SPAZIO, LA MISSIONE IXPE SVELA NUOVI PAESAGGI COSMICI ESOTICI

SPAZIO, LA MISSIONE IXPE SVELA NUOVI PAESAGGI COSMICI ESOTICI

Un’atmosfera condensata composta di elementi pesanti immersa in uno dei campi magnetici più forti dell’intero universo, da cui si irradiano sporadicamente intensi bagliori. È questo il più probabile paesaggio che ci troveremmo di fronte avvicinandoci a una magnetar, un corpo celeste esotico appartenente alla famiglia delle stelle di neutroni. Uno scenario compatibile con le misure effettuate dal satellite IXPE, frutto di una collaborazione tra NASA e ASI Agenzia Spaziale Italiana, che, grazie agli innovativi rivelatori che compongono la sua strumentazione, sviluppati, realizzati e testati dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dall’INAF Istituto Nazionale di Astrofisica, è in grado di studiare per la prima volta la polarizzazione della luce nella banda X. A renderlo noto, uno studio condotto da un gruppo internazionale, di cui fanno parte ricercatori e ricercatrici dell’INFN, dell’INAF, dell’Università di Padova, dello University College London e della University of British Columbia, oltre che della NASA e di ASI, pubblicato oggi, 3 novembre, sulla rivista Science.

Avvalendosi dei dati forniti da IXPE, i ricercatori sono stati in grado di appurare come il tasso e l’angolo di polarizzazione della radiazione X emessa da 4U 0142+61, una stella di neutroni nella costellazione di Cassiopea, varino al variare dell’energia, validando alcuni dei modelli che descrivono i processi fisici che hanno luogo sulla superficie e nella magnetosfera di queste sorgenti astrofisiche.

Risultato dell’esplosione di una stella in supernova, le magnetar sono sorgenti di raggi X molto brillanti e compatte con una massa paragonabile a quella del Sole, che mostrano sporadici periodi di intensa attività associati all’emissione di burst e flare, durante i quali viene prodotta in un solo secondo un’energia maggiore di quella emessa dal nostro Sole in un intero anno.

“IXPE – spiega Roberto Taverna, ricercatore dell’Università di Padova associato INAF – ci ha consentito di determinare una caratteristica molto particolare: la polarizzazione misurata dipende fortemente dall’energia.  Infatti, il grado di polarizzazione è circa il 15% a bassa energia, scende fino ad annullarsi e poi risale fino al 30% alle energie più alte. Allo stesso tempo, la direzione di polarizzazione varia esattamente di 90°.”

La polarizzazione è una proprietà della luce che rivela come il campo elettrico associato all’onda elettromagnetica oscilla durante la propagazione della radiazione. Se il campo elettrico di più onde oscilla nella stessa direzione, la radiazione è polarizzata. Secondo la teoria quantistica della radiazione, la luce che si propaga in una regione fortemente magnetizzata può essere polarizzata soltanto in due direzioni, parallela e perpendicolare a quella del campo magnetico stesso. I dati raccolti durante la campagna osservativa di 4U 0142+61 sono compatibili con i modelli teorici e confermano che le magnetar sono effettivamente dotate di campi magnetici ultra-forti.

“I risultati ottenuti per la prima magnetar osservata in luce X polarizzata evidenziano ancora una volta l’importanza delle misure di polarizzazione in banda X come diagnostica dei modelli teorici, difficilmente testabili con altre tecniche osservative”, dice Immacolata Donnarumma, Project Scientist ASI della missione IXPE.

La frazione e la direzione della polarizzazione osservate portano inoltre l’impronta della struttura del campo magnetico e dello stato fisico della superficie e dell’atmosfera della stella di neutroni, fornendo pertanto informazioni non altrimenti accessibili con altre tecniche osservative.

 “La misura di polarizzazione alle energie più basse ci sta dicendo che il campo magnetico è così forte da far condensare l’atmosfera gassosa attorno alla stella in un solido o in un liquido, un fenomeno chiamato condensazione magnetica”, aggiunge Roberto Turolla, dell’Università di Padova e di University College London.

La radiazione emessa da un condensato magnetico è infatti relativamente poco polarizzata in direzione parallela al campo magnetico. Al contrario, la radiazione ad alta energia sarebbe invece dominata da fotoni polarizzati perpendicolarmente al campo magnetico, determinando proprio la rotazione di 90° della direzione di polarizzazione osservata in 4U 0142+61. Nonostante l’accordo tra i dati e le previsioni teoriche, i ricercatori stanno continuando a esplorare modelli alternativi, al fine di fornire un quadro completo dei meccanismi fisici alla base dell’emissione delle magnetar.

Gli innovativi rivelatori di cui è dotato IXPE hanno giocato un ruolo fondamentale in questa scoperta. “I rivelatori di ultima generazione utilizzati da IXPE sono stati sviluppati in Italia dall’INFN e dall’INAF, in collaborazione con l’ASI, mentre gli specchi di cui è equipaggiato il satellite sono stati fabbricati al Marshall Space Flight Center della NASA” ha detto Luca Baldini, ricercatore dell’INFN e professore all’Università di Pisa.

“Oltre alla magnetar 4U 0142+61, IXPE sta osservando una vasta gamma di sorgenti X estreme, come sistemi binari nei raggi X con buchi neri, nuclei galattici attivi e resti di supernovae”, conclude Fabio Muleri dell’INAF di Roma. “IXPE sta aprendo una nuova finestra sul nostro modo di studiare l’universo a raggi X e i risultati che stiamo raccogliendo in questi mesi sono estremamente promettenti. Ora siamo molto curiosi di vedere che cosa ci riserveranno le future osservazioni di questo e altri tipi di sorgenti con IXPE”.

