PINT OF SCIENCE 2023: 23 CITTÀ ITALIANE TRA BIRRA E SCIENZA

PINT OF SCIENCE 2023: 23 CITTÀ ITALIANE TRA BIRRA E SCIENZA

Tre serate, dal 22 al 24 maggio, ospiteranno eventi nei pub di 26 Paesi del mondo per raccontare la scienza in modo informale e coinvolgente davanti a una birra. Torna anche quest’anno la manifestazione internazionale per gli amanti della scienza e delle serate in compagnia.

In Italia, la manifestazione, coordinata dall’associazione Pint of Science Italia, coinvolge 23 città e molti ricercatori e ricercatrici dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, sia come organizzatori in alcune città aderenti all’iniziativa sia come speaker di alcuni incontri con il pubblico. Nelle tre serate, infatti, oltre 200 ricercatrici e ricercatori chiacchiereranno di scienza con il pubblico nelle città di Avellino, Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Ferrara, Frascati, Genova, L’Aquila, Lucca, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Pavia, Pisa, Reggio Calabria, Roma, Rovereto, Salerno, Siena, Torino, Trento.

Si parlerà dei temi più attuali della ricerca scientifica, al centro di molte presentazioni saranno sostenibilità e ambiente, ma non mancheranno l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata, i misteri dell’universo dagli atomi alle stelle, le onde gravitazionali e il progetto Einstein Telescope. Durante ognuna delle tre serate, ciascuno dei 64 pub coinvolti ospiterà presentazioni interattive di circa 40 minuti seguite dalle domande del pubblico in un’atmosfera colloquiale e distesa. Ce n’è davvero per tutti i gusti!

Pint of Science nasce nel 2013 nel Regno Unito. L’Italia partecipa dal 2015, coinvolgendo inizialmente solo 6 città, che presto si sono moltiplicate diventando 23 dal 2019. L’INFN supporta da sempre l’iniziativa come sponsor nazionale. Oggi partecipano 26 Paesi del mondo: Australia, Belgio, Brasile, Canada, Costa Rica, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Messico, Nuova Zelanda, Olanda, Paraguay, Portogallo, Regno Unito, Russia, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Sudafrica e Thailandia.

Per scoprire gli eventi nella tua città: http://www.pintofscience.it

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VIRGO RINVIA L’INGRESSO NEL QUARTO CICLO DI OSSERVAZIONI

VIRGO RINVIA L’INGRESSO NEL QUARTO CICLO DI OSSERVAZIONI

La Collaborazione Virgo ha deciso di rimandare l’ingresso di Virgo nel prossimo periodo di osservazione (O4), previsto per il 24 maggio, per continuare le attività di commissioning del rivelatore e aumentare ulteriormente la sua sensibilità. Dalla fine del periodo di osservazione O3 nel 2020, l’interferometro Virgo è stato sottoposto a un importante aggiornamento per migliorare la sua sensibilità in vista del nuovo periodo di osservazione congiunto con gli interferometri LIGO e KAGRA. Questo aggiornamento ha richiesto diversi mesi al gruppo per rendere nuovamente stabile il rivelatore.

Ad oggi Virgo sarebbe in grado di osservare eventi analoghi ad alcuni di quelli rivelati nei precedenti periodi osservativi. Per andare oltre, è ora necessaria una accurata ricerca delle fonti di rumore che potrebbero limitare la sensibilità dell’interferometro. Molto probabilmente queste riguardano alcuni elementi ottici chiave e la complessa strumentazione che circonda e controlla gli specchi dell’interferometro. Si rende quindi necessario un intervento di manutenzione straordinario, che prevede l’apertura delle grandi campane a ultra alto vuoto e la sostituzione di uno degli specchi, sospesi ai cosiddetti superattenuatori. Si tratta di torri di pendoli invertiti alte oltre 10 metri, che smorzano i disturbi esterni, mantenendo gli specchi perfettamente immobili. Un’operazione complessa e delicata che richiede diverse settimane di lavoro.

“Al momento la sensibilità dell’interferometro è in continua crescita, ma procede lentamente. Finché non rimuoviamo il vuoto e apriamo le torri per controllare direttamente le componenti dell’interferometro, non possiamo avere certezza di quale sia il problema”, spiega il coordinatore della Collaborazione Virgo recentemente eletto, Gianluca Gemme. “Siamo convinti che il raggiungimento della migliore sensibilità dell’esperimento per sfruttare al meglio le sue potenzialità scientifiche sia prioritario rispetto a entrare subito in presa dati. Abbiamo dunque deciso di intervenire ora per risolvere il guasto tecnico che sta rallentando la crescita di sensibilità di Virgo. Sono operazioni che, al di là degli interventi che dovremo fare, implicano dei tempi tecnici per rimuovere e quindi ripristinare le condizioni di ultra-alto vuoto. Solo una volta svolto questo intervento potremo definire in quali tempi Virgo potrà unirsi alle attività scientifiche di O4, che durerà 18 mesi”.

Una volta portata a termine la manutenzione, dovrà infatti seguire la fase di collaudo dell’intero apparato sperimentale, che spingerà tutte le tecnologie di Virgo, dal laser ai sistemi ottici, agli apparati di attenuazione sismica, oltre i limiti raggiunti finora.

“Per rendere l’idea della complessità della sfida tecnologica che strumenti potenti e sofisticati come Virgo pongono, – spiega Fiodor Sorrentino, Coordinatore del Commissioning di Virgo – basti pensare che uno dei ‘rumori’ che sentiamo e dobbiamo risolvere è probabilmente dovuto a un magnete di qualche decimo di grammo usato per controllare la posizione degli specchi, che manifesta oscillazioni infinitesimali dell’ordine di un milionesimo di milionesimo di metro. Il rinculo prodotto sugli specchi di 40 kg è centomila volte più piccolo, ma tuttavia sufficiente per limitare la sensibilità di Virgo, che è in grado di misurare variazioni di lunghezza dei suoi bracci paragonabili alle dimensioni di un protone”. 

Nei prossimi mesi gli scienziati e le scienziate della Collaborazione Virgo saranno impegnati sia nelle attività tecniche sull’esperimento, sia nelle attività scientifiche di analisi dei nuovi dati che arriveranno dai due rivelatori LIGO. Il rivelatore KAGRA, in Giappone, ha raggiunto la sensibilità minima pianificata di 1 Megaparsec (Mpc) per l’inizio di O4. Dopo un mese di osservazioni KAGRA tornerà al commissioning per migliorare la propria sensibilità verso la fine di O4.

