ADDIO A PETER HIGGS

ADDIO A PETER HIGGS

Si è spento l’8 aprile, all’età di 94 anni, il fisico britannico Peter Higgs, che nel 2013 aveva ricevuto il Premio Nobel per la Fisica per aver ipotizzato nel 1964 il meccanismo attraverso cui le particelle elementari acquisiscono massa, e l’esistenza del bosone che oggi porta il suo nome, confermata sperimentalmente dopo cinquant’anni dagli esperimenti ATLAS e CMS all’acceleratore LHC del CERN. Una scoperta storica, che per essere portata a compimento aveva richiesto la realizzazione del più grande e potente complesso di macchine mai realizzato, e alla quale la comunità scientifica italiana coordinata dall’INFN aveva dato un contributo fondamentale, e annunciata al mondo il 4 luglio 2012 dall’italiana Fabiola Gianotti e dall’americano Joseph Incandela, allora alla guida delle collaborazioni scientifiche dei due esperimenti, rispettivamente ATLAS e CMS.

“Peter Higgs è stato uno scienziato che ha avuto un enorme impatto sulla fisica fondamentale grazie alla sua originale ipotesi del meccanismo che conferisce la massa alle particelle elementari”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN e membro della collaborazione ATLAS già ai tempi della scoperta. “L’attribuzione nel 2013 del premio Nobel a Peter Higgs, a valle di cinquant’anni di ricerche della comunità scientifica per confermare l’esistenza del bosone che porta il suo nome, rappresenta il giusto riconoscimento del suo eccezionale contributo al progresso della conoscenza”.

Per decenni il bosone di Higgs è stato il sacro Graal della fisica delle particelle: la sua ricerca era iniziata con vari esperimenti già negli anni ’80, ed era proseguita nel decennio successivo col collisore LEP, per concludersi infine nel luglio del 2012 con la prima osservazione al superacceleratore LHC. L’intuizione di Peter Higgs del 1964 è alla base dell’unificazione delle forze deboli ed elettromagnetica, ma inizialmente ai fisici sperimentali sembrava un po’ un artifizio teorico, una soluzione elegante con analogie con la superconduttività, che difficilmente avrebbe retto alla prova dell’esperimento. La scoperta, sempre al CERN, dei bosoni W e Z nel 1983, che valse il Premio Nobel per la Fisica all’italiano Carlo Rubbia e all’olandese Simon van der Meer, ha dato il via alla ricerca dell’ultimo tassello mancante del Modello Standard, la teoria che descrive le particelle elementari e le loro interazioni, che è effettivamente risultato straordinariamente simile alle ipotesi formulate da Higgs e, in modo indipendente, dai suoi colleghi belgi Robert Brout e François Englert.

“Peter Higgs era una persona riservata e non particolarmente visibile negli anni precedenti il premio Nobel. Il campo di Higgs, per contrasto, non solo è presente nel nostro universo fornendo massa alle particelle elementari, ma oggi è anche presenza constante e crescente nelle discussioni e nel lavoro dei fisici teorici e sperimentali”, commenta Roberto Tenchini, presidente della Commissione Scientifica di fisica delle alte energie dell’INFN e membro della collaborazione scientifica CMS. “Gli esperimenti attuali e quelli in preparazione ai futuri acceleratori hanno lo studio del campo di Higgs come obbiettivo centrale. Lo studio del bosone di Higgs può rappresentare un portale, una via promettente per arrivare alla nuova fisica al di là del Modello Standard. Così l’intuizione di Peter Higgs, mezzo secolo fa, ha dato origine a un filone di ricerca che spazia dalla fisica delle particelle alla cosmologia e che ha un ruolo dominante nella fisica fondamentale attuale”, conclude Tenchini.

 

Per approfondire

Un tè con Peter Higgs, di Vittorio De Luca in Asimmetrie 8 | Il bosone di Higgs, 2009

La particella che dà la massa, di Roberto Petronzio in Asimmetrie 8 | Il bosone di Higgs, 2009