LA STORIA DELLA FISICA SI RACCONTA IN VIDEO

LA STORIA DELLA FISICA SI RACCONTA IN VIDEO

Valorizzare e condividere il patrimonio audiovisivo della storia della fisica italiana: sono questi i due principali obiettivi de “La mediateca INFN. Storia della fisica in video”, il nuovo progetto culturale dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare presentato oggi, 2 novembre, nel corso di un evento seguito da oltre 11.000 studentesse e studenti di Istituti superiori di tutta Italia. A fare da cornice al lancio del progetto è stato, infatti, l’incontro dedicato alle scuole dal titolo “La fisica in Super8”, con il presidente dell’INFN Antonio Zoccoli e il premio Nobel per la fisica e vicepresidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei Giorgio Parisi, moderati dalla giornalista scientifica Silvia Bencivelli, e ospitato dal Liceo Virgilio di Roma, luogo legato alla nascita della fisica delle particelle per la scoperta del muone da parte dei fisici Marcello Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni, rifugiatisi nelle aule del liceo nel 1943 sotto i bombardamenti per proseguire le ricerche. All’evento hanno così preso parte, insieme agli studenti e alle studentesse del Liceo romano, oltre 670 classi di licei scientifici, classici, linguistici, artistici e di istituti tecnici di tutte le regioni d’Italia, che si sono collegate da remoto per seguire lo streaming e inviare domande. Una bellissima occasione per far conoscere a migliaia di ragazze e ragazzi un nuovo strumento a loro disposizione per scoprire di più sulla storia della fisica italiana, attraverso il racconto e le voci dei suoi protagonisti, dalla nascita dei primi acceleratori di particelle alla scoperta del bosone di Higgs, dal premio Nobel per la fisica a Carlo Rubbia nel 1984 fino al premio Nobel a Giorgio Parisi nel 2021.

“Conoscere la nostra storia è fondamentale per comprendere il presente in cui viviamo e per progettare il nostro futuro, quello della nostra ricerca e quello della nostra società, – commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN – è anche per questo motivo che abbiamo deciso di sviluppare il progetto della Mediateca INFN, e abbiamo scelto di presentarlo in anteprima proprio agli studenti e alle studentesse come nostro pubblico di riferimento, con l’augurio che la Mediateca diventi per loro uno strumento utile per lo studio, un’opportunità per avvicinarsi al mondo della ricerca scientifica, un’occasione per scoprire personaggi, vicende e aneddoti curiosi e affascinanti che hanno contribuito alla formazione della nostra cultura”.

“Questi video costituiscono un ricco insieme di testimonianze su un passato che è stato fondamentale non solo per la fisica italiana, ma anche per tutta la fisica internazionale”, spiega Giorgio Parisi. “Sono quindi molto felice di aver contribuito a questo progetto dell’INFN nel corso del mio mandato come presidente dei Lincei, che si è concluso nel 2021, attraverso il recupero e la conversione dei vecchi nastri dell’archivio dell’Accademia. I filmati dell’archivio, raccolti negli anni ’70 su iniziativa di Bruno Touschek e di suo figlio, infatti rischiavano di andare perduti a causa di un formato obsoleto e delle condizioni poco adatte in cui purtroppo erano conservati.”

La Mediateca INFN è un archivio digitale aperto a tutti e di facile consultazione, per fare ricerche, documentarsi, approfondire, ripercorrere fatti, vicende e aneddoti della fisica attraverso il racconto dei suoi protagonisti. Ad oggi conta quasi 200 filmati per oltre 70 ore tra interviste, documentari, servizi giornalistici, conferenze, seminari: un patrimonio unico e straordinario, che è stato in gran parte digitalizzato, preservandolo dal deterioramento dei supporti analogici, e che provenire dagli archivi dell’INFN, e anche da archivi di altre importanti Istituzioni della ricerca scientifica in fisica fondamentale, come il CERN di Ginevra o il Fermilab di Chicago. In particolare, il progetto è stato realizzato dall’INFN con la collaborazione dell’Accademia Nazionale dei Lincei, che ha messo a disposizione della Mediateca le videolezioni a cura di grandi scienziati che hanno fatto la storia della fisica italiana, come Edoardo Amaldi, Gilberto Bernardini, Marcello Conversi, Giorgio Salvini, Bruno Touschek e altri ancora. Inoltre, la Mediateca è arricchita da video storici che provengono dagli archivi di Rai Teche.

La Mediateca INFN è un progetto nato per preservare, rendere facilmente fruibile e mettere a disposizione di tutti il patrimonio audiovisivo storico italiano sulle ricerche nel campo della fisica fondamentale. È un portale dove scoprire di più sulla storia della fisica italiana e dell’INFN dai racconti dei suoi protagonisti, e ripercorrere le principali tappe dell’avventura che ha reso l’INFN un istituto di eccellenza in Italia e all’estero. Dalle ricerche teoriche e sperimentali avviate negli anni ’30 da Enrico Fermi e dalla sua scuola, fino alla costruzione nel 1960 del primo anello di collisione al mondo ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN; dalla fondazione del CERN alla scoperta dei bosoni W e Z che, valsero il Nobel a Carlo Rubbia: la storia della fisica fondamentale in Italia è ricca di eventi appassionanti. Per chi è curioso di scoprire e approfondire questi temi, La Mediateca INFN è il posto giusto: un progetto, che rientra tra le iniziative per le celebrazioni del 70° anniversario dell’INFN, e che sarà sempre in evoluzione, continuando nel tempo ad arricchirsi e accrescersi, riservando soprese sempre nuove al suo pubblico.

IL DARK MATTER DAY TORNA CON UN CONTEST SULLA MATERIA OSCURA

IL DARK MATTER DAY TORNA CON UN CONTEST SULLA MATERIA OSCURA

Torna l’appuntamento annuale con il Dark Matter Day, la giornata internazionale della materia oscura, e per l’occasione giovedì 27 ottobre alle 19:00 l’INFN sarà in diretta sui propri canali Facebook e Youtube con un contest in cui quattro candidati di materia oscura dai nomi esotici, WIMP, assioni, fotoni oscuri e buchi neri primordiali si sfideranno e il pubblico voterà quale tra questi è il più affascinante.

La materia oscura è uno dei grandi misteri dell’Universo. C’è, osserviamo gli effetti della sua presenza, ma non sappiamo che cosa sia. Ci sono però diverse ipotesi teoriche, che attendono di essere verificate sperimentalmente, che descrivono dei possibili componenti della materia oscura e tra questi ci sono proprio WIMP, assioni, fotoni oscuri e buchi neri primordiali, che sarà possibile conoscere meglio nel corso dell’appuntamento INFN grazie agli identikit stilati da quattro fisici teorici.

