RAGGI COSMICI: L’ESA SELEZIONA PER LA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE SQM-ISS, PROPOSTA A GUIDA INFN

RAGGI COSMICI: L’ESA SELEZIONA PER LA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE SQM-ISS, PROPOSTA A GUIDA INFN

Osservare nel flusso di raggi cosmici particelle massicce lente che possono essere state prodotte subito dopo il Big Bang o in processi astrofisici nella nostra Galassia: questo è l’obiettivo della proposta di esperimento SQM-ISS, che l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha selezionato come esperimento che potrà essere installato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

La proposta SQM-ISS, Strange Quark Matter sulla International Space Station, è stata scelta tra oltre 20 progetti che l’ESA ha ricevuto nell’ambito del bando “Reserve pools of Science Activities for ISS: a SciSpacE Announcement of Opportunity”. Si tratta di una proposta a guida INFN, a cui ha lavorato una squadra internazionale di ricercatori e ricercatrici provenienti da Italia, Francia, Polonia e Svezia.

SQM-ISS si propone di realizzare un rivelatore compatto, composto da una pila di scintillatori e di lastre metalliche, dedicato all’osservazione diretta del passaggio della cosiddetta “materia strana”. L’esistenza della materia strana è stata proposta negli anni ’80: è un tipo di materia molto densa composta da un numero approssimativamente uguale di quark up, down e strange, a differenza della materia ordinaria, composta invece esclusivamente da quark up e down. Molti modelli di fisica nucleare all’interno del Modello Standard suggeriscono che la materia strana dovrebbe essere stabile e potrebbe essere stata prodotta nel Big Bang, costituire la materia oscura, o esistere all’interno di “stelle di quark strani”. Dovrebbe arrivare a noi sotto forma di particelle lente, ovvero con una velocità pari a circa 250 chilometri al secondo, e pesanti, in un intervallo molto ampio di massa e stato di carica. Per cercare di osservarla, lo stesso gruppo ha già costruito rivelatori satellitari o per la ISS, come gli esperimenti PAMELA e Mini-EUSO.

“Con SQM-ISS si cercherà di osservare il passaggio delle particelle di materia strana e di altre forme di materia lenta e penetrante accoppiando il rivelatore a un sistema in grado di misurare la velocità delle particelle, in un ambiente unico come quello della ISS, un ambiente di microgravità molto stabile, in cui non esiste il rumore sismico del suolo e si possono osservare le particelle prima che possano interagire o essere assorbite dall’atmosfera terrestre,” spiegano Marco Casolino e Laura Marcelli, ricercatori della sezione INFN di Roma Tor Vergata, e rispettivamente responsabile e vice-responsabile di SQM-ISS.

Ora SQM-ISS è in fase di valutazione da parte dell’INFN e dell’ASI Agenzia Spaziale Italiana.

Alla stesura della proposta SQM-ISS hanno partecipato ricercatrici e ricercatori della sezione INFN di Roma Tor Vergata (che coordina la proposta), dell’Università di Roma Tor Vergata, dell’Università di Ferrara, del Laboratorio di Astroparticelle e Cosmologia dell’IN2P3 di Parigi (APC), del Royal Institute of Technology di Stoccolma (KTH), dell’Università di Varsavia e del National Centre for Nuclear Research (NCBJ) di Varsavia.

 

Foto ©NASA

MUON g-2 RADDOPPIA LA PRECISIONE E SI PREPARA AL CONFRONTO FINALE CON LA TEORIA

MUON g-2 RADDOPPIA LA PRECISIONE E SI PREPARA AL CONFRONTO FINALE CON LA TEORIA

Una nuova e ancora più precisa misura di una particolare proprietà magnetica del muone, il cosiddetto momento magnetico anomalo (indicato con la lettera g), è stata presentata oggi, 10 agosto, nel corso di un seminario, dalla Collaborazione scientifica dell’esperimento Muon g-2 del Fermi National Accelerator Laboratory (FermiLab) di Batavia, vicino Chicago, Stati Uniti. La nuova misura di g, la più precisa ad oggi realizzata, rafforza e migliora di un fattore due la misura pubblicata nell’aprile 2021 dalla stessa Collaborazione, e pone in modo sempre più stringente previsioni teoriche e misure sperimentali davanti alla resa dei conti. Il lavoro viene presentato in dettaglio in un articolo sottomesso per la pubblicazione a Physical Review Letters dalla Collaborazione Muon g-2, di cui l’INFN è uno dei principali membri fin dagli inizi.

Il nuovo risultato sperimentale di Muon g-2, basato sui dati raccolti nei primi tre anni di attività sperimentale, è g-2 = 0,00233184110 +/- 0,00000000043 (incertezza statistica) +/- 0,00000000019 (incertezza sistematica), che corrisponde a una precisione di 0,20 parti per milione.

