L’olandese NWO-I è un nuovo membro associato dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo

L’olandese NWO-I è un nuovo membro associato dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo

NWO-I, l’Istituto Nazionale di Ricerca Scientifica dei Paesi Bassi, è diventato ufficialmente un membro associato del consorzio Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO), insieme ai membri fondatori di EGO CNRS e INFN. NWO-I gestisce Nikhef, l’Istituto Nazionale Olandese di Fisica Subatomica, che contribuisce da molti anni con risorse e ricercatori all’esperimento Virgo. L’ingresso ufficiale di NWO-I ha richiesto l’approvazione di un nuovo statuto per il consorzio EGO, che è stato ufficialmente firmato dai rappresentanti di tutte le istituzioni coinvolte due giorni fa.

“Questo è un momento forte ed emozionante, NIKHEF, un partner molto dinamico di Virgo da molti anni, diventa ufficialmente membro del consorzio EGO, – ha dichiarato il direttore di EGO Stavros Katsanevas – i forti legami collaborativi e personali che abbiamo sviluppato negli anni acquisiscono ora anche uno status istituzionale.”

“L’ingresso di Nikhef nel Consorzio EGO è un’importante pietra miliare che rafforza la già forte collaborazione tra i nostri istituti – ha dichiarato il presidente del Council di EGO e vicepresidente dell’INFN, Marco Pallavicini – apre la strada alla crescita della comunità delle onde gravitazionali e aiuterà il successo dei futuri periodi di osservazione di VIRGO. Siamo estremamente felici di questo e speriamo che Nikhef sia solo il primo di una lunga lista di nuovi istituti che si uniranno a EGO e parteciperanno a questa entusiasmante impresa fino alla costruzione del futuro Einstein Telescope in Europa”.

EGO, l’Osservatorio Gravitazionale Europeo, situato nel comune di Cascina, vicino a Pisa, è stato creato 20 anni fa (11 dicembre 2000) dal “Centre National de la Recherche Scientifique” (CNRS), un’istituzione pubblica, scientifica e tecnologica francese, e l’italiano “Istituto Nazionale di Fisica Nucleare” (INFN).

Il Consorzio EGO è la sede istituzionale dell’interferometro gravitazionale Virgo, uno dei tre rivelatori di onde gravitazionali più grandi e sensibili del mondo (insieme ai due statunitensi LIGO). EGO ha come scopo principale quello di assicurare il funzionamento di Virgo, la sua manutenzione e i miglioramenti da apportare. Assicura anche la manutenzione delle infrastrutture correlate, incluso un centro informatico, e promuove la cooperazione nel campo della ricerca sperimentale e teorica sulle onde gravitazionali in Europa, attraverso contatti tra scienziati e ingegneri, attività di divulgazione e sensibilizzazione e l’offerta di formazione avanzata per i giovani ricercatori.

PASSAGGIO DI CONSEGNA DA ANTARES A KM3NET SUL FONDO DEL MARE

PASSAGGIO DI CONSEGNA DA ANTARES A KM3NET SUL FONDO DEL MARE

A metà febbraio 2022, dopo 16 anni di attività, si è conclusa l’avventura scientifica e tecnologica di ANTARES, il primo telescopio per neutrini mai realizzato in mare. Situato 40 km al largo della costa di La Seyne-sur-Mer, vicino Tolone (Francia), ANTARES ha portato a termine la sua missione dimostrando la validità delle soluzioni tecnologiche confluite in KM3NeT, ambizioso progetto di ricerca multisito in fase di realizzazione nel Mediterraneo. ANTARES e KM3NeT sono frutto di una collaborazione europea che ha visto tra i suoi principali contributori l’INFN. La storia di ANTARES, arricchita dai suoi contributi allo studio dei neutrini cosmici, si è conclusa con la campagna marina EMSO-Ligure dell’IFREMER, è stato affidato grazie al sottomarino “Nautile” in dotazione alla nave “Pourquoi Pas?”, durante la quale è stata scollegata la stragrande maggioranza dei cavi di ancoraggio e di alimentazione del telescopio per fare spazio proprio a una delle componenti di KM3NeT.

L’avventura di ANTARES (Astronomy with a Neutrino Telescope and Abyss Environmental RESearch) è iniziata alla fine degli anni ’90, quando alla nascita di una proto-collaborazione fecero seguito studi preliminari di fattibilità per un telescopio sottomarino di neutrini. A questo periodo risalgono infatti le prime campagne di esplorazione dei potenziali siti d’installazione e le attività di simulazione volte a ottimizzare il layout dell’apparato. Indagini che portarono alla scelta dello spazio di mare al largo di La Seyne-sur-Mer e all’adozione di rivelatori composti da tripletti di moduli ottici. Risalgono invece al 2001-2002 le operazioni di posa del cavo principale dell’esperimento e l’installazione, a 2475 metri di profondità, del box sottomarino, destinato a funzionare ininterrottamente per quasi 20 anni, responsabile della connessione elettro-ottica del telescopio. Al termine della sua costruzione, conclusasi nel 2008, ANTARES si sarebbe presentato come una schiera di 12 stringhe alte 400 metri, ognuna composta da 25 tripletti di moduli ottici, ancorati a un’area del fondale di circa 250 metri di diametro.

“ANTARES è stato progettato per raccogliere i debolissimi segnali luminosi che si generano nell’acqua per via del cosiddetto effetto Cherenkov al passaggio di particelle ultra-relativistiche“, spiega Maurizio Spurio, dell’Università di Bologna e INFN, co-portavoce della Collaborazione ANTARES. “Questa rete di sensori ottici di grandissima sensibilità, nata come apparato dimostratore, ha prodotto risultati di grandissimo rilievo in tanti contesti, dalla modellizzazione dell’emissione di neutrini in sorgenti celesti, allo studio delle oscillazioni di neutrini e alla ricerca di materia oscura.”

