SAVE THE UKRAINE MONUMENTS

SAVE THE UKRAINE MONUMENTS

Oltre alle inaccettabili perdite di vite umane e al dramma vissuto dalla popolazione che sta provocando milioni di rifugiati, l’invasione militare dell’Ucraina da parte della Federazione Russa e la conseguente guerra che devasta territori e città stanno provocando danni incalcolabili al patrimonio culturale ucraino: vengono distrutti o gravemente danneggiati monumenti, opere d’arte, memorie del passato, e con essi si perdono testimonianze della storia e dell’identità culturale di un intero popolo. Per solidarietà con l’Ucraina, il progetto europeo 4CH Competence Center for the Conservation of Cultural Heritage guidato dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha lanciato l’iniziativa SUM – Save the Ukraine Monuments per salvare la documentazione digitale del patrimonio culturale ucraino, allo scopo di supportare la ricostruzione e il futuro ripristino dei beni artistici dai danni causati dalla guerra.

“In questa drammatica situazione, – spiega Francesco Taccetti, ricercatore INFN e coordinatore di 4CH – i progetti e gli istituti europei che lavorano nel settore dei beni culturali si sono stretti insieme a formare una rete di salvataggio per il patrimonio culturale ucraino a partire dalle digital libraries, dimostrando una compattezza e un’unità di intenti che gettano le basi per un futuro comune”.

L’iniziativa SUM di 4CH è stata caldamente approvata dalla Commissione Europea, trovando anche l’immediata collaborazione e l’attivo impegno del Center for Contemporary and Digital History dell’Università del Lussemburgo, dell’Istituto di ricerca letteraria della Polonia Academy of Sciences e del Poznan Supercomputing and Networking Center. Sono stati rapidamente stabiliti contatti con le autorità ucraine, le istituzioni e i professionisti impegnati nella tutela del patrimonio artistico e le società private operanti nel settore culturale per duplicare su server sicuri nell’UE tutti i documenti digitali disponibili localmente, al fine di conservarli e restituirli ai legittimi proprietari quando, si spera presto, la pace sarà ristabilita in Ucraina. Numerose organizzazioni internazionali hanno approvato l’iniziativa SUM, in particolare Europeana, OPERAS e l’Associazione EOSC. L’INFN, coordinatore di 4CH, il Poznan Supercomputing and Networking Center e l’Università del Lussemburgo hanno predisposto le necessarie strutture di archiviazione digitale e una procedura per il trasferimento dei dati, che attualmente avviene tramite Internet ma può essere effettuato anche tramite hard disk portatile se necessario. La documentazione digitale trasferita in sicurezza è attualmente conservata presso queste istituzioni in duplice copia identica per garantirne la sicura preservazione. Attualmente sono attivi contatti con numerose istituzioni, organizzazioni e anche singole persone ucraine e un gran numero di dati è già stato duplicato nell’UE.

Informazioni di contatto: SUM@4ch-project.eu

 

 

 

“DAL NOBEL ALLA VITA DI TUTTI I GIORNI”: CIRCA 300 DOCENTI AL CORSO DI PID@HOME

“DAL NOBEL ALLA VITA DI TUTTI I GIORNI”: CIRCA 300 DOCENTI AL CORSO DI PID@HOME

Onde gravitazionali, vetri di spin e bosone di Higgs, sono le ricerche che negli ultimi anni si sono aggiudicate il premio Nobel, tutte contraddistinte da un grande contributo italiano. Tuttavia, capire le ragioni di un Nobel e le implicazioni che queste grandi scoperte possono avere nella realtà quotidiana non è sempre semplice. Sono proprio questi i temi su cui si è concentrata la terza edizione di PID@HOME, corso di formazione gratuito dedicato a docenti della scuola secondaria di I e II grado, giunta al termine ieri, lunedì 21 marzo. Organizzato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – INFN e da Pearson Italia, il corso, suddiviso in tre appuntamenti, ha visto la partecipazione di circa 300 docenti, confermando il grande successo ottenuto dall’iniziativa negli anni precedenti.

Ad aver chiuso il ciclo di incontri di PID@HOME, che ha preso il via lo scorso 7 marzo, è stato, nella giornata di ieri, l’intervento sulle implicazioni della scoperta del bosone di Higgs tenuto da Guido Tonelli, fisico del CERN, professore ordinario dell’Università di Pisa e ricercatore associato dell’INFN. Altre due grandi ricerche da Nobel, i vetri di spin e le onde gravitazionali, sono state protagoniste degli incontri che hanno avuto luogo rispettivamente il 7 e il 14 marzo. Nel primo, Maria Chiara Angelini, fisica teorica del Dipartimento di Fisica di Sapienza Università di Roma, ha raccontato del Nobel a Giorgio Parisi dello scorso autunno e delle applicazioni inaspettate della fisica dei sistemi complessi. Della ricerca delle onde gravitazionali e delle sue prospettive future ha parlato, invece, durante la lezione del 14 marzo, Viviana Fafone, professoressa di Fisica presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. 

Il progetto PID@HOME è nato nel 2020 grazie alla collaborazione tra PID e Pearson Italia ed è ora giunto alla terza edizione, con un totale di oltre 550 docenti coinvolti. La collaborazione con INFN rientra nell’ambito di MySTEM, il progetto Pearson che ha l’obiettivo di valorizzare il ruolo delle discipline scientifiche nella formazione degli studenti – cittadini di domani – e di affiancare i docenti nel rinnovamento dello studio e della didattica legata alle discipline STEM.

