UN ARRAY RADIO LOCALE OSSERVA IL “CUORE” DEL PRIMO QUASAR NOTO

UN ARRAY RADIO LOCALE OSSERVA IL “CUORE” DEL PRIMO QUASAR NOTO

Nel cuore di quasi tutte le galassie dell’universo si nasconde un buco nero supermassiccio, con una massa pari a milioni o addirittura miliardi di volte quella del Sole. Ma non tutti i buchi neri supermassicci sono uguali: ne esistono di diversi tipi e i quasar, o oggetti quasi-stellari, sono tra i più luminosi e attivi che si conoscano. Un gruppo internazionale di ricerca ha pubblicato nuove osservazioni del primo quasar mai identificato, noto come 3C 273, scoperto negli anni Sessanta in direzione della costellazione della Vergine. Il nuovo studio, pubblicato oggi su The Astrophysical Journal, riesce a mostrare le zone più interne e profonde del potente getto di plasma emesso dal quasar, vicino al buco nero centrale, alla massima risoluzione angolare finora ottenuta.L’osservazione è stata possibile grazie all’utilizzo di una rete strettamente coordinata di antenne radio in tutto il mondo, una combinazione del Global Millimeter VLBI Array (GMVA) e dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) in Cile.

“Le nuove immagini mostrano il getto di 3C 273 con un livello di dettaglio mai raggiunto prima”, commenta l’astrofisico Ciriaco Goddi, docente all’Università di Cagliari e ricercatore associato presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’INAF, che ha partecipato allo studio in qualità di responsabile dell’osservazione, della calibrazione e dell’analisi dei dati ALMA, in collaborazione con il Centro regionale europeo ALMA a Leiden (Paesi Bassi) e con l’Osservatorio Haystack del MIT americano. “In particolare, grazie alla combinazione del Global Millimeter VLBI Array e di ALMA, possiamo avere finalmente accesso alla base di questi potentissimi getti e studiare il loro meccanismo di accelerazione e collimazione che, da 50 anni a questa parte, rimane un problema irrisolto dell’astrofisica moderna”.

I buchi neri supermassicci attivi emettono getti di plasma collimati e incredibilmente potenti che si propagano nello spazio a velocità prossime a quella della luce. Questi getti sono stati studiati per molti decenni, ma alcuni dettagli sulla loro formazione non sono ancora del tutto chiari. In particolare, non è ancora stato compreso come e dove avvenga la collimazione dei getti, una proprietà che permette loro di raggiungere enormi distanze, ben oltre la galassia ospite, e quindi di influenzare l’evoluzione della galassia stessa. Le nuove osservazioni sono ad oggi le più profonde nel cuore di un buco nero, proprio nelle regioni dove il flusso di plasma viene collimato in uno stretto fascio. L’immagine del getto di 3C 273 permette agli scienziati di vedere, per la prima volta, la parte più interna del getto in un quasar, luogo dei processi fisici che danno luogo alla collimazione o restringimento del fascio di plasma. I ricercatori hanno inoltre scoperto che l’angolo del flusso che fuoriesce dal buco nero si restringe su una distanza molto lunga. Questo restringimento del getto continua incredibilmente lontano, ben oltre l’area in cui domina la gravità del buco nero.

Le nuove immagini del getto di 3C 273 sono incredibilmente nitide grazie all’inclusione dell’array ALMA nella rete intercontinentale di radiotelescopi che ha realizzato le osservazioni. Il GMVA e ALMA sono stati collegati attraverso la tecnica dell’interferometria a lunghissima linea di base (VLBI) per ottenere informazioni estremamente dettagliate su sorgenti astronomiche distanti. La notevole capacità VLBI di ALMA è stata resa possibile dal team dell’ALMA Phasing Project (APP), guidato dal MIT Haystack Observatory, che ha sviluppato l’hardware e il software per trasformare ALMA, un array di 66 telescopi, nella stazione di interferometria astronomica più sensibile al mondo. La raccolta dei dati a queste lunghezze d’onda aumenta notevolmente la risoluzione e la sensibilità dell’array. Questa capacità è stata fondamentale anche per realizzare le immagini dei buchi neri con EHT.

Questo studio apre la strada a ulteriori esplorazioni dei processi di collimazione del getto in altri tipi di buchi neri. I dati ottenuti a frequenze più elevate, tra cui 230 e 345 GHz con EHT, permetteranno agli scienziati di osservare dettagli ancora più minuti nei quasar e in altri buchi neri.