I risultati ottenuti da ANTARES, testimoniati dalla scelta di prorogare di sei anni il suo smantellamento, previsto inizialmente per il 2016, prospettano un futuro ricco di importanti scoperte per il suo erede KM3NeT, il quale, essendo di dimensioni maggiori, con sensori di nuova generazione, e coprendo un intervallo di energia più esteso, potrebbe fare luce sul tipo di sorgenti, galattiche ed extragalattiche, responsabili dell’emissione dei neutrini ad alta energia e sui meccanismi fisici responsabili della loro produzione.

Rosa Coniglione, ricercatrice ai Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN e co-portavoce di KM3NeT, spiega: “L’idea di rilevare neutrini raccogliendo segnali in un mezzo trasparente quale l’acqua o il ghiaccio risale agli anni ’60 e si è concretizzata sul finire del secolo scorso con i primi apparati costruiti in Antartide (con l’esperimento AMANDA, a cui si è poi avvicendato IceCube) e nel lago Baikal in Siberia. La scelta di puntare sul Mediterraneo è tuttavia strategica: le ottime caratteristiche ottiche dell’acqua permettono di raggiungere prestazioni eccezionali nella identificazione delle particelle rilevate e inoltre da queste latitutidini temperate si riesce ad avere una prospettiva unica su buona parte della galassia, incluso il centro galattico, dove si concentra un gran numero di potenziali sorgenti di neutrini.”

Dalla sua posizione nell’emisfero nord, ANTARES per lunghi anni è stato il rivelatore con maggiore sensibilità nello scrutare il cielo dell’emisfero sud, contribuendo in modo significativo al nuovo campo d’indagine dell’astronomia multimessaggera e dell’astrofisica dei neutrini di alta energia. Una componente diffusa di neutrini di origine cosmica che raggiunge la Terra è stata identificata per la prima volta nel 2013 da IceCube in Antartide. ANTARES ha fornito utili informazioni per interpretare queste osservazioni, in particolare contribuendo allo studio della frazione di neutrini di origine Galattica.

La costruzione di ANTARES è stata possibile grazie a un contributo sostanziale dell’INFN. Basti pensare che tutti i moduli elettronici sottomarini per l’acquisizione dei dati dei tripletti di moduli ottici sono stati realizzati in Italia. Italiano è anche il disegno di varie parti delle stringhe, e innumerevoli sono stati i contributi nel campo delle simulazioni e dell’analisi dei dati.

Marco Circella, ricercatore dell’INFN di Bari, ex coordinatore tecnico di ANTARES e primo Technical Project Manager di KM3NeT, commenta: “Con ANTARES, abbiamo dimostrato di padroneggiare le soluzioni per affrontare questa poderosa sfida tecnologica in fondo al mare. Per mantenere l’apparato in buona efficienza abbiamo anche messo in campo una lunga campagna di manutenzione che ha compreso una dozzina di campagne marine. Ciò ha permesso di continuare la presa-dati in acqua ben oltre i 10 anni di durata nominale che ci eravamo prefissi. La sfida per KM3NeT è stata ancora più grande: realizzare soluzioni che permettessero di costruire questo apparato gigante in tempi ragionevoli e con affidabilità tale da non richiedere manutenzione in situ.”

Lo smantellamento di ANTARES avverrà parallelamente all’immersione e l’attivazione delle nuove stringhe di KM3NeT per l’allestimento della componente francese del telescopio, ORCA (Oscillation Research with Cosmics in the Abyss), e della componente italiana, ARCA (Astroparticle Research with Cosmics in the Abyss). ORCA è in costruzione in un sito prossimo a quello di ANTARES, mentre ARCA  è in via di installazione circa 80 km al largo di Capo Passero, alla punta meridionale della Sicilia.

L’INFN da decenni è tra i maggiori enti di ricerca impegnati in questi esperimenti, con la partecipazione ad ANTARES,  con l’articolato programma di sviluppo NEMO condotto nei primi anni 2000 e con l’impegno per molti versi trainante in KM3NeT. Gruppi di ricerca per KM3NeT sono attivi presso i Laboratori Nazionali del Sud e le Sezioni di Bari, Bologna, Catania, Genova, Napoli con il gruppo collegato di Salerno e Roma-Sapienza, in collaborazione con le corrispondenti università.

KM3NeT

Nella loro configurazione finale, i due siti di KM3NeT comprenderanno 230 linee di rivelazione per ARCA e 115 per ORCA, di cui 18 sono a oggi già state installate. I due apparati sono ottimizzati per fini sperimentali molto diversi tra loro: ARCA è finalizzato alla ricerca di neutrini cosmici fino ad energie estreme, mentre ORCA è dedicato allo studio, con eventi di più bassa energia, delle cosiddette oscillazioni dei neutrini. Le ambizioni sono molto alte in entrambi i casi: con ARCA si vogliono chiarire i meccanismi che portano alle emissioni di particelle di alta energia nei corpi celesti più remoti e tumultuosi che esistano nell’universo; con ORCA l’intento è invece quello di studiare le piccole anisotropie attese nel flusso dei neutrini prodotti in atmosfera dalle interazioni dei raggi cosmici per determinare l’ordine dei valori di massa dei neutrini.

KM3NeT è supportato dallo European Strategy Forum of Research Infrastructures (ESFRI), è inserito nel Piano Nazionale delle Infrastrutture di Ricerca (PNIR) del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) ed è stato riconosciuto come infrastruttura di ricerca di interesse strategico dalla Regione Siciliana.

Il progetto, già supportato con finanziamenti dedicati del MUR e della Regione Siciliana, è ora al centro della nuova proposta KM3NeT4RR avanzata dall’INFN, in collaborazione con l’INAF e una rete di sette università italiane, in risposta al bando del MUR per progetti per “Rafforzamento e creazione di Infrastrutture di Ricerca” nell’ambito del PNRR (Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza). Il progetto KM3NeT4RR prevede un investimento di circa 77 M€, quasi totalmente destinati alle regioni meridionali, per un potenziamento delle infrastrutture di ricerca partecipanti al progetto e per un significativo passo avanti nella realizzazione dell’infrastruttura sottomarina.

