AGNESE COLLINO E LICIA TROISI VINCITRICI EX AEQUO DEL PREMIO ASIMOV 2022,  PIÙ DI 12.300 STUDENTI E STUDENTESSE HANNO PRESO PARTE ALLA GIURIA

AGNESE COLLINO E LICIA TROISI VINCITRICI EX AEQUO DEL PREMIO ASIMOV 2022, PIÙ DI 12.300 STUDENTI E STUDENTESSE HANNO PRESO PARTE ALLA GIURIA

Dall’universo, le sue immagini e gli studi più recenti alla quotidianità delle malattie e i rapporti tra la medicina e la società. A sorpresa, la settima edizione del Premio ASIMOV, promosso dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), si è conclusa con un pari merito. I libri vincitori sono La malattia da 10 centesimi di Agnese Collino, edito da Codice Edizioni, e La sfrontata bellezza del cosmo di Licia Troisi, edito da Rizzoli. Il risultato è stato annunciato nel corso della cerimonia di premiazione nazionale, svoltasi online ieri, 12 maggio, sui canali social del Premio ASIMOV e curata dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. Come da tradizione, sono stati studenti e studentesse delle scuole secondarie di II grado italiane a eleggere il libro vincitore del Premio ASIMOV, dopo aver letto e recensito i cinque libri finalisti.

Sia Agnese Collino sia Licia Troisi hanno saputo affascinare e coinvolgere studenti e studentesse da tutta Italia tanto da aggiudicarsi la VII edizione del Premio ASIMOV tra gli altri apprezzatissimi finalisti Paolo Alessandrini con Bestiario matematicoMarco Ciardi con Breve storia delle pseudoscienze e Paul Sen con Il frigorifero di Einstein.

“È attraverso le immagini ‘dell’invisibile’ via via analizzate che l’autrice pungola l’interesse del lettore aprendogli la strada lungo un impressionante itinerario cosmico strutturato su salti temporali che coprono il passato, il presente e il futuro della ricerca astronomica” sono le parole di Valentina Ricci, del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Pescara, per descrivere La sfrontata bellezza del cosmo di Licia Troisi, che accompagna chi legge in un viaggio nei misteri dell’universo partendo dalle immagini che hanno fatto la storia dell’astronomia.

 Un argomento completamente diverso quello del libro di Agnese Collino, La malattia da 10 centesimi, che ripercorre la storia della poliomielite, una malattia oggi quasi dimenticata, ma che ha cambiato per sempre i rapporti tra medicina, persone e società. “Durante la lettura impariamo quanto sia stato fondamentale il coinvolgimento della popolazione attuando vere e proprie strategie di marketing e campagne di sensibilizzazione, per riuscire a etichettare il virus come nemico pubblico numero uno e convincere la gente a partecipare ad una lotta solidale verso un obiettivo concretizzabile” commenta Tommaso Cirò dell’Istituto di Istruzione Superiore Salvador Allende di Milano nella recensione del libro.

I veri protagonisti del premio e della cerimonia di premiazione sono gli studenti e le studentesse che, leggendo i libri e scrivendo le loro recensioni, costituiscono la giuria del Premio ASIMOV. Durante l’evento, dopo i saluti e gli interventi istituzionali, alcuni studenti, rappresentanti delle diverse regioni coinvolte, hanno presentato i cinque libri finalisti in un ricco confronto di idee. L’evento si è concluso con l’intervista da parte degli studenti alle vincitrici Licia Troisi e Agnese Collino moderata da Francesco Vissani, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, e Giuliana Galati, ricercatrice post-doc presso l’Università di Bari.

Quest’edizione ha visto più di 12.300 studenti e studentesse da 272 scuole italiane partecipare con grande entusiasmo e una sempre più solida collaborazione tra la scuola e il mondo della ricerca e della cultura. “È meraviglioso vedere quanta intelligenza ci sia nelle scuole italiane, e quanto sono in gamba i professori con cui collaboriamo per la riuscita del premio. Credo che sia importante riconoscerne i meriti e l’enorme potenziale per il nostro paese”, commenta Francesco Vissani, ideatore e coordinatore nazionale del Premio, ricercatore presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN.

Il Premio ASIMOV

Il Premio ASIMOV è un premio per la divulgazione scientifica e un progetto per le scuole secondarie di II grado, promosso dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare con la collaborazione di numerosi enti, istituzioni, università e associazioni. L’obiettivo è diffondere la cultura scientifica tra i giovani e le giovani, favorendo le interazioni tra scuola, università e mondo della ricerca e incoraggiando scambi e occasioni di mutuo arricchimento con le discipline umanistiche.

Per questo la giuria del Premio ASIMOV è composta da studenti e studentesse delle scuole secondarie di II grado che hanno il compito di leggere, votare e recensire i libri finalisti selezionati dalla Commissione Scientifica del Premio. Inoltre, tutte le recensioni degli studenti sono lette e valutate dalle Commissioni Scientifiche Regionali, che quest’anno hanno visto la collaborazione di oltre mille insegnanti, ricercatori e ricercatrici dell’INFN, delle Università e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ma anche giornalisti, scrittori ed esponenti del mondo della cultura scientifica e letteraria.

Il Premio ASIMOV nasce da un’idea di Francesco Vissani, nel 2015, che realizzò la prima edizione interamente abruzzese presso il Gran Sasso Science Institute (GSSI) dell’Aquila. Da allora, grazie al grande entusiasmo di tutte le persone partecipanti, di anno in anno ha coinvolto un sempre maggior numero di studenti, studentesse, docenti, ricercatori e ricercatrici ed esponenti del mondo della cultura. Oggi partecipano 272 scuole per un totale di circa 12.300 studenti e studentesse di Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto.
Dal 2018 il Premio ASIMOV è diventato un progetto del Comitato di Coordinamento della Terza Missione dell’INFN, assumendo un carattere nazionale. Dal 2020 l’iniziativa è arrivata oltreoceano con una prima edizione del Premio ASIMOV Brasil, organizzata dall’Instituto de Estudos Avançados (IdEA) e dall’Universidade Estadual de Campinas (Unicamp).