SICILIA: COMPLETATO IL POTENZIAMENTO DELL’INFRASTRUTTURA SOTTOMARINA IDMAR

SICILIA: COMPLETATO IL POTENZIAMENTO DELL’INFRASTRUTTURA SOTTOMARINA IDMAR

Rendere più efficiente la trasmissione dei dati tra terra e mare: in Sicilia, a Capo Passero, è stato completato il potenziamento dell’infrastruttura di cavi sottomarini IDMAR, che permetterà di stabilire una connessione tra il laboratorio di terra e circa 100 unità di rivelazione del telescopio sottomarino KM3NeT (in aggiunta alle circa 30 unità connesse al primo cavo sottomarino installato nel 2007), e di quadruplicare la capacità di trasmissione di dati e di potenza elettrica tra terra e mare.
Il sistema appena completato, finanziato nell’ambito del progetto PON IDMAR, consiste di un cavo sottomarino di nuova generazione, un sistema di alimentazione e controllo che permette di fornire oltre 80 kW di potenza, e di una struttura sottomarina (definita Cable Termination Frame) di oltre 12 tonnellate, che ospita 4 convertitori di potenza, a loro volta connessi a 16 connettori di uscita elettrici e ottici.
Il cavo, deposto nel 2020, è lungo oltre 100 km ed è equipaggiato con 48 fibre ottiche e due conduttori elettrici, per aumentare la potenza elettrica trasmessa e l’affidabilità del sistema, diversamente da quanto avviene nei cavi sottomarini standard che utilizzano un unico conduttore.
“Si tratta di un sistema innovativo che ASN Alcatel Submarine Network, parte di Nokia, ha sviluppato in questi anni per l’INFN,” racconta Franck Tortey, Project Manager di ASN, e aggiunge: “la costante collaborazione tra ASN e INFN è stata fondamentale per ottenere un prodotto di altissima qualità.”
A circa 80 chilometri dalla costa, il cavo si divide in due rami.
“Durante l’operazione navale appena conclusa a bordo della nave Ile d’Ouessant di ASN, la terminazione del ramo nord è stata recuperata, connessa al Cable Termination Frame e riposta sul fondo marino a 3500 m di profondità,” riporta Mario Sedita, responsabile INFN del progetto dal 2018 al 2020.
“Questa è la conclusione con successo di quattro intensi anni di lavoro, svolti a strettissimo contatto con ASN, che oggi ci permettono di consegnare all’INFN l’infrastruttura sottomarina ideale per completare la realizzazione di KM3NeT, e osservare i neutrini cosmici dal fondo del Mediterraneo per i prossimi vent’anni e oltre,” commenta Giorgio Riccobene, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud INFN, membro della collaborazione KM3NeT e direttore dell’esecuzione del contratto.
“Il sistema è stato subito acceso e collaudato,” affermano Rosanna Cocimano e Sara Pulvirenti, responsabili dei sistemi di potenza e di ottica, che hanno seguito insieme ad Angelo Orlando e Carlo Nicolau, tecnologi dei LNS e di Roma 1, e ai tecnici di ASN le operazioni di accensione del sistema dalla sala di controllo a riva.
La nuova infrastruttura sottomarina permetterà anche l’installazione degli osservatori previsti dall’infrastruttura europea di ricerca EMSO-ERIC, dal Progetto PNRR Itineris e dal progetto regionale Marine Hazard.
“L’avvio del progetto KM3NeT4RR, finanziato nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e ufficializzato qualche giorno fa, è il passo successivo del lavoro: con i finanziamenti ottenuti realizzeremo oltre 50 unità di rivelazione del telescopio sottomarino KM3NeT e installeremo un nuovo Cable Termination Frame nel ramo sud del cavo, per poter aggiungere altre 100 unità di rivelazione,” racconta Giacomo Cuttone, responsabile di KM3NeT4RR e di IDMAR, e conclude: “Un nuovo importante passo tecnologico in avanti per l’astronomia con i neutrini in Italia e in Europa”.

OLTRE 190 DOCENTI SPERIMENTANO LA FISICA AI LABORATORI NAZIONALI  DI FRASCATI DELL’INFN

OLTRE 190 DOCENTI SPERIMENTANO LA FISICA AI LABORATORI NAZIONALI DI FRASCATI DELL’INFN

Grande partecipazione alla XXII edizione del progetto Incontri di Fisica 

Si sono concluse oggi, 18 novembre, tre giornate in cui i Laboratori Nazionali di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (LNF-INFN) hanno ospitato docenti delle scuole secondarie di II grado da tutta Italia, nell’ambito del progetto Incontri di Fisica. Tra gli oltre 190 docenti della XXII edizione, 60 partecipano per la prima volta.

Con l’obiettivo di promuovere l’insegnamento della fisica moderna nelle scuole, favorire l’aggiornamento degli insegnanti sugli sviluppi della fisica, e incrementare lo scambio di esperienze tra docenti e ricercatori, il corso di formazione e aggiornamento “Incontri di Fisica” propone, come cuore del progetto, una giornata intera dedicata ad attività esperimentali hands-on, dove i docenti, divisi quest’anno in 16 gruppi, possono scoprire e sperimentare in prima persona la fisica moderna seguiti da 35 ricercatori e ricercatrici INFN (LNF e Roma), FBK (Fondazione Bruno Kessler), AFAM (Alta Formazione Artistica Musicale e coreutica), Università degli Studi di Ferrara e Università degli Studi di Roma 3. I docenti partecipanti hanno potuto sperimentare lo studio dei rivelatori di particelle, meccanica quantistica, gravità, radioattività, superconduttività, nanotecnologie per il monitoraggio ambientale, acceleratori al plasma, sistemi complessi, dispositivi fotovoltaici e applicazioni della luce di sincrotrone per i beni culturali.

Con lo scopo di presentare le principali attività di ricerca scientifica e tecnologia condotte dall’INFN e da università e altri enti di ricerca, oltre alle attività sperimentali, i docenti hanno anche potuto visitare le infrastrutture di ricerca dei Laboratori Nazionali di Frascati e seguire seminari sulle ultime frontiere della fisica. Durante i seminari quest’anno si è raccontato della materia oscura, dell’energia delle stelle e degli acceleratori di particelle di oggi e di domani, del James Webb Space Telescope, di universo e di meccanica quantistica, ospitando interventi di relatori non solo dell’INFN ma anche dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e del GSSI (Gran Sasso Science Institute).

Incontri di Fisica

Il corso, nato ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN nel 2001, rappresenta una delle attività chiave del programma Educational dei LNF volte a rafforzare il legame tra il mondo della scuola e della ricerca per aumentare la consapevolezza del valore delle scoperte scientifiche e delle loro applicazioni nel quotidiano, che sono una conquista di tutta la società. Negli anni ha visto un totale di oltre 4500 partecipanti, e dal 2016, grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, prevede non solo il corso di aggiornamento in presenza ma anche il corso di formazione online (IDF 2.0).