“KM3NeT riesce a coniugare una dimensione chiaramente internazionale con un forte radicamento sul territorio”, dichiara Giacomo Cuttone, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud e Coordinatore Scientifico di KM3NeT4RR. “Ad una motivazione scientifica fortissima”, conclude Cuttone, “si aggiunge la peculiarità di una attività sperimentale condotta negli abissi marini, con le implicazioni che questo comporta sia per i necessari sviluppi tecnologici che per le opportunità che sorgono per il monitoraggio ambientale e le ricerche oceanografiche e geofisiche. Il progetto è quindi capace di generare ricadute positive plurime, non solo di tipo scientifico, ma anche economico, tecnologico, ambientale e sociale.” 

AL VIA I MESTIERI DELLA FISICA, UNA SERIE DI EVENTI ONLINE PER LE SCUOLE SUPERIORI

AL VIA I MESTIERI DELLA FISICA, UNA SERIE DI EVENTI ONLINE PER LE SCUOLE SUPERIORI

Come si diventa fisico? Di che cosa si occupa un ricercatore? Che lavoro potrei fare dopo una laurea in fisica? Per dare qualche risposta a queste domande, l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare lancia “I mestieri della fisica”, una serie di sei incontri per studentesse e studenti nel triennio delle scuole secondarie, trasmessi in diretta sul canale YouTube INFN alle 18:00 tra il 16 marzo il 25 maggio.

Protagonisti delle dirette, sei fisici oggi impegnati in ambiti professionali diversi: dalla ricerca condotta al CERN di Ginevra a quella nascosta dietro Facebook; dalle attività a cavallo tra fisica e medicina al lavoro in una grande collaborazione scientifica responsabile della scoperta delle onde gravitazionali; dalla direzione di un grande centro di ricerca americano sul quantum computing a quella di due tra i principali giornali scientifici italiani, Le Scienze e National Geographic Italia. 

Le ragazze e i ragazzi avranno così la possibilità di scoprire le possibilità di carriera che offre intraprendere un percorso universitario in fisica o, in generale, in una disciplina scientifica, ascoltando i racconti di chi è partito da questa disciplina per poi sviluppare la propria carriera in campi anche apparentemente lontani da questo percorso di studi. Durante gli incontri le studentesse e gli studenti potranno porre le proprie domande e curiosità ai professionisti che interverranno, attraverso la chat di YouTube.

Il programma completo.

FISICA NUCLEARE E CLIMA: L’INFN PARTNER DI UN PROGETTO SPAGNOLO PER IL MONITORAGGIO DELLE SPECIE MARINE

FISICA NUCLEARE E CLIMA: L’INFN PARTNER DI UN PROGETTO SPAGNOLO PER IL MONITORAGGIO DELLE SPECIE MARINE

Studiare l’impatto dei cambiamenti climatici su coralli e molluschi con gli strumenti e le tecniche della fisica nucleare. È questo l’obiettivo del progetto REMO, lanciato nei giorni scorsi dal Ministero della Scienza e dell’Innovazione spagnolo nell’ambito del Recovery Fund nazionale, di cui l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è l’unico partner estero.
Il progetto sarà realizzato all’Oceanografico di Valencia, il più grande acquario d’Europa, dove saranno istallati due acquari, detti microcosmi, con molluschi molto comuni nel Mar Mediterraneo e coralli. Si studierà, in particolare, come il tasso di crescita di questi organismi marini vari in funzione dell’acidità dell’acqua.
Il livello di acidità degli oceani è, infatti, strettamente legato all’impatto dei cambiamenti climatici: molte attività industriali producono un eccesso di anidride carbonica che reagendo con le molecole d’acqua forma l’acido carbonico; quindi, l’aumento di anidride carbonica in atmosfera risulta in un aumento dell’acidità degli oceani.
Per monitorare il livello di crescita di coralli e molluschi saranno impiegati dei radiotraccianti (dei radioisotopi del calcio) e dei rivelatori di particelle, ovvero tecnologie proprie della fisica nucleare per la cui realizzazione l’INFN con i suoi Laboratori Nazionali di Legnaro (LNL) è da sempre all’avanguardia. Per questo motivo, i partner spagnoli di REMO hanno deciso di coinvolgere l’INFN in due fasi cruciali del progetto: lo sviluppo dei rivelatori di particelle e il monitoraggio dell’assorbimento di calcio da parte di molluschi e coralli.
Infatti, REMO prevede l’utilizzo di un isotopo del calcio, il calcio 45, che rispetto al più comune calcio 40, emette radiazione beta, ovvero elettroni, e può così essere osservato dai rivelatori di particelle. Il calcio 45 verrà dissolto all’interno dei microcosmi di REMO (due tenuti nelle condizioni di acidità attuali e due con l’acidità prevista nei prossimi 100 anni) per poi essere assorbito dai molluschi e dai coralli. In prossimità degli acquari saranno quindi presenti dei rivelatori di elettroni che permetteranno di determinare in maniera non lesiva per i molluschi quanto calcio è stato assorbito dalle specie marine e, di conseguenza, di osservare il tasso di crescita di queste.

“Il progetto, concepito in fase embrionale nell’ambito dell’INFN, è nato in uno scambio di idee tra ricercatori dei LNL e dell’Istituto di Fisica Corpuscolare (IFIC) di Valencia, guidati da Berta Rubio e Enrique Nacher, e la direzione dell’Oceanografico. Ha un carattere fortemente interdisciplinare e mette insieme competenze di fisica nucleare e biologia marina.” Racconta Giacomo de Angelis, ricercatore LNL e responsabile INFN per il progetto REMO, e aggiunge “L’istituzione dei Recovery Fund europei focalizzati su progetti green è stata finalmente l’occasione per finanziare questo progetto: i radiotraccianti sono uno strumento essenziale per la valutazione dettagliata di molti processi biologici e la fisica nucleare ha le capacità tecniche per utilizzarli in sicurezza.”

“I cambiamenti dell’acidità dei mari possono avere impatti drammatici sui processi fisiologici degli organismi marini. Indagare questi aspetti è essenziale per valutare e prevedere i loro effetti sugli ecosistemi, effetti che condizionano sia la futura disponibilità di specie di interesse commerciale sia la vitalità di ambienti cruciali per il mantenimento della biodiversità marina come le barriere coralline” spiega Daniel Garcia, direttore tecnico dell’Oceanografico di Valencia.