ECCO IL BUCO NERO AL CENTRO DELLA NOSTRA GALASSIA

ECCO IL BUCO NERO AL CENTRO DELLA NOSTRA GALASSIA

Gli scienziati hanno svelato la prima immagine del buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Questo risultato è una prova schiacciante che questo oggetto è a tutti gli effetti un buco nero e fornisce indizi importanti per comprendere il comportamento di questi corpi che si ritiene risiedano al centro della maggior parte delle galassie. A ottenere questa immagine, grazie a una rete globale di radiotelescopi, la Collaborazione Event Horizon Telescope (EHT), un team internazionale di cui fanno parte anche ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Cagliari

L’attesissima immagine mostra finalmente l’oggetto massiccio che si cela al centro della nostra galassia. Già in passato gli scienziati avevano scoperto stelle che si muovevano intorno a un corpo invisibile, compatto e molto massiccio al centro della Via Lattea. Quelle osservazioni suggerivano che l’oggetto in questione, chiamato Sagittarius A* (Sgr A*), fosse un buco nero, e l’immagine resa pubblica oggi fornisce la prima prova visiva diretta a sostegno di questa ipotesi.

Anche se non possiamo vedere il buco nero stesso, perché non emette luce, il gas che brilla attorno ad esso possiede un aspetto distintivo: una regione centrale scura (chiamata “ombra” del buco nero) circondata da una struttura brillante a forma di anello. La nuova immagine cattura la luce distorta dalla potente gravità del buco nero, che ha una massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole.

“Siamo rimasti sbalorditi da quanto le dimensioni dell’anello siano in accordo con le previsioni della teoria della relatività generale di Einstein”, commenta Geoffrey Bower, EHT Project Scientist all’Academia Sinica di Taipei, Taiwan e alla University of Hawaii at Mānoa, negli Stati Uniti. I risultati sono descritti in una serie di articoli pubblicati oggi, 12 maggio, su un numero speciale della rivista The Astrophysical Journal Letters.

“È uno straordinario risultato della cui portata riusciremo a renderci conto davvero solo con il tempo”, dice il Ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa. “Complimenti al grande e globale gruppo di lavoro che ha consentito di raggiungerlo e, all’interno di questo, alle scienziate e agli scienziati italiani. Questa scoperta dimostra come le reti collaborative di ricerca internazionale siano fondamentali per il progresso di tutti, di come sia importante per l’Italia farne parte investendo, in modo continuo e stabile negli anni, in grandi infrastrutture di ricerca e di dati, per rafforzarle e implementarle sempre di più, e di come si debba fare uno sforzo per preservare queste reti anche in momenti di crisi. Questo risultato ci ricorda anche che non si deve avere sempre fretta di raggiungere in pochissimo tempo un determinato risultato: la ricerca ha i suoi tempi e a questi dobbiamo avere la pazienza di adattarci, consapevoli che ne varrà sempre la pena”.

Il buco nero, che si trova a circa 27 mila anni-luce dalla Terra in direzione della costellazione del Sagittario, appare nel cielo con una dimensione pari a quella che avrebbe una ciambella sulla Luna. Per realizzarne l’immagine, il team ha creato il potente EHT mettendo insieme otto osservatori radio-astronomici in tutto il mondo per creare un unico telescopio virtuale dalle dimensioni del pianeta Terra. EHT ha osservato Sgr A* per diverse notti nell’aprile 2017, raccogliendo dati per molte ore di seguito, in modo simile a quando si effettua un’esposizione lunga con una macchina fotografica.

Cruciale per raggiungere questo risultato è stato il contributo di ALMA, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, il più potente radiotelescopio esistente, che dal deserto di Atacama, in Cile, scruta il cosmo in banda radio a lunghezze d’onda millimetriche e submillimetriche. L’Italia partecipa ad ALMA attraverso l’ESO, lo European Southern Observatory, e ospita il nodo italiano del Centro regionale europeo ALMA presso la sede dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Bologna.

La scoperta arriva dopo la prima immagine di un buco nero, quello al centro della galassia lontana M87, resa pubblica dalla Collaborazione EHT nel 2019. I due buchi neri appaiono straordinariamente simili, anche se quello nel cuore della nostra galassia è oltre mille volte più piccolo e meno massiccio rispetto a quello di M87. “Abbiamo due tipi completamente diversi di galassie e due buchi neri con masse molto diverse, ma vicino al bordo di questi buchi neri, l’aspetto è sorprendentemente simile”, dice Sera Markoff, professoressa di astrofisica teorica all’Università di Amsterdam, Paesi Bassi, e Co-Chair del Consiglio Scientifico di EHT. “Questo ci dice che la relatività generale governa questi oggetti da vicino, e qualsiasi differenza vediamo in regioni più lontane deve essere dovuta a differenze nel materiale che circonda i buchi neri”.

“Le osservazioni forniscono ulteriore supporto al fatto che lo spaziotempo nell’intorno dei buchi neri è descritto da soluzioni della relatività generale, indipendentemente dalla loro massa”, commenta Mariafelicia De Laurentis, professoressa di astrofisica presso l’Università Federico II di Napoli e ricercatrice all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Deputy Project Scientist, membro del Consiglio Scientifico e coordinatrice del gruppo di Gravitational Physics di EHT, che ha guidato il paper sui test della gravità. “Gli studi sul centro galattico hanno consentito negli anni di eseguire molti test di verifica della relatività generale, ma il risultato presentato oggi è senza precedenti perché permette molte misure originali sulla gravità e di fare nuova scienza sui buchi neri supermassicci e sul loro ruolo nell’evoluzione dell’universo: abbiamo aperto le porte di un nuovo straordinario laboratorio”.

Ottenere il nuovo risultato è stato molto più difficile rispetto al precedente, anche se Sgr A* è molto più vicino a noi. Il team ha dovuto sviluppare nuovi sofisticati strumenti di analisi dati per tener conto del moto del gas intorno a Sgr A*, che impiega pochi minuti a completare un’orbita attorno a questo buco nero. Il buco nero al centro della galassia M87 è molto più grande e il gas, che si muove alla stessa velocità (prossima a quella della luce) attorno a entrambi i buchi neri, impiega giorni o addirittura settimane per orbitare intorno ad esso: era dunque un target più stabile e quasi tutte le immagini avevano lo stesso aspetto. Non è accaduto lo stesso per Sgr A*. L’immagine del buco nero al centro della nostra galassia è una media delle diverse immagini estratte dal team, svelando finalmente questo oggetto per la prima volta.