PID è un programma di formazione proposto dall’INFN che dal 2018 si rivolge a docenti delle scuole secondarie di II grado. Organizza tre corsi di formazione all’anno tenuti nei laboratori nazionali dell’INFN; ognuno, della durata di cinque giorni, prevede lezioni teoriche e sperimentali in cui si affrontano argomenti di fisica nucleare, delle particelle e astro-particelle, con una particolare attenzione agli aspetti interdisciplinari della ricerca. Nell’autunno del 2021, dopo una sospensione di due anni a causa della pandemia, i corsi di PID in presenza sono ripartiti presso i Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN.

Credit delle immagini:
– Vetri di Spin: ©Johan Jarnestad/The Royal Swedish Academy of Sciences
– Onde gravitazionali: © LIGO
– Bosone di Higgs: Simulazione di un evento di decadimento del bosone di Higgs in quattro muoni nell’esperimento Cms di Lhc, ©CERN

LARES-2 VERSO LA RAMPA DI LANCIO

LARES-2 VERSO LA RAMPA DI LANCIO

Si sono concluse giovedì 24 marzo le verifiche di collaudo pre-lancio, effettuate dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), dei sistemi di LARES-2 (LAser RElativity Satellite 2), satellite dedicato alla verifica sperimentalmente di alcuni aspetti relativistici predetti dalla teoria di Einstein e alla misura accurata di valori d’interesse nell’ambito della geodesia spaziale (tra cui la definizione metrologica della posizione del centro di massa della Terra), che costituirà lo strumento principale a bordo del volo inaugurale del nuovo lanciatore europeo Vega C, attualmente previsto per la fine maggio. Il progetto, concepito dal team scientifico del Centro Fermi e della Sapienza Università di Roma e coordinato dall’ASI, ha visto un fondamentale contributo dell’INFN, che, grazie alle sue ormai riconosciute competenze nel campo della realizzazione di tecnologie spaziali, è stato selezionato per la realizzazione dell’intero satellite, dopo l’esperienza già maturata con il predecessore del satellite, LARES-1.

Grazie alle sue caratteristiche, LARES-2, composto da una sfera di nickel ad alta densità (424 mm di diametro e 300 kg di massa) dotata di 303 retroriflettori CCR (Cube Corner Retroreflectors), rappresenterà un perfetto bersaglio riflettente per i raggi laser inviati dalle stazioni dell’International Laser Ranging Service (ILRS), che colpiranno il satellite nel corso della sua orbita intorno al pianeta a una quota di circa 6000 km. La rivelazione dei raggi retro-riflessi, effettuata dagli stessi centri di emissione, tra cui l’osservatorio ASI (Matera Laser Ranging Observatory), consentirà di effettuare misure estremamente precise della posizione di LARES-2 e di comprendere come questa sia influenzata dal campo gravitazionale e dalla rotazione terrestre.

“L’elevata massa e compattezza del LARES-2 e la possibilità di seguire costantemente la sua traiettoria attraverso il sistema di posizionamento laser che sarà utilizzato”, spiega Luciana Filomena, ricercatrice dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN presso il l’SCF_Lab, “permetteranno al satellite di ridurre al minimo l’influenza di altre perturbazioni non-gravitazionali, rendendolo di fatto una massa di prova particolarmente adatta a testare le previsioni della Relatività Generale, e quindi l’esatta curvatura dello spazio-tempo indotta dalla Terra e gli effetti prodotti dal cosiddetto Frame Dragging, un distintivo fenomeno gravitazionale associato alla rotazione terrestre.

La realizzazione di una struttura sferica di alta densità e perfettamente bilanciata e di specchi in possesso di forme e qualità tali da retro-riflettere i raggi laser incidenti hanno perciò rappresentato compiti cruciali ai fini del futuro e corretto funzionamento di LARES-2. Attività di cui l’INFN, attraverso i Laboratori Nazionali di Frascati e la sezione di Padova, è stato interamente responsabile.

“La selezione e la certificazione del materiale da adottare, le complesse lavorazioni meccaniche con i corrispondenti controlli dimensionali, hanno rappresentato le fasi fondamentali della progettazione e realizzazione di LARES-2”, illustra Adriano Pepato della sezione INFN di Padova. “La vasta esperienza sviluppata all’INFN nella progettazione e realizzazione di rivelatori nonché di acceleratori di particelle, e i contributi alla realizzazione di apparati fondamentali del programma di fusione nucleare (IFMIF e DTT ancillari al progetto ITER) hanno rappresentato la chiave del successo del contributo, che ha visto l’INFN sostituirsi al ruolo precedentemente assunto da aziende specializzate (LARES-1) . A queste attività, condotte presso la sezione di Padova, si sono infine aggiunte quelle svolte presso i Laboratori Nazionali di Frascati, responsabili del coordinamento del progetto e dei 303 riflettori che compongono l’ottica del satellite, dell’integrazione di quest’ultimo e dei test volti a verificare la sua idoneità al volo spaziale“.

L’olandese NWO-I è un nuovo membro associato dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo

L’olandese NWO-I è un nuovo membro associato dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo

NWO-I, l’Istituto Nazionale di Ricerca Scientifica dei Paesi Bassi, è diventato ufficialmente un membro associato del consorzio Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO), insieme ai membri fondatori di EGO CNRS e INFN. NWO-I gestisce Nikhef, l’Istituto Nazionale Olandese di Fisica Subatomica, che contribuisce da molti anni con risorse e ricercatori all’esperimento Virgo. L’ingresso ufficiale di NWO-I ha richiesto l’approvazione di un nuovo statuto per il consorzio EGO, che è stato ufficialmente firmato dai rappresentanti di tutte le istituzioni coinvolte due giorni fa.