“REMO rappresenta per noi l’apripista di progetti dove l’utilizzo di radiotraccianti gioca un ruolo essenziale per il monitoraggio di processi biologici di interesse ambientale. Il progetto SPES per la produzione di ioni instabili, attualmente in fase di realizzazione presso i LNL, ha tra i suoi obiettivi primari la produzione di questi e di nuovi radiotraccianti di interesse climatico e medicale,” conclude Fabiana Gramegna, direttrice dei LNL.

FISICA PER LA CRESCITA E LA PACE A EXPO2020 DUBAI

FISICA PER LA CRESCITA E LA PACE A EXPO2020 DUBAI

Si è tenuta mercoledì 9 marzo al Padiglione Italia di Expo2020 Dubai la tavola rotonda Fisica che catalizza la crescita e unisce le persone, evento organizzato dall’INFN, partner di Padiglione Italia. Protagonisti dell’incontro, che si è concentrato sulle prospettive della ricerca in fisica fondamentale e sul ruolo delle grandi infrastrutture di ricerca non solo per l’attività scientifica ma anche per l’innovazione, la crescita, l’economia, la cultura e la società, Fabiola Gianotti, Direttore Generale del CERN, Anna Grassellino, Direttrice del Centro SQMS del Fermilab, Andrea Lausi, Direttore Scientifico di SESAME, e Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN.

La collaborazione tra scienziati appartenenti a culture diverse, uniti e guidati dal comune obiettivo della ricerca della conoscenza, è la cifra più caratteristica della fisica contemporanea, che, proprio in virtù di questo suo peculiare aspetto, è riuscita a ottenere nel corso degli anni risultati eccezionali, rappresentando inoltre un decisivo elemento di sviluppo in grado di superare le divergenze e favorire le relazioni tra paesi. Un esempio del modo inclusivo e partecipato in cui la fisica delle particelle ha affrontato e continua ad affrontare le sue sfide è sicuramente rappresentato da realtà scientifiche come il CERN e SESAME.   

“Nel 1954, lo scopo dei padri fondatori del CERN”, ha spiegato Fabiola Gianotti, “era infatti quello di riportare la fisica di eccellenza in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. La loro idea era molto moderna e si basava sia sulla necessità di far fronte alle sfide economiche mettendo insieme paesi diversi, sia sulla consapevolezza del ruolo catalizzatore di pace della scienza”.

Agli obiettivi e agli ideali che hanno reso possibile la nascita del CERN si ispira anche SESAME (The Synchrotron-Light for Experimental Science and Applications in the Middle East), laboratorio situato ad Allan, in Giordania, che ospita un acceleratore di particelle dedicato a ricerche di natura applicativa nei settori della medicina, della biologia, della fisica dei materiali e della salvaguardia per patrimonio archeologico. Nato nel 2017, SESAME è il frutto di un’ampia collaborazione tra governi e istituzioni scientifiche, che mira a diventare un punto di riferimento per i paesi del Medio Oriente e delle aree limitrofe, favorendo la crescita di competenze scientifiche e tecnologiche di livello internazionale e gli scambi culturali e scientifici tra stati.

“Proprio come il CERN”, ha illustrato nel corso del suo intervento Andrea Lausi, “SESAME vede collaborare scienziati appartenenti a culture diverse e si propone quindi sia come ponte tra i paesi della regione medio orientale, sia come punto di connessione tra quest’ultima e grandi infrastrutture di ricerca europee e statunitensi”.

La Big Science è uno degli ambiti in cui la presenza di competenze diversificate non solo è richiesta, ma risulta addirittura fondamentale al fine di spingere in avanti le frontiere della conoscenza e della tecnologia. L’approccio multidisciplinare al lavoro scientifico, ovvero la collaborazione interna alla stessa scienza, risulta infatti oggi più che mai necessario per affrontare i problemi complessi connessi, per esempio, allo sviluppo dei calcolatori quantistici, come dimostra il progetto SQMS (Superconducting Quantum Materials and System) del Fermilab. Finanziato dal Department of Energy (DOE) statunitense, SQMS è dedicato ad apportare progressi innovativi nel settore dei computer quantistici, che potrebbero fornire in un futuro prossimo un importante strumento a supporto della ricerca scientifica, aumentando esponenzialmente la velocità di analisi dei dati grazie alle proprietà del mondo subatomico.

“La maggiore sfida che SQMS deve fronteggiare”, ha raccontato Anna Grassellino, “è aumentare la coerenza quantistica, ovvero la capacità dei computer quantistici di non perdere informazione. Per fare questo adottiamo approcci provenienti dalla fisica dei materiali e degli acceleratori, che hanno bisogno di competenze e infrastrutture diverse. Il nostro lavoro si configura quindi come una attività profondamente multidisciplinare”.

L’INFN fornisce un importante contributo a tutte e tre le realtà scientifiche del CERN, di SESAME e del Centro SQMS, perseguendo la ricerca di nuove conoscenze e tecnologie e abbracciando gli ideali di collaborazione e inclusione su cui si fonda la big science. Principi e obiettivi che, insieme alla principale missione riguardante lo studio dei costituenti ultimi della materia, hanno guidato anche la nascita dei laboratori nazionali dell’INFN e che sono alla base di nuovi progetti di rilevanza internazionale di cui l’INFN è protagonista, grazie ai quali l’Italia ha la possibilità di valorizzare la sua capacità di attrarre e mettere in connessione ricercatori di tutto il mondo.

“Il ruolo dell’INFN”, ha precisato Antonio Zoccoli, “è investire in esperienze sia internazionali come il CERN, sia a livello nazionale, come dimostrano gli ambiziosi progetti di cui oggi siamo capofila, come Einstein Telescope, Europraxia e il nuovo centro per il calcolo che nascerà a Bologna. Come ci insegna la scienza moderna, senza grandi infrastrutture di ricerca  non sarebbe possibile risolvere i problemi aperti nel campo della fisica. Oggi la strategia chiave per l’Italia deve quindi essere quella di investire in infrastrutture di ricerca di livello internazionale, che rappresentano anche un importante volano economico per i territori che le ospitano, sfruttando le opportunità fornite dai fondi forniti con il PNRR”.