“La variabilità è uno degli aspetti critici di Sgr A*: se da un lato rappresenta una grande sfida per la produzione di immagini del centro galattico, dall’altro ci fornisce uno strumento fondamentale per l’indagine dei processi fisici che vi hanno luogo”, commenta Nicola Marchili, ricercatore INAF e secondo autore di uno degli official papers, che ha lavorato all’analisi dei dati sulla variabilità temporale del buco nero. “La variabilità stimata dai dati EHT è molto inferiore a quanto atteso in base alla maggior parte dei modelli teorici correnti e pone quindi vincoli stringenti alle proprietà fisiche del buco nero”, aggiunge Marchili, che lavora presso il Centro regionale europeo ALMA a Bologna insieme alle ricercatrici INAF Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl, anch’esse parte della Collaborazione EHT, all’interno della quale si occupano principalmente della calibrazione dei dati.

Ricercatori e ricercatrici sono entusiasti di avere finalmente le immagini di due buchi neri di dimensioni diverse: un’opportunità per comprenderne somiglianze e differenze. Hanno anche iniziato a usare i nuovi dati per mettere alla prova la teoria e i modelli che descrivono il comportamento del gas intorno ai buchi neri supermassicci – un processo ancora non del tutto compreso ma ritenuto chiave nella formazione ed evoluzione delle galassie nell’Universo.

“Oltre a sviluppare nuovi strumenti per realizzare l’immagine di Sgr A*, il team ha prodotto milioni di immagini con diverse combinazioni di parametri per i vari algoritmi di imaging, usando grandi infrastrutture di calcolo”, aggiunge Rocco Lico, associato INAF e ricercatore presso l’Instituto de Astrofísica de Andalucía, in Spagna, co-leader di uno dei gruppi che si occupa di analisi dati nell’Imaging working group e Information-technology officer della Collaborazione EHT. “In questo processo, è stata anche compilata una biblioteca senza precedenti di buchi neri simulati da confrontare con le osservazioni”.

Questo risultato è il frutto del lavoro di oltre 300 ricercatori e ricercatrici di 80 istituti in tutto il mondo che insieme formano la Collaborazione EHT.

“Ottenere questa immagine è sempre stato il nostro obiettivo sin dall’inizio del progetto e poterla rivelare al mondo oggi ci ripaga di tanti anni di duro lavoro”, afferma Ciriaco Goddi, docente presso l’Università degli Studi di Cagliari, associato INAF e INFN, che fa parte di questa impresa sin dal 2014, come coordinatore del gruppo europeo di BlackHoleCam, uno dei progetti da cui ha avuto origine la Collaborazione EHT. “La rete EHT è in continua espansione e oggetto di importanti aggiornamenti tecnologici: così potremo avere immagini ancora più impressionanti e addirittura filmati di buchi neri nel prossimo futuro”.

Il lavoro di EHT, infatti, non si ferma: lo scorso marzo è stata condotta una nuova campagna di osservazione che include tre nuovi radiotelescopi.

Per ulteriori informazioni

Gli articoli “The Shadow of the Supermassive Black Hole in the Center of the Milky Way”, “EHT and Multi-wavelength Observations, Data Processing, and Calibration”, “Imaging of the Galactic Center Supermassive Black Hole”, “Variability, morphology, and black hole mass”, “Testing Astrophysical Models of the Galactic Center Black Hole” e “Testing the Black Hole Metric” della EHT Collaboration e gli articoli “A universal power law prescription for variability from synthetic images of black hole accretion flows” di Georgiev, Pesce, Broderick, et al., “Characterizing and Mitigating Intraday Variability: Reconstructing source structure in accreting black holes with mm-VLBI” di Broderick, Gold, Georgiev, et al., “Millimeter light curves of Sagittarius A∗ observed during the 2017 Event Horizon Telescope campaign” di Wielgus, Marchili, Martí-Vidal, et al. e “Selective dynamical imaging of interferometric data” di Farah, Galison, Akiyama, et al. sono stati pubblicati online sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.

I telescopi coinvolti nell’Event Horizon Telescope nell’aprile 2017, quando sono state realizzate le osservazioni, sono: l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) e l’Atacama Pathfinder Experiment (APEX) in Cile; l’IRAM 30-meter Telescope in Spagna; il James Clerk Maxwell Telescope (JCMT) e il Submillimeter Array (SMA) alle Hawaiʻi, Stati Uniti; il Large Millimeter Telescope Alfonso Serrano (LMT) in Messico; lo UArizona Submillimeter Telescope (SMT) in Arizona, Stati Uniti; e il South Pole Telescope (SPT) in Antartide. Da allora, EHT ha aggiunto alla sua rete il Greenland Telescope (GLT) in Groenlandia, il NOrthern Extended Millimeter Array (NOEMA) in Francia e lo UArizona 12-meter Telescope su Kitt Peak, Arizona.

 

 

TORNA PINT OF SCIENCE NEI PUB DI 23 CITTÀ ITALIANE

TORNA PINT OF SCIENCE NEI PUB DI 23 CITTÀ ITALIANE

La manifestazione internazionale per gli amanti della scienza, ma anche della birra, torna quest’anno con un’edizione in presenza dopo due anni di assenza dai pub. Le tre serate del 9, 10 e 11 maggio, vedranno eventi da 25 paesi del mondo per raccontare la scienza con leggerezza davanti a una birra.

In Italia la manifestazione, coordinata dall’associazione Pint of Science Italia, coinvolge 23 città e moltissimi ricercatori e ricercatrici dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), sponsor nazionale dell’evento.

Nelle tre serate oltre 170 ricercatrici e ricercatori chiacchiereranno di scienza con il pubblico nelle città di Avellino, Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Ferrara, Frascati, Genova, L’Aquila, Lucca, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Pavia, Pisa, Reggio Calabria, Roma, Rovereto, Salerno, Siena, Torino, Trento.

Si parlerà dei temi più attuali della ricerca scientifica, dagli atomi alle galassie, della mente e del corpo umano, di natura e di Terra, ma anche di tecnologia e scienze sociali. Durante ognuna delle tre serate, ciascuno dei 55 pub coinvolti ospiterà presentazioni interattive di circa 40 minuti seguite dalle domande del pubblico in un’atmosfera colloquiale e distesa. Ce n’è davvero per tutti i gusti!