“Questo è un momento forte ed emozionante, NIKHEF, un partner molto dinamico di Virgo da molti anni, diventa ufficialmente membro del consorzio EGO, – ha dichiarato il direttore di EGO Stavros Katsanevas – i forti legami collaborativi e personali che abbiamo sviluppato negli anni acquisiscono ora anche uno status istituzionale.”

“L’ingresso di Nikhef nel Consorzio EGO è un’importante pietra miliare che rafforza la già forte collaborazione tra i nostri istituti – ha dichiarato il presidente del Council di EGO e vicepresidente dell’INFN, Marco Pallavicini – apre la strada alla crescita della comunità delle onde gravitazionali e aiuterà il successo dei futuri periodi di osservazione di VIRGO. Siamo estremamente felici di questo e speriamo che Nikhef sia solo il primo di una lunga lista di nuovi istituti che si uniranno a EGO e parteciperanno a questa entusiasmante impresa fino alla costruzione del futuro Einstein Telescope in Europa”.

EGO, l’Osservatorio Gravitazionale Europeo, situato nel comune di Cascina, vicino a Pisa, è stato creato 20 anni fa (11 dicembre 2000) dal “Centre National de la Recherche Scientifique” (CNRS), un’istituzione pubblica, scientifica e tecnologica francese, e l’italiano “Istituto Nazionale di Fisica Nucleare” (INFN).

Il Consorzio EGO è la sede istituzionale dell’interferometro gravitazionale Virgo, uno dei tre rivelatori di onde gravitazionali più grandi e sensibili del mondo (insieme ai due statunitensi LIGO). EGO ha come scopo principale quello di assicurare il funzionamento di Virgo, la sua manutenzione e i miglioramenti da apportare. Assicura anche la manutenzione delle infrastrutture correlate, incluso un centro informatico, e promuove la cooperazione nel campo della ricerca sperimentale e teorica sulle onde gravitazionali in Europa, attraverso contatti tra scienziati e ingegneri, attività di divulgazione e sensibilizzazione e l’offerta di formazione avanzata per i giovani ricercatori.

PASSAGGIO DI CONSEGNA DA ANTARES A KM3NET SUL FONDO DEL MARE

PASSAGGIO DI CONSEGNA DA ANTARES A KM3NET SUL FONDO DEL MARE

A metà febbraio 2022, dopo 16 anni di attività, si è conclusa l’avventura scientifica e tecnologica di ANTARES, il primo telescopio per neutrini mai realizzato in mare. Situato 40 km al largo della costa di La Seyne-sur-Mer, vicino Tolone (Francia), ANTARES ha portato a termine la sua missione dimostrando la validità delle soluzioni tecnologiche confluite in KM3NeT, ambizioso progetto di ricerca multisito in fase di realizzazione nel Mediterraneo. ANTARES e KM3NeT sono frutto di una collaborazione europea che ha visto tra i suoi principali contributori l’INFN. La storia di ANTARES, arricchita dai suoi contributi allo studio dei neutrini cosmici, si è conclusa con la campagna marina EMSO-Ligure dell’IFREMER, è stato affidato grazie al sottomarino “Nautile” in dotazione alla nave “Pourquoi Pas?”, durante la quale è stata scollegata la stragrande maggioranza dei cavi di ancoraggio e di alimentazione del telescopio per fare spazio proprio a una delle componenti di KM3NeT.

L’avventura di ANTARES (Astronomy with a Neutrino Telescope and Abyss Environmental RESearch) è iniziata alla fine degli anni ’90, quando alla nascita di una proto-collaborazione fecero seguito studi preliminari di fattibilità per un telescopio sottomarino di neutrini. A questo periodo risalgono infatti le prime campagne di esplorazione dei potenziali siti d’installazione e le attività di simulazione volte a ottimizzare il layout dell’apparato. Indagini che portarono alla scelta dello spazio di mare al largo di La Seyne-sur-Mer e all’adozione di rivelatori composti da tripletti di moduli ottici. Risalgono invece al 2001-2002 le operazioni di posa del cavo principale dell’esperimento e l’installazione, a 2475 metri di profondità, del box sottomarino, destinato a funzionare ininterrottamente per quasi 20 anni, responsabile della connessione elettro-ottica del telescopio. Al termine della sua costruzione, conclusasi nel 2008, ANTARES si sarebbe presentato come una schiera di 12 stringhe alte 400 metri, ognuna composta da 25 tripletti di moduli ottici, ancorati a un’area del fondale di circa 250 metri di diametro.

“ANTARES è stato progettato per raccogliere i debolissimi segnali luminosi che si generano nell’acqua per via del cosiddetto effetto Cherenkov al passaggio di particelle ultra-relativistiche“, spiega Maurizio Spurio, dell’Università di Bologna e INFN, co-portavoce della Collaborazione ANTARES. “Questa rete di sensori ottici di grandissima sensibilità, nata come apparato dimostratore, ha prodotto risultati di grandissimo rilievo in tanti contesti, dalla modellizzazione dell’emissione di neutrini in sorgenti celesti, allo studio delle oscillazioni di neutrini e alla ricerca di materia oscura.”

I risultati ottenuti da ANTARES, testimoniati dalla scelta di prorogare di sei anni il suo smantellamento, previsto inizialmente per il 2016, prospettano un futuro ricco di importanti scoperte per il suo erede KM3NeT, il quale, essendo di dimensioni maggiori, con sensori di nuova generazione, e coprendo un intervallo di energia più esteso, potrebbe fare luce sul tipo di sorgenti, galattiche ed extragalattiche, responsabili dell’emissione dei neutrini ad alta energia e sui meccanismi fisici responsabili della loro produzione.