 

 

 

PROGETTO ARIA: ACCORDO PER LA FORNITURA DELL’ARGON DAL COLORADO  E NUOVA CONFERMA DELLA TECNOLOGIA

PROGETTO ARIA: ACCORDO PER LA FORNITURA DELL’ARGON DAL COLORADO E NUOVA CONFERMA DELLA TECNOLOGIA

Negli scorsi giorni, si è svolta con successo la missione dell’INFN e della Regione Sardegna negli Stati Uniti, che ha visto la partecipazione anche del Console Generale a Houston Federico Ciattaglia, per il progetto ARIA, che prevede la realizzazione a Seruci nella miniera di Monte Sinni, gestita da Carbosulcis, di un innovativo impianto di distillazione dell’argon per l’esperimento DarkSide-20k per la ricerca di materia oscura nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. La missione ha, infatti, portato alla conferma degli accordi per la fornitura dal Colorado dell’argon che sarà poi trattato nell’impianto di Seruci, prima dell’invio ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso.

“Siamo molto soddisfatti per il successo dei nostri incontri negli Stati Uniti, – sottolinea Marco Pallavicini della Giunta Esecutiva dell’INFN che ha rappresentato l’Istituto durante la missione – sono stati confermati il programma e le future tappe del progetto, che prevedono l’inizio della produzione di argon in Colorado alla fine del 2023, ed è stato finalizzato l’accordo tra l’INFN e l’Università di Princeton per la conduzione comune del progetto”.

“La volontà della Regione Sardegna di investire in questo prestigioso progetto pone le basi per partenariati futuri con l’INFN e Carbosulcis su attività innovative che possono creare innovazione nel nostro territorio”, sottolinea il neodirettore del Centro Regionale di Programmazione Massimo Temussi responsabile dell’attuazione dell’accordo di programma con l’INFN.

“Un progetto di grande prestigio internazionale – sostiene l’Assessore alla Programmazione Giuseppe Fasolino – che evidenzia ancora una volta il ruolo che la Regione Sardegna intende svolgere a sostegno della ricerca attraverso una eccellenza come l’INFN, e allo stesso tempo riqualificando e riconvertendo gli impianti e le maestranze della società partecipata Carbosulcis, permettendo così di rilanciare attraverso progetti strategici tutto il territorio”.

Sulla base di questo accordo, proseguono dunque secondo i programmi le attività del progetto ARIA, finanziate dall’INFN e dalla Regione Autonoma della Sardegna attraverso il Centro Regionale della Programmazione, e realizzate congiuntamente da Carbosulcis Spa e INFN alle quale collaborano vari Enti e Centri di Ricerca tra cui l’Università e la Sezione INFN di Cagliari, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, l’Università di Princeton, il Fermilab e la Fondazione Aria.

Nel contempo nell’area di Carbosulcis nel Comune di Gonnesa si è concluso con successo l’ulteriore test di collaudo realizzato nella torre-prototipo Seruci-0 del progetto ARIA.

“Ora, dopo l’esito positivo dei primi test di distillazione isotopica realizzati nel 2019 utilizzando azoto, – spiega il Project Leader Walter Bonivento della Sezione INFN di Cagliari – queste nuove misure, basate sull’impiego proprio dell’argon, ancorché preliminari, rappresentano un traguardo fondamentale perché, confermano la tecnologia su cui si basa ARIA e aprono la strada alla piena realizzazione dell’esperimento DarkSide-20k”.

“I test – spiega il Technical Coordinator Federico Gabriele della Sezione INFN di Cagliari – sono stati eseguiti con il prototipo della torre criogenica alta 24 metri, collocata in uno dei capannoni di Nuraxi Figus di proprietà della Carbosulcis, composta da un bollitore (alla base), da un condensatore (in alto) e da un modulo di separazione di 12 metri (al centro) e hanno impegnato personale della Sezione INFN e dell’Università di Cagliari, dei Laboratori del Gran Sasso, del Gruppo Collegato INFN e dell’Università di Salerno, di Astrocent di Varsavia, del Fermilab negli USA e della Fondazione Aria. I primi risultati indicano che l’impianto prototipo ha già dimostrato la separazione isotopica dell’atomo 36Ar e 38Ar rispetto a 40Ar”.

La futura infrastruttura di ARIA, che è in fase di istallazione nel sottosuolo all’interno del Pozzo 1 di Seruci, sarà costituita da 28 moduli, identici al prototipo di Seruci-0, per un’altezza complessiva di 350 metri: grazie ad essa sarà possibile distillare le grandi quantità di Argon-40 necessarie all’esperimento DarkSide-20k.

“Il progetto ARIA è cruciale per la strategia di ricerca della materia oscura della Collaborazione DarkSide-20k, e siamo entusiasti che il Sulcis-Iglesiente giochi un ruolo di primo piano in questo ambizioso progetto scientifico di assoluta rilevanza internazionale”, commenta Cristian Galbiati, professore alla Princeton University e al Gran Sasso Science Institute e coordinatore del progetto DarkSide-20k.

Ma, in futuro, l’impianto di ARIA potrà anche essere utilizzato per distillare altri preziosi isotopi, sempre più impiegati in particolare nella diagnostica medica, dando vita ad una filiera produttiva, sino alla sintesi di molecole di interesse farmaceutico, all’avanguardia nel mondo.