Pint of Science nasce nel 2013 nel Regno Unito. L’Italia partecipa dal 2015, coinvolgendo inizialmente solo 6 città, che presto si sono moltiplicate diventando, nel 2019, 23. Oggi partecipano 25 paesi del mondo: Australia, Belgio, Brasile, Canada, Costa Rica, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Messico, Nuova Zelanda, Olanda, Paraguay, Portogallo, Regno Unito, Russia, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Sudafrica e Thailandia.

Per scoprire gli eventi nella tua città: http://www.pintofscience.it

Social networks:

http://www.facebook.com/pintofscienceitaly
http://www.twitter.com/pintofscienceIT
http://www.instagram.com/pintofscienceIT

APERTO IL BANDO PER RICERCATORI E TECNOLOGI UCRAINI

APERTO IL BANDO PER RICERCATORI E TECNOLOGI UCRAINI

Aperto dal 5 maggio il primo bando (raggiungibile dalla pagina Opportunità di Lavoro sul sito www.infn.it) per assegni di ricerca a supporto di scienziate e scienziati di nazionalità ucraina, che offre la possibilità a personale ricercatore e tecnologo di lavorare presso una delle strutture dell’INFN.

“L’obiettivo delle posizioni offerte dal nostro Istituto, che qualora ottenessero successo potranno essere in futuro incrementate – spiega Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN – è dare un aiuto concreto a colleghe e colleghi ucraini la cui vita personale e professionale è stata devastata da questa atroce guerra”. “Speriamo così di riuscire a mettere a disposizione di coloro che ne hanno bisogno una forma di sostegno utile ed efficace, grazie al fatto di poter riprendere a lavorare in un contesto di pace, dialogo e collaborazione, nel pieno spirito della scienza”.

Il bando dell’INFN offre posizioni di assegni di ricerca, finanziate sulla base dello stanziamento dedicato, su fondi ordinari dell’INFN, per un ammontare di 200.000 € approvato dal Consiglio Direttivo dell’INFN lo scorso 31 marzo.

Possono applicare al bando cittadine e cittadini ucraini in possesso di laurea magistrale o dottorato di ricerca in fisica, ingegneria, matematica, chimica, informatica.

Per applicare è necessario presentare digitalmente domanda tramite la pagina appositamente predisposta raggiungibile attraverso il link https://reclutamento.dsi.infn.it/, allegando il proprio curriculum, l’elenco delle principali pubblicazioni scientifiche e un documento di indentità in corso di validità.

Alla presentazione della domanda seguirà un colloquio a distanza con la commissione esaminatrice, che valuterà le domande entro 7 giorni lavorativi dal ricevimento.

L’importo lordo annuo dell’assegno, che potrà andare dai 25.000€ ai 50.000€, sarà stabilito dalla commissione esaminatrice tenendo in considerazione il curriculum professionale e scientifico e l’esperienza di ciascun vincitore.

Al termine della procedura di selezione, l’esito sarà comunicato ai candidati e pubblicato sulla pagina web del bando.

L’INFN fornirà assistenza ai vincitori per l’iniziale accoglienza, mentre l’attività scientifica sarà svolta sotto la guida e la direzione del responsabile della ricerca, del progetto o della sperimentazione per cui è stato attribuito l’assegno di ricerca.

 

 

VERSO #LHCRUN3

VERSO #LHCRUN3

In diretta su Instagram per approfondire il nuovo programma di fisica dell’acceleratore di particelle più potente al mondo

Il più potente acceleratore di particelle al mondo, il Large Hadron Collider del CERN, si prepara per l’inizio del nuovo programma di fisica, il cosiddetto Run3, dopo una pausa di oltre tre anni (LS2, Long Shutdown 2) per i lavori di manutenzione e aggiornamento che hanno interessato sia l’acceleratore sia i grandi esperimenti ALICE, ATLAS, CMS e LHCb. In attesa dell’avvio del nuovo programma di fisica del grande acceleratore, previsto per luglio, tra domani 5 maggio e mercoledì 1 giugno, l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare organizza una serie di incontri in diretta sulla propria pagina Instagram, @infn_insights, per fare il punto su come è cambiato l’acceleratore e i suoi esperimenti in questi tre anni e su cosa ci si aspetta dal nuovo Run.
Protagonisti degli incontri, che dureranno 20 minuti, saranno giovani ricercatrici e ricercatori che lavorano ai grandi esperimenti di LHC e risponderanno a tante delle curiosità e delle domande che il pubblico invierà in diretta.

 

IL PROGRAMMA COMPLETO

Giovedì 5 maggio, ore 18:30 | Il Large Hadron Collider
Diretta Instagram con Mirko Pojer, co-responsabile di un progetto che ha permesso di rinforzare LHC per aumentare l’energia in sicurezza, il progetto DISMAC (Diode InSulation and MAgnet Consolidation).

Martedì 10 maggio, ore 18:30 | L’esperimento CMS
Diretta Instagram con Caterina Aruta, dottoranda dell’Università di Bari e ricercatrice INFN che lavora all’esperimento CMS al CERN.

Giovedì 19 maggio, ore 18:30 | L’esperimento ALICE
Diretta Instagram con Chiara De Martin, dottoranda dell’Università di Trieste e ricercatrice INFN che lavora all’esperimento ALICE al CERN.

Giovedì 26 maggio, ore 18:30 | L’esperimento LHCb
Diretta Instagram con Serena Maccolino, dottoranda dell’Università di Bologna e ricercatrice INFN che lavora all’esperimento LHCb al CERN.

Mercoledì 1 giugno, ore 18:30 |L’esperimento ATLAS
Diretta Instagram con Giada Mancini, ricercatrice dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN che lavora all’esperimento ATLAS al CERN.

 

STUDENTI A CACCIA DI RAGGI COSMICI AI LABORATORI NAZIONALI DI FRASCATI

STUDENTI A CACCIA DI RAGGI COSMICI AI LABORATORI NAZIONALI DI FRASCATI

Provenienti da istituti secondari di II grado di tutta Italia, in 28 partecipano allo stage del progetto dell’INFN OCRA per scoprire di più sulle particelle che arrivano dal cosmo

Che cosa sono i raggi cosmici? Da dove provengono? Quali messaggi portano? Come possiamo misurarli? Con il lancio di un pallone stratosferico in alta quota studenti delle scuole secondarie di II grado proveranno a rispondere a queste domande. Dal 3 al 6 maggio saranno ospiti presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per partecipare a uno stage organizzato dal progetto OCRA – Outreach Cosmic Ray Activities dell’INFN.