Rosa Coniglione, ricercatrice ai Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN e co-portavoce di KM3NeT, spiega: “L’idea di rilevare neutrini raccogliendo segnali in un mezzo trasparente quale l’acqua o il ghiaccio risale agli anni ’60 e si è concretizzata sul finire del secolo scorso con i primi apparati costruiti in Antartide (con l’esperimento AMANDA, a cui si è poi avvicendato IceCube) e nel lago Baikal in Siberia. La scelta di puntare sul Mediterraneo è tuttavia strategica: le ottime caratteristiche ottiche dell’acqua permettono di raggiungere prestazioni eccezionali nella identificazione delle particelle rilevate e inoltre da queste latitutidini temperate si riesce ad avere una prospettiva unica su buona parte della galassia, incluso il centro galattico, dove si concentra un gran numero di potenziali sorgenti di neutrini.”

Dalla sua posizione nell’emisfero nord, ANTARES per lunghi anni è stato il rivelatore con maggiore sensibilità nello scrutare il cielo dell’emisfero sud, contribuendo in modo significativo al nuovo campo d’indagine dell’astronomia multimessaggera e dell’astrofisica dei neutrini di alta energia. Una componente diffusa di neutrini di origine cosmica che raggiunge la Terra è stata identificata per la prima volta nel 2013 da IceCube in Antartide. ANTARES ha fornito utili informazioni per interpretare queste osservazioni, in particolare contribuendo allo studio della frazione di neutrini di origine Galattica.

La costruzione di ANTARES è stata possibile grazie a un contributo sostanziale dell’INFN. Basti pensare che tutti i moduli elettronici sottomarini per l’acquisizione dei dati dei tripletti di moduli ottici sono stati realizzati in Italia. Italiano è anche il disegno di varie parti delle stringhe, e innumerevoli sono stati i contributi nel campo delle simulazioni e dell’analisi dei dati.

Marco Circella, ricercatore dell’INFN di Bari, ex coordinatore tecnico di ANTARES e primo Technical Project Manager di KM3NeT, commenta: “Con ANTARES, abbiamo dimostrato di padroneggiare le soluzioni per affrontare questa poderosa sfida tecnologica in fondo al mare. Per mantenere l’apparato in buona efficienza abbiamo anche messo in campo una lunga campagna di manutenzione che ha compreso una dozzina di campagne marine. Ciò ha permesso di continuare la presa-dati in acqua ben oltre i 10 anni di durata nominale che ci eravamo prefissi. La sfida per KM3NeT è stata ancora più grande: realizzare soluzioni che permettessero di costruire questo apparato gigante in tempi ragionevoli e con affidabilità tale da non richiedere manutenzione in situ.”

Lo smantellamento di ANTARES avverrà parallelamente all’immersione e l’attivazione delle nuove stringhe di KM3NeT per l’allestimento della componente francese del telescopio, ORCA (Oscillation Research with Cosmics in the Abyss), e della componente italiana, ARCA (Astroparticle Research with Cosmics in the Abyss). ORCA è in costruzione in un sito prossimo a quello di ANTARES, mentre ARCA  è in via di installazione circa 80 km al largo di Capo Passero, alla punta meridionale della Sicilia.

L’INFN da decenni è tra i maggiori enti di ricerca impegnati in questi esperimenti, con la partecipazione ad ANTARES,  con l’articolato programma di sviluppo NEMO condotto nei primi anni 2000 e con l’impegno per molti versi trainante in KM3NeT. Gruppi di ricerca per KM3NeT sono attivi presso i Laboratori Nazionali del Sud e le Sezioni di Bari, Bologna, Catania, Genova, Napoli con il gruppo collegato di Salerno e Roma-Sapienza, in collaborazione con le corrispondenti università.

KM3NeT

Nella loro configurazione finale, i due siti di KM3NeT comprenderanno 230 linee di rivelazione per ARCA e 115 per ORCA, di cui 18 sono a oggi già state installate. I due apparati sono ottimizzati per fini sperimentali molto diversi tra loro: ARCA è finalizzato alla ricerca di neutrini cosmici fino ad energie estreme, mentre ORCA è dedicato allo studio, con eventi di più bassa energia, delle cosiddette oscillazioni dei neutrini. Le ambizioni sono molto alte in entrambi i casi: con ARCA si vogliono chiarire i meccanismi che portano alle emissioni di particelle di alta energia nei corpi celesti più remoti e tumultuosi che esistano nell’universo; con ORCA l’intento è invece quello di studiare le piccole anisotropie attese nel flusso dei neutrini prodotti in atmosfera dalle interazioni dei raggi cosmici per determinare l’ordine dei valori di massa dei neutrini.

KM3NeT è supportato dallo European Strategy Forum of Research Infrastructures (ESFRI), è inserito nel Piano Nazionale delle Infrastrutture di Ricerca (PNIR) del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) ed è stato riconosciuto come infrastruttura di ricerca di interesse strategico dalla Regione Siciliana.

Il progetto, già supportato con finanziamenti dedicati del MUR e della Regione Siciliana, è ora al centro della nuova proposta KM3NeT4RR avanzata dall’INFN, in collaborazione con l’INAF e una rete di sette università italiane, in risposta al bando del MUR per progetti per “Rafforzamento e creazione di Infrastrutture di Ricerca” nell’ambito del PNRR (Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza). Il progetto KM3NeT4RR prevede un investimento di circa 77 M€, quasi totalmente destinati alle regioni meridionali, per un potenziamento delle infrastrutture di ricerca partecipanti al progetto e per un significativo passo avanti nella realizzazione dell’infrastruttura sottomarina.