“Con questo aggiornamento della nostra misura stiamo davvero sondando un nuovo territorio e stiamo determinando il momento magnetico del muone con una precisione migliore di quanto non sia mai stato realizzato prima”, sottolinea Graziano Venanzoni, professore all’Università di Liverpool e ricercatore associato all’INFN, co-coordinatore internazionale della Collaborazione Muon g-2. “Questa misura – prosegue Venanzoni – ci porta oltre le precedenti sensibilità e conferma la tensione con la previsione teorica del 2020”. “Nei prossimi anni la Collaborazione Muon g-2 lavorerà per integrare nell’analisi tutti i dati raccolti nei sei anni di attività dell’esperimento, il valore che otterremo dovrà allora essere confrontato con il valore previsto dalla teoria, che è anch’esso in via di perfezionamento”.

La nuova misura sperimentale di g-2 è stata migliorata non solo grazie a un insieme di dati più ampio (sono stati considerati due anni di dati in più rispetto al risultato del 2021), ma anche dagli aggiornamenti tecnici apportati all’esperimento. “Abbiamo migliorato molti dettagli sperimentali tra il primo anno di acquisizione dati e il secondo e terzo anno – spiega Marco Incagli, ricercatore responsabile nazionale per l’INFN di Muon g-2 – e abbiamo così raggiunto l’obiettivo di ridurre l’incertezza causata da eventuali imperfezioni sperimentali, ossia quella nota come incertezza sistematica”.

La presa dati si è conclusa il 9 luglio 2023, quando la collaborazione ha spento il fascio di muoni che alimentava l’esperimento, concludendo così l’attività scientifica di Muon g-2 dopo sei anni di raccolta dati, e dopo aver raggiunto l’obiettivo di raccogliere un insieme di dati di oltre 21 volte maggiore rispetto a quello raccolto dal precedente esperimento condotto nel laboratorio di Brookhaven. Ma, mentre l’incertezza sistematica totale ha già superato l’obiettivo di progettazione, l’aspetto più ampio che contribuisce all’incertezza, ossia l’incertezza statistica (determinata dalla quantità di dati analizzati), sarà migliorata solo una volta incorporati nell’analisi tutti i dati prodotti e raccolti nei sei anni di attività, un obiettivo che la Collaborazione Muon g-2 mira a completare nei prossimi due anni.

 

PER APPROFONDIRE

Tra previsione teorica e dati sperimentali. Il funzionamento dell’universo al suo livello più fondamentale è descritto da una teoria nota come Modello Standard delle particelle elementari: facendo previsioni basate su questa teoria e confrontandole con i risultati sperimentali, è possibile verificare la sua completezza o se vi siano margini per scoprire una nuova fisica oltre il Modello Standard. I muoni, particelle elementari previste dal Modello Standard, simili agli elettroni ma circa 200 volte più massicce, hanno, come gli stessi elettroni, un minuscolo magnete interno che, in presenza di un campo magnetico, precede od oscilla come l’asse di una trottola. La velocità di precessione, in un dato campo magnetico, dipende proprio dal valore del momento magnetico g. La teoria del Modello Standard prevede con grande precisione il valore di g, che dovrebbe essere leggermente diverso da 2.

Il nuovo risultato di Muon g-2 si conferma in tensione con la previsione teorica che era stata presentata nel 2020 dalla Muon g-2 Theory Initiative, un progetto fondato per mettere assieme la comunità mondiale della fisica teorica che lavora alla determinazione dell’anomalia magnetica del muone con l’obiettivo di ricavare nell’ambito del Modello Standard un unico valore teorico condiviso che possa essere messo a confronto con il valore ricavato dai dati sperimentali. Alla luce delle nuove misure sperimentali che alimentano i calcoli delle previsioni teoriche, e di un nuovo calcolo basato su un diverso approccio teorico – la teoria di gauge su reticolo – gli scienziati della Muon g-2 Theory Initiative stanno lavorando per affinare la loro previsione, con l’obiettivo di fornirne, entro i prossimi due anni, una migliorata, che tenga conto anche di entrambi gli approcci teorici.

La differenza di g da 2 (ossia g-2) può essere attribuita alle interazioni del muone con le particelle in una “schiuma” quantistica che lo circonda. Queste particelle “fluttuano” in continuazione tra lo stato di esistenza e non esistenza, cambiando così il modo in cui il muone interagisce con il campo magnetico. Il calcolo del valore di g-2 è molto impegnativo. Il Modello Standard prevede come cambia g in questa schiuma quantistica, in considerazione di tutte le forze e le particelle note: i calcoli teorici considerano forze elettromagnetiche, nucleari deboli e nucleari forti, fotoni, elettroni, quark, gluoni, neutrini, bosoni W e Z e bosone di Higgs. Se il Modello Standard è corretto e se il calcolo di g-2 sulla base del Modello Standard lo è altrettanto, allora a questa previsione deve corrispondere la misura sperimentale. Il fatto che il valore di g misurato sperimentalmente si discosti da quello previsto teoricamente potrebbe perciò essere indicazione dell’esistenza di particelle non ancora note che, appunto, contribuiscono a determinare il valore di g-2.