A descriverci questi quattro candidati saranno Martina Gerbino, ricercatrice INFN e coordinatrice del gruppo di fisica teorica della sezione INFN di Ferrara, Federica Giacchino, ricercatrice INFN presso la sezione di Roma Tor Vergata, Paolo Pani, professore associato alla Sapienza Università di Roma e ricercatore INFN, e Natascia Vignaroli, ricercatrice dell’Università di Napoli Federico II e INFN. Il loro raccontato sarà introdotto e guidato da Marco Selvi, ricercatore INFN, responsabile nazionale per l’esperimento XENON e componente del progetto di divulgazione dell’INFN DARK.

Nel corso della diretta il pubblico potrà interagire con i ricercatori non solo votando il candidato di materia oscura che preferisce ma anche inviando le domande tra i commenti al video su Facebook e su YouTube.

Il Dark Matter Day è un’iniziativa ideata e organizzata per la prima volta nel 2017 dalla collaborazione Interactions, che riunisce i comunicatori scientifici dei principali laboratori di fisica delle particelle del mondo.
Per scoprire di più sulla giornata, oltre al sito web, si possono consultare gli account Facebook e Twitter (@DarkMatterDay) del Dark Matter Day e seguire l’hashtag #DarkMatterDay.

Per scoprire di più sulla materia oscura tutto l’anno, c’è il sito web progetto INFN DARK: https://dark.infn.it/

 

Per seguire la diretta INFN su Facebookhttps://fb.me/e/2ub5aIgUY
Per seguire la diretta INFN su Youtubehttps://youtu.be/p9yEob75uw0

AL GGI LA PREMIAZIONE DELLE MIGLIORI NEOLAUREATE IN FISICA TEORICA

AL GGI LA PREMIAZIONE DELLE MIGLIORI NEOLAUREATE IN FISICA TEORICA

Si è svolta il 21 ottobre, nella Villa Galileo ad Arcetri, Firenze, la cerimonia di conferimento del Premio Milla Baldo Ceolin 2021 alle migliori neolaureate in fisica teorica. Quest’anno sono state premiate Angelica Albertini (Università di Torino), Chiara Calascibetta (Università di Roma Tor Vergata), Marienza Caldarola (Università di Padova), Sofia Maggioni (Università di Milano Bicocca) e Viviana Viggiano (Università di Bari).

Il riconoscimento, istituito dall’INFN e conferito dal GGI Galileo Galilei Institute, il Centro Nazionale dell’INFN dedicato all’alta formazione in fisica teorica, viene assegnato annualmente per le migliori tesi di laurea magistrale a ricercatrici che lavorano nel campo della fisica teorica su tematiche di interesse della Commissione Scientifica Nazionale IV dell’INFN, ossia in teoria dei campi e delle stringhe, fenomenologia delle particelle elementari, fisica nucleare e adronica, metodi matematici, fisica astroparticellare e cosmologia, fisica statistica e teoria dei campi applicata.
Il premio, che vuole incentivare la presenza di giovani ricercatrici in questo settore della fisica, è intitolato a una grande scienziata, ricercatrice di fama internazionale, a lungo dirigente della Sezione INFN di Padova e prima donna a ricoprire una cattedra all’Università degli Studi di Padova: Milla Baldo Ceolin, che ha condotto ricerche nel campo della fisica delle particelle, lavorando oltre che alle macchine acceleratrici del CERN, agli acceleratori di Berkeley e di Argonne negli Stati Uniti, all’acceleratore dell’ITEP a Mosca, in Russia, e al reattore dell’ILL di Grenoble, in Francia.
La cerimonia di premiazione è stata seguita dall’evento pubblico She-Science organizzato dal GGI e dal Sistema Museale di Ateneo nell’ambito del progetto “GGPaths, sulle tracce di Galileo Galilei: sentieri di scienza ad Arcetri”, cofinanziato da Regione Toscana, per promuovere il ruolo delle donne nella ricerca scientifica attraverso incontri, esperimenti, letture e musica sperimentale.

Le vincitrici del premio Milla Baldo Ceolin 2021

 
 

Angelica Albertini ha conseguito la laurea magistrale all’Università di Torino, ed è attualmente dottoranda presso l’Istituto Astronomico della Czech Academy of Sciences a Praga. Il suo lavoro riguarda la modellizzazione delle onde gravitazionali nell’ambito dell’approccio effective-one-body alle coalescenze di sistemi binari di buchi neri.

 

 
 

Chiara Calascibetta è dottoranda presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e lavora nel gruppo teorico di Meccanica Statistica. In particolare, si occupa di problemi di controllo ottimale per pianificare la navigazione di oggetti Lagrangiani in fluidi turbolenti, con tecniche sia analitiche sia data-driven basate su algoritmi di Reinforcement Learning.

 

 
 

Marienza Caldarola ha conseguito la laurea magistrale all’Università degli Studi di Padova. Attualmente è dottoranda all’Istituto di fisica teorica UAM-CSIC di Madrid. Il suo progetto di ricerca consiste nello studio di dati di onde gravitazionali attraverso l’apprendimento automatico, insieme a studi più formali sulla gravità modificata.

 
 

Sofia Maggioni è laureata in astrofisica e fisica dello spazio all’Università degli Studi di Milano Bicocca. Durante il suo progetto di tesi ha studiato la coalescenza di buchi neri supermassicci tramite simulazioni numeriche. In particolare, il suo lavoro si è focalizzato su sistemi di buchi neri rotanti per determinare possibili correlazioni tra emissioni elettromagnetiche e gravitazionali che un evento di fusione potrebbe generare.

 
 

Viviana Viggiano ha conseguito la laurea magistrale all’Università Aldo Moro di Bari con una tesi dal titolo “Cooperative effects in single photon emission”. Attualmente è dottoranda in fisica teorica nello stesso gruppo di ricerca e si occupa di effetti collettivi nell’interazione radiazione-materia in sistemi quantistici macroscopici. In particolare, applica metodi statistici della teoria delle matrici random allo studio della subradianza e superradianza in una nuvola di atomi freddi.

