ADDIO A ETTORE FIORINI

ADDIO A ETTORE FIORINI

Il 9 aprile è scomparso Ettore Fiorini, scienziato di fama internazionale, che con le sue intuizioni, i suoi progetti e il suo impegno, ha contribuito significativamente alla storia istituzionale e scientifica dell’INFN. Ricercatore associato all’INFN, per cui ha diretto la Sezione di Milano, professore emerito all’Università di Milano Bicocca, dove è stato tra i fondatori del Dipartimenti di Fisica e della Sezione INFN, membro nazionale dell’Accademia dei Lincei, Fiorini nel corso di una carriera quarantennale ha fornito contributi fondamentali alla fisica sperimentale e alla crescita e allo sviluppo delle attività di ricerca dell’INFN in veste di promotore e responsabile di importanti esperimenti, in particolare per lo studio e la comprensione delle interazioni deboli e dei neutrini.

“Ci lascia un grande protagonista della fisica e della storia dell’INFN”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. “Grazie alla sua intelligenza, competenza e passione, Ettore, nel corso della sua lunga carriera, ha infatti saputo fornire l’impulso per lo sviluppo di soluzioni sperimentali innovative, e inaugurare linee ricerca su cui la comunità internazionale della fisica è oggi impegnata, a riprova di una capacità non comune di individuare approcci sperimentali promettenti ed efficaci e soprattutto di precorrere i tempi”.

“Dotato di una simpatia e di un garbo squisiti oltre che di una grande intelligenza, Ettore è certamente una leggenda nel mondo della scienza. Con lui perdiamo un padre della fisica italiana che ha cresciuto molte generazioni di scienziati che portano avanti la sua eredità”, commenta Oliviero Cremonesi, presidente della Commissione 2 dell’INFN. “Ettore aveva uno sguardo capace di andare oltre le contingenze immediate e riusciva a intuire la portata di un esperimento anche a livello di impatto sul grande pubblico. Mancheranno la sua guida, le sue battute, gli aneddoti e la sua proverbiale intuizione di fisico sperimentale. Come spesso amava ricordare lui stesso citando Anton Cechov: dei compagni della nostra vita quando ci lasciano non dobbiamo dire ‘non ci sono più’, ma con riconoscenza ‘ci sono stati’”.

“Ettore è stato per molti un collega, un maestro, un amico”, aggiunge Sandra Malvezzi, Direttrice della Sezione INFN di Milano Bicocca. “Professore a Milano Statale e quindi a Milano Bicocca, ha ricoperto cariche istituzionali di alto livello sia universitarie che nell’INFN. Senza di lui la Sezione INFN di Milano Bicocca non esisterebbe. Fisico illustre, lascia un’impronta e un’eredità importante nella nostra comunità. Detentore della ‘vita vissuta’ della ricerca in fisica delle particelle nei decenni, ha contribuito in prima persona alla crescita della fisica astropartcellare, i cui sviluppi non ha mai smesso di seguire con passione.”

“Ettore Fiorini è stato un grande scienziato: un gigante della fisica sperimentale”, sottolinea Ezio Previtali, direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso INFN. “Tra i molteplici e variegati contributi che ha dato alla ricerca scientifica mi piace ricordare che è stato uno degli iniziatori della fisica ‘underground’, strenuo sostenitore dei LNGS, che ha contribuito a far nascere e sviluppare. Ho avuto l’onore e il piacere di percorrere con lui un lungo tratto di strada, non solo studiando la fisica delle particelle, ma anche analizzando aspetti che solo lui sapeva individuare: dal piombo romano alla morte di Napoleone Bonaparte. In tal senso Ettore è stato un antesignano della ricerca scientifica multidisciplinare. Mi mancheranno i suoi racconti romanzati, gli aneddoti e tutte le discussioni, scientifiche e non, che sapeva sempre stimolare. Caro Ettore, buon viaggio e grazie di tutto.

Nato a Verona il 19 aprile 1933, dopo la laurea, conseguita a Milano sotto la supervisione di Giovanni Polvani, Ettore Fiorini si interessa sin da subito alle tematiche di ricerca che contraddistingueranno la sua intera carriera, dedicandosi alle misure della radiazione cosmica in alta montagna e del doppio decadimento beta senza emissioni di neutrini, di cui è uno dei precursori oltre che padre della tecnica dei diodi a Germanio. Gli anni successivi lo vedono impegnato in esperienze condotte mediante la nuova tecnica delle camere a bolle, che gli consentiranno di diventare uno dei protagonisti della collaborazione Gargamelle del CERN, responsabile della scoperta delle interazioni deboli neutre nel 1973.

A seguito dell’importante risultato conseguito con Gargamelle, l’instancabile curiosità di Fiorini si rivolge verso questioni legate alla verifica sperimentalmente di alcune proprietà fondamentali della natura, come il numero leptonico e quello barionico, la carica elettrica o la stabilità di elettroni e nucleoni. Propone così un esperimento ai Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN per cercare la violazione della parità nei nuclei e, negli stessi anni è a capo di una collaborazione internazionale per la realizzazione di un esperimento per la ricerca del decadimento del nucleone: NUSEX, nel traforo del Monte Bianco, uno dei primi esperimenti condotti sottoterra. Consapevole dei vantaggi derivanti dalla possibilità di condurre le attività sperimentali per lo studio di eventi rari e dei neutrini sottoterra, al riparo dal rumore prodotto dalla costante pioggia di raggi cosmici che colpisce la superficie terrestre, nel 1979 si fa inoltre portavoce del progetto per la realizzazione dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, occupandosi di una campagna di misure di caratterizzazione del sito, mentre ancora il laboratorio è in fase di scavo.

