INFN e Università di Bari a bordo dell’Amerigo Vespucci: imbarcato un rivelatore di raggi cosmici che farà il giro del mondo

INFN e Università di Bari a bordo dell’Amerigo Vespucci: imbarcato un rivelatore di raggi cosmici che farà il giro del mondo

Fisici della Sezione di Bari del Dipartimento dell’Università di Bari (UniBa) e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) ancora una volta a bordo della nave scuola Amerigo Vespucci della Marina Militare italiana per una nuova missione scientifica.
Un piccolo apparato per la rivelazione dei raggi cosmici, la pioggia di particelle che ci investe costantemente dallo spazio, è stato di nuovo imbarcato a bordo dell’Amerigo Vespucci il 28 giugno a Livorno. Oltre a essere una fantastica avventura a bordo dell’Amerigo Vespucci, si tratta di una vera missione scientifica che consentirà di esplorare regioni di campo geomagnetico molto diverse fra loro.
Il rivelatore di raggi cosmici compirà il suo viaggio a bordo dell’Amerigo Vespucci per misurare il flusso dei raggi cosmici al variare della latitudine terrestre, su un ampio intervallo fino a circa 55° Sud. La rotta prevede il passaggio attraverso la regione dell’Anomalia del Sud Atlantico o SAA (South Atlantic Anomaly) in corrispondenza della quale il campo geomagnetico ha una intensità inferiore rispetto al campo medio generato dal dipolo magnetico, permettendo quindi ai raggi cosmici di raggiungere la superficie terrestre in numero maggiore. Passando poi per Giacarta per risalire verso l’India il campo magnetico terrestre risulta più intenso e di conseguenza si dovrebbe osservare una riduzione del flusso dei raggi cosmici.
Con l’apparato per la rivelazione dei raggi cosmici, alloggiato nell’osteriggio di poppa del Vespucci, viaggiano molti sensori per misurare la posizione, l’orientamento, il campo magnetico e per monitorare costantemente la temperatura e la pressione atmosferica. Non sarà possibile avere una connessione internet costante con l’apparato e quindi esso dovrà fare il suo viaggio da solo senza assistenza. I dati raccolti lungo i quasi due anni di viaggio saranno disponibili solo una volta al rientro del Vespucci in Italia.
Ideato e costruito dai ricercatori della Sezioni INFN di Bari, il rivelatore è costituito da contatori a scintillazione, i cui segnali al passaggio delle particelle sono letti da speciali fotomoltiplicatori al silicio. Hanno coordinato l’installazione dell’apparato sul Vespucci a Livorno il dott. Mario Nicola Mazziotta della sezione INFN di Bari e il professore Marcello Abbrescia del Dipartimento di Fisica dell’Università di Bari ed INFN-Bari, ed hanno partecipato i dott.ri Davide Serini e Corrado Altomare dell’INFN di Bari e il dottorando Davide Cerasole dell’Università di Bari e INFN-Bari.
Il Vespucci è partito da Genova il primo luglio per il suo secondo giro del mondo della sua storia che prevede 31 soste in 28 Paesi per un totale di 40.000 miglia marine. Per la prima volta il veliero più bello del mondo entrerà nell’Oceano Pacifico passando dalla Terra del Fuoco. Dopo le tappe negli USA, Giappone, Filippine, Australia, India e Penisola Arabica, il Vespucci rientrerà nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez, per poi tornare alla base della Marina Militare della Spezia nel febbraio 2025.

Il progetto è stato possibile grazie alla collaborazione tra UniBa, INFN e Comando in Capo della Squadra Navale.