“KM3NeT riesce a coniugare una dimensione chiaramente internazionale con un forte radicamento sul territorio”, dichiara Giacomo Cuttone, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud e Coordinatore Scientifico di KM3NeT4RR. “Ad una motivazione scientifica fortissima”, conclude Cuttone, “si aggiunge la peculiarità di una attività sperimentale condotta negli abissi marini, con le implicazioni che questo comporta sia per i necessari sviluppi tecnologici che per le opportunità che sorgono per il monitoraggio ambientale e le ricerche oceanografiche e geofisiche. Il progetto è quindi capace di generare ricadute positive plurime, non solo di tipo scientifico, ma anche economico, tecnologico, ambientale e sociale.” 

AL VIA I MESTIERI DELLA FISICA, UNA SERIE DI EVENTI ONLINE PER LE SCUOLE SUPERIORI

AL VIA I MESTIERI DELLA FISICA, UNA SERIE DI EVENTI ONLINE PER LE SCUOLE SUPERIORI

Come si diventa fisico? Di che cosa si occupa un ricercatore? Che lavoro potrei fare dopo una laurea in fisica? Per dare qualche risposta a queste domande, l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare lancia “I mestieri della fisica”, una serie di sei incontri per studentesse e studenti nel triennio delle scuole secondarie, trasmessi in diretta sul canale YouTube INFN alle 18:00 tra il 16 marzo il 25 maggio.

Protagonisti delle dirette, sei fisici oggi impegnati in ambiti professionali diversi: dalla ricerca condotta al CERN di Ginevra a quella nascosta dietro Facebook; dalle attività a cavallo tra fisica e medicina al lavoro in una grande collaborazione scientifica responsabile della scoperta delle onde gravitazionali; dalla direzione di un grande centro di ricerca americano sul quantum computing a quella di due tra i principali giornali scientifici italiani, Le Scienze e National Geographic Italia. 

Le ragazze e i ragazzi avranno così la possibilità di scoprire le possibilità di carriera che offre intraprendere un percorso universitario in fisica o, in generale, in una disciplina scientifica, ascoltando i racconti di chi è partito da questa disciplina per poi sviluppare la propria carriera in campi anche apparentemente lontani da questo percorso di studi. Durante gli incontri le studentesse e gli studenti potranno porre le proprie domande e curiosità ai professionisti che interverranno, attraverso la chat di YouTube.

Il programma completo.

FISICA NUCLEARE E CLIMA: L’INFN PARTNER DI UN PROGETTO SPAGNOLO PER IL MONITORAGGIO DELLE SPECIE MARINE

FISICA NUCLEARE E CLIMA: L’INFN PARTNER DI UN PROGETTO SPAGNOLO PER IL MONITORAGGIO DELLE SPECIE MARINE

Studiare l’impatto dei cambiamenti climatici su coralli e molluschi con gli strumenti e le tecniche della fisica nucleare. È questo l’obiettivo del progetto REMO, lanciato nei giorni scorsi dal Ministero della Scienza e dell’Innovazione spagnolo nell’ambito del Recovery Fund nazionale, di cui l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è l’unico partner estero.
Il progetto sarà realizzato all’Oceanografico di Valencia, il più grande acquario d’Europa, dove saranno istallati due acquari, detti microcosmi, con molluschi molto comuni nel Mar Mediterraneo e coralli. Si studierà, in particolare, come il tasso di crescita di questi organismi marini vari in funzione dell’acidità dell’acqua.
Il livello di acidità degli oceani è, infatti, strettamente legato all’impatto dei cambiamenti climatici: molte attività industriali producono un eccesso di anidride carbonica che reagendo con le molecole d’acqua forma l’acido carbonico; quindi, l’aumento di anidride carbonica in atmosfera risulta in un aumento dell’acidità degli oceani.
Per monitorare il livello di crescita di coralli e molluschi saranno impiegati dei radiotraccianti (dei radioisotopi del calcio) e dei rivelatori di particelle, ovvero tecnologie proprie della fisica nucleare per la cui realizzazione l’INFN con i suoi Laboratori Nazionali di Legnaro (LNL) è da sempre all’avanguardia. Per questo motivo, i partner spagnoli di REMO hanno deciso di coinvolgere l’INFN in due fasi cruciali del progetto: lo sviluppo dei rivelatori di particelle e il monitoraggio dell’assorbimento di calcio da parte di molluschi e coralli.
Infatti, REMO prevede l’utilizzo di un isotopo del calcio, il calcio 45, che rispetto al più comune calcio 40, emette radiazione beta, ovvero elettroni, e può così essere osservato dai rivelatori di particelle. Il calcio 45 verrà dissolto all’interno dei microcosmi di REMO (due tenuti nelle condizioni di acidità attuali e due con l’acidità prevista nei prossimi 100 anni) per poi essere assorbito dai molluschi e dai coralli. In prossimità degli acquari saranno quindi presenti dei rivelatori di elettroni che permetteranno di determinare in maniera non lesiva per i molluschi quanto calcio è stato assorbito dalle specie marine e, di conseguenza, di osservare il tasso di crescita di queste.