La sensibilità Il parametro standard utilizzato per descrivere la sensibilità raggiunta dagli interferometri gravitazionali (chiamato BNS range) è la distanza a cui gli strumenti possono rivelare la collisione di due stelle di neutroni (naturalmente, eventi più violenti o più massicci, come le collisioni di buchi neri, sono rivelabili anche da zone molto più profonde dell’universo). Allo stato attuale Virgo potrebbe rivelare una fusione di stelle di neutroni ‘standard’ fino a una distanza di 30 Mpc, ovvero a circa 100 milioni di anni luce, dalla Terra. L’obiettivo della collaborazione scientifica però è arrivare a una sensibilità superiore ai 60 Mpc nei prossimi mesi.

L’upgrade e il commissioning di Virgo Dopo la conclusione del terzo ciclo di osservazioni nel 2020, tutti i rivelatori della Collaborazione LVK hanno realizzato una serie di importanti integrazioni e potenziamenti tecnologici, per accrescere la sensibilità degli strumenti e, di conseguenza, la porzione di universo che sono in grado di esplorare. Virgo, in particolare, ha subito importanti aggiornamenti, con l’installazione di un laser più potente e un sistema di riduzione del rumore quantistico, ma soprattutto un nuovo specchio per rendere Virgo più sensibile alle alte frequenze delle onde gravitazionali. Alla fase di upgrade tecnologico segue una delicata fase, detta di commissioning, in cui tutte le numerose componenti della macchina vengono “messe in comunicazione”, con un complesso sistema di controlli e feedback, per raggiungere il punto di lavoro ottimale dell’interferometro. 

Un’infografica interattiva per scoprire di più sugli upgrades di Virgo: https://www.virgo-gw.eu/Laser/upgrade_1_F.html

Virgo è un interferometro laser con due bracci di 3 chilometri, costruito per rivelare le onde gravitazionali, impercettibili oscillazioni dello spazio-tempo generate da violenti eventi cosmici, come la fusione di buchi neri e di stelle di neutroni. Per rivelare le onde gravitazionali, Virgo misura la distanza relativa tra due specchi sospesi all’estremità dei suoi bracci, con una precisione superiore a un millesimo del diametro di un protone (un milionesimo di miliardesimo di metro). L’interferometro funziona rivelando l’interferenza di due fasci laser, che si propagano lungo i due bracci perpendicolari di 3 chilometri in tubi a ultra-alto vuoto.
Virgo è attualmente uno dei tre più grandi e sensibili rivelatori di onde gravitazionali al mondo, insieme ai due interferometri statunitensi LIGO, coi quali opera congiuntamente dal 2017.
La collaborazione scientifica internazionale dell’esperimento coinvolge 842 ricercatori, di 115 istituzioni di 15 paesi. Virgo è installato ad EGO, European Gravitational Observatory, l’infrastruttura di ricerca finanziata dall’italiano Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dal francese Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) e dal 2020 anche dall’ente di ricerca olandese NIKHEF.

 

 

PRESENTATI A CAGLIARI ETIC E LA CANDIDATURA ITALIANA

PRESENTATI A CAGLIARI ETIC E LA CANDIDATURA ITALIANA

In occasione del XIII Simposio della Collaborazione Scientifica di Einstein Telescope, che si sta svolgendo in questi giorni a Cagliari, la giornata del 9 maggio è stata dedicata alla presentazione del progetto ETIC e della candidatura italiana a ospitare il futuro rivelatore di onde gravitazioni in Sardegna, nell’area della miniera dismessa di Sos Enattos, tra i Comuni di Lula, Bitti e Onanì, nel Nuorese. Dopo i saluti istituzionali di Alessandro Cardini, direttore della Sezione INFN di Cagliari, Francesco Mola, rettore dell’Università di Cagliari, Gavino Mariotti, rettore dell’Università di Sassari, Paolo Truzzo, sindaco di Cagliari, l’evento Einstein Telescope: la grande infrastruttura di ricerca europea è stato aperto dagli interventi del Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, del premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, presidente del comitato tecnico-scientifico istituito dal MUR per la candidatura italiana, dal vicepresidente della Regione Sardegna, Giuseppe Fasolino, e dal Presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Antonio Zoccoli. La giornata di lavori ha visto l’ampia partecipazione dei rappresentanti delle istituzioni amministrative e scientifiche locali, nazionali e internazionali. Nel pomeriggio il progetto PNRR ETIC e la candidatura italiana sono state al centro della tavola rotonda con focus su scienza e impatto socio-economico con protagonisti Marica Branchesi, del Gran sasso Science Institute e scienziata della collaborazione ET, oltre che nel comitato tecnico-scientifico istituito dal MUR, Luigi Guiso, economista dell’Einaudi Institute for Economics and Finance, e Monique Bossi, project manager di ETIC, moderati dal comunicatore e giornalista scientifico Matteo Serra. Il programma è consultabile a questo link.

Einstein Telescope (ET) è il progetto per la realizzazione in Europa della grande infrastruttura di ricerca del futuro rivelatore di onde gravitazionali. ETIC, Einstein Telescope Infrastructure Consortium, è il progetto finanziato con 50 milioni di euro con fondi PNRR, nell’ambito della Missione 4 Istruzione e Ricerca coordinata dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). I suoi obiettivi principali sono la caratterizzazione sismologica, geologica e geofisica del sito, e la creazione, sia attraverso il potenziamento delle strutture già esistenti, sia attraverso la creazione di nuove, di una solida rete di laboratori negli istituti di ricerca e negli atenei per lo studio delle tecnologie innovative che dovranno essere sviluppate per ET. SCOPRI IL PROGETTO EINSTEIN TELESCOPE www.einstein-telescope.it

“Einstein Telescope è un’infrastruttura unica nella ricerca internazionale che vogliamo fortemente che venga costruita in Italia, in Sardegna, nella miniera di Sos Enattos. È un investimento di sistema sulla ricerca e uno straordinario acceleratore sul futuro della Regione, del nostro Paese e dell’Europa”, ha sottolineato il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. “All’evento di Cagliari su Einstein Telescope, organizzato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, il Ministero dell’Università e della Ricerca e dalla Regione Sardegna, ho ricordato l’importantissimo lavoro di comunità che stiamo facendo per la candidatura italiana. Il Governo crede fortemente in questo progetto e l’Italia ha tutte le competenze scientifiche per poterlo ospitare”.