I Laboratori Nazionali del Gran Sasso INFN aiutano ad analizzare un raro meteorite

I Laboratori Nazionali del Gran Sasso INFN aiutano ad analizzare un raro meteorite

Le tecniche sviluppate nell’ambito della fisica astroparticellare ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN (LNGS-INFN) hanno contributo al lavoro di analisi di un raro meteorite. Si tratta del meteorite Winchcombe, recuperato nell’area di Gloucestershire in Inghilterra a febbraio 2021, che è stato analizzato da un gruppo internazionale di ricercatori e ricercatrici, tra cui anche scienziati dei LNGS-INFN. I risultati, pubblicati di recente su Science, dimostrano come i meteoriti carbonacei abbiano giocato un ruolo chiave nel trasportare nello spazio gli ingredienti necessari a dare il via alla formazione degli oceani e della vita sulla Terra.
Il meteorite Winchcombe è stato recuperato poche ore dopo il suo impatto con la superficie terrestre e questo ha permesso di preservarlo dagli effetti di agenti atmosferici, come pioggia, esposizione solare o vento. È stato poi analizzato in diversi laboratori internazionali, specializzati nello studio di materiali di origine extraterrestre, e tra questi per la prima volta anche il laboratorio STELLA (Subterranean Low-Level Assay) dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso INFN, utilizzando purissimi rivelatori al Germanio.
Le tecnologie sviluppate per cercare di osservare eventi rarissimi, come ad esempio le possibili interazioni di materia oscura o il cosiddetto “doppo decadimento beta senza emissione di neutrini”, si sono così dimostrate efficaci anche in un ambito di ricerca inaspettato, come quello dello studio dei meteoriti. Parti del meteorite, originatosi da un asteroide frammentato vicino a Giove e giunto sulla Terra dopo un viaggio di milioni di anni, sono infatti state inviate ai Laboratori del Gran Sasso dal Natural History Museum di Londra, per essere sottoposti a un’analisi spettrometrica. L’esito delle analisi ha permesso di stimare le dimensioni originali prima della sua frammentazione, dovuta all’entrata in atmosfera, e il tempo di esposizione totale al flusso di raggi cosmici nel suo cammino verso la Terra.
“Avere la possibilità di analizzare un oggetto di tale rarità e purezza ci ha permesso di ottenere informazioni sulle caratteristiche e composizione originale del Sistema Solare, al tempo della sua formazione, 4,6 miliardi di anni fa: è come avere a disposizione una macchina del tempo,” dichiara Matthias Laubenstein, responsabile del Laboratorio Tecniche Speciali per la rivelazione di eventi rari dei LNGS.

Il risultato più importante ottenuto dallo studio consiste nell’aver riscontrato che il meteorite contiene acqua (extraterrestre) con caratteristiche simili a quelle dell’acqua sulla Terra e tracce di amminoacidi, ovvero molecole prebiotiche che sono componenti fondamentali per l’origine della vita sulla Terra.

L’osservazione e la registrazione diretta della traiettoria del meteorite in entrata in atmosfera hanno permesso anche di poter ricostruire con grande precisione l’orbita dell’oggetto cosmico, dalla sua origine nei pressi del pianeta Giove, milioni di anni fa, alla sua successiva caduta sulla Terra nel viaggio verso il Sole.

 

L’ECCENTRICITÀ DELL’ORBITA DEI BUCHI NERI COME POSSIBILE CAUSA DI SEGNALI GRAVITAZIONALI ANOMALI

L’ECCENTRICITÀ DELL’ORBITA DEI BUCHI NERI COME POSSIBILE CAUSA DI SEGNALI GRAVITAZIONALI ANOMALI

La fusione di due buchi neri come conseguenza di uno scontro diretto, non preceduta quindi dal tipico spiraleggiamento riscontrabile nell’andamento dei segnali rivelati fino a oggi dagli interferometri gravitazionali, potrebbe risultare una delle modalità con cui questi violenti fenomeni astrofisici di verificano. A sostenerlo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università e della sezione INFN di Torino, insieme a colleghi dell’Università Friedrich Schiller (FSU) di Jena (Germania), pubblicato oggi, giovedì 17 novembre, sulla rivista Nature Astronomy. Attraverso simulazioni effettuate tramite calcolatore, gli scienziati hanno appurato come un modello che preveda l’esistenza di sistemi binari composti da coppie di buchi con orbite allungate, in grado di dare luogo a collisioni rapide e puntuali, sia compatibile con un evento anomalo di breve durata osservato dai due interferometri statunitensi LIGO e da quello europeo Virgo, ospitato in Italia, a EGO European Gravitational Observatory fondato dell’INFN e dal francese CNRS. Se confermato, il risultato potrebbe fornire un nuovo strumento per l’interpretazione dei segnali gravitazionali, aumentando la comprensione delle configurazioni che caratterizzano i sistemi binari di buchi neri.

Osservate per la prima volta nel 2015, le onde gravitazionali, impercettibili perturbazioni dello spaziotempo, sono in grado fornirci preziose informazioni sui corpi celesti che compongono i sistemi binari responsabili della loro emissione, nonché sull’evoluzione dinamica di questi stessi sistemi. Nel caso dei buchi neri, i segnali gravitazionali rivelati hanno trovato fino a oggi corrispondenza con le previsioni del modello utilizzato per interpretarli, che distingue tre diverse fasi nel processo di coalescenza: iniziale, caratterizzata dalla vorticosa rotazione dei buchi neri uno intorno all’altro (inspiral); centrale, relativa alla fusione (merger); e finale, durante la quale il nuovo corpo celeste venutosi a creare si espande e si contrae prima di stabilizzarsi (ringdown).