Come funziona l’esperimento. I muoni, che sono generati naturalmente nell’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre, possono essere prodotti in gran numero dall’acceleratore del Fermilab e iniettati all’interno dell’anello di accumulazione magnetico di Muon g-2, del diametro di 15 metri, dove vengono fatti circolare migliaia di volte con velocità prossima a quella della luce. Come gli elettroni, anche i muoni sono dotati di spin e possiedono un momento magnetico, ovvero producono un campo magnetico del tutto analogo a quello di un ago di bussola. All’interno dell’anello di Muon g-2, il momento magnetico dei muoni acquista un moto di precessione attorno alla direzione del campo magnetico, analogo a quello di una trottola in rotazione. L’esperimento misura con altissima precisione la frequenza di questo moto di precessione dei muoni. Il Modello Standard prevede che per ogni particella il valore del momento magnetico sia proporzionale a un certo numero, detto ‘fattore giromagnetico g’, e che il suo valore sia leggermente diverso da 2, da qui il nome ‘g-2’ o ‘anomalia giromagnetica’ dato a questo tipo di misura. Il risultato di Muon g-2 evidenzia una differenza tra il valore misurato di ‘g-2’ per i muoni e quello previsto dal Modello Standard, la cui previsione si basa sul calcolo delle interazioni dei muoni con particelle “virtuali” che si formano e si annichilano continuamente nel vuoto che li circonda. La discrepanza tra il risultato sperimentale e il calcolo teorico potrebbe quindi essere dovuta a particelle e interazioni sconosciute di cui il Modello Standard non tiene conto.

La Collaborazione scientifica internazionale Muon g-2. comprende quasi 181 scienziati e scienziate provenienti da 33 istituzioni in sette paesi. L’esperimento Muon g-2 è supportato dal Department of Energy (USA), dalla National Science Foundation (USA), dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Italy), dallo Science and Technology Facilities Council (UK), dalla Royal Society (UK), dal programma europeo Horizon 2020, dalla National Natural Science Foundation of China, da MSIP, NRF e IBS-R017-D1 (Repubblica della Corea) e dalla German Research Foundation (DFG).

 

Il risultato del 2021 di Muon g-2

LETTURE

Precisamente anomalo
La misura del momento magnetico del muone
di Luca Trentadue
in Asimmetrie 23 Muone

Una vita da mediano
Storia della più elegante, eclettica e robusta tra le particelle
di Filippo Ceradini
in Asimmetrie 23 Muone

Un mare di antimateria
L’equazione di Dirac, dalla meccanica quantistica al modello standard
di Graziano Venanzoni
in Asimmetrie 19 Equazioni

RADICI. NEL NUOVO PODCAST INFN, LA STORIA DELLA FISICA È RACCONTATA DAGLI STUDENTI

RADICI. NEL NUOVO PODCAST INFN, LA STORIA DELLA FISICA È RACCONTATA DAGLI STUDENTI

Dieci storie di scienziati e scienziate protagonisti della fisica italiana, raccontati in podcast da ragazzi e ragazze delle scuole superiori di tutta Italia: da oggi “Radici”, il nuovo podcast dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è disponibile su tutte le principali piattaforme di ascolto.

Edoardo Amaldi, Bruno Touschek, Giuseppe Occhialini, Bruno Rossi, Massimilla Baldo Ceolin, Tullio Regge, Nicola Cabibbo, Giorgio Parisi, Luciano Maiani e Fabiola Gianotti sono gli scienziati protagonisti dei podcast realizzati dagli studenti nell’ambito del concorso “Audioritratti di scienza”. I podcast sono affiancati dai racconti, dagli aneddoti e dai commenti di chi ha conosciuto di persona questi grandi della fisica, condividendo il percorso di ricerca e i traguardi scientifici, o ne ha studiato a fondo la vita e il contributo alla ricerca.

“Audioritratti di scienza” è un concorso ideato e lanciato dall’INFN in occasione della pubblicazione de La Mediateca INFN. La storia della fisica in video, un vasto archivio audiovisivo sulla storia della fisica italiana. Gli oltre 500 studenti e studentesse delle scuole secondarie di secondo grado che hanno partecipato al concorso hanno realizzato i podcast, della durata massima di cinque minuti, a partire dai materiali audiovisivi presenti su questo portale: un’occasione per conoscere un nuovo strumento alla scoperta storia della fisica italiana, ascoltando direttamente le voci dei suoi protagonisti.

I vincitori e le vincitrici del concorso hanno partecipato a un viaggio premio di due giorni ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, il più grande laboratorio sotterraneo al mondo dedicato allo studio della fisica astroparticellare, visitando le sue grandi sale, scoprendone i principali esperimenti, realizzando in prima persona esperienze sperimentali sui raggi cosmici, come dei veri ricercatori, hanno poi seguito seminari sulle onde gravitazionali al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila, e si sono immersi nella storia dei Ragazzi di via Panisperna al Museo del Centro Ricerche Enrico Fermi di Roma. Alcuni fra i podcast in concorso giudicati particolarmente meritevoli sono stati poi selezionati per realizzare il podcast “Radici”.