“Al di là del mio amore per questa bellissima isola, mi auguro vivamente che venga scelto il sito di Lula e delle miniere di Sos Enattos per ospitare Einstein Telescope”, ha commentato il premio Nobel Giorgio Parisi. “Si tratta, infatti, – prosegue Parisi – di una zona che offre tutte le caratteristiche necessarie all’ottimo funzionamento di uno strumento così delicato e all’avanguardia, sia perché parliamo della zona meno sismica d’Europa, ma soprattutto perché è in grado di garantire il silenzio totale. ET in Sardegna non affronterebbe alcun problema di vibrazioni e di rumore, come accadrebbe se fosse invece costruito in una zona molto più popolata”.

“L’avvio di ETIC, di cui abbiamo appena pubblicato il principale bando da 14 milioni di euro per gli studi di caratterizzazione del sito, è un passo fondamentale per la candidatura italiana a ospitare ET”, ha rilevato Antonio Zoccoli, Presidente dell’INFN. “Obiettivo del progetto è, infatti, fornire le solide basi tecnico-scientifiche che diventeranno le fondamenta alla nostra candidatura. Mentre la lunga esperienza nella ricerca delle onde gravitazionali, l’eccellenza scientifica e tecnologica del mondo della ricerca nazionale, il contributo di aziende all’avanguardia in molti settori, e la grande coesione tra comunità scientifica, istituzioni politiche e cittadini, ne costruiranno la struttura. La competizione internazionale è molto impegnativa, ma quando l’Italia fa sistema ed è determinata, è altamente competitiva e in grado di raggiungere i propri obiettivi”.

 

 

 

 

AL VIA ACTRIS-ERIC, DATI E SERVIZI D’AVANGUARDIA PER LA RICERCA ATMOSFERICA E CLIMATICA

AL VIA ACTRIS-ERIC, DATI E SERVIZI D’AVANGUARDIA PER LA RICERCA ATMOSFERICA E CLIMATICA

È stato formalmente costituito il 25 aprile ACTRIS-ERIC, il consorzio dell’Infrastruttura di ricerca europea ACTRIS (Aerosol, Clouds and Trace Gases Research Infrastructure), la cui missione è fornire dati e servizi all’avanguardia per la ricerca sull’atmosfera e sul clima. I Paesi fondatori sono 17, e mettono in comune le proprie risorse per aprire l’accesso a un’ampia gamma di tecnologie, servizi e risorse nel campo delle scienze atmosferiche. L’istituzione di ACTRIS-ERIC concretizza uno sforzo a lungo termine iniziato nel 2011 e perseguito e condiviso da diversi Paesi europei, tra cui l’Italia, che vi partecipa con una rete di istituzioni, tra le quali il CNR e l’INFN. L’istituzione di ACTRIS-ERIC testimonia il progresso di ACTRIS da una rete basata su progetti a un’infrastruttura di ricerca matura e sostenibile.

“Grazie ad un’intensa cooperazione internazionale, in soli dieci anni siamo stati in grado di costruire e rendere operativi strumenti scientifici all’avanguardia che aprono opportunità senza precedenti per scoperte rivoluzionarie”, afferma Paolo Laj, coordinatore scientifico ad interim di ACTRIS. “ACTRIS sta consolidando la sua posizione nel panorama nazionale, europeo e internazionale, ampliando il suo ruolo di attore chiave a sostegno della ricerca ambientale. La qualità dei servizi, la cultura dell’innovazione aperta, la prontezza e flessibilità nel rispondere alla domanda delle varie comunità degli utenti aumenteranno il livello di fiducia e collaborazione tra ACTRIS e i suoi partner.”

La Finlandia ospiterà la sede statutaria e gestirà il coordinamento generale di ACTRIS, mentre l’Italia gestirà l’accesso ai servizi di ACTRIS. L’Italia è infatti uno dei Paesi fondatori di ACTRIS, avendo avuto sin dall’inizio ruoli chiave nel coordinamento dell’infrastruttura europea. La partecipazione italiana ad ACTRIS conta sul contributo dell’INFN con i laboratori LABEC a Firenze e ChAMBRe a Genova, del CNR, del Gruppo dell’Osservatorio Atmosferico e Telerilevamento LIDAR del Centro di Eccellenza CETEMPS del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università degli Studi dell’Aquila, del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali dell’ENEA, del Dipartimento di Scienze Pure e Applicate dell’Università di Urbino Carlo Bo, dell’Università del Salento e dell’Università di Napoli Federico II che ospita, presso il Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”, il Centro Servizi Metrologici e Tecnologici Avanzati (CeSMA).

“Partecipare a grandi collaborazioni internazionali è nella natura dell’INFN, e In ACTRIS il nostro Istituto mette al servizio della rete europea conoscenze e strutture che possono portare un contributo importante allo studio di quei processi atmosferici che, nei prossimi decenni, determineranno in buona parte il futuro del pianeta e dell’umanità”, spiega Paolo Prati, rappresentante dell’INFN in ACTRIS Italia. “Affrontare questa sfida è motivo di orgoglio e sottolinea, ancora una volta, le tante ricadute che la ricerca di base sulle leggi fondamentali della natura restituisce alla società”, conclude Prati.

ACTRIS con i suoi siti osservativi costituisce la più grande infrastruttura di ricerca atmosferica distribuita al mondo, che ha consentito negli anni una comprensione più approfondita delle cause del cambiamento climatico e dell’inquinamento atmosferico. Il monitoraggio della variabilità nel tempo e nello spazio dei costituenti atmosferici a breve permanenza in atmosfera (aerosol, nubi e gas in traccia) da 80 piattaforme di osservazione in Europa e non solo, per oltre un decennio, ha fornito una visione senza precedenti dell’efficacia delle politiche di riduzione delle emissioni in Europa, ma ha anche evidenziato i complessi meccanismi di feedback che agiscono sul sistema climatico. Ora, con l’istituzionalizzazione di ACTRIS nella forma di un ERIC si aprono le porte ai ricercatori, alle imprese e più in generale ai Paesi, per favorire ancor più l’accesso libero alle informazioni chiave sullo stato dell’atmosfera, per condividere le migliori piattaforme osservative di ricerca in Europa e per sostenere il processo decisionale con tutte le competenze scientifiche di riferimento.