L’inizio delle ricerche all’interno Laboratori del Gran Sasso vede Ettore Fiorini e il suo gruppo di lavoro impegnati in GALLEX, importante esperimento dedicato alla misura dei neutrini solari, conclusosi con la prima dimostrazione sperimentale dei meccanismi di produzione di energia nel Sole. Negli stessi anni è inoltre il fautore di una proposta che prevede lo sviluppo e l’utilizzo di rivelatori a bassissima temperatura per lo studio del doppio decadimento beta senza emissione di neutrini, la ricerca di materia oscura e la misura diretta della massa del neutrino, che si concretizzerà con la nascita di due linee di ricerca separate, una per lo sviluppo di bolometri di grande massa per lo studio del doppio decadimento beta, l’altra per la realizzazione di microbolometri per la determinazione della massa del neutrino. In questo contesto, è sempre Fiorini a proporre nel 1998 la realizzazione di CUORE, esperimento per la misura del doppio decadimento beta in presa dati dal 2017 ai Laboratori del Gran Sasso. 

Negli ultimi anni della sua attività Fiorini ha coltivato la passione per l’archeometria, nata con il recupero di oltre mille lingotti di piombo antico di epoca romana, ritrovati da un subacqueo alla fine degli anni ‘80 al largo dell’isola di Mal di Ventre in Sardegna. È proprio grazie all’intuizione e all’intervento di Fiorini che i lingotti rinvenuti, alla luce del loro basso contenuto di radioattività, sono stati successivamente impiegati per la realizzazione di esperimenti di fisica degli eventi rari, in particolare per la schermatura proprio dell’esperimento CUORE. A questa esperienza farà seguito una serie di attività a cavallo tra ricerca storiografica e fisica, come quella riguardante lo studio sui capelli di Napoleone e di suoi coevi, per stabilire se l’imperatore fosse stato o meno avvelenato con l’arsenico, o come le misure dei rapporti isotopici del piombo per stabilire la provenienza di reperti archeologici del sito nuragico di Sant’Imbenia.

ANTONIO ZOCCOLI DESIGNATO DAL CD ALLA PRESIDENZA DELL’INFN PER IL SECONDO MANDATO

ANTONIO ZOCCOLI DESIGNATO DAL CD ALLA PRESIDENZA DELL’INFN PER IL SECONDO MANDATO

Il Consiglio Direttivo dell’INFN ha designato Antonio Zoccoli come Presidente dell’Istituto per il secondo mandato, all’unanimità con 32 votanti nel corso della riunione di direttivo dello scorso 31 marzo. L’esito della procedura di designazione è stato inviato al Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, per la nomina.

Antonio Zoccoli è presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) dal luglio 2019. Nato a Bologna nel 1961, Zoccoli si è laureato in fisica all’Università degli Studi di Bologna, dove oggi è professore ordinario di fisica sperimentale. Ricercatore associato della Sezione INFN di Bologna, di cui è stato Direttore dal 2006 al 2011. Dal 2011 alla sua elezione alla Presidenza dell’Ente, è stato membro della Giunta Esecutiva dell’INFN, di cui è stato anche vicepresidente. Nel corso della sua carriera scientifica, è sempre stato attivo nel campo sperimentale della fisica fondamentale, nucleare e subnucleare. È stato dapprima membro delle collaborazioni Muon Catalysed Fusion al Rutherforf Lab (UK) e OBELIX al CERN di Ginevra, successivamente ha partecipato all’esperimento HERA-B al laboratorio DESY di Amburgo, e dal 2005 è membro della collaborazione ATLAS al CERN che, insieme alla collaborazione CMS, ha annunciato la prima osservazione del bosone di Higgs nel luglio 2012. Zoccoli è coautore di più di 1000 pubblicazioni scientifiche e tecniche su riviste internazionali.
Dal giugno 2021 è presidente della CONPER, la Consulta dei Presidenti degli Enti pubblici di Ricerca, dal luglio 2022 è presidente della Fondazione ICSC che gestirà il Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, previsto dal PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Molto attivo anche nel campo della divulgazione scientifica, è presidente onorario della Fondazione Giuseppe Occhialini per la diffusione della cultura della fisica.

VIRGO: UN MESSAGGIO IN CODICE DA UNA GALASSIA REMOTA IN UN’ONDA GRAVITAZIONALE

VIRGO: UN MESSAGGIO IN CODICE DA UNA GALASSIA REMOTA IN UN’ONDA GRAVITAZIONALE

L’esperimento VIRGO ha osservato un insolito segnale di onde gravitazionali da una galassia lontana cento milioni di anni luce da noi che, secondo l’analisi dei dati, potrebbe nascondere un messaggio in codice. Il risultato è stato ottenuto in collaborazione con un gruppo di ricercatori e ricercatrici della A. P. Physh University, che studiano da tempo la possibilità di inserire informazioni criptate in segnali gravitazionali e di trasferirle nello spazio senza distorsioni.
Il segnale, GW230401, non è risultato compatibile con nessuna delle sorgenti gravitazionali ad oggi osservabili da VIRGO, come la fusione di stelle di neutroni o buchi neri. “Quando siamo stati contattati dalla collaborazione VIRGO, eravamo sicuri che gli scienziati della collaborazione avessero preso un abbaglio,” commenta Calvin O. Ethalon, a guida del gruppo della Physh University. “Tuttavia, appena abbiamo visto i risultati delle procedure di filtraggio sui diagrammi ampiezza-tempo dell’evento GW230401, siamo rimasti sbalorditi: nel grafico erano presenti delle tracce compatibili con i segnali di onde gravitazionali con informazione codificata, simili a quelli che il nostro gruppo di ricerca sta cercando di creare da anni.”
Le insolite tracce nel diagramma ampiezza-tempo non corrispondono a nessun tipico segnale gravitazionale osservato fino ad ora. Date queste insolite caratteristiche, il gruppo di ricerca della Physh University ha quindi deciso di analizzare diagrammi tempo-frequenza messi a disposizione da VIRGO, incrementando il rapporto segnale-rumore tramite l’impiego di tecniche di machine learning. La nuova analisi ha dipanato ogni dubbio. “Il segnale” racconta Calvin O. Ethalon “nascondeva un messaggio cifrato, che nel giro di qualche settimana, con l’aiuto di esperti decodificatori siamo riusciti a interpretare”. Prosegue Ethalon: “Anche, se in casi come questo devono guidarci una grande prudenza e un rigoroso approccio scientifico, sembrerebbe che l’informazione codificata corrisponda al messaggio TI HO VISTO”.