L’INFN AL FESTIVAL DELLA SCIENZA DI GENOVA 2022

L’INFN AL FESTIVAL DELLA SCIENZA DI GENOVA 2022

Anche quest’anno, dal 20 ottobre al 1° novembre, l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare partecipa al Festival della Scienza di Genova con numerose iniziative, laboratori per le scuole, mostre e conferenze. Il Festival della Scienza di Genova, di cui l’INFN è partner istituzionale, è fra i più importanti eventi nazionali dedicati alla scienza e alla divulgazione scientifica e quest’anno, alla sua ventesima edizione, avrà come tema “Linguaggi”.

Si parte con “Quanto. La parola che ha cambiato la fisica”: la conferenza inaugurale del festival giovedì 20 ottobre alle 21.00 in Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale. Guidati dal fisico Marco Pallavicini, vicepresidente dell’INFN, professore all’Università di Genova e presidente del Festival, ci inoltreremo in un viaggio sapientemente accompagnato dalla musica di Danilo Rea, in un percorso che ricostruisce tappa dopo tappa la rottura di paradigma che ha portato la fisica classica a cedere il passo alla Meccanica Quantistica nella descrizione della realtà. L’evento sarà anche trasmesso in streaming sui canali YouTube del Festival della Scienza e dell’INFN.

Sarà sempre la Sala del Maggior Consiglio a ospitare, il 22 ottobre alle 21.00, la conferenza-spettacolo “L’ultima particella della materia conosciuta. Dialogo in musica dal bosone di Higgs all’universo oscuro”, che vedrà come protagonisti Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN e professore all’Università di Bologna, Marco Ciuchini, vicepresidente dell’INFN, e Mia Tosi, ricercatrice della Sezione INFN di Padova e dell’Università di Padova. Gli ospiti racconteranno la scoperta del bosone di Higgs, di cui quest’anno si celebrano i dieci anni, moderati da Sara Zambotti, Rai Radio2. Accompagneranno il racconto le letture dell’attore Francesco Patanè e la musica dei Physique Duo Role. 

Al decennale della scoperta del bosone di Higgs è dedicato anche il videomapping “Forme e colori di una scoperta”: ogni sera dalle 18.30 alle 23.00 la facciata del Palazzo si trasformerà in un gigantesco acceleratore di particelle, dove fasci di protoni accelerati si scontrano in collisioni ad altissima energia da cui scaturiscono fontane di nuove particelle. Fra queste si annida il bosone di Higgs, la particella attraverso la quale le particelle elementari hanno acquisito massa un attimo dopo l’origine dell’universo. Il videomapping artistico è opera di Luca Agnani ed è realizzato dall’INFN con il supporto di ASG Superconductors.

Il 24 ottobre alle 18.30 in Sala del Minor Consiglio a Palazzo Ducale si terrà l’incontro “Einstein ha ancora ragione? Buchi neri ripresi con l’Event Horizon Telescope”, con Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice della Sezione INFN di Napoli e professoressa dell’Università Federico II di Napoli, e Ciriaco Goddi, ricercatore dell’INAF e della Sezione INFN di Cagliari e professore all’Università di Cagliari, componenti della collaborazione Event Horizon Telescope, moderati da Matteo Massicci, INFN Comunicazione. Il 26 ottobre alle 18.30 il Baltimora Garden Sea-Ty ospiterà l’evento finale e di inizio della nuova edizione del Premio Asimov, premio dedicato ai libri di divulgazione scientifica che vede l’INFN fra i partner. Sul palco Giovanni Gallucci, ricercatore della Sezione INFN di Genova, Marco Pallavicini, vicepresidente INFN e presidente Festival della Scienza, Agnese Collino, biologa e divulgatrice, e Licia Troisi, astrofisica e scrittrice, vincitrici ex-aequo edizione 2022 Premio Asimov; moderano Francesco Vissani, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN e Silvano Fuso, divulgatore e saggista.

Il 28 ottobre alle 21.00 il Teatro della Tosse, nella Sala Dino Campana, ospiterà la conferenza-spettacolo “Praticamente trascurabili. La scoperta delle onde gravitazionali, tra scienza e jazz”, con Eugenio Coccia, professore al Gran Sasso Science Institute, Fabio Colella, musicista, Paola Crisigiovanni, pianista e compositrice e Gabriele Pesaresi, bassista e contrabbassista.  “Dai quark alle galassie. Viaggio dal micro al macrocosmo” è invece il titolo dell’incontro che si terrà il 30 ottobre alle 18.30 in Sala del Minor Consiglio. Sul palco Gianpaolo Bellini, fisico INFN e professore emerito all’Università degli Studi di Milano, Marco Bersanelli, professore all’Università di Milano, Enrico Bonatti, geofisico e accademico dei Lincei, e Roberto Battiston, professore all’Università di Trento.

L’astronomia del futuro è invece il cuore dell’incontro “Il suono dell’universo. Tradurre i dati astronomici in suoni”, ospitato il 30 ottobre alle 21.00 in Sala del Maggior Consiglio. Il dialogo coinvolgerà Marica Branchesi, professoressa al GSSI e ricercatrice dell’INFN e dell’INAF, Wanda Diaz Merced, ricercatrice dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo, Stavros Katsanevas, direttore dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo e Massimo Magrini, informatico, musicista elettronico e interaction designer, moderato da Andrea Parlangeli, caporedattore di Focus. Il 31 ottobre, ore 21.00 in Sala del Maggior Consiglio il ricercatore dell’INFN Dario Menasce parlerà di fisica e narrazioni nella conferenza “Ti racconto la fisica. Narrare con poesia il rigore scientifico”. 