ACTRIS offre ai suoi utenti un accesso aperto a strumenti, competenze, opportunità di formazione e servizi di gestione dei dati FAIR (Findable, Accessible, Interoperable and Reusable). Tutti gli utenti, infatti, indipendentemente dalla loro affiliazione, area di competenza o campo di attività, possono beneficiare con modalità open access dei servizi paneuropei. Centinaia di ricercatori di tutto il mondo, ma anche utenti del settore privato, hanno già avuto accesso alle piattaforme ACTRIS (siti di osservazione, camere di simulazione atmosferica) per eseguire esperimenti innovativi e migliorare le conoscenze scientifiche, sviluppare nuovi strumenti o ricevere formazione su nuove tecnologie. Ogni anno, oltre 5.000 utenti distribuiti in circa 50 Paesi del mondo utilizzano i dati di ACTRIS per le loro ricerche, consentendo previsioni atmosferiche affidabili, tra cui avvisi di pericolo a breve termine per il meteo e la salute, nonché valutazioni a lungo termine dei cambiamenti climatici.

Insieme ad altre infrastrutture di ricerca ambientale europee, ACTRIS contribuisce agli obiettivi del nuovo European Research Area (ERA) con maggiori investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&S), con una distribuzione più uniforme delle capacità e dell’accesso all’eccellenza nella ricerca e innovazione, favorendo una migliore circolazione delle conoscenze e delle tecnologie, nonché una maggiore competitività dell’Unione Europea in ambito atmosferico.

L’INFN partecipa ad ACTRIS con due strutture di ricerca uniche: il LABEC (Laboratorio di tecniche nucleari per l’Ambiente e i Beni Culturali) della Sezione di Firenze e ChAMBRe (Chamber for Aerosol Modelling and Bio-aerosol Research) della Sezione di Genova. I due laboratori sono oggi sinergicamente inclusi nell’ERIC-ACTRIS, il LABEC ospitando il centro di riferimento europeo per la caratterizzazione elementale del particolato atmosferico (Elemental Mass Calibration Centre, EMC2) e ChAMBRe come “national facility” specializzata nello studio della componente biologica e delle proprietà ottiche degli aerosol atmosferici ovvero l’inquinante più elusivo con impatti molto significativi sia sulla salute che sulla sfida epocale dei cambiamenti climatici.

“Questo importante risultato testimonia l’eccellenza raggiunta dalle strutture INFN che si occupano dello studio delle proprietà del particolato atmosferico”, commenta Massimo Chiari, ricercatore della sezione di Firenze e responsabile dell’Elemental Mass Calibration Centre del LABEC. “E in particolare il livello di maturità del LABEC e delle tecniche di analisi nucleari per la caratterizzazione degli elementi che compongono il particolato atmosferico, traccianti specifici delle sorgenti di emissione sia naturali sia antropiche”.

Il CNR ha contribuito notevolmente al raggiungimento di tale successo ricoprendo anche ruoli strategici e di coordinamento: gli Istituti coinvolti sono l’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Cnr-Imaa), l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Cnr-Isac) e l’Istituto di scienze marine (Cnr-Ismar), che ospitano 4 siti osservativi e 2 piattaforme mobili. Il Cnr-Imaa gestisce e coordina a livello europeo sia l’accesso ai servizi di ACTRIS, sia l’unità del Data Centre per la componente di aerosol remote sensing, e partecipa inoltre al centro europeo per la definizione, ottimizzazione e avanzamento delle osservazioni lidar di aerosol.

 

 

 

 

 

AMS: RAGGI COSMICI TRASPORTATI SULLE ALI DEL VENTO SOLARE

AMS: RAGGI COSMICI TRASPORTATI SULLE ALI DEL VENTO SOLARE

Nei raggi cosmici, le differenze esistenti tra i flussi di elettroni e flussi di protoni e le loro variazioni nel tempo osservate nell’ultimo decennio grazie all’utilizzo di rivelatori spaziali come l’Alpha Magnetic Spectometer (AMS), il rivelatore di particelle ospitato sulla Stazione Spaziale Internazionale, potrebbero essere conseguenza dei cicli di attività della nostra stella e della loro evoluzione. A sostenerlo uno studio condotto dalla stessa collaborazione scientifica di AMS, di cui fanno parte ricercatrici e ricercatori dell’INFN e dell’ASI Agenzia Spaziale Italiana, pubblicato lo scorso 17 aprile sulla rivista Physics Review Letters. Facendo ricorso a un ampio set di dati acquisiti da AMS nel corso di più di 11 anni, gli scienziati sono stati infatti in grado di misurare con un’accuratezza senza precedenti le variazioni giornaliere del flusso di elettroni e del flusso di protoni nei raggi cosmici e di individuare nella loro distribuzione sul lungo periodo tracce dell’influenza dell’attività solare. Se confermato, il risultato consentirà di migliorare la comprensione di tutte le specie di raggi cosmici, aumentando anche la capacità di discriminare eventuali indizi di nuova fisica.

“Il Sole”, spiega Paolo Zuccon, responsabile nazionale INFN di AMS, “tramite il suo campo magnetico, trasportato dal vento solare costituito dal plasma presente nell’eliosfera, influenza la propagazione dei raggi cosmici. Tuttavia, il campo magnetico non è stabile ed è soggetto alle variazioni legate all’attività del Sole, che attraversa ciclicamente fasi di alta intensità, caratterizzate da un grande numero di macchie solari e brillamenti, a fasi a bassa intensità, con un periodo caratteristico di 11 anni. Perciò a seconda della fase del ciclo Solare, ci si si aspetta che l’effetto su elettroni e protoni sia diverso in quanto particelle di carica opposta si propagano in modo differente all’interno della eliosfera”.

Per verificare l’effettiva capacità del Sole nel modulare l’energia e la distribuzione delle particelle cariche dei raggi cosmici, la collaborazione AMS ha preso in esame i dati acquisiti tra il 2011 e il 2022 dal rivelatore, che, grazie alla sua posizione privilegiata sulla Stazione Spaziale Internazionale, alla sua grande dimensione e al campo magnetico sviluppato dal magnete permanete di cui è dotato, è stato in grado di separare e raccogliere la componente rara dei raggi cosmici, quella di carica negativa, da quella preponderante di particelle positive. Una volta effettuata una precisa misura della distribuzione dei flussi delle particelle nel periodo in esame, i ricercatori hanno infine confrontato i risultati con l’andamento dell’attività solare nello stesso temporale. 