Il segnale, proveniente dalla direzione della costellazione dei Pesci, ha viaggiato cento milioni di anni prima di raggiungere la Terra dalla remota galassia da cui è stato inviato. “Questa incredibile scoperta, se confermata, aprirebbe la strada allo studio di analoghe tecniche di codifica e trasmissione dei segnali dalla Terra, con l’augurio che un’eventuale forma di vita intelligente, che potrebbe averci inviato questo messaggio cento milioni di anni fa, non abbia visto aspetti troppo sconvenienti del nostro passato e abbia piacere di dialogare con il nostro futuro,” conclude Calvin O. Ethalon.

Virgo è un interferometro laser con due bracci di 3 chilometri, distesi nella campagna vicino Pisa, costruito per rivelare le onde gravitazionali: oscillazioni dello spazio-tempo previste da Einstein più di un secolo fa. Virgo è attualmente uno dei tre più grandi e sensibili rivelatori di onde gravitazionali al mondo, insieme ai due interferometri statunitensi LIGO, coi quali opera congiuntamente dal 2017. La Collaborazione Scientifica Virgo è costituita da oltre 700 scienziati di 15 Paesi e assieme alle Collaborazioni LIGO e KAGRA costituisce la più ampia Collaborazione LIGO – Virgo – KAGRA, che conta oltre 2000 membri.
Virgo è ospitato all’interno di EGO, L’Osservatorio Gravitazionale Europeo, un’istituzione di ricerca internazionale finanziata dal francese CNRS – Centre National de la Recherche Scientifique e dall’italiano INFN e dall’istituto olandese NIKhef, Dutch National Institute for Subatomic Physics.

IL LAMPO GAMMA PIÙ LUMINOSO DI TUTTI I TEMPI

IL LAMPO GAMMA PIÙ LUMINOSO DI TUTTI I TEMPI

Il potente lampo di raggi gamma scoperto il 9 ottobre 2022 è un evento estremamente raro, che si verifica una volta ogni 10mila anni. Le osservazioni, realizzate da telescopi nello spazio e a terra con forte coinvolgimento italiano, saranno determinanti per comprendere le colossali esplosioni da cui hanno origine i lampi gamma. L’annuncio oggi durante una conferenza stampa presso il meeting della High Energy Astrophysics Division della American Astronomical Society, alle Hawaii, in occasione della pubblicazione dei primi risultati, che vedono la partecipazione di numerosi team di ricerca dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e Agenzia Spaziale Italiana

Il 9 ottobre 2022, numerosi telescopi spaziali in orbita attorno alla Terra e sonde operanti in diverse aree del Sistema solare hanno rivelato un forte impulso di radiazione ad altissima energia, seguita da un’emissione prolungata su tutto lo spettro elettromagnetico. La sorgente era un lampo di raggi gamma (gamma ray burst, GRB), una delle esplosioni più potenti dell’universo, così eccezionale da guadagnarsi subito il soprannome di “BOAT” dall’inglese “Brightest Of All Time”, ovvero “il più luminoso di tutti i tempi”.

Chiamato correntemente GRB 221009A, il lampo è stato rivelato per la prima volta dal Fermi Gamma-Ray Space Telescope della NASA, che vede un fondamentale contributo dell’Italia attraverso l’Agenzia spaziale italiana (ASI), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), mentre il primo a dare l’annuncio è stato il satellite Neil Gehrels Swift Observatory, sempre della NASA, anch’esso con una forte partecipazione italiana attraverso ASI e INAF. Inizialmente si riteneva che la sua sorgente potesse trovarsi nella nostra galassia, la Via Lattea, ma ulteriori dati raccolti da Swift e Fermi e dal satellite INTEGRAL dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno indicato un’origine molto più lontana. Grazie alle osservazioni realizzate poche ore dopo con lo strumento X-Shooter sul Very Large Telescope dell’ESO, in Cile, si è potuta finalmente identificare la sorgente del GRB: una galassia a circa 2 miliardi di anni-luce da noi. Si tratta di una distanza ragguardevole dalla Via Lattea ma relativamente vicina se si considerano le immense scale cosmiche. È il GRB più intenso di cui sia mai stata misurata la luminosità, e il più luminoso mai visto dalla Terra nei 55 anni da quando i primi satelliti per lo studio dei raggi gamma sono stati messi in orbita. È inoltre uno dei più vicini mai osservati tra i GRB lunghi, quelli la cui emissione iniziale dura più di 2 secondi.

Marco Tavani, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, dichiara: “Il lampo gamma cosmico GRB 221009A è un evento a dir poco eccezionale per vari motivi. Prima di tutto, per la sua intrinseca potenza, durata e straordinaria intensità; ma anche per il fatto che si sia verificato, in termini cosmici, relativamente vicino alla Terra. Una combinazione rara, che non ha eguali tra i lampi gamma cosmici osservati negli ultimi decenni. La radiazione X e gamma delle prime fasi di GRB 221009A, e di seguito quella radio, ottica e X nella fase di emissione ritardata, è stata rivelata da diversi telescopi da terra e dallo spazio in cui l’Istituto Nazionale di Astrofisica è fortemente coinvolto se non primo attore. I telescopi utilizzati nello studio di questo GRB sono equipaggiati con strumenti all’avanguardia per poter catturare la radiazione dalla sorgente associata a GRB 221009A, analizzarla e comprendere i dettagli della poderosa esplosione da cui ha avuto origine. Il lavoro delle nostre ricercatrici e dei nostri ricercatori, che hanno guidato diversi studi sin dalle prime fasi di GRB 221009A, è stato fondamentale per caratterizzare questo peculiare lampo gamma cosmico e coglierne a pieno le sue potenzialità per la comprensione dei fenomeni più energetici dell’Universo che portano alla formazione delle stelle di neutroni e dei buchi neri”.