“Il progetto, concepito in fase embrionale nell’ambito dell’INFN, è nato in uno scambio di idee tra ricercatori dei LNL e dell’Istituto di Fisica Corpuscolare (IFIC) di Valencia, guidati da Berta Rubio e Enrique Nacher, e la direzione dell’Oceanografico. Ha un carattere fortemente interdisciplinare e mette insieme competenze di fisica nucleare e biologia marina.” Racconta Giacomo de Angelis, ricercatore LNL e responsabile INFN per il progetto REMO, e aggiunge “L’istituzione dei Recovery Fund europei focalizzati su progetti green è stata finalmente l’occasione per finanziare questo progetto: i radiotraccianti sono uno strumento essenziale per la valutazione dettagliata di molti processi biologici e la fisica nucleare ha le capacità tecniche per utilizzarli in sicurezza.”

“I cambiamenti dell’acidità dei mari possono avere impatti drammatici sui processi fisiologici degli organismi marini. Indagare questi aspetti è essenziale per valutare e prevedere i loro effetti sugli ecosistemi, effetti che condizionano sia la futura disponibilità di specie di interesse commerciale sia la vitalità di ambienti cruciali per il mantenimento della biodiversità marina come le barriere coralline” spiega Daniel Garcia, direttore tecnico dell’Oceanografico di Valencia.

“REMO rappresenta per noi l’apripista di progetti dove l’utilizzo di radiotraccianti gioca un ruolo essenziale per il monitoraggio di processi biologici di interesse ambientale. Il progetto SPES per la produzione di ioni instabili, attualmente in fase di realizzazione presso i LNL, ha tra i suoi obiettivi primari la produzione di questi e di nuovi radiotraccianti di interesse climatico e medicale,” conclude Fabiana Gramegna, direttrice dei LNL.

FISICA PER LA CRESCITA E LA PACE A EXPO2020 DUBAI

FISICA PER LA CRESCITA E LA PACE A EXPO2020 DUBAI

Si è tenuta mercoledì 9 marzo al Padiglione Italia di Expo2020 Dubai la tavola rotonda Fisica che catalizza la crescita e unisce le persone, evento organizzato dall’INFN, partner di Padiglione Italia. Protagonisti dell’incontro, che si è concentrato sulle prospettive della ricerca in fisica fondamentale e sul ruolo delle grandi infrastrutture di ricerca non solo per l’attività scientifica ma anche per l’innovazione, la crescita, l’economia, la cultura e la società, Fabiola Gianotti, Direttore Generale del CERN, Anna Grassellino, Direttrice del Centro SQMS del Fermilab, Andrea Lausi, Direttore Scientifico di SESAME, e Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN.

La collaborazione tra scienziati appartenenti a culture diverse, uniti e guidati dal comune obiettivo della ricerca della conoscenza, è la cifra più caratteristica della fisica contemporanea, che, proprio in virtù di questo suo peculiare aspetto, è riuscita a ottenere nel corso degli anni risultati eccezionali, rappresentando inoltre un decisivo elemento di sviluppo in grado di superare le divergenze e favorire le relazioni tra paesi. Un esempio del modo inclusivo e partecipato in cui la fisica delle particelle ha affrontato e continua ad affrontare le sue sfide è sicuramente rappresentato da realtà scientifiche come il CERN e SESAME.   

“Nel 1954, lo scopo dei padri fondatori del CERN”, ha spiegato Fabiola Gianotti, “era infatti quello di riportare la fisica di eccellenza in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. La loro idea era molto moderna e si basava sia sulla necessità di far fronte alle sfide economiche mettendo insieme paesi diversi, sia sulla consapevolezza del ruolo catalizzatore di pace della scienza”.

Agli obiettivi e agli ideali che hanno reso possibile la nascita del CERN si ispira anche SESAME (The Synchrotron-Light for Experimental Science and Applications in the Middle East), laboratorio situato ad Allan, in Giordania, che ospita un acceleratore di particelle dedicato a ricerche di natura applicativa nei settori della medicina, della biologia, della fisica dei materiali e della salvaguardia per patrimonio archeologico. Nato nel 2017, SESAME è il frutto di un’ampia collaborazione tra governi e istituzioni scientifiche, che mira a diventare un punto di riferimento per i paesi del Medio Oriente e delle aree limitrofe, favorendo la crescita di competenze scientifiche e tecnologiche di livello internazionale e gli scambi culturali e scientifici tra stati.

“Proprio come il CERN”, ha illustrato nel corso del suo intervento Andrea Lausi, “SESAME vede collaborare scienziati appartenenti a culture diverse e si propone quindi sia come ponte tra i paesi della regione medio orientale, sia come punto di connessione tra quest’ultima e grandi infrastrutture di ricerca europee e statunitensi”.

La Big Science è uno degli ambiti in cui la presenza di competenze diversificate non solo è richiesta, ma risulta addirittura fondamentale al fine di spingere in avanti le frontiere della conoscenza e della tecnologia. L’approccio multidisciplinare al lavoro scientifico, ovvero la collaborazione interna alla stessa scienza, risulta infatti oggi più che mai necessario per affrontare i problemi complessi connessi, per esempio, allo sviluppo dei calcolatori quantistici, come dimostra il progetto SQMS (Superconducting Quantum Materials and System) del Fermilab. Finanziato dal Department of Energy (DOE) statunitense, SQMS è dedicato ad apportare progressi innovativi nel settore dei computer quantistici, che potrebbero fornire in un futuro prossimo un importante strumento a supporto della ricerca scientifica, aumentando esponenzialmente la velocità di analisi dei dati grazie alle proprietà del mondo subatomico.

“La maggiore sfida che SQMS deve fronteggiare”, ha raccontato Anna Grassellino, “è aumentare la coerenza quantistica, ovvero la capacità dei computer quantistici di non perdere informazione. Per fare questo adottiamo approcci provenienti dalla fisica dei materiali e degli acceleratori, che hanno bisogno di competenze e infrastrutture diverse. Il nostro lavoro si configura quindi come una attività profondamente multidisciplinare”.