“L’analisi di un particolare segnale registrato il 21 maggio 2019 dalle collaborazioni LIGO e Virgo ha fatto emergere delle differenze rispetto ai dati su cui siamo abituati a confrontarci. La forma e la brevità – meno di un decimo di secondo – del segnale associato all’evento, inducono infatti a ipotizzare una fusione istantanea tra due buchi, avvenuta in mancanza di una fase di spiraleggiamento”, commenta Alessandro Nagar, ricercatore della sezione INFN di Torino.

Denominato GW190521, l’evento, che potrebbe essere il prodotto della fusione di due buchi neri di seconda generazione, in quanto le loro masse, pari a circa 85 e 60 masse solari, non sarebbero teoricamente consentite come risultato di un collasso stellare, è stato perciò oggetto di una attenta indagine della comunità scientifica, che ha proposto ipotesi alternative per spiegarne l’origine.

“GW190521”, spiega Rossella Gamba, ricercatrice dell’Università di Jena e autrice principale della ricerca, “è un segnale particolarmente enigmatico perché la sua forma e la sua natura esplosiva lo rendono estremamente diverso da quanto abbiamo osservato in passato”.

Secondo l’ipotesi proposta dagli autori dell’articolo di Nature Astronomy, a differenza delle sorgenti finora analizzate grazie alle osservazioni degli interferometri LIGO e Virgo, costituite da coppie di buchi neri formatisi a seguito del collasso di una stella in sistemi separati e caratterizzate da un’orbita circolare costante, GW190521 potrebbe essere stato originato dallo scontro di due buchi con orbite eccentriche, a seguito della formazione del sistema binario per mezzo della cattura dinamica di uno dei due corpi da parte dell’altro. Uno scenario contemplato anche dalla Relatività Generale.

“Per verificare l’ipotesi”, commenta Matteo Breschi, ricercatore dell’Università di Jena e coautore dello studio, “abbiamo quindi elaborato un modello descrittivo avvalendoci di una combinazione di metodi analitici all’avanguardia e simulazioni numeriche, confrontando i dati ottenuti con il segnale. In questo modo abbiamo scoperto che una fusione altamente eccentrica spiega l’osservazione meglio di qualsiasi altra ipotesi avanzata in precedenza”.

Il modello impiegato per interpretare l’evento fornisce inoltre possibili indizi sulle condizioni alla base dell’eventuale nascita ed evoluzione dinamica della tipologia di sistema binario descritto. La cattura dinamica potrebbe infatti avvenire in ambienti molto densi, come gli ammassi stellari, dove i buchi neri binari possono formarsi.

“Uno dei due buchi neri situati in un simile ambiente”, illustra Gregorio Carullo, ricercatore  del Niels Bohr Institute di Copenaghen, “in possesso inizialmente di un’orbita non vincolata, potrebbe essere infatti catturato dal campo gravitazionale dell’altro, dando vita al sistema binario che porterà alla rapida fusione dei suoi componenti posti su traiettorie altamente eccentriche. L’ipotesi potrebbe inoltre spiegare le elevate masse dei due buchi neri progenitori coinvolti, che, in ambiente stellare molto denso, potrebbero essere andati incontro a eventi di fusione precedenti. Sebbene i tassi di fusione siano attualmente molto incerti, le catture dinamiche dovrebbero essere molto rare. Ma questo rende i nostri risultati ancora più eccitanti.”

Per effettuare l’analisi dell’evento GW190521 è stato necessario sviluppare un quadro di riferimento teorico nell’ambito della relatività generale, in grado di descrivere le fusioni di buchi neri altamente eccentrici, confrontando infine le previsioni del modello con le simulazioni.

“Il lavoro”, specifica Simone Albanesi, ricercatore dell’università di Torino, “sviluppato dai gruppi di ricerca di Torino e Jena, guidati rispettivamente da Alessando Nagar e da Sebastiano Bernuzzi, non ha precedenti, in quanto nessun modello di cattura dinamica era mai stato impiegato prima d’ora nell’analisi dei dati delle onde gravitazionali, che ha richiesto estrema attenzione e una notevole potenza di calcolo.”

“Lo sviluppo del modello analitico per le binarie eccentriche e la cattura dinamica è stato avviato nel 2019, con diversi progressi teorici originali in quello che all’epoca era un territorio per lo più inesplorato”, conclude Piero Rettegno, ricercatore INFN della sezione di Torino.

AL VIA IL PROGETTO IRIS PER LA SUPERCONDUTTIVITA’ AD ALTE TEMPERATURE

AL VIA IL PROGETTO IRIS PER LA SUPERCONDUTTIVITA’ AD ALTE TEMPERATURE

Si è concluso ieri, 15 novembre, dopo una due giorni di lavori presso i locali della Presidenza INFN in Roma, l’incontro di avvio del progetto IRIS, recentemente risultato tra i vincitori del bando PNRR per le Infrastrutture di Ricerca. IRIS, di cui l’INFN è sia proponente che ente capofila, si comporrà di un’infrastruttura distribuita su tutto il territorio nazionale volta a sviluppare tecnologie superconduttive ad alta temperatura e ad alto campo magnetico sia per applicazioni civili, come cavi di connessione per il trasporto di energia elettrica e la riduzione delle perdite energetiche, che per la realizzazione di magneti per gli acceleratori di particelle di prossima generazione, e in particolare per il Future Circular Collider (FCC), il grande collisore di particelle proposto per sostituire LHC al CERN. Con una durata prevista di 30 mesi, il progetto sarà finanziato da un contributo di 60 Milioni di euro, oltre il 50% dei quali destinato al Sud.