Molte anche le attività dedicate a bambini e ragazzi: dal 20 ottobre al 1° novembre a Palazzo Rosso, uno dei Musei di Strada Nuova, studenti e studentesse delle scuole superiori potranno scoprire come funziona un rivelatore di particelle nel laboratorio “Con ICARUS sulle tracce dei neutrini. I segreti di un rivelatore di particelle”, a cura della Sezione INFN di Genova, mentre dal 27 al 30 ottobre potranno addirittura “entrare” in un rivelatore grazie al laboratorio “Realtà virtuale e fisica delle particelle. Visita all’esperimento Belle II”. Per i più piccoli invece, per tutta la durata del Festival la Biblioteca Universitaria di Genova ospiterà il laboratorio-gioco “Dal Big Bang a noi. Il gioco dell’oca sulla storia dell’universo”, che accompagnerà i bambini e le bambine in un viaggio nel tempo dal Big Bang a oggi tra buchi neri, stelle, galassie e tunnel spaziotemporali. Completano il programma tre digitour per le scuole all’interno di alcune delle grandi infrastrutture di ricerca dell’INFN: il 21 ottobre “Argon per la materia oscura. Visita virtuale dell’impianto Aria” e il 26 ottobre “Alla scoperta di Virgo. In diretta tra onde gravitazionali, scienza e tecnologia” e “Nel cuore della montagna. I Laboratori Nazionali del Gran Sasso”

Tutti i dettagli relativi all’acquisto dei biglietti e alle prenotazioni sono disponibili sul sito del Festival; per le scuole, oltre agli eventi in presenza, è disponibile anche programma di eventi online, consultabile  alla pagina dedicata

 

 

 

 

 

DAMPE FORNISCE NUOVE INFORMAZIONI SULLA COMPOSIZIONE DEI RAGGI COSMICI

DAMPE FORNISCE NUOVE INFORMAZIONI SULLA COMPOSIZIONE DEI RAGGI COSMICI

La collaborazione dell’esperimento DAMPE (DArk Matter Particle Explorer, in orbita su satellite dal dicembre 2015), dedicato allo studio della materia oscura e alla caratterizzazione della radiazione cosmica nello spazio, ha pubblicato Venerdì 14 Ottobre, sulla rivista scientifica Science Bulletin, una nuova e accurata misura del flusso di alcuni nuclei atomici presenti nella radiazione cosmica ad alte energie. La ricerca, frutto di una campagna di analisi dati che ha coinvolto ricercatrici e ricercatori delle Sezioni INFN e delle Università di Bari, Lecce e Perugia, e del Gran Sasso Science Institute, fornisce informazioni che possono contribuire a spiegare i meccanismi di produzione e propagazione di queste componenti dei raggi cosmici energetici.

Grande la soddisfazione dei ricercatori coinvolti: “La pubblicazione di questi risultati, che presentano una estensione in energia e una accuratezza senza precedenti” – spiega Giovanni Ambrosi, ricercatore della sezione INFN di Perugia e responsabile italiano della collaborazione – “mostra come sia il rivelatore che l’attività di analisi dati siano di eccellente valore. Questo ci fa prospettare risultati ancora più significativi che potranno arrivare dal rivelatore HERD (High Energy Radiation Detector facility), che avrà una massa di ben 3,5 tonnellate, a cui stiamo lavorando non solo con i colleghi di DAMPE ma anche con quelli delle Sezioni INFN e delle Università di Firenze, Pavia, Roma2, Napoli e Trieste”.

Elemento chiave per questa misura è stato il sistema di identificazione di particelle installato a bordo, insieme al sistema di tracciamento per la misura della loro direzione di arrivo e al calorimetro per la misura della loro energia. Le ottime prestazioni del rivelatore hanno permesso di identificare con grande accuratezza eventi dovuti all’arrivo di nuclei di Boro, Carbonio e Ossigeno caratterizzati da una concentrazione relativamente bassa nel flusso di raggi cosmici, ma portatori di importanti informazioni.

“Misurare l’abbondanza di questi nuclei sino ad alte energie, in particolare quella del Boro rispetto al Carbonio e all’Ossigeno, ha permesso di evidenziare effetti che si ritiene avvengano durante la propagazione dei raggi cosmici nella nostra galassia e dovuti alle interazioni col mezzo interstellare” – spiega Ivan De Mitri del Gran Sasso Science Institute che collabora all’esperimento – ”Ciò costituisce un significativo passo avanti nella comprensione dei meccanismi alla base della produzione di questa radiazione in sorgenti astrofisiche, attualmente studiate usando anche altri messaggeri come fotoni e neutrini”.

Nella collaborazione DAMPE operano oltre cento tra scienziati, dottorandi e tecnici ed il rivelatore è frutto di una collaborazione internazionale tra l’Accademia Cinese delle Scienze (CAS) con diverse istituzioni in Cina, l’INFN, le Università di Bari, Perugia, Salento, Ginevra e il Gran Sasso Science Institute (GSSI). L’INFN è stato responsabile dello sviluppo e della realizzazione di una delle componenti chiave di DAMPE, il cosiddetto tracciatore, il cui compito è ricostruire la direzione di arrivo dei raggi cosmici. Attualmente i gruppi italiani sono impegnati nell’analisi dei dati della missione per la misura delle varie componenti di raggi cosmici.

POLAR A BORDO DELL’AMERIGO VESPUCCI PER STUDIARE I RAGGI COSMICI

POLAR A BORDO DELL’AMERIGO VESPUCCI PER STUDIARE I RAGGI COSMICI

Inizia un nuova avventura per il rivelatore di raggi cosmici POLAR, ideato e costruito da ricercatori e ricercatrici dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e delle Università di Bari e Bologna e del Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi, in collaborazione con colleghi del Politecnico di Torino, che è salpato da Trieste a bordo dello storico veliero della Marina Militare Amerigo Vespucci, per compiere la circumnavigazione della nostra penisola alla volta di Genova.

Il rivelatore POLAR osserva le particelle che incessantemente “piovono” sulla Terra dallo spazio, grazie a contatori a scintillazione, i cui segnali al passaggio delle particelle sono letti da fotomoltiplicatori al silicio. È inoltre è dotato di un GPS, di vari sensori (per misure di temperatura, pressione, inclinazione), e di un sistema elettronico per l’acquisizione e la memorizzazione dei dati. Non è la prima volta che POLAR effettua misure in mare. Già nel 2018, un apparato di questo tipo aveva, infatti, compiuto il periplo delle Isole Svalbard, oltre il Circolo Polare Artico, a bordo di un piccolo veliero guidato da un gruppo di ricerca del CERN, nell’ambito dell’esperimento PolarquEEEst dell’INFN e del Centro Fermi. E a partire dal 2019, tre apparati POLAR sono stati installati in via permanente nella base scientifica di Ny Alesund alle Isole Svalbard e sono attualmente i rivelatori più a nord del mondo.