Per gli studenti e le studentesse sarà l’occasione di approfondire la fisica dei raggi cosmici e delle alte energie, di visitare i Laboratori di Frascati dell’INFN e scoprire di più sulla ricerca scientifica.

La prima giornata, il 4 maggio, sarà dedicata a seminari teorici sui raggi cosmici e sulle tecniche che usiamo per rivelarli e gli studenti e le studentesse saranno accompagnati in una visita all’Osservatorio Astronomico di Roma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF.

Il cuore dello stage è il 5 maggio quando in tarda mattinata gli studenti e le studentesse parteciperanno al lancio di un pallone stratosferico con a bordo un rivelatore per la misura di raggi cosmici. Nel pomeriggio e durante la mattinata successiva, saranno gli studenti stessi ad analizzare i dati raccolti dal rivelatore sul pallone.

I 28 partecipanti allo stage sono stati selezionati durante concorsi locali inerenti alle attività proposte da OCRA per la giornata internazionale dei raggi cosmici (ICD – International Cosmic Day) del 2021 presso le sedi INFN di Bari, Cosenza, Firenze, GSSI, Lecce, Laboratori Nazionale del Gran Sasso, Milano, Milano Bicocca, Napoli, Padova e Laboratori Nazionali di Legnaro, Roma, Sassari, Torino e Trieste.

Il progetto OCRA

OCRA – Outreach Cosmic Ray Activities è un programma del Comitato di Coordinamento della Terza Missione dell’INFN che raccoglie le attività di outreach sul tema dei raggi cosmici. Con l’obiettivo di essere di supporto ai docenti per coinvolgere le studentesse e gli studenti nel campo della fisica dei raggi cosmici, OCRA organizza diverse attività per le scuole e la cittadinanza, e si occupa dello sviluppo e della produzione di strumenti e percorsi online pensati per attività didattiche.

Il progetto OCRA coinvolge docenti e ricercatori nelle sezioni INFN e università di Bari, Cosenza, Firenze, Lecce, Milano, Milano Bicocca, Napoli, Padova, Pavia, Perugia, Pisa, Roma, Roma Tor Vergata, Sassari, Siena, Torino, Trieste e, infine, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, i Laboratori Nazionali di Legnaro, il GSSI – Gran Sasso Science Institute, e il TIFPA – Trento Institute for Fundamental Physics and Applications di Trento.

QUBIC, UN MODO NUOVO DI STUDIARE L’UNIVERSO PRIMORDIALE

QUBIC, UN MODO NUOVO DI STUDIARE L’UNIVERSO PRIMORDIALE

Escono oggi, giovedì 21 aprile, su un numero speciale della rivista “Journal of Cosmology and Astroparticle Physics”, otto articoli a firma della collaborazione internazionale QUBIC (Q&U Bolometric Interferometer for Cosmology), che sta realizzando in Argentina un telescopio per lo studio dell’universo appena nato che si avvarrà di una tecnica innovativa. QUBIC, infatti, osserverà e mapperà le proprietà del fondo cosmico a microonde, l’eco residua del Big Bang, concentrandosi sulla misura di particolari componenti dell’orientamento dell’oscillazione delle microonde della radiazione cosmica di fondo sul piano del cielo (polarizzazione), denominate modi-B, indicative delle possibili perturbazioni indotte dalle onde gravitazionali generate nei primi istanti di vita dell’universo. Il progetto vede l’Italia protagonista grazie ai contributi scientifici e tecnologici forniti dall’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e dalle Università di Milano Statale, Milano-Bicocca, Università di Roma “Tor Vergata” e Sapienza Università di Roma. QUBIC osserverà il cielo a partire dalla fine del 2022, da un sito desertico di alta quota (5000 m) in Argentina, vicino alla località San Antonio de Los Cobres.

Dopo il suo sviluppo e l’integrazione avvenuta presso i laboratori europei delle Università e degli enti di ricerca coinvolti nella collaborazione, QUBIC è arrivato in Argentina, nella città di Salta, nel luglio 2021, dove si sta procedendo alle fasi finali di calibrazione e di test in laboratorio. I risultati di queste attività, presentati negli otto articoli apparsi su ‘Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, hanno confermato il corretto funzionamento dello strumento e dell’’interferometria bolometrica’, ossia la tecnica di nuova concezione su cui si baseranno le osservazioni di QUBIC, che combina l’elevatissima sensibilità dei rivelatori raffreddati quasi allo zero assoluto (-273 °C) e capaci di misurare l’energia della radiazione del fondo cosmico trasformandola in calore (bolometri), con la precisione degli strumenti interferometrici.

“QUBIC è uno strumento originale ed estremamente complesso: per questo era necessario pubblicare in anticipo tutti i dettagli del suo hardware e delle nuove metodologie di sfruttamento dei dati raccolti. Inoltre, con queste lunghe ed esaustive calibrazioni abbiamo dimostrato in laboratorio l’efficienza di QUBIC come interferometro bolometrico. È un passo essenziale per le successive misure di interesse per la cosmologia e la fisica fondamentale”, spiega Silvia Masi, docente presso Sapienza Università di Roma e ricercatrice INFN, che coordina la partecipazione italiana all’esperimento.

Grazie alla sua estrema sensibilità, che consentirà di distinguere i dettagli di ciascuno dei ‘pixel’ in cui sarà suddivisa la mappa celeste, QUBIC potrà discriminare i modi-B dai segnali generati dalle altre sorgenti del cielo, fornendo una prova diretta della teoria dell’inflazione. Questa è oggi la teoria di riferimento per la descrizione di ciò che sarebbe avvenuto nei primi istanti dell’universo, sviluppata negli anni ‘80 per spiegare alcune caratteristiche dell’universo, fra cui la ‘piattezza’ e l’estrema omogeneità dello spaziotempo.

Secondo la teoria dell’inflazione, la rapidissima fase di espansione dell’universo subito dopo il Big Bang, durata meno di un centomillesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo (circa 10-32 secondi), avrebbe lasciato un debole fondo di onde gravitazionali, che a loro volta avrebbero prodotto particolari debolissime tracce, detti modi-B, nella polarizzazione del fondo cosmico di microonde. In pratica, le onde elettromagnetiche del fondo cosmico non oscillerebbero in direzioni casuali. Sarebbero invece leggermente preferite direzioni che in cielo formano un disegno vorticoso.