“IRIS”, spiega Pierluigi Campana, membro della giunta INFN e coordinatore scientifico del progetto, “è un esempio virtuoso di come la ricerca di base, e in questo caso il settore dedicato alla fisica delle particelle e degli acceleratori, possa fornire un importante sbocco applicativo in altri ambiti, come quello dello sviluppo di nuovi materiali per il risparmio energetico, fondamentali per la realizzazione di cavi ad alta potenza senza dissipazione, adatti per le esigenze delle future reti elettriche a servizio delle nuove fonti energetiche.”

Una delle tappe principali del progetto sarà rappresentata dalla realizzazione, a Salerno, di una grande infrastruttura che ospiterà non solo il cavo di connessione superconduttivo, ma anche un futuro centro di eccellenza nel campo dei test sui manufatti industriali nel campo delle connessioni ad alta potenza, con l’obiettivo di sviluppare la promettente tecnologia della cosiddetta superconduttività “calda”, in grado di fare ricorso a basse temperature (-200 °C), meno difficili e costose da ottenere rispetto a quelle oggi impiegate nella superconduttività ‘fredda’ (-270 C).

“Con il progetto IRIS”, illustra Lucio Rossi, docente ordinario dell’Università di Milano associato INFN e coordinatore tecnico del progetto, “l’Italia assume una posizione di primo piano in Europa e nel mondo nel campo della superconduttività applica, realizzando un reale sinergia tra enti di ricerca e università, che offrirà un’importante opportunità di collaborazione per i fisici delle particelle e quelli impegnati nei settori della superconduttività e del magnetismo. Un aspetto da non trascurare è inoltre l’alto valore formativo del progetto, che garantirà numerose proposte di dottorato e alta formazione per un centinaio tra dottorandi, giovani ricercatori e tecnici specializzati.”

L’INFN parteciperà al progetto attraverso le sezioni di Genova, il gruppo collegato di Salerno, i Laboratori Nazionali di Frascati e il Laboratorio Acceleratori e Superconduttività Applicata (LASA) di Milano, che svolgerà il ruolo di coordinamento delle attività di IRIS. Molti i partner che affiancheranno l’INFN: le Università di Genova, Milano, Napoli, del Salento e di Salerno, e l’Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi (SPIN) del CNR. Tutti i partecipanti avranno l’obiettivo di studiare la superconduttività ad alta temperatura, anche dal punto di vista della struttura della materia, di sviluppare nuove tecnologie in questo ambito e di verificare le loro possibili applicazioni.

RICERCA DI NEUTRINI SOTTOMARINI: IL PNRR PER KM3NET

RICERCA DI NEUTRINI SOTTOMARINI: IL PNRR PER KM3NET

Si chiama KM3 Neutrino Telescope for Recovery and Resilience (KM3net4RR), è il progetto con cui il PNRR finanzia azioni cruciali per il completamento presso il sito italiano di Capo Passero, a largo della Sicilia, dell’osservatorio sottomarino per neutrini KM3net. Grazie a questo progetto si arriverà a completare circa i 2/3 dell’infrastruttura finale in 30 mesi, dotando l’INFN anche dei laboratori e del personale necessario all’ampliamento, costruzione e installazione della rete di fondo e dei sistemi di rivelazione sottomarini.

Il progetto, di cui l’INFN è sia proponente che ente capofila, sarà finanziato con un contributo di 67,2 Milioni. Sono 30 le posizioni lavorative dedicate a tecnici e 3 tecnologi solo per INFN. Al progetto partecipano anche INAF e le Università di Catania, Napoli, Salerno, Roma La sapienza, Genova Vanvitelli di Caserta ed il Politecnico di Bari. Tutte le procedure di selezione saranno avviate entro fine gennaio 2023.

In vista dell’avvio del progetto previsto per dicembre 2022, si è tenuto a Roma, presso la presidenza dell’INFN, il primo evento formale che segna la partenza del progetto, il kick off meeting. L’evento si è svolto l’11 novembre e vi hanno partecipato i rappresentanti scientifici ed amministrativi di ogni istituzione partecipante e per l’INFN , il presidente Antonio Zoccoli, il Vicepresidente Marco Pallavicini e il responsabile scientifico del Progetto Giacomo Cuttone.

“Il progetto KM3NeT4RR permetterà di ampliare in modo significativo le potenzialità del telescopio sottomarino per neutrini ARCA contribuendo in modo significativo allo sviluppo dei programmi scientifici di astronomia multimessagera” sottolinea Giacomo Cuttone, responsabile del progetto e ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN. “KM3NeT4RR contribuirà ulteriormente alla crescita scientifica, tecnologica ed economico-sociale del nostro paese e, in particolare, delle regioni del Sud (Sicilia, Campania e Puglia), nel rispetto degli obiettivi del PNRR” conclude Cuttone.

KM3NeT è l’ambizioso progetto internazionale per la ricerca sui neutrini nel Mediterraneo che comprende gli apparati sottomarini ARCA (Astroparticle Research with Cosmics in the Abyss) e ORCA (Oscillation Research with Cosmics in the Abyss). Nella loro configurazione finale, i due siti di KM3NeT comprenderanno 230 linee di rivelazione per ARCA e 115 per ORCA. I due apparati sono ottimizzati per fini sperimentali molto diversi tra loro: ARCA è finalizzato alla ricerca di neutrini cosmici fino ad energie estreme, mentre ORCA è dedicato allo studio, con eventi di più bassa energia, delle cosiddette oscillazioni dei neutrini. L’intervento italiano KM3NeT4RR a valere sui fondi Next Generation EU è unicamente relativo al potenziamento del rivelatore ARCA, già in operazione con le prime 21 stringhe.

