INFN E FONDAZIONE POLITECNICO DI MILANO ENTRANO IN QUALITA’ DI SOCI IN ALLEANZA CONTRO IL CANCRO

Roma, 1 ottobre 2021 – Il consiglio direttivo di Alleanza Contro il Cancro, la rete oncologica nazionale del Ministero della Salute, ha espresso parere unanimemente favorevole alle richieste di ingresso in qualità di soci avanzate dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (ordinario) e dalla Fondazione Politecnico di Milano (aderente). Entrambe le strutture (la Fondazione attraverso il Politecnico), già collaborano con ACC in Health Big Data – il progetto di durata decennale finanziato con 55 milioni di euro messi a disposizione dal MEF, coordinato dal Ministero della Salute e che coinvolge i 51 IRCCS afferenti alle reti oncologica, neuroscienze e cardiologica.

«L’analisi dei big data in ambito sanitario – ha spiegato il Presidente di ACC, Ruggero De Maria – può fornire uno strumento potente per valutare e gestire la salute globale e individuale. Da una parte sarà possibile ottimizzare gli interventi sull’organizzazione sanitaria, dall’altra l’integrazione di dati clinici e ambientali sempre più sofisticati, e a un livello di risoluzione senza precedenti, ci permetterà di intercettare precocemente la presenza o la predisposizione verso malattie che potrebbero svilupparsi successivamente, in modo da agire in una fase in cui il trattamento sia più semplice, efficace e meno costoso. Inoltre, l’applicazione di queste tecnologie alla prevenzione primaria impedirà alle patologie di manifestarsi attraverso l’adozione di uno stile di vita più appropriato. L’ingresso nella Rete di INFN e Fondazione Politecnico di Milano, con le quali abbiamo una intensa collaborazione che si protrae oramai da tre anni – ha concluso De Maria – va proprio in questa direzione»

Pier Giuseppe Pelicci, coordinatore scientifico della rete oncologica nazionale, parla di «svolta storica per la capacità d’impatto che quest’ingresso avrà nell’oncologia: le competenze di INFN e Fondazione Politecnico di Milano nel cloud computing, nell’acquisizione e nella scienza dei dati sanitari, nella ricerca biomedica o nello studio dei materiali, della genomica e dell’utilizzo dei protoni, sono straordinarie». Pelicci ha aggiunto che «la frammentazione del sistema italiano è un fatto negativo, non è più il tempo di stare nella propria casa, semmai di uscire e crearne di nuove e noi lo stiamo facendo con due istituzioni solo apparentemente lontane dal Dna e dalla mission di ACC».

Il Presidente di INFN, Antonio Zoccoli, ha spiegato che «la fisica degli acceleratori si è dimostrata cruciale per sviluppare terapie oncologiche, come l’adroterapia, contraddistinte da altissima precisione e basso impatto sui tessuti sani; anche la diagnostica per immagini deve moltissimo alla fisica nucleare, che ha portato allo sviluppo della Tomografia Computerizzata (TC), e della prima applicazione pratica dell’antimateria con la Tomografia a Emissione di Positroni (PET). Inoltre, l’esperienza maturata nello sviluppo di algoritmi e software per l’analisi di immagini ha trovato applicazione in programmi di analisi automatica per le attività di screening». Il contributo dell’INFN ai progetti attuali e futuri di ACC, è individuato nelle risorse e nelle competenze dell’Istituto e, in particolare, in una potente infrastruttura di calcolo.

Paolo Locatelli, responsabile della Digital Innovation Unit della Fondazione Politecnico di Milano, ha spiegato che «vista l’esperienza decennale nella gestione e dell’implementazione di progetti di ricerca sull’innovazione organizzativa, di processo e digitale in sanità ed in particolare in ambito oncologico, la Fondazione, nel ruolo di socio aderente, metterà a disposizione le proprie esperienze nelle progettualità attivate da ACC». In particolare, è stato detto, «l’apporto si attuerà in Health Big Data con competenze di gestione del progetto di ricerca ed innovazione (anche in seno agli organi di gestione progettuale), di indirizzo e gestione delle attività del personale di ricerca che il progetto colloca centralmente in ACC, presso le reti e i singoli Irccs ed anche in supporto alla introduzione dell’innovazione nei singoli Istituti».