L’analisi dei dati, confrontati con quelli di circa 7mila GRB osservati nei decenni passati con il telescopio spaziale Fermi e lo strumento russo Konus a bordo del satellite NASA Wind, ha permesso di stimare la frequenza con cui si verifica un evento così luminoso e relativamente vicino: una volta ogni 10mila anni. Il lampo era così luminoso che ha letteralmente accecato la maggior parte degli osservatori spaziali a raggi gamma, che non hanno potuto misurare la reale intensità dell’emissione. Dopo aver ricostruito i dati mancanti di Fermi e grazie al confronto con i risultati del team russo che lavora sui dati Konus e con i team cinesi che analizzano le osservazioni del rivelatore GECAM-C a bordo del satellite SATech-01 e degli strumenti a bordo dell’osservatorio Insight-HXMT, si è dimostrato che l’esplosione è stata 70 volte più luminosa di qualsiasi altra mai vista. 

L’evento è stato così brillante che la sua radiazione residua, il cosiddetto afterglow, è ancora visibile e rimarrà tale per molto tempo. I risultati sono stati presentati oggi durante il meeting della High Energy Astrophysics Division della American Astronomical Society a Waikoloa, Hawaii. Gli articoli che presentano i risultati sono stati pubblicati in un numero speciale della rivista The Astrophysical Journal Letters e su Astronomy & Astrophysics.

Hanno osservato il GRB anche lo strumento NICER a bordo della Stazione spaziale internazionale, il telescopio spaziale NuSTAR della NASA, la sonda Voyager 1 che esplora lo spazio interstellare, il satellite italiano AGILE, realizzato dall’ASI con il contributo di INAF e INFN, e diversi satelliti dell’ESA, tutti con importanti contributi italiani: dai telescopi spaziali XMM-Newton e INTEGRAL alle sonde Solar Orbiter e BepiColombo fino al satellite Gaia. INTEGRAL, trovandosi in posizione ottimale, ne ha registrato sia l’emissione immediata sia l’afterglow con un’accuratezza senza precedenti. Gli scienziati ritengono che i GRB lunghi, come questo, derivino dal collasso del nucleo di una stella massiccia e la conseguente nascita di un buco nero, che emette getti di particelle ad altissima energia in direzioni opposte mentre ingurgita la materia circostante. Osservare l’afterglow del GRB, causato proprio da questi getti bipolari, ha permesso di testare i diversi modelli teorici che descrivono i processi fisici in atto nelle fasi iniziali dell’esplosione.

“Si tratta di una scoperta importante – commenta il presidente dell’ASI Giorgio Saccoccia – resa possibile anche grazie al contribuito di tutte le sonde come Fermi, Swift, INTEGRAL, AGILE, NuSTAR, IXPE, XMM, Solar Orbiter, Bepi Colombo, Gaia e CSES. Satelliti in orbita a cui ASI ha dato il suo contributo. Il merito va anche al nostro Space Science Data Center (SSDC) che mette da diverso tempo a fattor comune i dati scientifici provenienti da tutte queste missioni che hanno a bordo strumentazioni fornite da ASI. Questa visione multidisciplinare della scienza spaziale rappresenta il percorso vincente per aumentare le competenze italiane nello studio dell’Universo. Si tratta di una forte capacità dell’ASI che, da sempre, lavora insieme all’intera comunità scientifica, per lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia, che consentono di avere una visione dell’Universo più completa”.

Dopo aver viaggiato attraverso lo spazio intergalattico, la radiazione proveniente dal GRB 221009A si è imbattuta nelle nubi di polvere presenti nel mezzo interstellare che permea la nostra galassia, la Via Lattea. Quando i raggi X incontrano la polvere, una parte di essi viene dispersa, creando anelli concentrici che sembrano espandersi verso l’esterno: una sorta di eco luminosa del lampo mentre attraversa la galassia. Il telescopio spaziale XMM-Newton ha fornito un’immagine profonda e dettagliata di 20 anelli, osservando in diversi giorni dopo la scoperta del GRB, mentre il satellite Swift ne ha monitorato l’evoluzione nel tempo. L’anello più distante è sorto dall’impatto con una nube di polvere situata a 61mila anni luce di distanza, dall’altro lato della Via Lattea, mentre il più vicino, visto solo da Swift, si è formato a circa 700 anni luce da noi. Il modo in cui una nube di polvere diffonde i raggi X dipende dalla sua distanza, dalle dimensioni dei granelli di polvere e dall’energia dei raggi X: l’analisi degli anelli creati dal GRB ha permesso di ricostruire parte della sua emissione iniziale a raggi X ma anche la distribuzione e composizione delle nubi di polvere nella nostra galassia. I dati indicano che i granelli di polvere sono composti principalmente da grafite, una forma cristallina del carbonio.

Gli anelli di polvere sono stati rivelati anche dall’osservatorio spaziale IXPE, una collaborazione tra NASA e ASI con un importante contributo di INAF e INFN, che osserva la polarizzazione dei raggi X. Il piccolo grado di polarizzazione misurato da IXPE nella fase di afterglow conferma che uno dei due getti è stato osservato in direzione quasi frontale. Da questo tipo di GRB, gli scienziati si aspettano di osservare anche una supernova poche settimane dopo, che però non è stata rivelata. Uno dei possibili motivi della mancata osservazione potrebbe essere l’attenuazione da parte di spesse nubi di polvere nel piano della Via Lattea. Tuttavia, non ha sortito successo nemmeno la ricerca nell’infrarosso effettuata con il telescopio spaziale James Webb, che ha osservato l’afterglow in contemporanea con il Telescopio Nazionale Galileo (TNG) dell’INAF. Può darsi che la stella fosse così massiccia che, dopo l’esplosione iniziale, abbia immediatamente formato un buco nero che ha inghiottito tutto il materiale circostante, impedendo la formazione di una nube di gas, il cosiddetto resto di supernova.