Alla precisione delle misure che saranno effettuate da QUBIC contribuiranno inoltre la limpidezza e l’assenza di umidità che contraddistinguono l’aria del sito di Alto Chorrillo in cui sarà istallato il telescopio, a circa 5000 metri sul livello del mare, sul plateau La Puna nell’Argentina settentrionale, vicino alla cittadina di San Antonio de los Cobres, nella provincia di Salta.

“QUBIC verrà portato nel sito di Alto Chorrillo entro pochi mesi. Le prime misure dimostreranno l’efficienza del nuovo metodo dell’interferometria bolometrica per la prima volta osservando sorgenti astronomiche. Lo strumento verrà poi completato inserendo un maggiore numero di rivelatori, in modo da poter eseguire le misure di interesse cosmologico entro tre anni. La strada è lunga, e QUBIC si presenta come estremamente originale e complementare a tutti gli altri che cercano di misurare questo elusivo segnale primordiale”, illustra Aniello Mennella, ricercatore INFN e docente all’Università di Milano.

La ricerca dei modi-B rappresenta una sfida formidabile e centrale per fisici e astrofisici. Il segnale da misurare è così debole da richiedere rivelatori ultrasensibili e telescopi di grande precisione, anche per rimuovere, durante l’analisi dati, altri segnali polarizzati di origine locale che potrebbero confondere la misura. Le misure di QUBIC saranno perciò contemporanee a quelle di una mezza dozzina di altri esperimenti nel mondo che hanno lo stesso obiettivo scientifico. A differenza di questi ultimi, che producono immagini direttamente tramite telescopi a singola apertura, QUBIC sarà l’unico strumento a effettuare osservazioni raccogliendo le microonde da molte aperture e facendole interferire.

“La misura di un segnale così debole”, dice Mario Zannoni, ricercatore INFN e docente all’Università di Milano-Bicocca, “verrà ritenuta esente da errori sistematici solo se si avranno risultati consistenti provenienti da strumenti molto diversi. Proprio per questo motivo QUBIC, unico interferometro bolometrico, rappresenta una risorsa insostituibile nella ricerca dei modi-B e nello studio dei primi attimi dell’universo”. Grazie alle capacità multispettrali e di autocalibrazione, “QUBIC produrrà dati del tutto originali e complementari a quelli degli altri esperimenti, offrendo agli analisti innumerevoli possibilità di controllo incrociato e quindi una robustezza ineguagliabile dei risultati”, conclude Giancarlo De Gasperis, ricercatore INFN e docente all’Università di Roma “Tor Vergata”.

QUBIC è il risultato della collaborazione di 130 ricercatori, ingegneri e tecnici in Francia, Italia, Argentina, Irlanda e Regno Unito. Lo strumento è stato integrato a Parigi presso i laboratori APC nel 2018 e calibrato durante il 2019-2021.

Il contributo italiano è stato fondamentale per lo sviluppo dello strumento, e continuerà ad esserlo nelle fasi successive dell’esperimento. Lo strumento è ospitato in un criostato, progettato e costruito nei laboratori della Sapienza e della Sezione di Roma dell’INFN, capace di raffreddare vicino allo zero assoluto non solo i rivelatori ma anche tutto il sistema ottico dell’interferometro. Lo stesso gruppo ha realizzato anche il sistema crio-meccanico che permette di ruotare i componenti ottici all’interno del criostato per misurare lo stato di polarizzazione della radiazione. Italiane sono anche altre componenti criogeniche, che lavorano a una temperatura inferiore a -270 °C, come le avanzatissime antenne corrugate che selezionano i fotoni da far interferire, realizzate nei laboratori dell’Università e della Sezione INFN di Milano Statale, mentre le ottiche che focalizzano i fotoni sui rivelatori e il sistema di otturatori che permette di variare la configurazione dell’interferometro e di autocalibrarlo sono realizzate dall’Università e dalla Sezione di Milano Bicocca. L’Università di Roma “Tor Vergata” e la Sezione INFN di Roma2 contribuisce invece allo sviluppo del complesso software di analisi dei dati.

 

Per maggiori informazioni:

Pagina web di QUBIC: http://qubic.in2p3.fr/wordpress/

Numero speciale di JCAP (Journal of Cosmology and Astroparticle Physics): https://iopscience.iop.org/journal/1475-7516/page/Special%20Issues

 

 

TI RACCONTO L’UNIVERSO: LA FISICA DEL COSMO PER BAMBINI E RAGAZZI

TI RACCONTO L’UNIVERSO: LA FISICA DEL COSMO PER BAMBINI E RAGAZZI

Quali segreti si nascondono dietro le parole antimateria, materia oscura, onde gravitazionali? Di cosa è composto l’universo? A queste e altre domande sul nostro Universo risponderanno da giovedì 28 aprile a lunedì 9 maggio ricercatrici e ricercatori dell’INFN nel corso del nuovo ciclo di incontri “Ti racconto l’Universo. Fisica per bambini e ragazzi”, dedicato alle scuole primarie e secondarie di I grado: tre incontri online in diretta per ragazze e ragazzi dagli 8 ai 12 anni, per stimolare la curiosità sui misteri dell’Universo e aprire una finestra sul mestiere di chi fa scienza. 

Attraverso cartoon, animazioni e fantasiose metafore, un breve video di 15 minuti introdurrà alcuni dei temi chiave per la ricerca sull’Universo, come la materia oscura, l’antimateria e le onde gravitazionali. Si aprirà quindi un dialogo tra le classi e le ricercatrici e ricercatori, in cui ragazzi e ragazze potranno porre le loro domande utilizzando la chat o i commenti. Si comincia giovedì 28 aprile con l’incontro “L’universo con la s davanti” in cui la ricercatrice Barbara Sciascia (INFN Laboratori Nazionali di Frascati) parlerà alle classi di antimateria, per poi proseguire martedì 3 maggio con “Onde nell’universo”, l’incontro con la ricercatrice Ornella Juliana Piccinni (INFN e IFAE – Institut de Fisica d’Altes Energies) sulle onde gravitazionali. L’ultimo incontro, “L’universo in bottiglia”, è previsto per lunedì 9 maggio con la partecipazione del ricercatore Matteo Duranti (INFN Sezione di Perugia) che parlerà di materia oscura. 