AI LABORATORI NAZIONALI DEL GRAN SASSO SI DISCUTE DEL FUTURO DELLA RICERCA SUI NEUTRINI

Sarà il doppio decadimento beta, particolare processo di mutazione di nuclei atomici che i fisici di tutto il mondo ricercano da decenni, al centro del “North America-Europe Workshop on Future of Double Beta Decay”, che si svolgerà da oggi, 29 settembre, a venerdì 1° ottobre, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’INFN. L’evento chiamerà a raccolta rappresentanti della comunità scientifica internazionale assieme a esponenti delle agenzie scientifiche finanziatrici, che si confronteranno nella sala Enrico Fermi dei LNGS: saranno oltre duecento gli scienziati coinvolti, di cui circa cinquanta in presenza, provenienti da Italia, Stati Uniti, Canada, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Polonia, Olanda, Svizzera, Israele, Cina, Giappone, Russia e Ucraina.

Il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini è un rarissimo (ipotetico) fenomeno la cui rivelazione avrebbe profonde implicazioni per la fisica delle particelle elementari e per la cosmologia. Tale processo necessita che il neutrino coincida con la sua antiparticella, e la sua scoperta potrebbe anche contribuire a spiegare perché viviamo in un universo fatto di materia anziché di antimateria.

Scopo principale della tre giorni di full immersion è l’individuazione di una strategia comune per le ricerche in questo campo. La discussione si concentrerà in particolare sulla prossima generazione di esperimenti ad alta sensibilità e sulle infrastrutture sotterranee che dovranno ospitarli.

Ai LNGS sono attualmente già presenti esperimenti che, utilizzando diverse tecnologie, sono alla ricerca di questo raro fenomeno. E ora i Laboratori si candidano a ospitare uno o più esperimenti di nuova generazione.

“Pur essendo passati quasi 100 anni dalla sua “nascita”, sappiamo molto poco del neutrino e il processo del doppio decadimento beta, se osservato, porterebbe a una svolta nella comprensione della natura di questa elusiva particella ancora poco conosciuta”, dichiara Ezio Previtali, direttore dei Laboratori del Gran Sasso. “Sono molto soddisfatto che questo evento, che unisce gli sforzi delle due sponde dell’Atlantico, si tenga nelle nostre strutture. I LNGS sono sicuramente uno dei laboratori internazionali più qualificati a ospitare questa nuova generazione di esperimenti”, conclude Previtali.

L’evento sarà il primo a livello internazionale a essere ospitato dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dall’inizio dell’emergenza COVID e, seppur con le limitazioni per la prevenzione del contagio e per il dovuto rispetto della normativa nazionale ed europea, costituisce senz’altro un segnale di ritorno alla normalità per le nostre strutture di ricerca e per il nostro territorio.

LE ONDE GRAVITAZIONALI ALLA BIENNALE DI ARCHITETTURA DI VENEZIA

Anche le onde gravitazionali sono tra le protagoniste della proposta culturale della Biennale di Architettura 2021, grazie a un ciclo di incontri organizzati da GSSI Gran Sasso Science Institute, INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ed EGO European Gravitational Observatory a corollario dell’installazione Gravitational Waves Architecture curata da Eugenio Coccia, Massimo Faiferri, Giancarlo Mazzanti, Michele Punturo con Lino Cabras e Fabrizio Pusceddu, a partire dagli esiti della summer school ILS 2019 Landscapes of Knowledge del DADU dell’Università di Sassari. Gli eventi saranno trasmessi in diretta sulla pagina Facebook delle Comunità Resilienti del Padiglione Italia e rilanciati sulle pagine Facebook delle istituzioni coinvolte.