La Mediateca INFN
Con l’obiettivo di valorizzare e condividere il patrimonio audiovisivo sulla storia della fisica italiana, il progetto de La Mediateca INFN è stato pubblicato nell’ambito delle celebrazioni per il 70° anniversario dell’INFN. È un portale dove scoprire di più sulla storia della fisica italiana dai racconti dei suoi protagonisti, e ripercorrere le principali tappe dell’avventura che ha reso l’INFN un istituto di eccellenza internazionale.
Dalle ricerche teoriche e sperimentali avviate negli anni ’30 da Enrico Fermi e dalla sua scuola, fino alla costruzione nel 1960 del primo anello di collisione al mondo, dalla fondazione del CERN fino alla scoperta dei bosoni W e Z e al premio Nobel a Carlo Rubbia: la storia della fisica fondamentale in Italia è ricca di eventi avvincenti. Per chi è curioso di scoprire e approfondire questi temi, La Mediateca INFN è il posto giusto. Chi ne ha necessità può richiedere i filmati di proprietà dell’INFN alla risoluzione originale.

ALLO IEO LA SONDA “CERCA-TUMORE” MIGLIORA LA CHIRURGIA

ALLO IEO LA SONDA “CERCA-TUMORE” MIGLIORA LA CHIRURGIA

Un team congiunto di medici, ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e di Sapienza Università di Roma, coordinato da Emilio Bertani della Divisione di Chirurgia dell’apparato digerente e Direttore dell’Unità di Chirurgia dei tumori neuroendocrini dello IEO, e Francesco Ceci Direttore della Divisione di Medicina Nucleare dello IEO, ha dimostrato con uno studio clinico che l’impiego di una innovativa sonda “cerca-tumore” migliora l’efficacia della chirurgia dei tumori neuroendocrini gastrointestinali.

La sonda oggetto dello studio costituisce uno strumento innovativo in grado di rilevare i positroni, particelle emesse da radiofarmaci come quelli comunemente utilizzati per eseguire una diagnostica PET. Il dispositivo, sviluppato da INFN e Sapienza, ha dimostrato un’elevata sensibilità nell’individuare cellule tumorali marcate con un radiofarmaco specifico per i tumori neuroendocrini. Una capacità che rende la sonda efficace nel guidare la mano del chirurgo esattamente alla sede della lesione, per quanto microscopica o in una posizione difficile. Lo studio condotto in IEO fra maggio 2022 e aprile 2023 su 20 pazienti ha infatti dimostrato che la nuova sonda è in grado rivelare le sedi di malattia con una sensibilità e specificità del 90%.

Grazie all’impiego della sonda le operazioni chirurgiche, sia tradizionale che con robot, risulteranno quindi più precise e conservative, in quanto sarà possibile rilevare con grande precisione la presenza di tessuti da rimuovere, evitando al contempo asportazioni inutili. In sintesi, la procedura prevede l’iniezione di una minima dose di radiofarmaco specifico per i tumori neuroendocrini che va selettivamente a posizionarsi sulle cellule tumorali.

“La chirurgia radioguidata – spiegano Francesco Collamati dell’INFN e Riccardo Faccini di Sapienza Università di Roma – fino ad oggi ha utilizzato le sonde a raggi gamma che non funzionano quando quello che si vuole rivelare è vicino ad organi che assorbono molto radiofarmaco, come per esempio nell’addome. Una sonda come quella da noi ideata, che rivela i positroni anziché i fotoni, permette di rivelare esattamente specifiche forme di tumore in zone del corpo dove sarebbe altrimenti impossibile individuarle. Grazie alla collaborazione con IEO, siamo riusciti a validare per la prima volta la sonda durante interventi chirurgici”.

Ideatore della possibilità di effettuare questa sperimentazione presso l’IEO è stato Francesco Ceci, Direttore della Divisione di Medicina Nucleare, nonché uno dei maggiori esperti del settore. “Da sempre il mio focus di ricerca è stata la Teranostica, quella disciplina che unisce la diagnostica di ultima generazione con le terapie di precisione. Quando sono venuto a conoscenza di questo dispositivo ho subito intuito le incredibili potenzialità ed è iniziata una proficua collaborazione con il dott. Collamati. La vera innovazione di questa procedura chirurgica risiede nel somministrare ai pazienti durante l’intervento lo stesso radiofarmaco cancro-specifico usato per la diagnostica PET. Prima individuiamo con la PET le localizzazioni del tumore e poi utilizziamo la sonda per rimuoverle con grande accuratezza. Diagnosi e terapia, le basi della Teranostica, questa volta applicate alla chirurgia”.

“IEO è sempre più vicino all’obiettivo “chirurgia di precisione”, capace di asportare niente di più e niente di meno di ciò che è necessario per guarire – spiega Emilio Bertani, chirurgo della Divisione di Chirurgia dell’Apparato Digerente e coordinatore dello studio clinico – Anche il chirurgo più esperto in un caso su tre può lasciare della malattia residua, non visibile neppure alla PET perché localizzata ad esempio nei piccoli linfonodi vicini ai vasi mesenterici. La sonda beta è in grado di rilevare anche la minima presenza di cellule tumorali e nell’ 80% dei casi il chirurgo riesce a rimuoverle senza creare danni eccessivi. Il punto forte della procedura è che bilancia la capacità di trovare la malattia e la necessità di preservare tessuti vitali per il paziente”.

“È importante ricordare che per i Tumori Neuroendocrini la chirurgia è l’unica forma di cura radicale – continua Bertani – purtroppo però fino al 30% delle laparotomie non arrivano a sterilizzare il letto tumorale e dunque a controllare il tumore. Le metastasi linfonodali si ripresentano nel 10% dei casi. La nuova sonda rappresenta quindi un grande progresso e una speranza nel trattamento dei NET anche se occorre sottolineare che ciò che cambia il risultato non è tanto la tecnologia quanto la procedura. La sonda è efficace soltanto se è in mano a un chirurgo esperto”.