“Confrontando il flusso giornaliero di elettroni, per un totale di oltre 200 milioni di elettroni raccolti, e quello di protoni su un ciclo solare completo di undici anni è possibile capire come il sole influenzi differentemente i raggi cosmici di carica positiva, i protoni, e quelli carica negativa negativa, come gli elettroni. Non solo si è osservato un ciclo di isteresi tra il flusso di elettroni e il flusso di protoni, ovvero un’indicazione del fatto che i flussi potrebbero essere stati influenzati da proprietà precedenti al momento dell’osservazione, ma si sono potute osservare strutture a scale temporali più ridotte, tutte informazioni che daranno la possibilità di comprendere meglio l’eliosfera e il Sole. Avere una modello accurato della dipendenza della modulazione solare dalla carica della particella è rilevante per lo studio dello spettro di tutte le specie di raggi cosmici, e permette di capire se esistano deviazioni rilevanti negli spettri che possono indicare della nuova fisica”, conclude Zuccon.

Tra i membri della collaborazione internazionale responsabile di AMS-02, che ha raggiunto la ISS nel 2011, c’è anche l’Italia che, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha svolto un ruolo di primo piano nella progettazione dello strumento, e continua tutt’oggi a supportare le attività di acquisizione e analisi dati. I ricercatori italiani delle sedi INFN e delle Università di Bologna, Milano Bicocca, Perugia, Pisa, Roma Sapienza, Roma Tor Vergata e Trento sono responsabili della realizzazione, del mantenimento e delle operazioni dei principali strumenti di bordo, e partecipano in prima persona all’analisi scientifica dei dati raccolti dallo strumento.

FISICA E ARCHEOLOGIA. SCOPERTA A NAPOLI CAMERA FUNERARIA SOTTERRANEA CON LA RADIOGRAFIA MUONICA

FISICA E ARCHEOLOGIA. SCOPERTA A NAPOLI CAMERA FUNERARIA SOTTERRANEA CON LA RADIOGRAFIA MUONICA

C’è un tesoro nascosto e fisicamente irraggiungibile nel sottosuolo di Napoli. Si tratta delle rovine dell’antica necropoli di Neapolis costruita dai Greci tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. i cui resti si trovano oggi a circa 10 metri sotto l’attuale livello stradale, in corrispondenza del rione Sanità. Purtroppo, l’altissima densità abitativa e le caratteristiche urbanistiche dell’area rendono molto difficile procedere con scavi sistematici, ma le ricerche archeologiche svolte, che avevano condotto anche al rinvenimento degli Ipogei dei Togati e dei Melograni, hanno portato i ricercatori a ipotizzare la presenza di ulteriori monumenti sconosciuti. Come studiare questo patrimonio archeologico sotterraneo senza potervi accedere? La risposta a questa domanda nasce dall’alleanza tra discipline apparentemente lontane: la fisica delle particelle e l’archeologia e arriva da una tecnica chiamata radiografia muonica che, per la sua natura non invasiva, è particolarmente indicata in ambienti urbani dove non è pensabile applicare metodi di indagine attivi come la perforazione o le onde sismiche.

La ricerca

Un gruppo di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Napoli Federico II e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), in collaborazione con l’Università di Nagoya ha utilizzato la radiografia muonica per ispezionare la presenza di possibili cavità nel sottosuolo del rione Sanità di Napoli e ha individuato la presenza di una camera funeraria sotterranea definendone la posizione tridimensionale. La ricerca è pubblicata sulla rivista Scientific Reports di Nature. (Link https://www.nature.com/articles/s41598-023-32626-0).

La radiografia muonica, o muografia, è una tecnica che utilizza i muoni, particelle prodotte nella cascata che segue l’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre, per ricostruire un’immagine della struttura interna di un oggetto. Il principio è simile a quello delle radiografie, con il vantaggio di poter investigare oggetti molto più grandi e distanti dal punto di osservazione, per la maggiore capacità di penetrazione dei muoni rispetto ai raggi X.

Per svolgere questa indagine sono stati impiegati due rivelatori di muoni costituiti da film di emulsioni nucleari, speciali lastre fotografiche che consentono di “fotografare” con grande precisione il passaggio delle particelle che le attraversano, registrandone le traiettorie. I rivelatori sono stati posizionati a circa 18 metri di profondità rispetto al livello stradale, a 2 metri di distanza tra loro, in una antica cantina, utilizzata nel XIX secolo per conservare alimenti. Gli strumenti hanno raccolto dati per circa un mese, catturando circa 10 milioni di muoni, grazie a cui è stato possibile ricostruire una visione stereoscopica degli strati sovrastanti, definendo la posizione tridimensionale di una nuova camera funeraria.

“La prima sfida è stata ideare un rivelatore di muoni compatto con alta risoluzione angolare, trasportabile in un posto angusto e privo di accesso alla rete elettrica”, spiega Giovanni De Lellis dell’Università Federico II e dell’INFN di Napoli, portavoce dell’esperimento SND@LHC al CERN e tra gli ideatori del progetto. “Il rivelatore che abbiamo sviluppato” – continua – “si basa sulle tecnologie che impieghiamo negli esperimenti di fisica subnucleare al CERN, e ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, che studiano le proprietà dei neutrini e ricercano la materia oscura”.

“I muoni prodotti nell’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera penetrano nei palazzi e nella roccia sottostante e possono attraversarla fino a raggiungere i rivelatori. Tuttavia, a seconda della densità e dello spessore della roccia attraversata, una parte di questi muoni viene assorbita”, spiega Valeri Tioukov, ricercatore dell’INFN di Napoli, che ha coordinato il progetto. “Dal numero di muoni che arriva sul rivelatore dalle diverse direzioni è possibile stimare la densità del materiale che hanno attraversato. Abbiamo trovato un eccesso nei dati che si spiega solo con la presenza di una nuova camera funeraria” conclude Tioukov.

La presenza di ulteriori ipogei funerari ipotizzata per tanti anni viene oggi confermata dai risultati della radiografia muonica”, conclude Carlo Leggieri di Celanapoli, associazione che custodisce questo sito promuovendone il recupero e la fruizione.