La progettazione di tutte le grandi infrastrutture, comprese quelle di ricerca, non può sottrarsi dal perseguire criteri di ottimizzazione dello spazio e di integrazione ambientale in grado di migliorare la qualità delle esperienze delle persone che vi lavorano e di valorizzare i territori e le comunità che le ospitano. A rispondere a queste esigenze è l’architettura, che oggi più che mai è impegnata a studiare soluzioni che rispondano con una sintesi sostenibile alle esigenze delle società e dell’ambiente naturale. Un approccio in evidente continuità con quello della scienza e della fisica, impegnata nella comprensione della struttura della materia e dell’universo. Non stupisce quindi che la diciassettesima edizione della Biennale di Architettura di Venezia, sostenendo una visione unitaria della cultura, apra quest’anno le porte al dialogo tra questi mondi, abbia ospitato e ospiterà nelle giornate di martedì 7 e venerdì 10 settembre tre incontri organizzati da GSSI, INFN ed EGO, durante i quali architetti, fisici, economisti si confronteranno su questioni attinenti le convergenze nei rispettivi ambiti di indagine e le grandi infrastrutture di ricerca presenti e future, analizzando il loro impatto non solo dal punto di vista scientifico ma anche industriale, economico e sociale.    

Il primo degli appuntamenti previsti ha avuto luogo martedì 7 settembre, alle 14:30, presso lo spazio Peccioli del padiglione Italia. L’incontro, dal titolo “Grandi infrastrutture di ricerca, una risorsa per le comunità e i territori”, ha rappresentato un momento di riflessione sulle opportunità create dalle grandi infrastrutture di ricerca che, oltre a essere diventate risorse imprescindibili per la cosiddetta Big Science e per la produzione di nuova conoscenza scientifica, costituiscono un motore per lo sviluppo industriale, economico, culturale e sociale, in particolare delle comunità e dei territori che le ospitano. Ad essere intervenuti durante il confronto, il Presidente dell’INFN Antonio Zoccoli, Martina Dal Molin, ricercatrice presso l’area di Social Science del GSSI, e l’architetto Massimo Faiferri, docente di progettazione architettonica all’Università di Sassari.

A seguire, all’interno dello spazio Peccioli del Padiglione Italia, alle 16:30, si è svolta la tavola rotonda “Una nuova idea di spazio: un dialogo tra fisica e architettura”, con protagonisti i fisici Eugenio Coccia, rettore del GSSI, Stavros Katsanevas, direttore di EGO, e l’architetto Gonzalo Byrne, che si è concentrata sulla concezione dello spazio e del tempo, e su come questa si sia evoluta nel corso dei secoli andando a influenzare, grazie alle scoperte della fisica, l’attività e le opere dell’architettura contemporanea.

È possibile rivedere gli incontri su: https://www.facebook.com/events/1123608374832002/?acontext=%7B%22event_action_history%22%3A[%7B%22surface%22%3A%22page%22%7D]%7D

A chiudere il transculturale ciclo di eventi, venerdì 10 settembre a partire dalle 11, sempre all’interno dello spazio Peccioli, sarà l’incontro “Einstein Telescope: scienza, architettura e impatto sociale della futura infrastruttura per la ricerca sulle onde gravitazionali”, durante il quale si farà il punto sull’ambizioso progetto Einstein Telescope (ET), il futuro rivelatore sotterraneo per le onde gravitazionale che promette di spingere la nostra capacità di sondare e studiare l’universo fino alle sue primissime fasi di vita. Quattro coordinatori del progetto, Marica Branchesi, professoressa dell’Area di Fisica al GSSI, Fernando Ferroni, professore e direttore dell’Area di Fisica al GSSI, Michele Punturo, coordinatore internazionale di ET e ricercatore dell’INFN, e Luca Deidda, dell’Università di Sassari che ha condotto uno studio di impatto di ET, racconteranno gli aspetti fondamentali del cammino verso la realizzazione dell’Einstein Telescope, che l’Italia si è candidata a ospitare nella ex miniera di Sos Enattos, in Sardegna.