“Un evento davvero unico per la sua intensità e vicinanza cosmica – spiega Marco Pallavicini, vicepresidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – che conferma il potere diagnostico delle misure di polarizzazione offerte da IXPE e dallo strumento innovativo che INFN ha sviluppato e messo a disposizione della missione, il quale si innesta in una ormai consolidata tradizione di successi ottenuti nell’ambito della realizzazione di rivelatori spaziali di sempre maggiore efficacia e capacità risolutive. Risultati certificati anche dai contributi forniti a molti degli osservatori spaziali, tra cui Fermi e AGILE, protagonisti della caratterizzazione di questo GRB senza precedenti.”

Anche sulla Terra il GRB 221009A ha fatto sentire i suoi effetti, rilasciando nei pochi minuti della sua durata circa un gigawatt di potenza nella porzione superiore della nostra atmosfera, ionizzando fortemente la parte alta della ionosfera su una larga regione geografica centrata sull’India e che ha interessato anche Europa e Asia. L’aumento del flusso di elettroni correlato con il GRB è stato misurato dal rivelatore di particelle cariche HEPP-L a bordo del China Seismo-Electromagnetic Satellite (CSES-01), che vede la partecipazione di ASI e INFN, il quale stava orbitando sopra l’Europa al momento dell’arrivo del GRB.

ELETTI I VERTICI DELLA COLLABORAZIONE SCIENTIFICA EINSTEIN TELESCOPE

ELETTI I VERTICI DELLA COLLABORAZIONE SCIENTIFICA EINSTEIN TELESCOPE

Saranno Michele Punturo, ricercatore INFN della sezione di Perugia, e Harald Lück, ricercatore dell’Università leibniz di Hannover e della Società Max Plank Planck, a ricoprire rispettivamente gli incarichi di coordinatore e di vicecoordinatore della collaborazione scientifica Einstein Telescope. A darne l’annuncio ieri, giovedì 23 marzo, la stessa collaborazione ET, che riunisce università e istituti di ricerca, tra cui l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN, coinvolti nella progettazione e realizzazione di un interferometro gravitazionale europeo di terza generazione, progetto inserito nella Roadmap 2021 di ESFRI European Strategy Forum on Research Infrastructure, il forum strategico europeo che seleziona le grandi infrastrutture di ricerca su cui investire a livello europeo.

Le due nomine confermano le scelte già effettuate nel giugno dello scorso anno dalla collaborazione scientifica internazionale ET, che, contestualmente alla sua nascita, aveva affidato a Michele Punturo e Harald Lück il coordinamento delle attività scientifiche.

Tra i principali compiti che vedranno impegnati nel breve periodo i due portavoce, quelli legati all’organizzazione dei gruppi di lavoro della collaborazione che saranno impegnati in attività di ricerca e sviluppo in diversi ambiti, dallo studio delle tecnologie necessarie a ET, all’infrastruttura di calcolo, dalla scienza osservativa alla caratterizzazione dei siti candidati a ospitare l’osservatorio.

“Siamo onorati di essere stati eletti alla guida della collaborazione”, commentano Michele Punturo e Harald Lück, “La nostra conferma crediamo testimoni l’importanza del lavoro finora svolto da tutta la comunità di Einstein Telescope e fungerà sicuramente da stimolo per intensificare gli sforzi per la realizzazione di Einstein Telescope, che rappresenta una importante opportunità per tutta l’Europa.”

“Grazie al suo design e alle sue tecnologie innovative, ET consentirà infatti di ampliare il numero dei segnali gravitazionali osservabili e di migliorare, congiuntamente alle osservazioni di altri messaggeri astrofisici, la comprensione dei fenomeni e delle sorgenti responsabili della loro emissione, facendo della nuova infrastruttura un centro di riferimento a livello mondiale per la ricerca scientifica e tecnologica in questo promettente settore della fisica fondamentale”, aggiungono Punturo e Lück.

Michele Punturo è dirigente di ricerca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, ha iniziato la sua carriera al CERN, occupandosi di misure dedicate alla verifica della violazione della simmetria CP. Nel 1994 entra a far parte della collaborazione Virgo, contribuendo alla costruzione del primo interferometro gravitazionale europeo. Negli anni successivi ha ricoperto ruoli di responsabilità e coordinamento delle attività legate alle campagne di raccolta dati e aggiornamento di Virgo. Contestualmente, a livello europeo, è stato tra i primi promotori delle iniziative volte alla progettazione e realizzazione di un interferometro gravitazionale europeo di terza generazione, confluite in seguito nell’Einstein Telescope, nell’ambito del quale è stato coordinatore delle commissioni e dei gruppi di lavoro responsabili dell’elaborazione del progetto e della sottomissione della proposta per la sua realizzazione presso la Commissione Europea prima e il Forum europeo per le infrastrutture di ricerca di interesse strategico (ESFRI) poi.   

Harald Lück è Ricercatore dell’istituto per la fisica gravitazionale del Max Plank Planck di Hannover (Albert Einstein Institute), nel periodo 1993-1997, ha contribuito alla progettazione, guidando le attività di realizzazione e in seguito di presa dati, dell’interferometro gravitazionale tedesco GEO600, situato nei pressi di Hannover. A partire dal 2004, insieme a Michele Punturo, ha coordinato il lavoro per lo sviluppo dell’iniziale proposta di un osservatorio gravitazionale di terza generazione e per la sottomissione, nel 2007, del progetto ET presso la Commissione Europea. Negli anni successivi è stato co-responsabile delle attività svolte nell’ambito del progetto e, nel 2021, ha partecipato alla creazione della collaborazione ET.

XENONNT: PRESENTATI I PRIMI RISULTATI SULLA RICERCA DI WIMP

XENONNT: PRESENTATI I PRIMI RISULTATI SULLA RICERCA DI WIMP

Sono stati presentati oggi, mercoledì 22 marzo in un seminario presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, i risultati di XENONnT, l’ultimo rivelatore del progetto XENON dedicato alla ricerca diretta di WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), particelle che rappresentano possibili candidati per la materia oscura. Con una esposizione di poco superiore a una tonnellata-anno, l’analisi dei dati conferma l’elevata sensibilità raggiunta in questa fase dal rivelatore grazie alla riduzione del rumore di fondo. XENONnT quindi ottiene dei nuovi limiti sulla interazione della materia oscura con i nuclei della materia ordinaria. I risultati sono riportati in un articolo sottomesso alla rivista Physical Review Letters e nel preprint già disponibile sul sito di XENON (https://xenonexperiment.org/).