KM3NeT è supportato dallo European Strategy Forum of Research Infrastructures (ESFRI), è inserito nel Piano Nazionale delle Infrastrutture di Ricerca (PNIR) del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) ed è stato riconosciuto come infrastruttura di ricerca di interesse strategico dalla Regione Siciliana.

SCIENZA ED ESPLORAZIONE AL FESTIVAL DELLE SCIENZE DI ROMA 2022

SCIENZA ED ESPLORAZIONE AL FESTIVAL DELLE SCIENZE DI ROMA 2022

Con il tema Esplorare, torna dal 21 al 27 novembre il Festival delle Scienze di Roma, da anni ormai fra i principali festival della scienza italiani. Nelle sale dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, da sempre cornice del Festival, si succederanno gli appuntamenti di un programma ricco e multidisciplinare, che approfondisce il tema dell’esplorazione della realtà in maniera trasversale, attraverso le differenti prospettive della ricerca scientifica. Anche quest’anno l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, partner del progetto insieme ad ASI Agenzia Spaziale Italiana, sarà presente alla manifestazione con conferenze-spettacolo, tavole rotonde e laboratori per ragazzi e famiglie.

“Sosteniamo e partecipiamo con convinzione al Festival delle Scienze di Roma, la diffusione della cultura scientifica è di fondamentale importanza per la nostra società”, ha commentato Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. “Il tema a cui quest’anno è dedicata la rassegna, esplorare, è profondamente legato alla ricerca scientifica e in particolare all’attività e allo stesso DNA dell’INFN, il cui compito e impegno sono rivolti alla comprensione della natura e dell’universo, per spingere sempre oltre le nostre conoscenze”.

Le prposte INFN
Il trombettista e scrittore Paolo Fresu e il fisico Marco Pallavicini, vicepresidente dell’INFN e professore all’Università di Genova, saranno protagonisti di un viaggio attraverso il controintuitivo mondo della fisica quantistica. Giovedì 24 novembre, alle 21.30, in Sala Petrassi, si racconterà come la fisica ha dovuto coniare una nuova parola per definire il punto d’incontro tra mondo classico e mondo quantistico, nella conferenza spettacolo Quanto. La parola che ha cambiato la fisica.

Venerdì 25 novembre alle 21.00, nel Teatro Studio Borgna si terrà  Tra terra e cielo. Scienza, Musica e Danza, per un viaggio ai confini della conoscenza, conferenza-spettacolo a cura del Gran Sasso Science Institute dedicata alle scoperte conquistate dall’uomo nel corso dei secoli, raccontate da Eugenio Coccia, professore di astrofisica, ricercatore INFN e direttore dell’Institute of High Energy Physics, accompagnato dalle musiche della pianista e compositrice Paola Crisigiovanni e dalle coreografie del Centro Danza Art Nouveau.

Sabato 26 novembre alle 21.30 la serata sarà invece dedicata a una delle scoperte scientifiche più importanti del secolo, di cui quest’anno si celebra il decennale: la scoperta del bosone di Higgs. Sul palco della Sala Sinopoli, accompagnati dalla conduttrice di Radio Rai Sara Zambotti, dialogheranno Stefania De Curtis, direttrice del Galileo Galilei Institute, Lucio Rossi, coordinatore del Comitato Acceleratori dell’INFN, e Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. La serata, dal titolo Anatomia di una scoperta. Dialogo in musica dal bosone di Higgs all’universo oscuro, vedrà ricercatori e ricercatrici ricostruire i passi che hanno portato alla scoperta, intervallati dagli interventi musicali de La Banda dell’Uku, e dalle letture di Francesco Patanè, illustrate da Luca Ralli.

Cinque le tavole rotonde che affronteranno il tema dell’esplorazione da differenti punti di vista, intrecciando la ricerca in fisica delle particelle con altri ambiti del sapere.

Si parte il 21 novembre dalle 18.00 alle 20.00 in Sala Petrassi, con un incontro dedicato alla scienza a Roma. Si avvicenderanno Giorgio Manzi, direttore del Polo Museale Sapienza che presenterà il progetto Museo della Scienza a Roma, Michele Lanzinger, direttore del Muse di Trento, Francesca Scianitti, responsabile delle attività di public engagement dell’INFN e Catherine Franche, Executive Director di Ecsite. Nella seconda parte dell’incontro si darà spazio alla candidatura di Roma per Expo 2030 grazie alla scienza, con la presentazione del cortometraggio Scienza Capitale. Il futuro è adesso, realizzato dal MAECI.

Nella giornata del 26 novembre alle 15.30 in Sala Ospiti si parlerà da diversi punti di vista di Indagare gli abissi. La ricerca scientifica nell’esplorazione dei fondali marini, con Francesca Alvisi Ricercatrice CNR – Istituto di Scienze Marine, Bologna, Nadia Lo Bue Ricercatrice INGV, Sante Francesco Rende, ricercatore ISPRA, Piera Sapienza, ricercatrice ai Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN. Modera Fabio Gallo, Linea Blu. Alle 17.30 in Teatro Studio Borgna si affronterà invece il tema dell’esplorazione spaziale nella tavola rotonda Cosa resta da esplorare. Nuovi confini per lo spazio conosciuto, con Mario Cosmo, direttore Scienza e Ricerca all’ASI, Viviana Fafone, professoressa all’Università di Roma Tor Vergata e ricercatrice INFN nel progetto Virgo, Paolo Ferri, già responsabile Operazioni Spaziali ESA, Adriano Fontana, ricercatore dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma, moderati Elisa Nichelli, astrofisica, giornalista e divulgatrice scientifica.