È possibile rivedere gli incontri su: https://www.facebook.com/events/2692542504372489/?acontext=%7B%22event_action_history%22%3A[%7B%22surface%22%3A%22page%22%7D]%7D 

SIGRAV: PREMIATI TRE GIOVANI RICERCATORI INFN E ASSEGNATA A HEINO FALCKE E AD ANDRZEJ MARIUSZ TRAUTMAN LA MEDAGLIA AMALDI

Oggi, 7 settembre, nel corso della prima giornata della XXIV conferenza della SIGRAV Società Italiana di Relatività Generale e Fisica della Gravitazione, che si svolge a Urbino fino al 9 settembre, si è tenuta la cerimonia di premiazione per il conferimento della Medaglia Amaldi e del premio SIGRAV a giovani ricercatori. In particolare, la Medaglia Amaldi è stata assegnata a Heino Falcke, per essere stato l’ideatore del concetto di “ombra del buco nero”, e ad Andrzej Mariusz Trautman, per la scoperta di soluzioni esatte delle equazioni di Einstein, tra cui alcune di onde gravitazionali. Mentre, il premio SIGRAV per giovani ricercatori è stato conferito a tre ricercatori associati all’INFN: Micol Benetti, ricercatrice dell’Università di Napoli e della Sezione INFN di Napoli, Andrea Giusti, ricercatore presso l’ETH di Zurigo e della sezione INFN di Bologna, e Davide Gerosa, ricercatore della Sezione INFN di Milano Bicocca. Micol, Andrea e Davide hanno ricevuto il riconoscimento per i loro contributi nei campi rispettivamente della cosmologia, della gravità classica e quantistica e dell’astrofisica.

La Medaglia Amaldi, intitolata al celebre fisico Edoardo Amaldi, tra i padri della fisica della gravitazione sperimentale, è assegnata ogni due anni a scienziati europei che abbiano dato contributi rilevanti alla relatività generale e alla fisica della gravitazione.
Il premio SIGRAV per giovani ricercatori è, invece, conferito a giovani scienziati italiani, di età non superiore a 40 anni, che si siano particolarmente distinti nei campi della relatività generale e della fisica della gravitazione e che risultino tra i più promettenti del campo a livello nazionale e internazionale.

La collaborazione Fermi-LAT pubblica il primo catalogo di sorgenti transienti extragalattiche

L’osservazione dallo spazio dell’universo nello spettro delle alte energie continua a fornire informazioni determinanti per l’individuazione e la classificazione delle più brillanti sorgenti celesti, contribuendo al contempo alla comprensione dei meccanismi e delle dinamiche responsabili dei segnali che esse emettono. A dimostrarlo uno studio pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Supplement Series e guidato dai ricercatori italiani dell’INFN e dell’ASI Agenzia Spaziale Italiana nell’ambito della collaborazione internazionale Large Area Telescope (LAT), uno dei due rivelatori a bordo del Fermi Gamma-ray Telescope della NASA, che ha prodotto il primo elenco di sorgenti transienti extragalattiche, una particolare classe di oggetti astrofisici estremi contraddistinti da un’emissione non continua e variabile di raggi gamma, cioè di fotoni ad alte energie. L’indagine, condotta analizzando 10 anni di dati di Fermi-LAT, ha reso possibile estrarre un catalogo completamente nuovo rispetto a quelli finora pubblicati, denominato Fermi-LAT Long Term Transient Catalog (1FLT).

Per trovare le sorgenti che irraggiano luce di altissima energia anche solo per brevi periodi, i ricercatori hanno analizzato 10 anni di dati di Fermi-LAT suddividendoli in 120 cicli di 1 mese l’uno e aggiungendo altrettanti 120 cicli temporalmente sfasati di 15 giorni per essere sicuri di non perdere transienti a cavallo tra 1 mese e l’altro. Applicando le procedure di analisi standard che hanno portato alla rivelazione delle 5788 sorgenti dell’ultimo catalogo generale rilasciato dalla collaborazione Fermi-LAT, è stato quindi possibile trovare 142 nuove sorgenti puntiformi caratterizzate da una estrema variabilità temporale nella radiazione emessa.