L’ITALIANO VINCENZO VAGNONI DELL’INFN ALLA GUIDA DELLA COLLABORAZIONE LHCB AL CERN

L’ITALIANO VINCENZO VAGNONI DELL’INFN ALLA GUIDA DELLA COLLABORAZIONE LHCB AL CERN

Vincenzo Vagnoni, ricercatore della Sezione di Bologna dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è stato eletto coordinatore (spokesperson) della collaborazione internazionale LHCb, che ha costruito e opera uno dei quattro grandi rivelatori di particelle del Large Hadron Collider del CERN. Vagnoni, già responsabile nazionale INFN per LHCb, ha assunto il nuovo incarico il 1° luglio e nei prossimi quattro anni guiderà la grande comunità di oltre 1500 persone, che vede l’Italia e l’INFN partecipare con oltre 200 connazionali, che nel corso degli anni hanno contribuito al progetto in modo sostanziale a livello sia scientifico sia manageriale.

L’inizio dell’incarico di Vincenzo Vagnoni, che sarà responsabile del coordinamento di tutte le attività dell’esperimento, coincide con un intenso periodo di lavoro per la collaborazione, impegnata, dopo lafase di upgrade del rivelatore LHCb conclusasi nel 2022, con il terzo periodo di presa dati (Run 3) di LHC, il più grande e potente acceleratore di particelle al mondo. Grazie alla migliorata sensibilità dell’esperimento, ci si aspetta che LHCb potrà continuare a fare luce su eventi rari, nel tentavo di comprendere le ragioni dell’asimmetria tra materia e antimateria, e studiare nel dettaglio gli stati esotici della materia.

 “L’esperimento LHCb rappresenta una grande sfida scientifica e tecnologica, una delle meraviglie che l’umanità riesce a realizzare quando collabora per il raggiungimento di un obiettivo condiviso di nuova conoscenza”, commenta Vincenzo Vagnoni.. “La collaborazione LHCb ha pubblicato, dal 2010 ad oggi più di 600 articoli scientifici su riviste internazionali, grazie all’analisi dei dati dei Run 1 e 2 di LHC, ma ancora non è neanche a metà strada. Una caratteristica peculiare dell’esperimento LHCb è di essere in grado di ricercare l’esistenza di particelle ancora ignote anche qualora l’energia di LHC non fosse sufficiente a produrle, grazie a misure di precisione in grado di sfruttare effetti quantistici di particelle di grande massa sul comportamento di particelle già note. È incredibile pensare che la fisica delle particelle sperimentale consente di investigare se qualcosa di nuovo esiste oltre il Modello Standard, anche se al momento le macchine acceleratrici di cui disponiamo non hanno energia a sufficienza per materializzare la nuova fisica. I prossimi anni saranno cruciali per segnare la strada da percorrere nei prossimi decenni, per accrescere la nostra conoscenza del mondo subatomico, fino ad arrivare al grande collisionatore da 100 km in fase di studio al CERN”, conclude Vagnoni.

Al fine di incrementare ulteriormente la capacità dell’esperimento di individuare eventuali indizi di nuova fisica oltre il Modello Standard, tra le attività che vedranno impegnati Vagnoni e la collaborazione LHCb nei prossimi anni ci saranno anche quelle rivolte alla pianificazione del secondo aggiornamento del rivelatore, in previsione dell’avvio della fase di alta luminosità di LHC (High Luminosity LHC).

 “Alla fine di questo decennio abbiamo in programma un nuovo aggiornamento del rivelatore, che ci consentirà durante l’ultimo decennio di vita di LHC, fino all’inizio degli anni 2040, di accrescere enormemente la statistica di dati, per misurare con precisione sempre crescente effetti sensibili all’esistenza di nuova fisica”, spiega Vagnoni. “Se quello che abbiamo fatto finora e stato molto difficile, quello che dovremo fare in futuro lo sarà ancora di più. Bisogna guardare avanti, sempre, senza paura”.

