPHI all’acceleratore LEP del CERN, e assumere ruoli gestionali apicali come la direzione della Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria dal 2001 al 2007, la direzione della Sezione di Genova dal 2007 al 2015, successivamente il ruolo di Preside della Facoltà di Scienze dell’Università di Genova, infine la direzione della Scuola di Specializzazione in Fisica Medica dal 2010 fino al suo pensionamento. Sandro ha continuato a mettere a disposizione della comunità la sua esperienza e il suo entusiasmo e quando la malattia lo ha colpito stava partecipando, come membro del comitato scientifico, alla definizione del programma scientifico del Festival della Scienza di Genova.

Sandro Squarcia aveva iniziato a interessarsi alla applicazione della fisica nella diagnostica e terapia medica a metà degli anni ’90. Le sue attività si sono concentrate sulle analisi quantitative di immagini mediche (TAC, RMN, SPECT, PET) e alla adroterapia. Nel 2005, insieme a Guido Rodriguez dell’ospedale S. Martino, ha avuto l’intuizione di lavorare sulle immagini del cervello nel difficile campo delle malattie neurodegenerative utilizzando metodi avanzati, ponendo le basi di quello che poi diventerà la medicina quantitativa con calcolo distribuito e la radiomica. Sandro è stato l’animatore del gruppo di fisica medica che si è formato nel Dipartimento di Fisica e nella Sezione INFN di Genova. Insieme a Piero Calvini, Andrea Chincarini e Gianluca Gemme ha iniziato a lavorare sulle immagini di risonanza magnetica cerebrale, sviluppando un metodo di valutazione dell’atrofia cerebrale nelle regioni più significative per la diagnosi di malattia di Alzheimer. Del 2011 è il primo lavoro di radiomica sulle risonanze magnetiche cerebrali, apparso sulla prestigiosa rivista NeuroImage, che va annoverato tra i contributi seminali della disciplina.

Quasi tutti i fisici che oggi operano nelle strutture sanitarie liguri, e non solo, si sono formati nella Scuola di Specializzazione in Fisica Medica dell’Università da lui diretta, che ha beneficiato non solo dell’entusiasmo e del carisma di Sandro ma anche delle sue notevoli capacità organizzative e gestionali. Sandro si è dedicato alla Scuola e ai suoi studenti con dedizione ed empatia, il suo entusiasmo si è tramesso a tanti giovani che portano oggi avanti la ricerca nel settore. Attorno alla Scuola è cresciuta e si è raccolta la comunità ligure dei fisici sanitari che oggi partecipa commossa al dolore della famiglia.

La sua passione per la divulgazione scientifica lo ha portato, durante gli anni della direzione INFN, a coinvolgere diverse scuole medie superiori nel progetto Extreme Energy Events (EEE). In particolare, a Savona grazie ad una attiva collaborazione con l’Associazione Giovani per la Scienza, alcuni soci dell’associazione stessa ed i ragazzi di tre istituti poterono partecipare alla costruzione ed alla gestione dei rilevatori di particelle.

“Chi conosceva Sandro da quando, studente, giocava assieme nella improvvisata squadretta di calcio dell’Istituto di fisica di viale Benedetto XV, – ricorda Piero Corvisiero, già direttore della Sezione INFN di Genova – prova un ricordo rispettoso e affettuoso. Molti di noi per mezzo secolo hanno percorso in parallelo la stessa strada e affiorano disseminati negli anni, moltissimi ricordi di Sandro, e inevitabilmente una incolmabile tristezza per la sua improvvisa assenza”. “Quello che colpiva era la sua gentilezza, la disponibilità ad ascoltare gli altri. Anche nei ruoli di responsabilità da lui ricoperti sia nell’Università che nell’INFN a Genova, ha sempre mostrato la sua umanità e il suo essere, per natura e senza affettazione, una persona buona, un vero grande signore”.