L’INFN fornisce un importante contributo a tutte e tre le realtà scientifiche del CERN, di SESAME e del Centro SQMS, perseguendo la ricerca di nuove conoscenze e tecnologie e abbracciando gli ideali di collaborazione e inclusione su cui si fonda la big science. Principi e obiettivi che, insieme alla principale missione riguardante lo studio dei costituenti ultimi della materia, hanno guidato anche la nascita dei laboratori nazionali dell’INFN e che sono alla base di nuovi progetti di rilevanza internazionale di cui l’INFN è protagonista, grazie ai quali l’Italia ha la possibilità di valorizzare la sua capacità di attrarre e mettere in connessione ricercatori di tutto il mondo.

“Il ruolo dell’INFN”, ha precisato Antonio Zoccoli, “è investire in esperienze sia internazionali come il CERN, sia a livello nazionale, come dimostrano gli ambiziosi progetti di cui oggi siamo capofila, come Einstein Telescope, Europraxia e il nuovo centro per il calcolo che nascerà a Bologna. Come ci insegna la scienza moderna, senza grandi infrastrutture di ricerca  non sarebbe possibile risolvere i problemi aperti nel campo della fisica. Oggi la strategia chiave per l’Italia deve quindi essere quella di investire in infrastrutture di ricerca di livello internazionale, che rappresentano anche un importante volano economico per i territori che le ospitano, sfruttando le opportunità fornite dai fondi forniti con il PNRR”.

 

 

 

PROGETTO ARIA: ACCORDO PER LA FORNITURA DELL’ARGON DAL COLORADO  E NUOVA CONFERMA DELLA TECNOLOGIA

PROGETTO ARIA: ACCORDO PER LA FORNITURA DELL’ARGON DAL COLORADO E NUOVA CONFERMA DELLA TECNOLOGIA

Negli scorsi giorni, si è svolta con successo la missione dell’INFN e della Regione Sardegna negli Stati Uniti, che ha visto la partecipazione anche del Console Generale a Houston Federico Ciattaglia, per il progetto ARIA, che prevede la realizzazione a Seruci nella miniera di Monte Sinni, gestita da Carbosulcis, di un innovativo impianto di distillazione dell’argon per l’esperimento DarkSide-20k per la ricerca di materia oscura nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. La missione ha, infatti, portato alla conferma degli accordi per la fornitura dal Colorado dell’argon che sarà poi trattato nell’impianto di Seruci, prima dell’invio ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso.

“Siamo molto soddisfatti per il successo dei nostri incontri negli Stati Uniti, – sottolinea Marco Pallavicini della Giunta Esecutiva dell’INFN che ha rappresentato l’Istituto durante la missione – sono stati confermati il programma e le future tappe del progetto, che prevedono l’inizio della produzione di argon in Colorado alla fine del 2023, ed è stato finalizzato l’accordo tra l’INFN e l’Università di Princeton per la conduzione comune del progetto”.

“La volontà della Regione Sardegna di investire in questo prestigioso progetto pone le basi per partenariati futuri con l’INFN e Carbosulcis su attività innovative che possono creare innovazione nel nostro territorio”, sottolinea il neodirettore del Centro Regionale di Programmazione Massimo Temussi responsabile dell’attuazione dell’accordo di programma con l’INFN.

“Un progetto di grande prestigio internazionale – sostiene l’Assessore alla Programmazione Giuseppe Fasolino – che evidenzia ancora una volta il ruolo che la Regione Sardegna intende svolgere a sostegno della ricerca attraverso una eccellenza come l’INFN, e allo stesso tempo riqualificando e riconvertendo gli impianti e le maestranze della società partecipata Carbosulcis, permettendo così di rilanciare attraverso progetti strategici tutto il territorio”.

Sulla base di questo accordo, proseguono dunque secondo i programmi le attività del progetto ARIA, finanziate dall’INFN e dalla Regione Autonoma della Sardegna attraverso il Centro Regionale della Programmazione, e realizzate congiuntamente da Carbosulcis Spa e INFN alle quale collaborano vari Enti e Centri di Ricerca tra cui l’Università e la Sezione INFN di Cagliari, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, l’Università di Princeton, il Fermilab e la Fondazione Aria.

Nel contempo nell’area di Carbosulcis nel Comune di Gonnesa si è concluso con successo l’ulteriore test di collaudo realizzato nella torre-prototipo Seruci-0 del progetto ARIA.

“Ora, dopo l’esito positivo dei primi test di distillazione isotopica realizzati nel 2019 utilizzando azoto, – spiega il Project Leader Walter Bonivento della Sezione INFN di Cagliari – queste nuove misure, basate sull’impiego proprio dell’argon, ancorché preliminari, rappresentano un traguardo fondamentale perché, confermano la tecnologia su cui si basa ARIA e aprono la strada alla piena realizzazione dell’esperimento DarkSide-20k”.

“I test – spiega il Technical Coordinator Federico Gabriele della Sezione INFN di Cagliari – sono stati eseguiti con il prototipo della torre criogenica alta 24 metri, collocata in uno dei capannoni di Nuraxi Figus di proprietà della Carbosulcis, composta da un bollitore (alla base), da un condensatore (in alto) e da un modulo di separazione di 12 metri (al centro) e hanno impegnato personale della Sezione INFN e dell’Università di Cagliari, dei Laboratori del Gran Sasso, del Gruppo Collegato INFN e dell’Università di Salerno, di Astrocent di Varsavia, del Fermilab negli USA e della Fondazione Aria. I primi risultati indicano che l’impianto prototipo ha già dimostrato la separazione isotopica dell’atomo 36Ar e 38Ar rispetto a 40Ar”.