Domenica 27 novembre alle 15.00 in Sala Petrassi si terrà l’incontro Dove ci sta portando l’intelligenza artificiale?, con Daniele Bonacorsi, professore all’Università degli Studi di Bologna e ricercatore INFN, Paola Inverardi, rettrice del GSSI, Francesco Iorio, bioinformatico, centro di ricerca per la biologia computazionale Human Technopole, Agnieszka Wykowska responsabile del Social Cognition in Human-Robot Interaction Lab IIT. Alle 17.30 il Teatro Studio Borgna ospiterà infine l’incontro È tempo di fusione? Fusione nucleare, una sfida globale complessa, con Paola Batistoni, responsabile Divisione Sviluppo Energia da Fusione ENEA, Daniela Farina, direttrice CNR Istituto per la Scienza e Tecnologia dei Plasmi, Marco Ripani, responsabile del progetto DTT_INFN (Divertor Tokamak Test facility), ricercatore della Sezione INFN di Genova, moderati dall’astrofisica e divulgatrice Silvia Kuna Ballero.

Non mancheranno le attività per le scuole, per condurre bambini e ragazzi nell’esplorazione del nostro universo e dei suoi misteri ancora irrisolti.  Nel ciclo di tre appuntamenti Ti racconto l’Universo. Fisica per bambini e ragazzi, studenti e studentesse dagli 8 ai 12 anni potranno dialogare con ricercatori e ricercatrici nel corso di tre incontri arricchiti da animazioni e cartoon, per stimolare la curiosità sui misteri dell’universo. Dal 22 al 24 novembre alle 10.15 nello Studio 2 dell’Auditorium Parco della Musica si avvicenderanno i ricercatori Matteo Duranti, ricercatore della Sezione INFN di Perugia che parlerà di materia oscura, Pia Astone, ricercatrice della Sezione INFN di Roma che racconterà della scoperta delle onde gravitazionali, e Giuliana Galati, ricercatrice dell’Università di Bari Aldo Moro e della Sezione INFN di Bari, che porterà gli studenti alla scoperta dei misteriosi neutrini.

Dal venerdì alla domenica grandi e piccoli potranno compiere un viaggio nel più grande acceleratore di particelle del mondo con HEPScape – The High Energy Physics escape room, a cura dei ricercatori e delle ricercatrici della Sezione INFN di Roma.

Il Festival delle Scienze di Roma è prodotto dalla Fondazione Musica per Roma, con la partnership progettuale di Codice Edizioni, il Festival delle Scienze di Roma è promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale, realizzato con ASI – Agenzia Spaziale Italiana e INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con la collaborazione con CMCC Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche, ENEA, ESA Agenzia Spaziale Europea, Rete GARR, GSSI Gran Sasso Science Institute, Human Technopole, IIT Istituto Italiano di Tecnologia, INAF Istituto Nazionale di Astrofisica, INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Museo Galileo Istituto e Museo di Storia della Scienza, Planetario di Roma Capitale,  Stazione Zoologica Anton Dohrn, e inoltre Fablab for kids, Fondazione Sylva, G.Eco, Ludo Labo e GAME Science Research Center, Multiversi, Parallelozero, SMAILE, Technotown e Assipod Associazione Italiana Podcast, con la partecipazione di Biblioteche di Roma, Bioparco di Roma, Municipio II, Sapienza Università di Roma. Fondamentale per la realizzazione del Festival è il supporto dei partner Aeroporti Di Roma, Autostrade per l’Italia, ENAV, ENEL, Leonardo e lo sponsor Zurich.

 

 

 

 

 

RADON DAY 2022: PIÙ DI 500 DI STUDENTI RACCONTANO LA RADIOATTIVITÀ

RADON DAY 2022: PIÙ DI 500 DI STUDENTI RACCONTANO LA RADIOATTIVITÀ

Oggi, 7 novembre, oltre 500 studenti e studentesse da scuole secondarie di tutta Italia e due istituti superiori dell’Ecuador e dell’Albania hanno partecipato all’European Radon Day, la giornata europea dedicata alla radioattività, organizzata come ogni anno in Italia dal progetto INFN RadioLab in occasione dell’anniversario della nascita di Marie Skłodowska Curie. RadioLab è un progetto dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che si pone l’obiettivo di sensibilizzare le generazioni più giovani sul tema della radioattività naturale e artificiale, attraverso seminari, esperienze sperimentali in laboratorio e sul territorio e iniziative per le scuole e la cittadinanza.

Nelle sedi di Cosenza, Lampedusa, Lecce, Milano, Napoli, Padova, Siena, e Torino, le classi partecipanti al progetto si sono incontrate in presenza in laboratori, scuole o università, e online, per raccontare la loro esperienza con il progetto RadioLab e scoprire di più sulla radioattività. Oltre alle presentazioni tenute da esperti e ricercatori e ricercatrici dell’INFN, infatti, sono state proprio le studentesse e gli studenti a raccontare in prima persona i risultati ottenuti durante le esperienze sperimentali svolte con il progetto RadioLab nel corso dell’anno scolastico 2021/2022.

Nel corso della prossima settimana si terranno anche altri eventi, come gli incontri con gli studenti di Ischia e di Sorrento e l’evento della sede di Cagliari.

Per dare il benvenuto alle nuove classi partecipanti e inaugurare un nuovo anno di iniziative per scoprire la radioattività, in alcune sedi, come a Torino, sono state proposte anche esperienze pratiche e piccoli esperimenti.