La collaborazione internazionale LHCb è composta da circa 1500 persone tra ricercatori, tecnologi e tecnici, provenienti da 20 Paesi di tutto il mondo. I gruppi INFN rappresentano circa il 15% del totale della collaborazione, e danno contributi fondamentali a svariati aspetti del rivelatore LHCb, della presa dati e della successiva analisi dei dati raccolti. L’INFN, attraverso le sezioni di Bari, Bologna, Cagliari, CNAF, Ferrara, Firenze, Genova, Laboratori Nazionali di Frascati, Milano, Milano Bicocca, Padova, Perugia, Pisa, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, ha inoltre svolto un ruolo decisivo negli interventi di aggiornamento del rivelatore effettuati durante il Long Shtudown 2 di LHC.

Ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Sezione di Bologna, dal 2005. Dal 2016 al 2018 è stato responsabile scientifico (physics coordinator) della collaborazione internazionale LHCb. È autore di oltre 600 articoli pubblicati su riviste internazionali nel settore della fisica delle particelle, che spaziano da misure di precisione di asimmetrie di comportamento materia-antimateria allo studio della dinamica di particelle costituite da quark cosiddetti pesanti.

PARTITA LA MISSIONE EUROPEA EUCLID

PARTITA LA MISSIONE EUROPEA EUCLID

Roma, 1° luglio 2023 – Nasce da lontano la conoscenza della geometria che, grazie al matematico e filosofo greco Euclide, ha rivoluzionato la misura dello spazio, anche con le leggi che portano il suo nome. Euclid, non a caso, è anche il nome della missione appena decollata da Cape Canaveral. Si tratta di un programma scientifico dell’ESA, uno dei più ambiziosi nel quale l’Italia, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), gioca un ruolo da protagonista. Il satellite Euclid ospita un telescopio a specchio di 1,2 metri di diametro e due strumenti scientifici, il VIS (VISible Instrument) e il NISP (Near Infrared Spectrometer Photometer), che avranno l’obiettivo principale di osservare il cielo extragalattico con lo scopo di ottenere immagini con altissima risoluzione e misurare gli spettri di milioni di galassie.

Lo scopo scientifico di Euclid è comprendere la natura della materia oscura e dell’energia oscura, uno dei temi di maggiore interesse nell’astrofisica moderna in quanto queste due componenti, misteriose e invisibili, costituiscono il 95% della composizione dell’universo. La missione raggiungerà questo obiettivo attraverso l’osservazione e lo studio di due fenomeni cosmologici diversi e indipendenti: il lensing gravitazionale debole, cioè l’apparente distorsione dell’immagine delle galassie dovuta alla distribuzione non omogenea della materia oscura lungo la linea di vista, e le oscillazioni acustiche della materia visibile (detta barionica) e il clustering delle galassie. Questo studio combinato porrà vincoli sull’equazione che descrive le proprietà dell’energia oscura, potendo permettere di capire se, ad esempio, questa evolva con l’espansione cosmica o sia necessario considerare modifiche alla teoria della Relatività generale di Einstein. Euclid, che ha una massa di circa 2100 chilogrammi, è stato lanciato oggi dalla piattaforma numero 40 della base di Cape Canaveral Space Force Station con un vettore Falcon 9 e sarà posizionato, nelle prossime settimane, i in orbita attorno al punto lagrangiano L2, uno dei punti di equilibrio gravitazionale del sistema Sole-Terra, a 1,5 milioni di km dal nostro pianeta.

“Oggi è un altro importante giorno per lo spazio italiano sia sotto l’aspetto scientifico sia industriale. Il lancio di Euclid – sottolinea il professor Teodoro Valente, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – aprirà nuove strade alla comprensione di noi e dell’Universo che ci circonda. Missioni di questo calibro sono la conferma del ruolo che gioca la ricerca scientifica nello sviluppo della conoscenza e della crescita a tutto tondo. Un importante programma nel quale l’ASI ha coordinato un insieme importante realtà nazionali, un lavoro che ci permette di metterle a disposizione di un ambizioso progetto europeo il patrimonio di saper fare e che fa salire il nostro Paese sul palco dei protagonisti. Euclid, che ha visto la collaborazione di oltre 200 fra scienziati e ricercatori italiani, rappresenta una eccellenza che rende lustro alla filiera spaziale italiana”.