FISICA E BENI CULTURALI: MACHINA, UN ACCELERATORE COMPATTO PER L’ANALISI DELLE OPERE D’ARTE

FISICA E BENI CULTURALI: MACHINA, UN ACCELERATORE COMPATTO PER L’ANALISI DELLE OPERE D’ARTE

Un acceleratore compatto, portatile e di facile utilizzo per l’analisi di opere d’arte e reperti storici di grandi dimensioni o fragili: un gruppo di ricercatrici e ricercatori del CERN e dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha di recente pubblicato un articolo in cui presenta una panoramica su MACHINA (Movable Accelerator for Cultural Heritage In-situ Non-destructive Analysis), un acceleratore di particelle facilmente trasportabile sviluppato da INFN e CERN, ricostruendo la storia di questo progetto e delineandone lo stato dell’arte poco prima dalla sua entrata in operatività.

Il patrimonio artistico, celebrato oggi 18 aprile con il World Heritage Day, la Giornata Internazionale per i beni culturali, potrà trarre grandi benefici da acceleratori come MACHINA. La caratteristica di questo acceleratore di essere facilmente trasportabile è preziosa per la diagnostica dei beni culturali, perché spostare oggetti fragili e rari come opere d’arte o affreschi, anche su brevi distanze, può essere impegnativo e talvolta impossibile a causa di problemi logistici, economici e di sicurezza.

MACHINA è il prodotto di una collaborazione tra il CERN e l’INFN iniziata nel 2018 ed è basato sulla tecnologia di quadrupolo a radiofrequenza (HF-RFQ) sviluppata al CERN. Nella seconda metà del 2022, l’acceleratore è stato sottoposto a test approfonditi e presto sarà operativo presso il LABEC, il Laboratorio di tecniche nucleari per l’ambiente e i beni culturali dell’INFN e dell’Università di Firenze, dove verranno effettuate le prime misure utilizzando la tecnica detta IBA, Ion Beam Analysis o analisi con fascio di ioni, su campioni di controllo.

L’acceleratore sarà poi trasferito all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, un rinomato centro per il restauro delle opere d’arte, per entrare a far parte delle regolari attività diagnostiche del centro.
Variante alla parte in giallo:
MACHINA sarà utilizzato per analizzare le opere d’arte in modo non distruttivo con le tecniche IBA, rendendo possibile l’esame di una molteplicità di oggetti che altrimenti non potrebbero essere studiati, perché troppo fragili o grandi da spostare. Pur avendo sede nell’Opificio delle Pietre Dure, MACHINA potrà essere ulteriormente trasportato per effettuare misure in situ presso altri musei o siti di conservazione.

Il design compatto di MACHINA, costituito da una cavità accelerante a radiofrequenza di un metro, offre una soluzione portatile che ha un impatto minore, rispetto ai convenzionali acceleratori, sull’ambiente circostante in termini di ingombro, peso. Per la costruzione di MACHINA e del suo sistema di controllo sono stati utilizzati componenti facilmente reperibili sul mercato e alcuni elementi dell’acceleratore sono stati realizzati attraverso la stampa 3D. Inoltre, l’acceleratore è sicuro da un punto di vista radioprotezionistico, grazie a soluzioni che permettono di contenere moltissimo la radiazione prodotta dall’impatto del fascio sui materiali analizzati.

Il progetto è stato realizzato grazie ai finanziamenti del Fondo per il Trasferimento della Conoscenza del CERN e del FISR (Fondi Speciali per la Ricerca del Ministero dell’Università e della Ricerca), con il supporto della rete per i beni culturali CHNet dell’INFN e i contributi dei gruppi di Ingegneria Meccanica e dei Materiali e di Radiofrequenza del CERN.

IL PRIMO PASSO DI EUCLID: DA SAVONA ALLA FLORIDA

IL PRIMO PASSO DI EUCLID: DA SAVONA ALLA FLORIDA

Il 15 aprile Ha iniziato il suo viaggio dal porto di Savona il satellite Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Prossima tappa la rampa di lancio di Cape Canaveral da dove decollerà il prossimo luglio per posizionarsi a circa 1,5 milioni di km da Terra, da dove realizzerà una mappa 3D della posizione di miliardi di galassie, per studiare la materia oscura e l’energia oscura, che costituiscono circa il 96% del contenuto dell’Universo, ma di cui ancora non conosciamo la natura.

L’Italia, attraverso il contributo scientifico e finanziario dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), riveste un ruolo importante in Euclid, avendo partecipato sin dall’inizio alla progettazione e costruzione degli strumenti della missione ed essendo responsabile del coordinamento dell’analisi preliminare dell’enorme mole di dati a terra (Science Ground Segment). Gli istituti scientifici coinvolti nella costruzione degli strumenti e nelle attività scientifiche di preparazione della missione sono l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Università di Bologna, l’Università di Milano, l’Università di Genova, l’Università degli Studi Roma Tre, l’Università di Ferrara, l’Università di Trieste, la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, il Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali di Padova. Di particolare rilevanza anche il contributo delle industrie italiane di settore, impegnate in prima linea in tutte le fasi della realizzazione di Euclid. Tra queste, Thales Alenia Space, azienda capofila per la costruzione del satellite e del suo modulo di servizio, e responsabile del suo trasferimento a Cape Canaveral, la OHB Italia di Milano, la SAB Aerospace S.r.L. di Benevento e la TEMIS S.r.L. di Milano e, per il Science Data Center italiano, la ALTEC di Torino.

Euclid è una missione europea, costruita e gestita dall’ESA, con il contributo della NASA. Selezionata dall’ESA nel 2011, è stata formalmente adottata nel programma scientifico dell’agenzia nel 2012. Il Consorzio Euclid, composto da oltre 2000 scienziati provenienti da 300 istituti di 13 paesi europei, e di Stati Uniti, Canada e Giappone, ha fornito gli strumenti scientifici e l’analisi dei dati scientifici.

Ad oggi gli studi cosmologici confermano che l’universo è in espansione accelerata e uno degli scopi di Euclid sarà capire quale siano la natura e le proprietà dell’energia oscura, sorgente responsabile di questa accelerazione e tutt’ora ignota. L’energia oscura rappresenta da sola circa il 70% dell’attuale contenuto energetico del cosmo. Insieme con la materia oscura, che non emette luce ma di cui si può dedurre la presenza attraverso l’interazione gravitazionale con la materia ordinaria, l’energia oscura controlla l’evoluzione passata, presente e futura dell’universo. Le osservazioni di Euclid esploreranno quindi come l’universo sia evoluto negli ultimi dieci miliardi di anni, rispondendo a domande fondamentali sul funzionamento della gravità, sulla fisica dell’universo primordiale e sulle condizioni iniziali da cui hanno avuto origine le strutture cosmiche che oggi osserviamo.