NESSUNA VARIAZIONE STAGIONALE PER GLI AEROSOL ORGANICI ARTICI

NESSUNA VARIAZIONE STAGIONALE PER GLI AEROSOL ORGANICI ARTICI

Una recente indagine sulla composizione chimica e sulla concentrazione del particolato atmosferico artico ha evidenziato come l’Artide, l’area del globo più soggetta agli effetti del cambiamento climatico, sia contraddistinto da una sostanziale equivalenza tra l’abbondanza di aerosol organici di origine naturale rilevati nel periodo estivo e la quantità di aerosol organici di origine antropica riscontrati nella stagione invernale. Condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, lo studio, pubblicato il 28 febbraio sulla rivista Nature Geocience, ha visto il contributo del Laboratorio di Tecniche Nucleari per l’Ambiente e i Beni Culturali (Labec) dell’Infn di Firenze. Lo studio si basa sulla caratterizzazione, dei componenti di campioni artici raccolti dal 2014 al 2019 in ben 8 stazioni artiche posizionate a latitudini diverse: l’analisi di un set di campioni relativo a un periodo così esteso, che si è avvalsa anche di metodi spettrometrici, ha perciò consentito di disegnare un quadro accurato delle concentrazioni, delle tipologie e delle sorgenti di aerosol organici presenti nell’area artica. Un risultato che contribuirà al miglioramento delle previsioni dei modelli climatici.   

Alla luce della dimostrata capacità del particolato atmosferico di incidere sul bilancio tra radiazione solare assorbita ed emessa dalla Terra (bilancio radiativo netto) attraverso meccanismi diretti e indiretti, le ricerche dedicate alla caratterizzazione dei costituenti degli aerosol, siano essi organici o antropici, sono oggi di particolare rilevanza. Nello specifico, lo studio di Nature Geoscience, che si inserisce in questa linea di ricerca, fornisce importanti risultati sulle sorgenti di aerosol organici, fino ad oggi poco investigati e con un’importanza crescente in un ambiente, come quello artico, che si sta surriscaldando a un ritmo doppio rispetto alle altre regioni del globo.

“Gli effetti dell’aerosol”, spiega Giulia Calzolai, ricercatrice della sezione INFN di Firenze e tra le autrici dell’articolo, “dipendono da proprietà quali la dimensione delle particelle, la composizione chimica, le proprietà ottiche e le concentrazioni in aria, importanti da studiare per comprendere il loro contributo al cambiamento climatico. Inoltre, diversamente da quanto avviene per i gas, il particolato mantiene l’“impronta” composizionale delle sorgenti di emissione anche a seguito della sua diffusione e trasporto in altre aree, e ciò rende quindi possibile, attraverso l’uso di opportuni modelli, individuare le sorgenti e quantificarne l’impatto.”

Le caratteristiche del particolato atmosferico e la sua bassa concentrazione nell’area artica, lo rendono particolarmente adatto per essere analizzato mediante le tecniche nucleari con acceleratore applicate nel laboratorio Labec dell’INFN, specializzato in indagini ambientali e sul patrimonio artistico. “Le tecniche utilizzate dal Labec”, illustra Giulia Calzolai, “in particolare la PIXE (Particle Induced X-ray Emission), permette di ottenere informazioni sulla composizione del campione in modo rapido, estremamente sensibile e senza pretrattamento del campione, minimizzando la possibilità di contaminazioni. La PIXE si basa sulla rivelazione di raggi X emessi dal campione in seguito all’interazione con un fascio di particelle accelerate.”  

Impegnato da diversi anni nella ricerca sul particolato atmosferico in aree polari in collaborazione con altri enti tra cui l’Università di Firenze e il CNR, il Labec ha progetti attivi presso il villaggio di ricerca di Ny-Alesund (Svalbard) e in Antartide, nella base di Dome C. L’INFN ha finanziato lo studio, la progettazione, e la realizzazione di un set-up di fascio presso l’acceleratore Tandem del LABEC espressamente dedicato alle misure PIXE. Grazie ai risultati ottenuti, il LABEC è attualmente all’avanguardia nell’analisi del particolato atmosferico ed è parte dell’European Centre for Aerosol Calibration (ECAC) e della Aerosols, Clouds and Trace gases Research Infrastructure (ACTRIS).

A GIULIA DI GREGORIO IL PREMIO ATLAS PER LA MIGLIORE TESI DI DOTTORATO

A GIULIA DI GREGORIO IL PREMIO ATLAS PER LA MIGLIORE TESI DI DOTTORATO

Resi noti i vincitori dell’ARLAS Thesis Award 2021, riconoscimento che rientra nell’ambito delle iniziative promosse dalle collaborazioni ATALS e CMS, i grandi rivelatori ospitati al CERN protagonisti nel 2012 della scoperta del bosone di Higgs, allo scopo di premiare le migliori tesi di dottorato a livello internazionale svolte presso gli esperimenti. Tra i vincitori e le vincitrici di quest’anno, anche Giulia Di Gregorio, ricercatrice INFN dell’Università di Pisa, che sarà premiata nel corso della cerimonia prevista giovedì 24 febbraio in occasione della ATLAS week.

La collaborazione ATLAS conta 5500 membri di 180 istituzioni in tutto il mondo, di cui oltre 1000 sono studenti e studentesse di dottorato, i destinatari dell’ATLAS Thesis Award, che, attraverso una commissione dedicata, seleziona ogni anno i più innovativi risultati ottenuti dai partecipanti alla competizione nel corso del lavoro di ricerca svolto in ATLAS raccolti nelle loro tesi finali. 6 le tesi di dottorato risultate vincitrici dell’ultima edizione del premio, tra cui quella discussa da Giulia Di Gregorio, dal titolo ‘Search for the Higgs boson produced in association with a vector boson and decaying into a pair of b-quarks using large-R jets with the ATLAS detector’, realizzata in collaborazione con la sezione INFN di Pisa.

“Sono orgogliosa e fiera di questo riconoscimento, che condivido sicuramente con tutto il gruppo ATLAS di Pisa. Sono inoltre grata all’Infn per l’opportunità che mi è stata concessa. Svolgere il mio dottorato di ricerca in un contesto internazionale come quello rappresentato dalla collaborazione ATLAS e dal CERN, mi ha infatti permesso di lavorare in uno degli ambienti scientifici più stimolanti al mondo. Un’esperienza che è di fondamentale importanza per chiunque voglia dedicarsi come me all’attività di ricerca nel settore della fisica delle particelle, e che è stata resa ancor più significativa da questo premio”, commenta Giulia Di Gregorio.