L’ASI, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha guidato il team industriale che ha progettato e realizzato i contributi agli strumenti, formato da un’Associazione Temporanea d’Imprese con OHB Italia mandataria, SAB Aerospace e Temis mandanti mentre la leadership per la realizzazione della piattaforma è stata affidata da ESA a Thales Alenia Space Italia del gruppo Leonardo.

“Euclid rappresenta la prima iniziativa INFN dedicata al tema dell’energia oscura”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. “L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha infatti contribuito alla realizzazione dello strumento NISP e ora collaborerà all’analisi dei dati che saranno raccolti dal telescopio, mettendo a disposizione anche risorse di calcolo, con l’obiettivo principale di focalizzarsi sullo studio dell’energia oscura e sulla misura della massa del neutrino. Se le ricerche sull’energia oscura rappresentano perciò una novità per il nostro Istituto, quelle dedicate alle misure dirette e indirette delle proprietà dei neutrini rientrano invece tra le ricerche di punta dell’INFN, che, grazie alla sua partecipazione a Euclid, potrà ora integrare le proprie attività e la sua lunga tradizione in questo settore con una nuova tipologia di dati acquisiti con tecniche di tipo astrofisico”.

ASI, inoltre, supporta l’INAF nell’importante ruolo di guida del Science Ground Segment (SGS) e per lo sviluppo del software di bordo dei due strumenti e tutti gli enti di ricerca per le attività nei Science Working Groups. Infine ASI ha affidato ad ALTEC le attività industriali per la progettazione e la realizzazione del Science Data Center italiano della missione sotto la guida di INAF. Ulteriori risorse di calcolo necessarie per l’analisi dati e per le simulazioni dei risultati scientifici saranno inoltre fornite dall’INFN alla componente italiana della missione dall’INFN.

“Con il lancio di Euclid si inaugura una nuova era per la cosmologia” commenta Marco Tavani, presidente INAF. “È sconcertante pensare come il 95 per cento dell’Universo continui a sfuggirci, nonostante gli enormi balzi nella comprensione del cosmo realizzati negli ultimi decenni. Cos’è la misteriosa materia oscura, che tiene insieme le strutture cosmiche e supera di circa cinque volte quella visibile? E l’energia oscura, ancor più elusiva, che guida l’attuale espansione accelerata del cosmo? Sono questi gli affascinanti interrogativi che affronterà Euclid, un’incredibile missione spaziale europea, di cui l’Italia è tra i maggiori partecipanti. Al nostro Paese fa capo infatti circa un quarto di tutto l’impegno necessario per realizzare e far funzionare il satellite, nonché per sfruttare i risultati scientifici della missione. L’Istituto Nazionale di Astrofisica ha il prestigioso e delicato compito di guidare l’intero Science Ground Segment, che coordina l’elaborazione e l’analisi dell’immensa mole di dati raccolti dalla sonda, una volta inviati a terra. Ha inoltre progettato il software per i due strumenti di bordo, il cervello scientifico della missione, e gestirà, una volta in volo, le operazioni di uno di essi, lo spettrografo per il vicino infrarosso NISP.”

In Euclid sono coinvolti oltre duecento scienziati e scienziate italiani, appartenenti all’INAF, all’INFN e a numerose università, in primo luogo l’Università di Bologna e poi Università di Ferrara, Università di Genova, Università Statale di Milano, Università di Roma Tre, Università di Trieste, SISSA, CISAS.

Al lancio seguirà un’intensa fase di tre mesi di test e calibrazione del veicolo spaziale e degli strumenti scientifici in volo, in preparazione alle osservazioni. Nell’arco di sei anni, Euclid osserverà un terzo del cielo con precisione e sensibilità senza precedenti.

Alla fine della sua vita operativa, prevista al momento intorno a sei anni, Euclid avrà prodotto immagini e dati fotometrici per più di un miliardo di galassie e milioni di spettri di galassie, dati che saranno di grande importanza anche per molti altri settori dell’astrofisica.