“Con XENONnT abbiamo migliorato i risultati del suo predecessore XENON1T, grazie ad una massa attiva di xenon tre volte più grande e al suo fondo cinque volte più basso, ottenuto con l’utilizzo di nuove tecniche sperimentali come la colonna di distillazione del Radon e il Neutron Veto” annuncia Elena Aprile della Columbia University di New York, portavoce dell’esperimento. 

XENONnT è stato progettato per rivelare la materia oscura con una sensibilità di 10 volte superiore al suo predecessore. Il rivelatore posto nel cuore dell’esperimento è una camera a proiezione temporale con xenon in doppia fase, stato liquido e gassoso, di circa 1.5 m in diametro e altezza, riempita con 5900 kg di xenon ultra-puro mantenuto liquido ad una temperatura di -95 °C, che funge da bersaglio attivo per l’interazione delle particelle di materia oscura. Il tutto è installato al centro di un serbatoio di acqua, utilizzato come schermo attivo per rivelare i muoni e neutroni che potrebbero simulare falsi segnali. Posizionato in una delle sale sperimentali del Laboratorio sotterraneo del Gran Sasso, XENONnT è stato costruito e messo in funzione fra la primavera del 2020 e quella del 2021. I dati che hanno portato a questi risultati sono stati acquisiti tra luglio e novembre 2021. 

Con questi risultati XENONnT migliora i limiti degli esperimenti precedenti, già con un breve tempo di esposizione. XENONnT sta continuando ad acquisire ulteriori dati, in condizioni sperimentali ancora migliori grazie ad un livello di radon ulteriormente ridotto, in modo da poter migliorare la sensibilità alla possibile interazione di WIMP nei prossimi anni.

EINSTEIN TELESCOPE: IL MINISTRO ANNA MARIA BERNINI IN VISITA AL SITO DI SOS ENATTOS

EINSTEIN TELESCOPE: IL MINISTRO ANNA MARIA BERNINI IN VISITA AL SITO DI SOS ENATTOS

Il 20 marzo, il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini si è recata in visita nella ex-miniera di Sos Enattos, in Sardegna nel Nuorese, dove è stata accolta da un’ampia e calorosa partecipazione della comunità locale, con rappresentanti delle istituzioni, della società civile e del personale della miniera, sito italiano candidato a ospitare il progetto scientifico Einstein Telescope, la grande infrastruttura di ricerca per il rivelatore di onde gravitazionali di prossima generazione, riconosciuta dalla roadmap di ESFRI, Lo European Strategy Forum for Research Instrastructures, come infrastruttura strategica a livello europeo.

Nello scenario internazionale, il sito sardo compete attualmente con un altro sito individuato nella regione di confine tra Paesi Bassi, Belgio e Germania. La candidatura del sito sardo può contare come punti di forza sulle caratteristiche del territorio, che garantiscono i bassissimi livelli di rumore sismico e antropico di cui Einstein Telescope ha bisogno, sul largo consenso scientifico e istituzionale a livello nazionale e locale, e sulle competenze della comunità scientifica italiana, grazie all’eccellenza degli Istituti di ricerca e delle Università che partecipano al progetto, e grazie alla tradizione nella ricerca sulle onde gravitazionali, di cui l’INFN è protagonista da oltre cinquant’anni.

“Ringraziamo il Ministro Bernini per la sua visita a Sos Enattos e per la determinazione con cui il Ministero sta sostenendo Einstein Telescope, è fondamentale per la comunità scientifica, e anche per la società civile e le istituzioni locali che credono nel progetto in Sardegna”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. “La candidatura italiana è forte: può contare su alte competenze scientifiche e su un sito che è ideale per ET e unico in Europa. D’altro canto, sappiamo che queste grandi sfide internazionali non si giocano solo sul piano scientifico e tecnico, ma anche su quello istituzionale e politico, e si vincono solo facendo squadra, come stiamo facendo. Non sarà facile, la competizione sarà serrata, ma sappiamo che l’Italia che fa squadra sa arrivare al successo”, conclude Zoccoli.

Attualmente l’ex-miniera di Sos Enattos ospita il laboratorio SAR-GRAV, finanziato dalla Regione Sardegna e nato nell’ambito di un Accordo di Programma tra la Regione Sardegna, l’Università di Sassari, l’INFN, l’INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Università di Cagliari, e l’IGEA spa, società che gestisce la miniera.

La candidatura del sito sardo di Sos Enattos è al centro del progetto ETIC (Einstein Telescope Infrastructure Consortium), finanziato con quasi 50 milioni di euro su fondi PNRR, nell’ambito della Missione 4 coordinata dal MUR. ETIC ha, infatti, tra i suoi obiettivi principali la realizzazione di uno studio di fattibilità e di caratterizzazione del sito della ex-miniera dismessa di Sos Enattos proprio per supportare la candidatura italiana a ospitare ET in Sardegna. Per la realizzazione dei suoi obiettivi, il progetto, guidato dall’INFN, può contare sulle competenze multidisciplinari di INAF Istituto Nazionale di Astrofisica e ASI Agenzia Spaziale Italiana e delle università di Cagliari, Bologna, Padova, Perugia, Roma Tor Vergata, Napoli Federico II, Roma Sapienza, Genova, Campania Luigi Vanvitelli, Pisa e Gran Sasso Science Institute.