“Gli eccellenti risultati ottenuti sui tumori neuroendocrini ci incoraggiano ad estendere lo studio. È già in corso in IEO uno studio nel carcinoma prostatico, e abbiamo in programma di applicare la procedura con la sonda beta anche ad altri tumori gastrointestinali e ai tumori ginecologici” conclude Ceci.

INFN E ALCATEL FIRMANO IL CONTRATTO PER L’AMPLIAMENTO DEL TELESCOPIO SOTTOMARINO KM3NET

INFN E ALCATEL FIRMANO IL CONTRATTO PER L’AMPLIAMENTO DEL TELESCOPIO SOTTOMARINO KM3NET

L’INFN e Alcatel Submarine Networks (ASN) hanno firmato un contratto per la fornitura e l’installazione di una delle componenti essenziali per il completamento del telescopio sottomarino per neutrini KM3NeT, un terminale di collegamento dei cavi necessari per la fornitura dell’energia ai rivelatori di cui si compone il telescopio, posizionati su lunghe stringhe ancorate al fondale marino, e per consentire al contempo la trasmissione dei dati tra questi ultimi e il centro di controllo a terra. Il contratto rientra nell’ambito delle attività previste dal progetto KM3NeT4RR, finanziato dai fondi della Componente 2 (‘Dalla ricerca all’impresa’) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’INFN è capofila del progetto KM3NeT4RR, che si pone come obiettivo l’ampliamento dell’infrastruttura sottomarina di KM3NeT.

Una volta giunta a termine la sua realizzazione, KM3NeT, che si trova a 3.500 metri di profondità al largo delle coste di Portopalo di Capo Passero, nella Sicilia sudorientale, diventerà il più grande telescopio per neutrini ad alta energia del Mediterraneo, fungendo inoltre da laboratorio per una vasta serie di ricerche multidisciplinari. Il sistema sottomarino fornito da ASN risulterà quindi essenziale per consentire la distribuzione e l’utilizzo dei dati raccolti dall’osservatorio, in quanto consentirà di trasmettere in tempo reale a terra i dati provenienti dai rilevatori KM3NeT.

La tecnologia fornita da ASN si basa su una soluzione inizialmente sviluppata per applicazioni nel settore energetico e prevede un’alimentazione completa delle unità di rilevamento del telescopio. Già nel 2022, nel corso di una delle operazioni marine dedicate all’ampliamento KM3NeT, Alcatel Submarine Networks aveva fornito e installato con successo un’analoga struttura di terminazione dei cavi, grazie ai finanziamenti messi a disposizione dalla Regione Sicilia con il progetto IDMAR.

“Questo progetto”, spiega Giacomo Cuttone, responsabile del progetto KM3NeT4RR e ricercatore INFN, “offrirà all’INFN e a tutta la comunità della ricerca italiana applicazioni avanzate per implementare nuovi modelli di ricerca. La tecnologia all’avanguardia fornita da ASN ci aiuterà infatti a compiere un passo significativo per migliorare la fisica astroparticellare e altre scienze come la sismologia e la geofisica”.

“ASN è da tempo leader mondiale nella fornitura di tecnologia di comunicazione sottomarina agli operatori di telecomunicazioni. Più recentemente, abbiamo messo la nostra tecnologia innovativa al servizio di organizzazioni, tra cui enti di ricerca scientifica. Siamo lieti di supportare ulteriormente l’INFN in questo nuovo e impegnativo progetto”, conclude Alain Biston, Presidente di Alcatel Submarine Networks.

EXPO2025 OSAKA, SIGLATO ACCORDO PER CONSOLIDARE LE RELAZIONI SCIENTIFICHE TRA ITALIA E GIAPPONE

EXPO2025 OSAKA, SIGLATO ACCORDO PER CONSOLIDARE LE RELAZIONI SCIENTIFICHE TRA ITALIA E GIAPPONE

Valorizzare le esperienze italiane del sistema universitario, dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM) e della ricerca con l’obiettivo di rafforzare e consolidare le relazioni scientifiche, culturali eD economiche che legano l’Italia al Giappone e ai Paesi della macro-regione dell’Asia-Pacifico. È la linea conduttrice dell’Accordo quadro che è stato firmato questa mattina al Ministero dell’Università e della Ricerca tra il Ministro Anna Maria Bernini; il Commissariato generale italiano di Expo 2025 Osaka, nella persona di Elena Sgarbi, Commissario aggiunto; il Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), Salvatore Cuzzocrea; il Presidente della Consulta dei Presidenti degli Enti Pubblici di Ricerca (CoPER), Antonio Zoccoli; il Presidente della Conferenza dei Presidenti ABA in rappresentanza del sistema AFAM, Giuseppe Carmine Soriero. L’Accordo mira a promuovere, raccordare e coordinare la partecipazione a EXPO 2025 del sistema universitario italiano, dell’AFAM e della ricerca. Tra gli obiettivi anche quello di favorire la costituzione e il consolidamento di partenariati strategici tra Università italiane e giapponesi. E ancora: valorizzare le azioni del Ministero dell’Università e della Ricerca in ambito internazionale – con una attenzione particolare al PNRR. L’Accordo vuole anche favorire esperienze e scambi tra studenti, dottorandi, ricercatori e docenti e rafforzare l’opportunità di EXPO 2025 per attrarre talenti dal Giappone e dall’Area Asia-Pacifico più in generale verso le università italiane. Due i principali interventi previsti. Una Call for proposal esplorativa per raccogliere le manifestazioni d’interesse delle Università italiane, statali e non statali, degli Enti pubblici di ricerca e delle istituzioni AFAM per partecipare con attività, programmi ed eventi innovativi a EXPO Osaka. E una Call for participants che mira a raccogliere la disponibilità di studentesse e studenti delle Università e delle istituzioni AFAM a effettuare un tirocinio di tipo curriculare. L’Accordo quadro rimanderà a un successivo protocollo attuativo nel quale saranno definiti i compiti e la gestione dei bandi.