Gli incontri, della durata di 50 minuti, avranno luogo in diretta sul canale YouTube dell’INFN, ma saranno registrati e rimarranno disponibili online per poter essere visti anche in differita.È possibile partecipare direttamente collegandosi sul canale YouTube dell’INFN ma si consiglia l’iscrizione per la classe o le classi partecipanti attraverso il form di iscrizione dedicato.Per le classi iscritte sarà possibile, una volta concluso il ciclo di incontri, richiedere per la classe un attestato di partecipazione. 

Per maggiori informazioni: programma completo degli incontri

È TORNATO LHC

È TORNATO LHC

Oggi, 22 aprile, alle 12:16 è stato riavviato il Large Hadron Collider del CERN e due fasci di protoni hanno percorso, all’energia di iniezione di 450 miliardi di elettronvolt (450 GeV), in direzioni opposte, un primo intero giro dell’anello, lungo 27 chilometri, del più grande e potente acceleratore al mondo. LHC è così tornato in attività dopo una pausa di oltre tre anni (LS2, Long Shutdown 2) per i lavori di manutenzione e aggiornamento che hanno interessato sia l’acceleratore stesso sia i grandi esperimenti dislocati nei punti di collisione dei fasci. I fasci di protoni che hanno iniziato a circolare in LHC sono per ora a bassa intensità e viaggiano appunto all’energia di iniezione, quindi a bassa energia. Bisognerà attendere ancora alcune settimane perché abbia inizio il vero e proprio programma di fisica, il Run3, che dovrebbe iniziare a luglio. Prima è infatti necessario effettuare il collaudo della macchina e aumentare l’intensità dei fasci e la loro energia fino a raggiungere l’energia di regime di 13,6 trilioni di elettronvolt (13,6 TeV), un’energia ancora più elevata rispetto a quella raggiunta nel Run2.

“Con il Run 3 si apre un quadriennio che si annuncia eccitante per la fisica delle particelle”, commenta Roberto Tenchini, presidente della Commissione Scientifica Nazionale di fisica delle particelle dell’INFN. “LHC dovrebbe rendere assai più solidi i dati sulle anomalie osservate nei decadimenti del quark b durante il Run2, escludendole o confermandole definitivamente. Inoltre gli studi sulle proprietà del bosone di Higgs, scoperto 10 anni fa proprio a LHC, potranno essere effettuati con statistica assai più alta, estendendo contemporaneamente il territorio esplorato alla ricerca di nuovi fenomeni”, conclude Tenchini.

Il Run3 di LHC vedrà, infatti, gli esperimenti raccogliere dati dalle collisioni non solo a un’energia record ma anche in quantità senza precedenti. Gli esperimenti ATLAS e CMS raccoglieranno più dati di quelli raccolti nei primi due Run messi assieme, mentre i dati raccolti da LHCb, che ha subito un completo rinnovamento durante il LS2, dovrebbero aumentare di un fattore almeno tre. ALICE, poi, che è un rivelatore specializzato nello studio delle collisioni tra ioni pesanti, può aspettarsi un aumento da quattro a cinque volte del numero totale di collisioni di ioni, grazie al recente completamento di un importante aggiornamento. Il numero senza precedenti di collisioni consentirà alle collaborazioni internazionali di ricercatrici e ricercatori del CERN e di Istituti e Laboratori di tutto il mondo di studiare il bosone di Higgs in grande dettaglio e di sottoporre il Modello Standard della fisica delle particelle e le sue varie estensioni a ulteriori prove. Altre cose in arrivo con il Run 3 includono il funzionamento di due nuovi esperimenti, FASER e SND@LHC, progettati per cercare la fisica oltre il Modello Standard, collisioni speciali protone-elio per misurare la frequenza con cui vengono prodotte le controparti di antimateria dei protoni in queste collisioni, e le collisioni che coinvolgono ioni ossigeno che miglioreranno la conoscenza della fisica dei raggi cosmici e del plasma di quark e gluoni, uno stato della materia che esisteva poco dopo il Big Bang.

Approfondimento

Interventi effettuati su LHC durante LS2

Il lungo shutdown 2 ha permesso un importante ammodernamento e miglioramento degli iniettori di LHC. Il cosiddetto progetto LIU (LHC Injectors Upgrade) ha realizzato la sostituzione del primo “anello” della catena di accelerazione (il LINAC2) con il LINAC4, che accelera le particelle a un’energia più elevata, ma soprattutto produce un’intensitá doppia di protoni per pacchetto. Inoltre,  il rimpiazzo del sistema a radio-frequenza dell’acceleratore SPS e molti altri interventi di miglioria della lunga catena di iniezione permettono di ottenere densità di particelle più elevate per rispondere alle esigenze di HL-LHC (High-Luminosity LHC), il progetto di aumento del numero di collisioni in LHC, che dovrebbe realizzarsi a partire del 2026.

Inoltre, nel corso di LS2 si sono potuti compiere una serie di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su LHC, che permetteranno di aumentare l’energia di collisione della macchina, ma soprattutto di funzionare nei prossimi quattro anni con una rinnovata affidabilità e giungere all’appuntamento di HL-LHC con una parte dei lavori di upgrade già avanzati.