Così, dopo i gelidi mari del Polo Nord, ora, grazie a un’iniziativa dei fisici dell’Università e della Sezione INFN di Bari, il rivelatore POLAR compirà a bordo dell’Amerigo Vespucci un nuovo viaggio lungo le coste italiane per misurare il flusso dei raggi cosmici al variare della latitudine terrestre, su un intervallo di circa 10°. Nel quadro dell’esperimento PolarquEEEst, queste nuove misure andranno a complementare quelle ottenute precedentemente a latitudini ben diverse o alle stesse latitudini ma con diversi apparati sperimentali. Misure di alta precisione del flusso dei raggi cosmici in funzione della latitudine fino al Polo Nord, come quelle che POLAR è in grado di fornire, sono ancora di notevole rilevanza: per monitorare l’andamento del campo geomagnetico e gli effetti solari, e anche lo stato della nostra atmosfera: il flusso dei raggi cosmici è infatti sensibile, tra l’altro, alla dilatazione termica dell’atmosfera e alle variazioni della sua pressione e densità. Quindi non si tratta solo di una fantastica avventura a bordo dell’Amerigo Vespucci ma di una vera missione scientifica. Una missione cui partecipano le Sezioni di Bari, Bologna e Cagliari e il Centro Nazionale di Calcolo CNAF dell’INFN, le Università di Bari e Bologna e il Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi, in collaborazione cin il CERN e la Società Italiana di Fisica (SIF).

Per saperne di più

La missione in barca a vela PolarquEEEst alle Isole Svalbard nel 2018 sul sito della SIF e sul Nuovo Saggiatore
https://www.primapagina.sif.it/article/1389/i-rivelatori-di-raggi-cosmici-pi-nord-del-mondo“>I rivelatori POLAR dell’esperimento PolarquEEEst installati a Ny Ålesund, la stazione di ricerca più a nord del mondo

[immagine nel riquadro ©Marina Militare/Antonio di Rienzo]

 

 

A FRANK CALAPRICE IL BETHE PRIZE DELL’AMERICAN PHYSICAL SOCIETY PER IL SUO CONTRIBUTO IN BOREXINO

A FRANK CALAPRICE IL BETHE PRIZE DELL’AMERICAN PHYSICAL SOCIETY PER IL SUO CONTRIBUTO IN BOREXINO

NOTA STAMPA “Per il suo pionieristico lavoro nella misura della completa spettroscopia dei neutrini solari con rivelatori di grande scala a ultra-basso fondo, nello specifico Borexino, culminata nell’osservazione dei neutrini dal ciclo CNO, che ha fornito la prova sperimentale del funzionamento di tutte le reazioni nucleari responsabili dell’evoluzione stellare”. È questa la motivazione con cui l’American Physical Society ha attribuito oggi, 11 ottobre, il premio Hans A. Bethe a Frank Calaprice dell’Università di Princeton e uno dei “padri”, assieme a Gianpaolo Bellini, dell’esperimento Borexino ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. Il Bethe Prize rappresenta un prestigioso riconoscimento del ruolo fondamentale che Calaprice ha avuto nella progettazione, realizzazione e conduzione dell’esperimento che, nel corso della sua ultradecennale attività scientifica, ha conquistato l’ineguagliato record di radiopurezza, realizzando proprio grazie a questa sua essenziale caratteristica scoperte fondamentali sul funzionamento delle stelle, studiando i neutrini solari.

“Frank ha collaborato con me e i membri di Borexino per trent’anni, dando un contributo primario all’esperimento in diversi ambiti”, spiega Gianpaolo Bellini, ricercatore INFN e professore emerito all’Università di Milano. “Frank è stato uno dei pochi, circa una dozzina, che ha cominciato con me nel 1990 e ha continuato a collaborare fino alla chiusura dell’esperimento. Anche nei periodi difficili Frank è stato sempre presente, mostrando tutta la sua dedizione e il suo attaccamento a una impresa per niente scontata. Certamente Frank ha rappresentato uno dei punti di forza dell’esperimento, e un importante compagno di viaggio in questi trent’anni di lavoro”, conclude Bellini.

Il Bethe Prize si aggiunge così agli altri importanti riconoscimenti ottenuti da Borexino e dalla sua comunità scientifica: il Premio Bruno Pontecorvo assegnato nel 2016 da JINR, il Joint Institute for Nuclear Research di Dubna, a Gianpaolo Bellini, il Premio Enrico Fermi della Società Italiana di Fisica sempre a Gianpaolo Bellini l’anno successivo, e il Giuseppe e Vanna Cocconi Prize riconosciuto dalla European Physical Society a tutta la collaborazione scientifica dell’esperimento Borexino nel 2021.

“Il successo di Borexino e soprattutto la sua straordinaria purezza devono moltissimo alla creatività e alla determinazione di Frank, molte delle idee cruciali sono frutto del suo lavoro”, commenta Marco Pallavicini, vicepresidente dell’INFN e co-coordinatore della Collaborazione scientifica Borexino. “Questo prestigioso premio è un giusto tributo al suo fondamentale apporto in Borexino. Congratulazioni a Frank, cui va il riconoscimento dell’intera collaborazione”.

Il progetto Borexino è iniziato alla fine degli anni ’80 e ha visto a partire dal 1990 l’ingresso nella Collaborazione di Frank Calaprice, che ne è diventato uno dei fondatori insieme a Giampaolo Bellini. Frank Calaprice ha portato innumerevoli contributi all’esperimento, dalla sua costruzione al suo funzionamento. I più significativi che possono essere a lui specificamente attribuiti sono la progettazione e costruzione del sistema di contenimento dello scintillatore e la progettazione, costruzione e funzionamento del sistema di purificazione dello scintillatore. Calaprice ha anche promosso il confronto all’interno della comunità scientifica e ha contribuito alla definizione del programma scientifico che Borexino ha condotto al pieno successo, anche oltre gli obiettivi di progetto. Grazie a questo suo lavoro, Calaprice è riconosciuto internazionalmente come una autorità nel campo dei cosiddetti esperimenti ‘a basso fondo’, cioè esperimenti estremamente puri dal punto di vista della radioattività naturale.