Il satellite Euclid, che sarà messo in orbita con un razzo Falcon 9 di Space X, è composto da un telescopio di 1,2 m di diametro ed è dotato di due strumenti scientifici in grado di compiere osservazioni complementari: una fotocamera da 610 megapixel che opera nelle lunghezze d’onda del visibile (VIS – VISibile imager) e uno spettro-fotometro nel vicino infrarosso (NISP – Near Infrared Spectrometer and Photometer). I due strumenti consentiranno, rispettivamente, di misurare con elevata precisione la distribuzione della materia, sia quella ordinaria che quella oscura, mettendo alla prova le equazioni che governano l’evoluzione dell’universo e gli effetti della gravità su grandissima scala. Queste misure avranno anche un grande impatto sulla fisica delle particelle, in particolare nella comprensione di una delle particelle più sfuggenti dell’universo, il neutrino.

Il contributo INFN

L’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è membro del consorzio Euclid, missione approvata nel 2012 dall’Agenzia Spaziale Italiana con l’obiettivo di eseguire misure molto accurate per studi sull’evoluzione dell’universo e delle sue strutture a larga scala, per comprendere la natura dell’energia oscura e capire se questa sia dovuta a una nuova forza o a un comportamento differente della gravità su scala cosmica. A tal fine, Euclid sarà dotato di un telescopio con uno specchio di 1,2 metri di diametro che fornirà immagini nitide su un campo visivo molto ampio, pari a 0,5 gradi quadrati (circa 180 volte quello dell’Hubble Space Telescope). Le immagini raccolte dal telescopio saranno memorizzate per mezzo di due “macchine fotografiche” estremamente sofisticate. La prima sensibile alla luce visibile (VIS), che con 36 sensori per un totale di 600 milioni di pixel misurerà con estrema accuratezza la forma delle galassie. Il secondo strumento sarà invece sensibile alla luce infrarossa per misurare, attraverso uno spettrometro e un fotometro (NISP), lo spostamento della luce verso il rosso (redshift) causato dall’espansione dell’universo.

L’INFN è attualmente coinvolto nella missione con 70 ricercatori (su un totale di circa 350 italiani) delle Sezioni di Bologna, Ferrara, Genova, Lecce, Milano, Padova, Roma e Torino.

L’INFN è entrato nel progetto nel 2015 su iniziativa delle Sezioni di Padova e Bologna, con circa 10 ricercatori, occupandosi della cosiddetta “warm electronics” del rivelatore NISP e approntando il funzionamento di due oggetti specifici, la Data Processing Unit (DPU) e la Instrument Control Unit (ICU).

Il contributo INFN si è successivamente esteso con la partecipazione di ricercatrici e ricercatori alle attività a supporto della produzione dei dati scientifici. In particolare, l’INFN fornirà alla componente italiana della missione, parte delle risorse di calcolo necessarie per l’analisi dati, a cui anche i ricercatori INFN prenderanno parte, e per le simulazioni dei risultati scientifici che saranno ottenuti.

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ADDIO A ETTORE FIORINI

ADDIO A ETTORE FIORINI

Il 9 aprile è scomparso Ettore Fiorini, scienziato di fama internazionale, che con le sue intuizioni, i suoi progetti e il suo impegno, ha contribuito significativamente alla storia istituzionale e scientifica dell’INFN. Ricercatore associato all’INFN, per cui ha diretto la Sezione di Milano, professore emerito all’Università di Milano Bicocca, dove è stato tra i fondatori del Dipartimenti di Fisica e della Sezione INFN, membro nazionale dell’Accademia dei Lincei, Fiorini nel corso di una carriera quarantennale ha fornito contributi fondamentali alla fisica sperimentale e alla crescita e allo sviluppo delle attività di ricerca dell’INFN in veste di promotore e responsabile di importanti esperimenti, in particolare per lo studio e la comprensione delle interazioni deboli e dei neutrini.

“Ci lascia un grande protagonista della fisica e della storia dell’INFN”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. “Grazie alla sua intelligenza, competenza e passione, Ettore, nel corso della sua lunga carriera, ha infatti saputo fornire l’impulso per lo sviluppo di soluzioni sperimentali innovative, e inaugurare linee ricerca su cui la comunità internazionale della fisica è oggi impegnata, a riprova di una capacità non comune di individuare approcci sperimentali promettenti ed efficaci e soprattutto di precorrere i tempi”.

“Dotato di una simpatia e di un garbo squisiti oltre che di una grande intelligenza, Ettore è certamente una leggenda nel mondo della scienza. Con lui perdiamo un padre della fisica italiana che ha cresciuto molte generazioni di scienziati che portano avanti la sua eredità”, commenta Oliviero Cremonesi, presidente della Commissione 2 dell’INFN. “Ettore aveva uno sguardo capace di andare oltre le contingenze immediate e riusciva a intuire la portata di un esperimento anche a livello di impatto sul grande pubblico. Mancheranno la sua guida, le sue battute, gli aneddoti e la sua proverbiale intuizione di fisico sperimentale. Come spesso amava ricordare lui stesso citando Anton Cechov: dei compagni della nostra vita quando ci lasciano non dobbiamo dire ‘non ci sono più’, ma con riconoscenza ‘ci sono stati’”.

“Ettore è stato per molti un collega, un maestro, un amico”, aggiunge Sandra Malvezzi, Direttrice della Sezione INFN di Milano Bicocca. “Professore a Milano Statale e quindi a Milano Bicocca, ha ricoperto cariche istituzionali di alto livello sia universitarie che nell’INFN. Senza di lui la Sezione INFN di Milano Bicocca non esisterebbe. Fisico illustre, lascia un’impronta e un’eredità importante nella nostra comunità. Detentore della ‘vita vissuta’ della ricerca in fisica delle particelle nei decenni, ha contribuito in prima persona alla crescita della fisica astropartcellare, i cui sviluppi non ha mai smesso di seguire con passione.”