Scopo della tesi di Giulia Di Gregorio è quello di studiare, grazie ad ATLAS e a tecniche estremamente sofisticate per la ricostruzione degli eventi che hanno luogo all’interno del rivelatore, una tipo particolare di decadimento del bosone di Higgs, la cui interazione con una delle due particelle mediatrici della forza elettrodebole, W e Z, determina, diversamente da quanto osservato più comunemente, la produzione di un singolo getto composto dai prodotti di decadimento del bosone, ovvero coppie di quark b e anti quark b. 

Maggiori dettagli sul sito ATLAS Italia: https://web.infn.it/atlas/ 

LE INIZIATIVE INFN PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE DONNE NELLA SCIENZA 2022

LE INIZIATIVE INFN PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE DONNE NELLA SCIENZA 2022

Anche quest’anno l’INFN partecipa con numerose iniziative all’International Day of Women and Girls in Science che si celebra l’11 febbraio. Istituita nel 2015 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la giornata internazionale per le donne nella scienza è un’occasione per promuovere la piena ed equa partecipazione di donne e ragazze nelle scienze, in materia di istruzione, formazione, occupazione e processi decisionali.

I canali social INFN aderiscono alla campagna #WomenInScience, a cui parteciperanno anche altri grandi laboratori internazionali come il CERN. Su Facebook, YouTube, Instagram e Twitter, pubblicheremo quattro storie di giovani ricercatrici che lavorano ai quattro grandi esperimenti del Large Hadron Collider del CERN. 

Aprirà le celebrazioni il 9 febbraio alle 9.00 a Trento la Fondazione Bruno Kessler, in collaborazione con l’Università degli Studi di Trento e il TIFPA dell’INFN organizza l’evento “Be a scientist – tra identità di mestiere e parità di genere”: il mestiere della ricerca visto da due protagonisti d’eccezione, Caterina Petrillo, presidente di Area Science Park e professore ordinario di Fisica Sperimentale all’Università degli Studi di Perugia e Roberto Battiston, professore di Fisica Sperimentale dell’Università di Trento, già Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. I due relatori racconteranno il mondo della ricerca, come è evoluto nel corso degli anni e cosa si deve aspettare chi intende avvicinarvisi, con una riflessione speciale sulla parità di genere e le azioni da mettere in campo. L’evento si terrà online in diretta sui canali LinkedIn, Facebook e Youtube di Fondazione Bruno Kessler. 

Molti altri eventi si succederanno nella giornata dell’11 febbraio. I Laboratori Nazionali di Legnaro organizzano alle 11.00 l’evento online “Rosalind Franklin: DNA e dintorni”: ricercatori e ricercatrici racconteranno la vita e le scoperte della scienziata e la ricerca di frontiera sviluppata ai Laboratori sui radiofarmaci e le terapie che utilizzano radiazione. 

Laboratori Nazionali di Frascati partecipano all’iniziativa con l’evento online “Towards Inclusive Science“, in diretta dalle 9.30 sul canale YouTube dei LNF, che vedrà coinvolti donne e uomini del mondo della ricerca che, partendo dalle loro esperienze personali e professionali, racconteranno successi e sfide giornaliere a studentesse e studenti del IV e V anno delle Scuole secondarie di secondo grado. L’obiettivo è stimolare ragazze e ragazzi a riflettere e confrontarsi su ostacoli e opportunità nel loro percorso formativo oltre che sul ruolo della donna nella società e nella ricerca. 

Il Gran Sasso Science Institute e l’Università degli Studi dell’Aquila organizzano la conferenza “ResearcHER, prospettive di scienza”. L’evento si terrà alle 10.00 presso l’Auditorium dell’Università e online, e vedrà come ospiti Lucia Votano, già Direttrice dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, Giuliana Galati, fisica delle particelle, divulgatrice scientifica e componente del CICAP, Serena Giacomin, climatologa e meteorologa per le reti Mediaset e DeAgostini, e Lorenzo Gasparrini, filososo, formatore femminista e attivista.

Le ricercatrici di Padova risponderanno, con dei video o anche degli incontri online, alle domande di studentesse e studenti delle scuole superiori di secondo grado in tema di fisica e astronomia, senza escludere  domande sul percorso di studi o sulla parità di accesso alle scienze. L’iniziativa è organizzata dalla Sezione INFN di Padova, il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università degli Studi di Padova e l’Osservatorio INAF di Padova, con il patrocinio dell’Italian Office for Astronomy Outreach dell’International Astronomical Union; verrà lanciata l’11 febbraio e si svolgerà poi nelle settimane e mesi successivi.  

Cagliari e presso l’Università di Roma La Sapienza si terranno delle edizioni speciali delle International Masterclasses organizzate da IPPOG. All’edizione sarda, online, organizzata dalla Sezione INFN di Cagliari e dall’Università di Cagliari, parteciperanno 82 studentesse e studenti provenienti da sedici scuole di tutta la Sardegna. Le attività sperimentali proposte riguarderanno sia la fisica delle particelle che l’astrofisica e la fisica della materia. Le studentesse e gli studenti saranno impegnati per due pomeriggi nei primi 10 giorni di febbraio e parteciperanno all’evento finale dell’11 febbraio in cui assisteranno a un dibattito su genere e scienza e potranno esporre i risultati del proprio lavoro. Presso l’Università “La Sapienza”, invece, le studentesse saranno coinvolte in un evento in presenza lungo tutto l’arco della giornata; oltre ai seminari la mattina e la masterclass il pomeriggio, potranno partecipare al “pranzo-con-le-ricercatrici”, durante il quale scambiare idee e porre domande alle ricercatrici in un ambiente informale. 