La futura infrastruttura di ARIA, che è in fase di istallazione nel sottosuolo all’interno del Pozzo 1 di Seruci, sarà costituita da 28 moduli, identici al prototipo di Seruci-0, per un’altezza complessiva di 350 metri: grazie ad essa sarà possibile distillare le grandi quantità di Argon-40 necessarie all’esperimento DarkSide-20k.

“Il progetto ARIA è cruciale per la strategia di ricerca della materia oscura della Collaborazione DarkSide-20k, e siamo entusiasti che il Sulcis-Iglesiente giochi un ruolo di primo piano in questo ambizioso progetto scientifico di assoluta rilevanza internazionale”, commenta Cristian Galbiati, professore alla Princeton University e al Gran Sasso Science Institute e coordinatore del progetto DarkSide-20k.

Ma, in futuro, l’impianto di ARIA potrà anche essere utilizzato per distillare altri preziosi isotopi, sempre più impiegati in particolare nella diagnostica medica, dando vita ad una filiera produttiva, sino alla sintesi di molecole di interesse farmaceutico, all’avanguardia nel mondo.

NESSUNA VARIAZIONE STAGIONALE PER GLI AEROSOL ORGANICI ARTICI

NESSUNA VARIAZIONE STAGIONALE PER GLI AEROSOL ORGANICI ARTICI

Una recente indagine sulla composizione chimica e sulla concentrazione del particolato atmosferico artico ha evidenziato come l’Artide, l’area del globo più soggetta agli effetti del cambiamento climatico, sia contraddistinto da una sostanziale equivalenza tra l’abbondanza di aerosol organici di origine naturale rilevati nel periodo estivo e la quantità di aerosol organici di origine antropica riscontrati nella stagione invernale. Condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, lo studio, pubblicato il 28 febbraio sulla rivista Nature Geocience, ha visto il contributo del Laboratorio di Tecniche Nucleari per l’Ambiente e i Beni Culturali (Labec) dell’Infn di Firenze. Lo studio si basa sulla caratterizzazione, dei componenti di campioni artici raccolti dal 2014 al 2019 in ben 8 stazioni artiche posizionate a latitudini diverse: l’analisi di un set di campioni relativo a un periodo così esteso, che si è avvalsa anche di metodi spettrometrici, ha perciò consentito di disegnare un quadro accurato delle concentrazioni, delle tipologie e delle sorgenti di aerosol organici presenti nell’area artica. Un risultato che contribuirà al miglioramento delle previsioni dei modelli climatici.   

Alla luce della dimostrata capacità del particolato atmosferico di incidere sul bilancio tra radiazione solare assorbita ed emessa dalla Terra (bilancio radiativo netto) attraverso meccanismi diretti e indiretti, le ricerche dedicate alla caratterizzazione dei costituenti degli aerosol, siano essi organici o antropici, sono oggi di particolare rilevanza. Nello specifico, lo studio di Nature Geoscience, che si inserisce in questa linea di ricerca, fornisce importanti risultati sulle sorgenti di aerosol organici, fino ad oggi poco investigati e con un’importanza crescente in un ambiente, come quello artico, che si sta surriscaldando a un ritmo doppio rispetto alle altre regioni del globo.

“Gli effetti dell’aerosol”, spiega Giulia Calzolai, ricercatrice della sezione INFN di Firenze e tra le autrici dell’articolo, “dipendono da proprietà quali la dimensione delle particelle, la composizione chimica, le proprietà ottiche e le concentrazioni in aria, importanti da studiare per comprendere il loro contributo al cambiamento climatico. Inoltre, diversamente da quanto avviene per i gas, il particolato mantiene l’“impronta” composizionale delle sorgenti di emissione anche a seguito della sua diffusione e trasporto in altre aree, e ciò rende quindi possibile, attraverso l’uso di opportuni modelli, individuare le sorgenti e quantificarne l’impatto.”

Le caratteristiche del particolato atmosferico e la sua bassa concentrazione nell’area artica, lo rendono particolarmente adatto per essere analizzato mediante le tecniche nucleari con acceleratore applicate nel laboratorio Labec dell’INFN, specializzato in indagini ambientali e sul patrimonio artistico. “Le tecniche utilizzate dal Labec”, illustra Giulia Calzolai, “in particolare la PIXE (Particle Induced X-ray Emission), permette di ottenere informazioni sulla composizione del campione in modo rapido, estremamente sensibile e senza pretrattamento del campione, minimizzando la possibilità di contaminazioni. La PIXE si basa sulla rivelazione di raggi X emessi dal campione in seguito all’interazione con un fascio di particelle accelerate.”  

Impegnato da diversi anni nella ricerca sul particolato atmosferico in aree polari in collaborazione con altri enti tra cui l’Università di Firenze e il CNR, il Labec ha progetti attivi presso il villaggio di ricerca di Ny-Alesund (Svalbard) e in Antartide, nella base di Dome C. L’INFN ha finanziato lo studio, la progettazione, e la realizzazione di un set-up di fascio presso l’acceleratore Tandem del LABEC espressamente dedicato alle misure PIXE. Grazie ai risultati ottenuti, il LABEC è attualmente all’avanguardia nell’analisi del particolato atmosferico ed è parte dell’European Centre for Aerosol Calibration (ECAC) e della Aerosols, Clouds and Trace gases Research Infrastructure (ACTRIS).