 

 

EXPO 2025: UNIVERSITA’, AFAM E RICERCA ALLA ‘CONQUISTA DI OSAKA’

EXPO 2025: UNIVERSITA’, AFAM E RICERCA ALLA ‘CONQUISTA DI OSAKA’

Roma, 20 luglio 2023 – Valorizzare le esperienze italiane del sistema universitario, dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM) e della ricerca con l’obiettivo di rafforzare e consolidare le relazioni scientifiche, culturali e economiche che legano l’Italia al Giappone e ai Paesi della macro-regione dell’Asia-Pacifico.

È la linea conduttrice dell’Accordo quadro che è stato firmato questa mattina al Ministero dell’Università e della Ricerca tra il Ministro Anna Maria Bernini; il Commissariato generale italiano di Expo 2025 Osaka, nella persona di Elena Sgarbi, Commissario aggiunto; il Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), Salvatore Cuzzocrea; il Presidente della Consulta dei Presidenti degli Enti Pubblici di Ricerca (CoPER), Antonio Zoccoli; il Presidente della Conferenza dei Presidenti ABA in rappresentanza del sistema AFAM, Giuseppe Carmine Soriero.

L’Accordo mira a promuovere, raccordare e coordinare la partecipazione a EXPO 2025 del sistema universitario italiano, dell’AFAM e della ricerca. Tra gli obiettivi anche quello di favorire la costituzione e il consolidamento di partenariati strategici tra Università italiane e giapponesi. E ancora: valorizzare le azioni del Ministero dell’Università e della Ricerca in ambito internazionale – con una attenzione particolare al PNRR -. L’Accordo vuole anche favorire esperienze e scambi tra studenti, dottorandi, ricercatori e docenti e rafforzare l’opportunità di EXPO 2025 per attrarre talenti dal Giappone e dall’Area Asia-Pacifico più in generale verso le università italiane.

Due i principali interventi previsti dall’Accordo quadro. Una Call for proposal esplorativa per raccogliere le manifestazioni d’interesse delle Università italiane, statali e non statali, degli Enti pubblici di ricerca e delle istituzioni AFAM per partecipare con attività, programmi ed eventi innovativi a EXPO Osaka. E una Call for participants che mira a raccogliere la disponibilità di studentesse e studenti delle Università e delle istituzioni AFAM a effettuare un tirocinio di tipo curriculare.

L’accordo quadro rimanderà a un successivo protocollo attuativo nel quale saranno definiti i compiti e la gestione dei bandi.

L’ESPERIMENTO SND@LHC OSSERVA PER LA PRIMA VOLTA NEUTRINI PRODOTTI DA UN COLLISORE DI PARTICELLE

L’ESPERIMENTO SND@LHC OSSERVA PER LA PRIMA VOLTA NEUTRINI PRODOTTI DA UN COLLISORE DI PARTICELLE

Sfruttare il Large Hadron Collider del CERN come sorgente per lo studio di neutrini, particelle elementari caratterizzate da una scarsissima interazione con la materia, emessi a seguito delle collisioni tra protoni all’interno del super acceleratore. Questo l’obiettivo della collaborazione internazionale SND@LHC, che vede un fondamentale contributo dell’INFN, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Dopo aver portato a termine la realizzazione del proprio apparato sperimentale nel marzo dello scorso anno, le ricercatrici e i ricercatori di SND@LHC, insieme ai colleghi della collaborazione FASER, altro esperimento al CERN che studia neutrini, hanno pubblicato ieri, mercoledì 19 luglio, sulla rivista Physical Review Letters, i primi risultati dell’analisi dei dati acquisiti nel corso del 2022, da cui emerge la prima osservazione di neutrini muonici di alta energia prodotti da LHC. Oltre ad aprire una nuova finestra utile a indagare le proprietà dei neutrini, la misura, la prima del suo genere, rappresenta un’importante successo tecnologico, confermando la capacità del sistema di rivelazione adottato da SND@LHC di individuare particelle tanto elusive. Al risultato, indicato come “editors’s suggestions” da Physical Review Letters, è stato dedicato anche un “Viewpoint article” nel Physics Magazine della Società Americana di Fisica. 