“Con questo meritatissimo premio, l’American Physical Society riconosce il ruolo cruciale svolto da Frank in Borexino, cui ha contribuito con una pluralità di idee e realizzazioni assolutamente innovative e originali”, commenta Gioacchino Ranucci, ricercatore dell’INFN e co-coordinatore della Collaborazione Borexino. “Se Borexino ha trionfato nella sua sfida di investigare i meccanismi nucleari di funzionamento del Sole grazie allo studio dei neutrini in essi prodotti, lo si deve indubbiamente anche all’impegno e all’abnegazione con cui Frank ha perseguito la progettazione e la costruzione del contenitore e degli impianti di purificazione dello scintillatore, da cui è scaturito il bassissimo fondo radioattivo che si è rivelato essenziale per il pieno successo scientifico del nostro esperimento”, conclude Ranucci.

“Frank Calaprice ha svolto un ruolo di assoluto rilievo nella progettazione e costruzione del rilevatore Borexino, e anche nel guidare la Collaborazione verso il successo”, commenta Cristian Galbiati, dell’Università di Princeton, del GSSI e collega di Calaprice. “Il riconoscimento con il Premio Bethe del suo contributo è assolutamente meritato: la misura dei neutrini dalla catena pp e dal ciclo CNO fornisce la conferma proprio del lavoro di Bethe sui cicli di fusione nucleare che alimentano tutte le stelle. Lo straordinario successo sperimentale di Borexino non sarebbe stato possibile senza l’ingegno di Frank e la sua propensione all’innovazione. Molte delle idee introdotte da Frank sono oggi alla base di esperimenti di nuova generazione sui neutrini e sulla materia oscura. Ultimo, ma non meno importante, è innegabile che almeno tre generazioni di suoi allievi si stiano dimostrando leader di successo nel campo, a testimonianza del grande impegno di Frank nella formazione delle nuove generazioni di fisici, e questo rende il suo impatto sul campo ancora più significativo”, conclude Galbiati.

Hans A. Bethe Prize dell’American Physical Society riconosce il lavoro eccezionale teorico o sperimentale nel campo dell’astrofisica, della fisica nucleare, dell’astrofisica nucleare o in ambiti strettamente correlati. Il Premio è stato istituito in onore del fisico Hans A. Bethe per i suoi rilevanti e numerosi risultati sia in astrofisica, sia in fisica nucleare. In particolare, fu proprio Bethe a proporre nel 1938 che la fusione dell’idrogeno nelle stelle potesse anche essere innescata da una sequenza ciclica di reazioni nucleari che coinvolge i nuclei pesanti carbonio, azoto e ossigeno, oltre a procedere secondo la sequenza della catena protone-protone, teorizzando così per la prima volta l’esistenza del ciclo CNO osservato da Borexino, che ne ha dunque fornito la prima prova sperimentale. Il Bethe Prize viene assegnato annualmente a una singola persona ed è aperto a scienziate e scienziati di tutto il mondo impegnati in questi settori di ricerca.

 

 

 

 

WHAT NEXT? I GIOVANI SCOPRONO E RACCONTANO LA FISICA DELLE PARTICELLE E IL SUO IMPATTO SULLA SOCIETÀ

WHAT NEXT? I GIOVANI SCOPRONO E RACCONTANO LA FISICA DELLE PARTICELLE E IL SUO IMPATTO SULLA SOCIETÀ

In scena ieri a Ferrara una serata dedicata alla fisica con la proiezione del cortometraggio “Fuori dalla caverna”

130 giovani da tutta Italia, 12 visite ai Laboratori dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e ad altri centri di ricerca, la fisica delle particelle e le sue molte applicazioni a beneficio della società, ma soprattutto tanta passione per la ricerca scientifica: questi sono gli ingredienti del cortometraggio Fuori dalla caverna, la cui prima proiezione si è tenuta ieri, 5 ottobre, alla Sala Estense di Ferrara, nella cornice di un evento patrocinato dal Comune di Ferrara e organizzato dall’INFN in collaborazione con l’Università degli Studi di Ferrara.

L’evento, presentato dalla giornalista scientifica Silvia Bencivelli, ha visto la partecipazione entusiastica di oltre 100 persone ed è stato il primo di una serie di eventi che, tra la fine del 2022 e il 2023, porterà il cortometraggio Fuori dalla caverna in molte città italiane, per raccontare l’avventura scientifica della fisica delle particelle, i suoi esperimenti e i suoi laboratori da una prospettiva diversa: quella colta dallo sguardo fresco e appassionato dei giovani che hanno partecipato al progetto dell’INFN What Next? Giovani che raccontano il futuro.

Lanciato nel tardo 2020, What Next? Giovani che raccontano il futuro ha coinvolto circa 130 giovani tra i 16 e i 30 anni da tutta Italia che hanno partecipato per poter scoprire la fisica oltre quella insegnata sui banchi di scuola.
Divisi in gruppi, i partecipanti al progetto hanno visitato 12 sedi INFN aderenti all’iniziativa (Bari, Bologna, Ferrara, Firenze, Frascati, Lecce, Legnaro, Milano, Padova, Pavia, Pisa e Torino), e altre due strutture di ricerca: l’Istituto Oncologico Veneto e il LENA di Pavia.
Da queste visite è nato il cortometraggio Fuori dalla caverna, con la sceneggiatura di Nina J. Kors e la regia di Alessio Attardi, che, con un occhio fresco ed esterno al mondo della ricerca, ha seguito le visite raccogliendo materiali audio, video e interviste: camminando nei laboratori dell’INFN sparsi in Italia, i partecipanti al progetto, protagonisti del cortometraggio, hanno scoperto che cosa vuol dire fare fisica, chi sono le scienziate e gli scienziati, che cosa significa pensare al futuro quando si fa ricerca di base.