Anche le Sezioni INFN di Roma3Napoli e il Gruppo Collegato di Cosenza organizzano le International Masterclasses for girls. Parteciperanno all’evento circa 80 studentesse liceali di 14 scuole di Calabria e Basilicata e 25 studentesse sarde in modalità remota, mentre in presenza saranno coinvolte 20 studentesse del Lazio e 36 della Campania. Per quest’anno, una parte dell’evento sarà in comune nelle tre città: le partecipanti potranno assistere da remoto alla presentazione della fisica e sociologa Ilenia Picardi, dal titolo “Equità di genere nella scienza: le sfide per le ragazze nelle STEM”.  La sessione “hands-on” permetterà invece alle studentesse di condurre analisi di dati reali dell’esperimento ATLAS del CERN e confrontare i risultati ottenuti con colleghe di vari Paesi Europei. 

L’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, in collaborazione con la Sezione INFN di Roma 2, proporranno agli studenti e alle studentesse l’incontro online “STEM: Protagoniste di una grande storia”, a cura dell’associazione ValoreD, a cui seguirà un dibattito con le ricercatrici dell’Università e della Sezione.

Le ricercatrice Carla Aramo, della Sezione INFN di Napoli parteciperà alla campagna online organizzata dalla Collaborazione Pierre Auger, mentre la ricercatrice Iaia Masullo parteciperà all’evento “Scienza: sostantivo femminile”, organizzato dall’Associazione di Promozione sociale Social Project, dalle 9.00 dell’11 febbraio presso Villa Bruno a San Giorgio a Cremano, rivolto alle studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado, con l’obiettivo di avvicinarle alla scienza e alle carriere scolastiche attraverso un’esperienza di tutoring. 

Pavia, nella giornata di venerdì sarà organizzato un side-event della Notte dei Ricercatori. L’iniziativa è ideata da Silva Bortolussi, ricercatrice della Sezione INFN di Pavia e dell’Università di Pavie, e Ilaria Canobbio, ricercatrice dell’Università di Pavia, ed è inserita negli eventi Sharper e svolta in collaborazione con la terza missione e l’Ufficio Sostenibilità dell’Università degli Studi di Pavia. Durante la manifestazione verrà piantato un albero con una targa in commemorazione di Eva Mameli, prima botanica italiana e laureata all’Università di Pavia; le scuole verranno invitate a preparare delle proposte per la prossima scienziata a cui dedicare un nuovo albero. 

La Sezione INFN di Lecce, in collaborazione con il dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università del Salento, celebrerà la giornata con l’evento “Dottorande nella scienza: conversazione online”, che sottolinea l’importanza del ruolo delle donne e delle giovani ragazze all’interno della comunità scientifica e nel settore tecnologico. L’incontro verrà trasmesso in diretta streaming sul canale Facebook della Sezione INFN di Lecce.

CI HA LASCIATI PAOLO FRANZINI

CI HA LASCIATI PAOLO FRANZINI

Il 27 gennaio è scomparso Paolo Franzini, fisico stimato e riconosciuto a livello internazionale, che nella sua lunga carriera ha contribuito in modo determinante anche al successo dell’esperimento KLOE ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN.

Paolo Franzini, nato a Pavia nel 1933, si laurea alla Scuola Normale Superiore di Pisa nel 1955. Nel 1956 entra nel gruppo guidato da Marcello Conversi, allora direttore dell’Istituto di Fisica di Pisa, per poi trasferirsi, all’inizio degli anni ’60, negli Stati Uniti. È qui che, diventato professore alla Columbia University, dove conosce Juliet Lee, sua futura moglie e compagna di vita, conduce numerosi importanti esperimenti, al Brookhaven National Laboratory, al Fermilab e alla Cornell University. In particolare, lavora a un esperimento al Cosmotron di Brookhaven, e in seguito insieme a Juliet guida l’esperimento CUSB (Columbia-Stony Brook) a CESR (Cornell electron storage ring). Successivamente partecipa alla progettazione dell’esperimento D0 al Fermilab, fornendo contributi fondamentali, in particolare alla realizzazione del calorimetro.

Su invito di Nicola Cabibbo, nei primi anni ’90 Franzini rientra in Italia per guidare l’esperimento KLOE, che proprio in quel periodo vedeva la luce all’acceleratore DAFNE dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN. Si trasferisce quindi a Frascati con la moglie nel 1991 e viene chiamato per chiara fama come professore al Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma. Nei circa venti anni successivi, Franzini guida con vigore tutte le fasi dell’esperimento, dalla costruzione del rivelatore, alla presa dati, all’analisi dei dati raccolti. Alla Sapienza tiene corsi sulla fisica delle particelle elementari fino al 2005, anno del suo pensionamento.

Durante il suo “periodo romano”, Paolo Franzini ha formato un nutrito gruppo di giovani fisici sperimentali, molti dei quali oggi sono protagonisti di grandi imprese scientifiche nei maggiori laboratori di ricerca del mondo, come ricorda il direttore dei Laboratori di Frascati Fabio Bossi: “Nel nostro Laboratorio, accanto a Paolo e alla moglie Juliet Lee-Franzini, si è formata una intera generazione di fisici sperimentali. Molti di questi ‘ex giovani’ sono oggi protagonisti di grandi imprese scientifiche: questo non sarebbe stato possibile in assenza del suo magistero. Ho avuto personalmente il privilegio di lavorare a stretto contatto con lui e mi pregio di poterlo considerare un mio mentore e amico. Per questo la notizia della sua scomparsa mi rattrista profondamente. Con Paolo se ne va un pezzo della nostra storia”, conclude Bossi.

Grande esperto di elettronica, Franzini aveva tuttavia una conoscenza approfondita di tutti gli aspetti sia teorici sia sperimentali della fisica delle particelle, fatto che lo rendeva una delle personalità più note e più stimate a livello mondiale in questo campo.
“Paolo era un fisico molto brillante e molto profondo”, ricorda il collega e amico Fernando Ferroni. “Nicola Cabibbo lo aveva incoraggiato a prendersi la responsabilità di quella grande avventura che avrebbe rimesso i Laboratori di Frascati nel mondo della fisica di avanguardia, e lui e sua moglie Juliet accettarono con entusiasmo. Un rientro di cervelli che ha arricchito enormemente l’INFN con tutti i giovani da loro formati e la grande messe di risultati prodotti da KLOE”, conclude Ferroni.