“L’attività più importante per LHC è stato il progetto DISMAC (acronimo di Diode InSulation and MAgnet Consolidation), – spiega Mirko Pojer, co-responsabile del progetto DISMAC – che ha permesso di rinforzare LHC per permettere l’aumento sicuro dell’energia da 6.5 a 6.8 TeV”. Si tratta dell’isolamento di uno dei componenti critici per la protezione dei magneti di LHC: i diodi. Durante il quench (transizione tra la fase superconduttiva e la fase resistiva), che può occorrere in un magnete superconduttivo quando si aumenta la corrente (e quindi il campo magnetico al suo interno) a valori prossimi al suo limite ingegneristico, un diodo, collegato in serie con il magnete, si attiva per evitare che la corrente continui a circolare nel magnete; altre protezioni garantiscono inoltre che l’energia del magnete si dissipi in maniera sicura al suo interno. Per una serie di ragioni pratiche, la connessione elettrica della maggior parte dei diodi dei 1232 dipoli di LHC non fu isolata durante l’installazione della macchina, con il risultato che, durante i molteplici quench avvenuti nel passato, in due casi si è osservato un problema elettrico (corto a terra di uno di questi diodi) che ha richiesto il riscaldamento di una parte della macchina per risolverlo. L’aumento dell’energia di LHC, sebbene dell’ordine di un ‘piccolo’ 5%, ha comportato circa 900 quench sui dipoli nel tunnel nell’ultimo anno: senza il consolidamento effettuato sull’isolamento dei diodi, avremmo potuto avere altri casi di perdita dell’isolamento elettrico, con conseguenze possibilmente anche serie sulla disponibilitá e integritá della macchina. Per completare questo lavoro di consolidamento di LHC, una squadra di circa 150 persone ha lavorato durante poco più di un anno per aprire più di 1200 interconnessioni tra magneti, permettere l’accesso ai diodi, isolarne le parti nude e richiudere e testare il tutto. Inoltre, una parte di questa squadra ha lavorato a sostituire 22 dei magneti della macchina che avevano delle debolezze elettriche di altro tipo (circuiti secondari danneggiati, protezione ridotta, configurazione dei tubi delle particelle non standard ecc.) e ha contribuito a implementare nuove soluzioni di misura e diagnostica sui circuiti di raffreddamento di LHC.

Parlando poi di raffreddamento, durante i due anni di LS2, l’acceleratore ha dovuto essere riscaldato per poter operare sui suoi magneti. Il servizio di criogenia del CERN ne ha quindi approfittato per compiere dei lavori di manutenzione di tutte le installazioni, inviando i grossi compressori (che servono a rafferddare l’elio che scorre nei magneti) persino a migliaia di chilometri di distanza per rimetterli in un perfetto stato di funzionamento che garantisca di operare senza problemi durante i prossimi quattro anni del Run3.

Molti altri gruppi e servizi sono stati poi attivi nel tunnel di LHC. A partire dal gruppo di protezione, che ha effettuato interventi di manutenzione sui sistemi che garantiscono di operare in maniera continua e sicura su LHC. Al gruppo di radio-frequenza, che ha sostituito dei moduli delle cavità che accelerano i fasci e ha lavorato a migliorare la diagnostica e i sistemi di feedback. Il gruppo di strumentazione ha anch’esso migliorato i propri strumenti di “osservazione” dei fasci, mettendo inoltre a punto tecnologie che saranno di grande utilizzo negli anni di HL-LHC. Proprio per HL-LHC, poi, un grande lavoro è stato fatto negli ultimi anni per realizzare le infrastrutture necessarie all’installazione di tutte le apparecchiature per il futuro upgrade della macchina, con lo scavo di due tunnel di 300 metri di lunghezza che corrono paralleli al tunnel principale, al punto 1 e 5 di LHC.

“Molti interventi sono stati realizzati, che hanno permesso di mettere LHC a regime e pronto a funzionare a un nuovo record di energia per i prossimi quattro anni, ma che hanno anche spianato la strada al prossimo progetto del CERN, volto ad aumentare la raccolta dii dati a LHC verso un futuro “più brillante”, conclude Mirko Pojer.

 

 

 

 

APPROVATA LA FASE CONCLUSIVA DEL PROGETTO PIP-II

APPROVATA LA FASE CONCLUSIVA DEL PROGETTO PIP-II

Al via la fase finale Proton Improvement Plan-II (PIP-II), progetto per l’aggiornamento del complesso di acceleratori del Fermilab, il principale centro statunitense di ricerca per la fisica delle particelle situato a Batavia (Illinois). A comunicarlo, nella giornata di ieri, 20 aprile, lo stesso Fermilab, che ha reso nota la decisione da parte del Dipartimento dell’Energia statunitense (DOE) di approvare formalmente l’inizio dei lavori di costruzione su larga scala delle strutture e degli strumenti di cui si comporranno i miglioramenti previsti da PIP-II, tra cui un nuovo acceleratore lineare superconduttore di 215 metri di lunghezza (LINAC), che avrà il compito di produrre il fascio di neutrini di alta energia più potente del mondo per l’esperimento DUNE (Deep Underground Neutrino Experiment), dedicato alla studio delle proprietà dei neutrini. PIP-II è il primo progetto statunitense nell’ambito della fisica degli acceleratori che conta su una partnership internazionale, a cui anche l’Italia fornisci significativi contributi attraverso l’INFN, tra i principali membri anche della collaborazione DUNE.

Il decreto del DOE rappresenta solo l’ultimo passo del progetto PIP-II, che arriva al termine di un lungo periodo di progettazione e di sviluppo tecnologico, durante il quale sono state individuate e realizzate le innovative soluzioni superconduttive che saranno adottate dal LINAC, grazie al quale sarà quale sarà possibile raggiungere energie del 60 % più elevate rispetto a quelle oggi ottenibili al Fermilab e di modulare la produzione dei fasci di protoni sulla base delle esigenze dei singoli esperimenti verso cui questi ultimi saranno indirizzati. A un simile sforzo ha partecipato – e continuerà a farlo – anche l’INFN, grazie alle sue riconosciute compente nel campo delle tecnologie per acceleratori. Il Laboratorio di Acceleratori e Superconduttività Applicata (LASA) dell’INFN, insieme all’Università Statale di Milano e al contributo dell’azienda italiana ZANON, sarà infatti responsabile della realizzazione delle cavità risonanti di niobio necessarie per fornire energia ai fasci di protoni di PIP-II.

Grazie alle sue capacità, PIP-II proietterà quindi la ricerca nel campo della fisica delle particelle nel futuro, con una particolare attenzione nei confronti dello studio dei neutrini, particelle sfuggenti su cui si concentrerà DUNE, che potrebbe aiutarci nella comprensione dell’evoluzione dell’universo. L’esperimento, a cui collaborano 30 paesi, si comporrà di due rivelatori sotterranei posti a 1300 chilometri di distanza, che avranno il compito di individuare le caratteristiche dei neutrini e delle loro trasformazioni nel tragitto dal Fermilab, dove fasci ad alta energia di queste particelle verranno prodotte usando il nuovo acceleratore superconduttore, al Sanford Underground Research Facilities nel South Dakota. Anche in questo caso, l’esperimento si avvarrà di un decisivo contributo dell’INFN, che conta già 80 nostri ricercatori impegnati nella realizzazione dei due rivelatori dell’esperimento.