Gianluigi Cibinetto, ricercatore della Sezione di Ferrara dell’INFN e coordinatore del progetto What Next, racconta: “Quando siamo partiti eravamo pochi ma l’idea è piaciuta a molti colleghi ed è diventato un progetto grande, che poi è cresciuto ancora, grazie alla passione di tutti, colleghi e ragazze e ragazzi che hanno partecipato. La competenza del gruppo di creativi che ha realizzato il corto e, in particolare, l’entusiasmo di Ilaria Balossino e Marco Scodeggio hanno reso possibile il successo di questo progetto e di questo primo evento di proiezione del cortometraggio. È stato difficile da gestire ma anche molto divertente”.

Durante l’evento, oltre alla proiezione del cortometraggio e agli interventi di tre giovani ferraresi che hanno partecipato a What Next, Silvia Bencivelli ha moderato l’intervento di Stefania De Curtis, ricercatrice della Sezione INFN di Firenze e Direttrice del Galileo Galilei Institute, e i dialoghi tra Lucio Rossi (Università e INFN di Milano, Coordinatore INFN-Acceleratori) ed Eleonora Diociaiuti, giovane ricercatrice in fisica delle particelle dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN, e tra Margherita Boselli, coordinatrice dei progetti per le scuole del CERN, ed Enrico Calore, tecnologo del calcolo ad alte prestazioni dell’Università e della Sezione INFN di Ferrara.

UNA SONDA PER AIUTARE LA CHIRURGIA ONCOLOGICA

UNA SONDA PER AIUTARE LA CHIRURGIA ONCOLOGICA

A compiere un nuovo passo avanti verso una “chirurgia di precisione” sempre più sofisticata e ottimizzata sul paziente potrebbe contribuire una sperimentazione in-vivo su pazienti avviata nelle scorse settimane per validare una tecnica di chirurgia radioguidata con farmaci che emettono radiazione beta. La nuova tecnica, sviluppata dalla Sapienza Università di Roma e dall’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), è frutto della stretta collaborazione interdisciplinare tra fisici, chimici, radio-farmacisti, medici nucleari e chirurghi, e potrebbe diventare uno strumento aggiuntivo a supporto del chirurgo oncologico durante la rimozione dei tumori.

La chirurgia radioguidata è una tecnica che permette di identificare in tempo reale i residui tumorali. La tecnica consiste nel rivelare, grazie ad una sonda, la radiazione emessa da una sostanza radioattiva, un radiofarmaco contenente una specifica molecola che viene riconosciuta e metabolizzata dai recettori delle cellule tumorali. In questo modo è possibile verificare direttamente durante l’operazione se i tessuti analizzati siano tumorali o meno, e quindi guidare il chirurgo sulle sedi da rimuovere.

Il progetto si basa su un’idea iniziale, brevettata nel 2013 da Sapienza, INFN e Centro Fermi Museo della Scienza, che prevedeva l’utilizzo di radiazione beta-: un tipo di radiazione poco penetrante composta da elettroni, che però pone problemi di natura applicativa a causa della limitata disponibilità di radiofarmaci con questo tipo di emissione.

“Essendo particelle cariche, – spiega Riccardo Faccini, Professore Ordinario del Dipartimento di Fisica della Sapienza e attualmente Preside della Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, tra gli inventori della tecnica – gli elettroni di cui si compone la radiazione beta perdono velocemente la loro energia a seguito delle interazioni con le altre particelle cariche presenti in tutti i tessuti del corpo umano. Ciò determina l’impossibilità per gli elettroni di uscire dal paziente. Questa è la ragione che ci ha spinti a concepire uno strumento a cui i chirurghi avrebbero potuto far ricorso durante le operazioni, andandolo a posizionare direttamente sui tessuti da analizzare. Sebbene la procedura sia risultata efficace, le difficoltà di somministrazione, i costi elevati e la limitata diffusione dei farmaci beta-, ci hanno spinto a cercare soluzioni alternative più accessibili e sostenibili”.

Dopo studi condotti in collaborazione con l’Istituto Neurologico “Carlo Besta”, l’Istituto Europeo di Oncologia, il Leiden University Medical Center e il Policlinico Universitario Fondazione Agostino Gemelli, la scelta è quindi ricaduta sulla radiazione beta+, caratterizzata dall’emissione di un positrone, l’antiparticella dell’elettrone, e da due fotoni, usata quotidianamente nei reparti di medicina nucleare per gli esami diagnostici PET (Tomografia ad Emissione di Positroni).

“Mentre la radiazione beta-, alla luce delle sue caratteristiche, risulta poco adatta alle indagini diagnostiche – chiarisce Francesco Collamati, ricercatore della sezione INFN di Roma, attuale Principal Investigator dello studio -, i fotoni della radiazione beta+ sono in grado di attraversare senza ostacoli i tessuti del paziente, per essere infine rivelati da apparati diagnostici esterni. Da qui il diffuso utilizzo negli ospedali di farmaci beta+, che potranno quindi essere in parte utilizzati anche per la nostra tecnica.”

Nonostante la loro reperibilità, rispetto a quelli emettenti beta-, questi radiofarmaci presentano difficoltà legate all’abbondanza dei fotoni prodotti non solo nei tessuti malati, ma anche in tutte le aree del corpo raggiunte dalla molecola dopo la somministrazione, che possono disturbare i segnali rivelati dalla sonda. “Per questa ragione risulta necessario continuare a effettuare test che consentano di comprendere e calibrare il dispositivo e di fornire ai medici indicazioni, per esempio, sui livelli di conteggi associati all’effettiva presenza di un tumore”, conclude Collamati.   

Dopo anni di studi di fattibilità e test ex-vivo, effettuati cioè su campioni di tessuto asportati dai pazienti sottoposti a operazioni, recenti sperimentazioni sono ora in corso, con il prototipo sviluppato dalla NUCLEOMED S.r.l., presso lo IEO di Milano, dove sono studiate nel dettaglio le potenzialità della tecnica sia sui tumori Neuro-Endocrini del tratto gastro-intestinale (GEP-NET) che sui carcinomi prostatici, e l’Ospedale ‘Molinette della Città della Salute di Torino’, nel caso di tumori prostatici.