Approvato nel marzo del 2021, l’esperimento Scattering and Neutrino Detector (SND@LHC) è stato installato a 480 metri dall’esperimento ATLAS in un in un tunnel in disuso che collega LHC all’SPS e ha come scopo l’individuazione e lo studio dell’elevato numero di neutrini di tutti e tre i sapori (elettronico, muonico e tauonico) che un collisore come LHC è in grado di produrre, finora sfuggiti a un’osservazione diretta a causa della loro bassa probabilità di interazione e della loro traiettoria parallela all’asse di collisione, che rende questi neutrini ‘invisibili’ agli altri esperimenti di LHC. 

“Gli esperimenti a LHC hanno sinora associato la presenza di neutrini alla rivelazione di energia mancante nella ricostruzione dei prodotti delle interazioni”, spiega Giovanni De Lellis, responsabile internazionale della collaborazione SND@LHC e ricercatore INFN e Professore all’Università “Federico II”. “SND@LHC è stato progettato con l’obiettivo di rivelare queste particelle, di grande interesse per la fisica in quanto caratterizzate da energie molto elevate e non ancora esplorate, estendendo il potenziale scientifico degli altri esperimenti di LHC”.

SND@LHC presenta dimensioni ridotte rispetto alle altre tipologie di esperimenti dedicati allo studio dei neutrini attualmente in corso. Esso è costituito da due regioni. In quella più a monte ci sono lastre di tungsteno, per un peso complessivo di circa 800 kg, intervallate da film di emulsioni nucleari, in grado rivelare con estrema precisione l’interazione dei neutrini, e da sistemi traccianti elettronici basati su fibre scintillanti per la misura dell’instante in cui avvengono gli eventi di interazione e della loro energia elettromagnetica. La regione finale dell’esperimento è invece dotata di calorimetro adronico e un sistema di riconoscimento dei muoni.

“Il motivo che ha consentito la realizzazione di un apparato sperimentale di dimensioni contenute è legato all’elevato numero di collisioni di LHC, che si traducono in un altrettanto elevato flusso di neutrini nella direzione in avanti. L’ingente numero di neutrini, insieme alle loro alte energie, alla cui crescita corrisponde una maggiore probabilità di interazione, rendono possibile la loro rivelazione anche con apparati più compatti di quelli oggi impiegati nell’indagine sui neutrini grazie anche alla relativa vicinanza dell’apparato alla sorgente”, prosegue Giovanni De Lellis

Grazie alle sue caratteristiche, SND@LHC è stato in grado di discriminare i soli eventi dovuti all’interazione tra l’apparato sperimentale e i neutrini prodotti dall’acceleratore nel campione di dati acquisiti nel 2022, costituito da diversi miliardi di muoni. SND@LHC ha osservato 8 eventi candidati interazioni di neutrino muonico, con una significatività statistica superiore a quella necessaria in fisica per confermare un’osservazione.

“Con questi primi risultati dell’analisi dei dati raccolti nel 2022, l’esperimento SND@LHC ha aperto una nuova frontiera nello studio dei neutrini e nella ricerca di materia oscura”, illustra Giovanni De Lellis. “Abbiamo osservato neutrini dal collider con una significatività superiore alle 5 sigma. Alla luce del fatto che una buona parte dei neutrini è originata dai decadimenti di quark pesanti, essi costituiscono un modo unico per studiare la produzione di questi quark, inaccessibile ad altri esperimenti. Queste misure sono anche rilevanti per predire il flusso di neutrini di altissime energie prodotti nei raggi cosmici, sicché l’esperimento fa da ponte tra la fisica degli acceleratori e quella delle astroparticelle”.

L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare svolge un ruolo centrale all’interno della collaborazione con i gruppi delle Università e dell’INFN di Bari, Bologna e Napoli. L’INFN ha infatti costruito il bersaglio dei neutrini e il sistema di identificazione dei muoni, ed è attualmente responsabile dell’analisi dati.

“Questo risultato apre una nuova era, quella della fisica dei neutrini da collisionatore, un nuovo filone di ricerca che l’INFN, sulla base delle proprie riconosciute competenze in questo settore di ricerca, ha contribuito a inaugurare. Questo è il primo risultato: l’indagine proseguirà con lo studio di neutrini muonici a più alta statistica e con la rivelazione di neutrini elettronici e del tau, nonché con la ricerca di materia oscura, grazie alle caratteristiche uniche dell’apparato sperimentale”, conclude De Lellis. 

Per leggere l’approfondimento di Physics Magazine:

https://physics.aps.org/articles/v16/113

Per conclultare l’articolo di PRL:

https://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.131.031802

Al nuovo laboratorio tecnologico INFN di Torino il Premio italiano di Architettura per il Miglior edificio

Al nuovo laboratorio tecnologico INFN di Torino il Premio italiano di Architettura per il Miglior edificio

Il nuovo laboratorio dell’INFN a Torino ha ricevuto il Premio italiano di Architettura per il miglior edificio, promosso dalla Triennale Milano e dal MAXXI Museo Nazionale della Arti del XXI secolo. Il riconoscimento è stato assegnato allo studio ELASTICOFarm, che ha progettato l’edificio, nel corso di una cerimonia di premiazione che si è tenuta giovedì 13 luglio nella sede di Triennale Milano.