Non mancano i collegamenti da remoto con le scuole non italiane partecipanti al progetto. Durante l’evento di Milano si sono collegati anche gli studenti del Liceo Themistokli Germenji di Korce, in Albania, mentre durante l’evento di Cosenza si è tenuto il collegamento con gli studenti e le studentesse del liceo scientifico di Riobamba in Ecuador.
Infine, dalle 15.00 tutte le sedi partecipanti al Radon Day 2022 si sono collegate per un incontro virtuale di tutta la comunità di RadioLab.

Il progetto RadioLab

RadioLab è un progetto dedicato alle scuole secondarie, principalmente di II grado che si articola in più anni scolastici. Il progetto si propone di avvicinare le nuove generazioni al tema della radioattività attraverso lezioni ed esperienze di misura diretta in modo che possano discuterne con consapevolezza, comprendendo tutte le implicazioni, comprese quelle positive, intrinseche nell’impiego delle radiazioni ionizzanti. Il percorso culmina con una manifestazione in cui gli studenti e le studentesse raccontano alla cittadinanza quanto hanno scoperto, sensibilizzando i partecipanti sul tema della radioattività.

In Italia il progetto coinvolge nove Sezioni INFN: Cagliari, Cosenza (gruppo collegato LNF), Lecce, Milano, Napoli, Padova, Siena (Gruppo collegato sezione di Pisa), Torino, Trieste.
Dall’anno scorso è stato strutturato anche un nuovo ramo del progetto, ISOradioLAb, dedicato alle isole e che in questi due anni ha coinvolto scuole secondarie di I e II grado delle isole Eolie, di Ischia, Lampedusa, Linosa, Procida e San Pietro. Negli ultimi anni il progetto ha assunto una veste internazionale con la partecipazione di scuole dell’Ecuador e dell’Albania che hanno adottato ed esportato la stessa modalità operativa svolta presso le scuole italiane.

CENTINAIA DI SCIENZIATI E SCIENZIATE A PISA PER HIGGS 2022

CENTINAIA DI SCIENZIATI E SCIENZIATE A PISA PER HIGGS 2022

Scienziati e scienziate da tutto il mondo si incontrano a Pisa per discutere dei più recenti risultati nello studio del bosone di Higgs, a 10 anni dalla scoperta: da oggi, 7 novembre, fino all’11 novembre si tiene a Pisa la Conferenza Internazionale “Higgs 2022”, l’ultima edizione di una serie di conferenze dedicate alla fisica del bosone di Higgs, che si svolge ogni anno in sedi diverse e riunisce centinaia di fisici delle particelle.

Organizzata dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con le sue sezioni di Pisa e Firenze e con il GGI Galileo Galilei Institute, e dalle Università di Pisa e Firenze insieme alla Scuola Normale Superiore di Pisa, “Higgs 2022” riunirà oltre 180 fisici e fisiche, che discuteranno i più recenti risultati delle misure del bosone di Higgs, i recenti sviluppi teorici, e lo sviluppo di nuovi rivelatori e tecnologie per scoprire se oltre al bosone di Higgs esiste nuova fisica, ovvero, se esistono fenomeni non previsti dalla teoria che oggi descrive il comportamento delle particelle elementari, il Modello Standard.

La conferenza si inserisce in un momento particolarmente interessante per la fisica delle particelle: il grande acceleratore del CERN, il Large Hadron Collider, è entrato da poco in una nuova fase di presa dati, che potrebbe dare indicazione di nuovi fenomeni, o comportamenti inaspettati del bosone di Higgs. Oggi, a dieci anni da questa fondamentale scoperta annunciata il 4 luglio 2012 dalle collaborazioni scientifiche degli esperimenti ATLAS e CMS, le ricercatrici e i ricercatori di queste collaborazioni hanno compiuto determinanti passi avanti nella comprensione di questa particella e dell’universo, ottenendo risultati finora coerenti con il Modello Standard. Tuttavia, c’è ancora molto spazio per nuovi fenomeni al di là di quanto previsto da questa teoria e il bosone di Higgs stesso potrebbe darne indicazione.

“Siamo onorati di ospitare questa grande conferenza internazionale in Italia e, in particolare, a Pisa,” racconta Paolo Francavilla, coordinatore del comitato locale di organizzazione di Higgs 2022, e aggiunge: “Dopo due anni di eventi da remoto, abbiamo l’opportunità di riunire di nuovo in presenza gli esperti della fisica del bosone di Higgs e di avvicinare i non addetti ai lavori alle nostre ricerche.”

La conferenza sarà, infatti, anche l’occasione per incontrare il grande pubblico. Il 9 novembre alle 18:45, l’aula magna del Polo Carmignani dell’Università di Pisa ospiterà “Esplorando l’universo: 10 anni del bosone di Higgs”, una tavola rotonda sul significato del bosone di Higgs e sul suo impatto futuro su tecnologie innovative per vedere l’invisibile, che potrebbero rivoluzionare la comprensione del nostro Universo. All’evento, guidato dalla giornalista scientifica Silvia Bencivelli, prenderanno parte cinque scienziati protagonisti di questa epocale scoperta: Stefania De Curtis, direttrice del GGI Galileo Galilei Institute, Riccardo Barbieri, professore della Scuola Normale Superiore, Marumi Kado, direttore al Max Planck Institute di Monaco, Michelangelo Mangano, fisico teorico del CERN, e Guido Tonelli, professore dell’Università di Pisa. L’ingresso all’evento è gratuito e per partecipare è sufficiente prenotare un posto a questo link. Per chi non potrà partecipare all’evento in presenza, invece, sarà possibile seguirlo in streaming sul canale youtube della Scuola Normale Superiore, a questo link.

L’8 novembre alle ore 21:30, sarà invece possibile ascoltare un concerto del Coro Vincenzo Galilei, con musiche di Claudio Monteverdi, che si terrà agli Arsenali Repubblicani di Pisa.