“Ettore Fiorini è stato un grande scienziato: un gigante della fisica sperimentale”, sottolinea Ezio Previtali, direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso INFN. “Tra i molteplici e variegati contributi che ha dato alla ricerca scientifica mi piace ricordare che è stato uno degli iniziatori della fisica ‘underground’, strenuo sostenitore dei LNGS, che ha contribuito a far nascere e sviluppare. Ho avuto l’onore e il piacere di percorrere con lui un lungo tratto di strada, non solo studiando la fisica delle particelle, ma anche analizzando aspetti che solo lui sapeva individuare: dal piombo romano alla morte di Napoleone Bonaparte. In tal senso Ettore è stato un antesignano della ricerca scientifica multidisciplinare. Mi mancheranno i suoi racconti romanzati, gli aneddoti e tutte le discussioni, scientifiche e non, che sapeva sempre stimolare. Caro Ettore, buon viaggio e grazie di tutto.

Nato a Verona il 19 aprile 1933, dopo la laurea, conseguita a Milano sotto la supervisione di Giovanni Polvani, Ettore Fiorini si interessa sin da subito alle tematiche di ricerca che contraddistingueranno la sua intera carriera, dedicandosi alle misure della radiazione cosmica in alta montagna e del doppio decadimento beta senza emissioni di neutrini, di cui è uno dei precursori oltre che padre della tecnica dei diodi a Germanio. Gli anni successivi lo vedono impegnato in esperienze condotte mediante la nuova tecnica delle camere a bolle, che gli consentiranno di diventare uno dei protagonisti della collaborazione Gargamelle del CERN, responsabile della scoperta delle interazioni deboli neutre nel 1973.

A seguito dell’importante risultato conseguito con Gargamelle, l’instancabile curiosità di Fiorini si rivolge verso questioni legate alla verifica sperimentalmente di alcune proprietà fondamentali della natura, come il numero leptonico e quello barionico, la carica elettrica o la stabilità di elettroni e nucleoni. Propone così un esperimento ai Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN per cercare la violazione della parità nei nuclei e, negli stessi anni è a capo di una collaborazione internazionale per la realizzazione di un esperimento per la ricerca del decadimento del nucleone: NUSEX, nel traforo del Monte Bianco, uno dei primi esperimenti condotti sottoterra. Consapevole dei vantaggi derivanti dalla possibilità di condurre le attività sperimentali per lo studio di eventi rari e dei neutrini sottoterra, al riparo dal rumore prodotto dalla costante pioggia di raggi cosmici che colpisce la superficie terrestre, nel 1979 si fa inoltre portavoce del progetto per la realizzazione dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, occupandosi di una campagna di misure di caratterizzazione del sito, mentre ancora il laboratorio è in fase di scavo.

L’inizio delle ricerche all’interno Laboratori del Gran Sasso vede Ettore Fiorini e il suo gruppo di lavoro impegnati in GALLEX, importante esperimento dedicato alla misura dei neutrini solari, conclusosi con la prima dimostrazione sperimentale dei meccanismi di produzione di energia nel Sole. Negli stessi anni è inoltre il fautore di una proposta che prevede lo sviluppo e l’utilizzo di rivelatori a bassissima temperatura per lo studio del doppio decadimento beta senza emissione di neutrini, la ricerca di materia oscura e la misura diretta della massa del neutrino, che si concretizzerà con la nascita di due linee di ricerca separate, una per lo sviluppo di bolometri di grande massa per lo studio del doppio decadimento beta, l’altra per la realizzazione di microbolometri per la determinazione della massa del neutrino. In questo contesto, è sempre Fiorini a proporre nel 1998 la realizzazione di CUORE, esperimento per la misura del doppio decadimento beta in presa dati dal 2017 ai Laboratori del Gran Sasso. 

Negli ultimi anni della sua attività Fiorini ha coltivato la passione per l’archeometria, nata con il recupero di oltre mille lingotti di piombo antico di epoca romana, ritrovati da un subacqueo alla fine degli anni ‘80 al largo dell’isola di Mal di Ventre in Sardegna. È proprio grazie all’intuizione e all’intervento di Fiorini che i lingotti rinvenuti, alla luce del loro basso contenuto di radioattività, sono stati successivamente impiegati per la realizzazione di esperimenti di fisica degli eventi rari, in particolare per la schermatura proprio dell’esperimento CUORE. A questa esperienza farà seguito una serie di attività a cavallo tra ricerca storiografica e fisica, come quella riguardante lo studio sui capelli di Napoleone e di suoi coevi, per stabilire se l’imperatore fosse stato o meno avvelenato con l’arsenico, o come le misure dei rapporti isotopici del piombo per stabilire la provenienza di reperti archeologici del sito nuragico di Sant’Imbenia.

ANTONIO ZOCCOLI DESIGNATO DAL CD ALLA PRESIDENZA DELL’INFN PER IL SECONDO MANDATO

ANTONIO ZOCCOLI DESIGNATO DAL CD ALLA PRESIDENZA DELL’INFN PER IL SECONDO MANDATO

Il Consiglio Direttivo dell’INFN ha designato Antonio Zoccoli come Presidente dell’Istituto per il secondo mandato, all’unanimità con 32 votanti nel corso della riunione di direttivo dello scorso 31 marzo. L’esito della procedura di designazione è stato inviato al Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, per la nomina.

Antonio Zoccoli è presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) dal luglio 2019. Nato a Bologna nel 1961, Zoccoli si è laureato in fisica all’Università degli Studi di Bologna, dove oggi è professore ordinario di fisica sperimentale. Ricercatore associato della Sezione INFN di Bologna, di cui è stato Direttore dal 2006 al 2011. Dal 2011 alla sua elezione alla Presidenza dell’Ente, è stato membro della Giunta Esecutiva dell’INFN, di cui è stato anche vicepresidente. Nel corso della sua carriera scientifica, è sempre stato attivo nel campo sperimentale della fisica fondamentale, nucleare e subnucleare. È stato dapprima membro delle collaborazioni Muon Catalysed Fusion al Rutherforf Lab (UK) e OBELIX al CERN di Ginevra, successivamente ha partecipato all’esperimento HERA-B al laboratorio DESY di Amburgo, e dal 2005 è membro della collaborazione ATLAS al CERN che, insieme alla collaborazione CMS, ha annunciato la prima osservazione del bosone di Higgs nel luglio 2012. Zoccoli è coautore di più di 1000 pubblicazioni scientifiche e tecniche su riviste internazionali.
Dal giugno 2021 è presidente della CONPER, la Consulta dei Presidenti degli Enti pubblici di Ricerca, dal luglio 2022 è presidente della Fondazione ICSC che gestirà il Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, previsto dal PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Molto attivo anche nel campo della divulgazione scientifica, è presidente onorario della Fondazione Giuseppe Occhialini per la diffusione della cultura della fisica.