Il laboratorio si trova in Strada delle Cacce a Torino ed è un edificio semi-industriale dove sono prodotti e assemblati i componenti di grandi esperimenti di fisica nucleare, astrofisica e fisica delle particelle, come gli esperimenti che si svolgono al CERN di Ginevra.

La giuria del premio, composta da un gruppo di esperti nominati da Triennale e MAXXI, ha trovato nel progetto architettonico intitolato S-LAB “uno degli esempi più rappresentativi del lavoro di ricerca linguistico-tecnologica dello studio ELASTICOFarm. Conferisce un forte carattere a una tipologia edilizia teoricamente ‘generica’ trasformandola in occasione di ricerca. L’edificio, infatti, trasforma la tecnologia tradizionale per gli edifici produttivi, la prefabbricazione pesante in cemento armato, in un’occasione di sperimentazione a tutto campo nella sua relazione con il contesto, e nelle sue declinazioni ambientali, atmosferiche, percettive e paesaggistiche”.

“Abbiamo accolto con grande soddisfazione la notizia che il progetto di ELASTICOFarm si sia aggiudicato un premio così prestigioso.” Racconta Angelo Rivetti, direttore della sezione INFN di Torino e aggiunge: “Sono convinto che per la realizzazione dell’edificio, che ospita una gran parte dei laboratori INFN qui a Torino, anche la nostra attività sperimentale abbia fornito spunti per la ricerca e la sperimentazione architettonica. I più vivi complimenti all’architetto Stefano Pujatti e alla sua squadra.”

“S-LAB è un progetto di ricerca architettonica per un edificio dedicato alla ricerca nel campo della fisica fondamentale.” Spiega Stefano Pujatti, architetto dello studio ELASTICOFarm. “Il dialogo con l’INFN ci ha permesso di conoscere le attività di ricerca che conduce l’Istituto e come queste influenzano il nostro modo di pensare. L’edificio ha, infatti, una dimensione sperimentale e credo che la simbiosi che abbiamo creato tra le nostre due ricerche ci abbia permesso di raggiungere un grande risultato.”

 

Foto di Anna Positano, Gaia Cambiaggi – Studio Campo

Ai ricercatori INFN Massimo Ferrario e Lucio Rossi il premio Enrico Fermi 2023 della Società Italiana di Fisica

Ai ricercatori INFN Massimo Ferrario e Lucio Rossi il premio Enrico Fermi 2023 della Società Italiana di Fisica

Il Premio “Enrico Fermi” 2023 della SIF Società Italiana di Fisica è stato assegnato ex-aequo a Massimo Ferrario, ricercatore presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, Lucio Rossi, professore presso l’Università degli Studi di Milano e ricercatore INFN, e a Frank Zimmermann, ricercatore al CERN, “per i loro eccezionali sviluppi in diverse tecnologie avanzate di accelerazione delle particelle, che vanno dall’accelerazione tramite plasma alla realizzazione di collisori di particelle di altissima energia”.
Il Premio, istituito dalla Società nel 2001, in occasione del centenario della nascita di Fermi, è attribuito con cadenza annuale a uno o più soci che abbiano particolarmente onorato la fisica con le loro scoperte, e sarà assegnato l’11 settembre 2023 a Salerno, nel corso di una cerimonia che si terrà in occasione del 109˚ Congresso Nazionale della Società.

Nelle motivazioni la SIF spiega che Massimo Ferrario è autore di formidabili contributi nel campo dei fotoiniettori ad alta brillanza, delle sorgenti di fotoni di tipo FEL (Free Electron Laser) e dell’accelerazione di particelle tramite plasma. Attualmente Ferrario guida il progetto EuPRAXIA presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN. Si tratta della costruzione di un’infrastruttura di ricerca europea per lo sviluppo di un acceleratore basato sulla tecnologia al plasma. L’idea innovativa, rispetto ai convenzionali acceleratori di particelle, è quella di utilizzare un gas ionizzato, o plasma, per mantenere gli elevati campi elettrici necessari per accelerare le particelle. Il vantaggio degli acceleratori al plasma è che i loro campi di accelerazione possono essere molto più forti di quelli degli acceleratori convenzionali (a radiofrequenza). L’utilizzo di questa nuova tecnologia per gli acceleratori di particelle troverà grande applicazione in ambito scientifico, medico e industriale.

La SIF ha assegnato il premio a Lucio Rossi per il ruolo fondamentale che ha svolto nelle attività di ricerca e sviluppo per grandi magneti superconduttori di altissimo campo. Rossi è stato responsabile della realizzazione di questi magneti per il Large Hadron Collider del CERN di Ginevra, il più grande acceleratore del mondo che ha permesso nel 2012 la scoperta del bosone di Higgs grazie alle osservazioni dei rivelatori ATLAS e CMS. Il sistema di magneti superconduttori di LHC è tuttora la più grande impresa di superconduttività applicata nel mondo. Rossi ha inoltre proposto, fondato e inizialmente diretto il progetto di potenziamento di LHC, High Luminosity LHC, volto ad aumentarne di un fattore 10 la luminosità grazie all’introduzione di tecnologie di frontiera.