A WASHINGTON IL BILATERALE ITALIA-USA SULLA FISICA FONDAMENTALE

A WASHINGTON IL BILATERALE ITALIA-USA SULLA FISICA FONDAMENTALE

Si è tenuto il 9 e 10 marzo a Washington il ciclo di incontri bilaterali Italia-Stati Uniti dedicati al confronto su temi, prospettive e progetti di ricerca di fisica fondamentale che vedono oggi impegnati i due paesi in uno sforzo congiunto nell’ambito di importanti collaborazioni scientifiche. Protagonisti dell’appuntamento, che si rinnova ogni anno, la delegazione italiana con il Presidente dell’INFN Antonio Zoccoli, la giunta esecutiva dell’INFN, il direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso Ezio Previtali, lo spokesperson della collaborazione scientifica dell’esperimento DUNE Sergio Bertoucci, il coordinatore delle ricerche in quantum technologies dell’INFN Valter Bonvicini, e l’addetto scientifico dell’ambasciata italiana a Washington Maurizio Biasini, e le delegazioni statunitensi delle principali istituzioni scientifiche e delle istituzioni responsabili del finanziamento e della promozione della ricerca scientifica: il Department of Energy (DOE), la National Science Foundation (NSF), il Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) e il Brookhaven National Laboratory (NBL). A ospitare la due giorni di incontri, che ha fornito l’occasione per rinsaldare e rinnovare la cooperazione di lungo corso tra fisici italiani e statunitensi e fare il punto sulle iniziative comuni, sono stati, rispettivamente il 9 e 10 marzo, il quartier generale della NSF e l’ambasciata italiana a Washington.

“Gli incontri dei vertici dell’INFN a Washington confermano la posizione dell’Italia quale partner privilegiato degli Stati Uniti nei settori più avanzati della fisica e delle tecnologie emergenti” ha evidenziato l’Ambasciatrice Mariangela Zappia, rilevando tra l’altro che “la nostra riconosciuta leadership rende particolarmente autorevole la candidatura a realizzare in Italia il progetto dell’Einstein Telescope”. “La collaborazione scientifica e tecnologica tra partner fidati quali Italia e Stati Uniti, che condividono valori e visione del futuro, assume un ruolo ancor più rilevante nell’attuale scenario geopolitico”, ha chiosato.

Molti gli argomenti di stringente attualità per la comunità della fisica al centro dei tavoli del bilaterale, a partire da quelli riguardanti presente e futuro degli studi sulle onde gravitazionali. Indiscussi pionieri del settore, Italia e Stati Uniti, grazie ai rapporti che da sempre legano i gruppi di ricerca degli esperimenti Virgo e LIGO, hanno infatti posto le basi per la creazione della più ampia collaborazione internazionale che oggi coinvolge gli osservatori gravitazionali di tutto il mondo, e che punta per i prossimi anni sui rivelatori di nuova generazione terrestri e spaziali, quali l’Einstein Telescope, il Cosmic Expolorer e Lisa. Ampio spazio è stato dedicato ai programmi scientifici rivolti alla ricerca sui neutrini, dal progetto DUNE negli Stati Uniti, di cui l’INFN è partner, ai futuri esperimenti per la misura del decadimento doppio beta senza emissioni di neutrini, che l’INFN si candida a ospitare nei propri Laboratori Nazionali del Gran Sasso.

Un importante confronto ha inoltre riguardato le iniziative e le attività relative alle ricerche nell’ambito della fisica degli acceleratori e delle particelle, di cui l’INFN è partner storico e alle quali continua a fornire contributi fondamentali. Nello specifico, si è parlato dello stato delle attività di cooperazione in corso al CERN e sui benefici reciproci che potrebbero derivare da future collaborazioni nell’ambito del progetto Future Circular Collider (FCC) e per lo sviluppo delle tecnologie del programma Eupraxia. Infine, ma non ultimo, si è affrontato il tema molto attuale delle tecnologie quantistiche, e in particolare del progetto coordinato dal Centro SQMS del Fermilab per la realizzazione del futuro computer quantistico, di cui l’INFN è l’unico partner non statunitense.

“Oltre a descrivere un quadro estremamente ricco e fruttuoso dei rapporti scientifici che legano gli Stati Uniti e l’Italia nella ricerca in fisica fondamentale”, ha commentato Antonio Zoccoli, Presidente dell’INFN, “la vastità delle tematiche e il numero di progetti di cui abbiamo discusso a Washington rappresentano una ulteriore testimonianza delle competenze tecniche e scientifiche di cui il nostro paese dispone e per le quali è ritenuto un partner prezioso. La comunità dell’INFN è orgogliosa di poter contribuire grazie alla sua esperienza a molti dei principali progetti scientifici negli Stati Uniti. E allo stesso modo, per l’INFN è fondamentale poter contare per i propri progetti sulle competenze di altissimo livello dei colleghi statunitensi e sulla loro rilevante collaborazione”.

ARGENTINA: DALLE ASTROPARTICELLE ALLA TERAPIA ONCOLOGICA, FIRMATI ACCORDI DI RICERCA TRA INFN E CNEA

ARGENTINA: DALLE ASTROPARTICELLE ALLA TERAPIA ONCOLOGICA, FIRMATI ACCORDI DI RICERCA TRA INFN E CNEA

Lo studio delle astroparticelle e la ricerca in terapia oncologica sono al centro dei due accordi specifici sottoscritti il 7 marzo a Buenos Aires da Adriana Cristina SERQUIS, presidente del CNEA, la Comisión Nacional de Energía Atómica, e Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. In particolare, uno dei due accordi riguarda alcuni progetti sperimentali sviluppati in Argentina e di cui l’INFN è partner dedicati alle ricerche sui raggi cosmici e a studi di cosmologia: l’Osservatorio Pierre Auger, distribuito sulla Pampa, che studia gli sciami di raggi cosmici di alta energia, il progetto QUBIC, inaugurato lo scorso anno e operativo in alta quota nella provincia di Salta dedicato allo studio della radiazione cosmica di fondo, e il progetto Andes per la realizzazione di un laboratorio sotterraneo sulle Ande. L’altro dei due accordi specifici riguarda invece le applicazioni per la medicina derivanti da tecnologie e metodi nati in seno alla fisica di base, in particolare l’accordo riguarda attività di ricerca e sviluppo nell’ambito della terapia oncologica, sia per la BNCT (born neutron capture therapy), sia per la radioterapia con fasci di particelle cariche. In particolare, nel caso della BNCT, si studieranno modelli computazionali per la dosimetria e modelli di probabilità per la valutazione degli effetti, inoltre studi radiobiologici, sviluppo e test di nuove sostanze borate e veicolanti, tecniche di misura del boro, sviluppo di rivelatori, produzione e ottimizzazione dei fasci neutronici. Mentre, nel caso della radioterapia con fasci di particelle cariche, riguarderà ricerche di radiobiologia, collaudi dei fasci di protoni per la radiobiologia, ricerca sulla flash-therapy o su alte rate di dose, modelli biofisici e dosimetria computazionale su scala macroscopia e microscopica, sistemi per i piani di trattamento, radioprotezione e calcoli per le schermature, sviluppo di rivelatori per il monitoraggio del fascio e per la dosimetria, irraggiamento di materiali, componenti elettroniche e target. Entrambi questi accordi specifici rientrano nell’ambito di un accordo quadro già in essere tra l’INFN e il CNEA e ora rinnovato, al fine di proseguire nella valorizzazione dello sviluppo dei progetti congiunti e nello scambio di informazioni e di ricercatori.