“È la prima volta che viene osservato il cielo gamma da un punto di vista tale da fare emergere la parte alle basse energie e questo ci ha permesso di studiare una nuova popolazione di sorgenti che mostrano un andamento spettrale più attenuato rispetto a quanto visto fino ad ora”, spiega Sara Cutini, responsabile delle attività di Fermi della Sezione INFN di Perugia. “È stato un lavoro dal punto di vista computazionale molto impegnativo, che ha richiesto molti mesi di calcolo, ed è stato possibile farlo solo grazie a soluzioni di calcolo per l’analisi messe a disposizione dal progetto INFN-Cloud” sottolinea Isabella Mereu, ricercatrice INFN e membro del gruppo di Perugia che ha guidato la creazione del catalogo.

La maggior parte delle nuove sorgenti gamma transienti individuate da Fermi-LAT sono associate a blazar, galassie attive con al loro centro buchi neri supermassicci. Trentaquattro di queste sorgenti sono state individuate in periodi di osservazione di oltre un mese, confermando così la loro natura transiente e la solidità della rivelazione. A differenza dei cataloghi generali, in cui si trova una frazione maggiore di sorgenti extragalattiche di alta energia, in 1FLT sono presenti sorgenti che mostrano uno spettro di energie inferiori, non facilmente rilevabili in tempi scala lunghi perché compatibili con radiazione dominante di bassa energia proveniente dalla nostra stessa galassia.

Non tutti i segnali oggetto dello studio apparso nel The Astrophysical Journal Supplement Series sono di origine nota. Le rimanenti sorgenti sconosciute sono di estremo interesse astrofisico, in quanto potrebbero rappresentare un importante indizio della presenza di materia oscura, aiutando gli scienziati a comprendere le caratteristiche e il comportamento di questa misteriosa e diffusa componente dell’universo. “Non dimentichiamoci che 40 sorgenti dell’1FLT – sottolinea Gino Tosti, Professore dell’Università degli Studi di Perugia e associato INFN – non hanno una controparte conosciuta nelle altre lunghezze d’onda quindi non è stato possibile identificarne la natura. Questo apre nuove speranze e prospettive nella ricerca della materia oscura nelle sorgenti transienti del cielo gamma.”

“Questo risultato corona un lungo lavoro guidato dal team italiano all’interno della collaborazione internazionale Fermi-LAT e conferma l’importanza di osservare il cielo sfruttando in maniera innovativa i dati che abbiamo, inoltre ci permette di avere informazioni e di aprire nuove frontiere verso quello che sarà il futuro dell’astronomia gamma da satellite, l’astronomia al MeV”, conclude Elisabetta Cavazzuti, coautrice di questo lavoro e responsabile del programma Fermi per l’ASI.

“I tempi scala e l’entità della variabilità del flusso registrato da una sorgente celeste sono informazioni importantissime per capire la sua natura. Questo è particolarmente vero per le sorgenti non identificate, cioè quelle che non sono ancora associate a nessun oggetto celeste già noto. Sono circa il 30% del totale e rappresentano un grande spazio di scoperta, tutto da esplorare”, afferma Patrizia Caraveo, responsabile per INAF dello sfruttamento scientifico dei dati Fermi-LAT.

Lanciato nel 2008, il Fermi Gamma-ray Space Telescope è un rivelatore di raggi gamma per lo studio dei fenomeni astrofisici estremi. Grazie ai due rivelatori con i quali è equipaggiato, LAT e GBM (Glast Burst Monitor), e alla sua orbita, posizionata a 550 chilometri dalla Terra, il telescopio è in grado di intercettare i raggi gamma prima che essi interagiscano con l’atmosfera del nostro pianeta e di stabilire con precisione la direzione e l’energia di ogni evento osservato. In particolare, per quanto riguarda Fermi-LAT, La comunità di ricercatori italiani impegnati nella missione, supportata dall’INFN, dall’INAF e dall’ASI, è stata responsabile dello sviluppo e della costruzione del tracciatore al silicio ed è attivamente impegnata nell’attività di analisi dei dati.