 

 

 

VERSO UNA NUOVA APPLICAZIONE DEGLI ACCELERATORI AL PLASMA: PARTE IL PROGETTO EuAPS

VERSO UNA NUOVA APPLICAZIONE DEGLI ACCELERATORI AL PLASMA: PARTE IL PROGETTO EuAPS

Si è tenuto il 28 febbraio, presso la presidenza dell’INFN, l’incontro di apertura di EuAPS (EuPRAXIA Advanced Photon Sources), uno dei progetti di interesse nazionale selezionati nell’ambito del PNRR, che vede l’INFN impegnato in veste di capofila attraverso i suoi Laboratori Nazionali di Frascati. EuAPS rappresenterà una delle tappe fondamentali verso il conseguimento degli obiettivi previsti da EuPRAXIA, iniziativa europea per la realizzazione di un’infrastruttura di ricerca dedicata agli acceleratori di particelle basata su una nuova concezione di accelerazione al plasma e tecnologie laser. A promuovere il progetto, a cui sarà destinato un finanziamento pari a 22,3 milioni di euro, oltre all’INFN partecipano il CNR e l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Il progetto EuAPS prevede la realizzazione di una sorgente al plasma di radiazione di betatrone a raggi X, indotta e pilotata da laser, la quale sarà messa in funzione presso il laboratorio SPARC_LAB dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN. Questa tecnologia, in parte già collaudata, e il cui sviluppo è incluso negli obiettivi scientifici di EuPRAXIA, sarà in grado di fornire radiazione di qualità tale da diminuire il tempo di esposizione necessario agli esperimenti che ne faranno ricorso, impiegando una sorgente di dimensioni ridotte, che sfrutterà le oscillazioni dei fasci degli elettroni all’interno del plasma.

“L’obiettivo principale del progetto EuAPS”, spiega Massimo Ferrario, ricercatore dei Laboratori Nazionali di Frascati INFN e responsabile di EuAPS, “consiste nel rendere disponibile nei tempi previsti dal PNRR una nuova sorgente di radiazione X pilotata da un acceleratore al plasma, e contemporaneamente nello sviluppare nuove tecnologie laser per le future applicazioni di EuPRAXIA”.

EuAPS si avvarrà, oltre che del contributo dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, anche di quello degli altri partner del progetto: strumenti avanzati di diagnostica dei fotoni saranno infatti sviluppati presso il CNR-ISM per caratterizzare completamente la radiazione di betatrone a raggi X, mentre l’Università di Roma Tor Vergata fornirà la stazione finale compatta e integrata per l’utente. La sezione di Milano dell’INFN offrirà invece il supporto teorico e numerico necessario al design ottimizzato dell’infrastruttura. EuAPS include inoltre lo sviluppo e la realizzazione dei laser necessari alla eccitazione dell’onda di plasma e della conseguente emissione di radiazione di betatrone. Lavoro che sarà portato avanti dai Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN a Catania e dai laboratori CNR di Pisa, i quali si doteranno di nuove infrastrutture di ricerca per sviluppi scientifici ed industriali basati su laser ultraveloci.

“La realizzazione del progetto EuAPS”, illustra Antonio Falone, ricercatore INFN dei LNF e Project Manager di EuAPS, “contribuirà a consolidare la collaborazione tra gli enti di ricerca coinvolti, a potenziare le infrastrutture di ricerca dedicate e a sviluppare una comunità di utenti interessati a queste nuove sorgenti di radiazione”.

Le risorse messe a disposizione dal PNRR per EuAPS si vanno ad aggiungere a quelle stanziate a livello europeo, tramite il programma Horizon 2020, dei singoli paesi membri del consorzio EuPRAXIA, e ai fondi, circa 120 milioni di euro, per la costruzione di uno dei pilastri del progetto nei Laboratori Nazionali di Frascati, stanziati dal Governo italiano, dalla Regione Lazio e dall’INFN.

“All’interno di EuAPS confluiranno alcune delle attività di ricerca e sviluppo essenziali definite da EuPRAXIA, già individuato dalla roadmap ESFRI (European Strategy Forum Researcher Infrastructures) 2021 come un progetto d’interesse strategico per l’Europa. EuAPS sarà il primo importantissimo mattone verso la realizzazione della facility europea EuPRAXIA”, commenta Ralph Assmann, Coordinatore del progetto Europeo EuPRAXIA.

“Con EuPRAXIA e EuAPS, Frascati si conferma laboratorio d’eccellenza nel panorama mondiale della fisica e della tecnologia degli acceleratori di particelle. Queste infrastrutture non solo forniranno un avanzamento nel nostro modo di concepire gli acceleratori del futuro, sia per la fisica fondamentale che per le applicazioni in campo medicale, industriale e dei beni culturali, ma avranno un impatto economico diretto nel tessuto industriale e sociale della regione Lazio, e più in generale, del Paese”, conclude Pierluigi Campana, membro della Giunta Esecutiva dell’INFN.