L’Agenzia Spaziale Italiana ha partecipato, inoltre, alle operazioni di lancio monitorando il satellite dalla sua base di Malindi, il Luigi Broglio Space Center, in Kenya. Le stazioni di terra del Broglio Space Center sono localizzate in una posizione privilegiata per osservare gli eventi chiave della missione. La base di Malindi ha, quindi, effettuato attività di supporto sin dalle prime fasi di partenza tracciando la traiettoria del vettore Falcon 9 e acquisendo il primo segnale di Euclid appena 30 minuti dopo il decollo, per poi eseguire il monitoraggio fino a sei ore dopo la partenza.

CORDOGLIO DELL’INFN PER LA TRAGICA SCOMPARSA DEI COLLEGHI DEL CNR E DELL’UNIVERSITÀ FEDERICO II, DOTT.SSA PRATI E DOTT. FILACE

CORDOGLIO DELL’INFN PER LA TRAGICA SCOMPARSA DEI COLLEGHI DEL CNR E DELL’UNIVERSITÀ FEDERICO II, DOTT.SSA PRATI E DOTT. FILACE

La comunità dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare esprime profondo cordoglio per la tragica scomparsa dei colleghi ricercatori, la dott.ssa Maria Vittoria Prati e il dott. Fulvio Filace, vittime del fatale incidente occorso il 23 giugno, e manifesta un sincero sentimento di vicinanza e porge le più sentite condoglianze ai loro familiari in questo momento di inconsolabile dolore, e ai colleghi del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Università Federico II di Napoli.

ICECUBE OSSERVA NEUTRINI DI ALTA ENERGIA DALLA VIA LATTEA:  IL RUOLO DEI MODELLI TEORICI NELLA NUOVA SCOPERTA

ICECUBE OSSERVA NEUTRINI DI ALTA ENERGIA DALLA VIA LATTEA: IL RUOLO DEI MODELLI TEORICI NELLA NUOVA SCOPERTA

L’esperimento IceCube, il più grande telescopio di neutrini del mondo che da oltre dieci anni studia il cosmo dalle profondità dei ghiacci dell’Antartide, ha realizzato una nuova e inaspettata osservazione: un’emissione diffusa di neutrini di energie molto elevate, da 500 GeV fino a diversi PeV, concentrata lungo la Via Lattea. La scoperta, che apre una nuova finestra sull’astrofisica delle alte energie nella nostra galassia, è stata possibile anche grazie all’impiego di nuovi modelli teorici di emissione dei neutrini per l’interpretazione dei dati sperimentali: senza di essi, infatti, non sarebbe stato possibile identificare il tenue bagliore di neutrini della nostra galassia. Uno dei modelli teorici utilizzato, chiamato KRA_gamma, è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori italiani dell’INFN e delle Università di Pisa, Federico II di Napoli, Sapienza di Roma, in collaborazione con colleghi del GSSI Gran Sasso Science Institute e dell’Università di Stoccolma. I risultati di IceCube sono stati pubblicati oggi, 29 giugno, su Science.

IceCube è stato il primo esperimento a rivelare, nel 2013, neutrini astrofisici di altissima energia, inaugurando la cosiddetta astronomia dei neutrini, che oggi consta di cataloghi con centinaia di eventi. 

Nel 2018, IceCube ha annunciato l’identificazione di una loro prima sorgente extra galattica, ma ad oggi l’origine della maggior parte dei neutrini rivelati rimane non identificata. Comunque, la distribuzione fortemente isotropa di questi eventi sulla sfera celeste lascia ritenere che essi siano prevalentemente di origine extra galattica.

Tuttavia, anche la Via Lattea deve essere una sorgente di neutrini di altissima energia, perché sappiamo che vengono prodotti nelle collisioni della componente adronica (protoni e nuclei leggeri) dominante nei raggi cosmici diffusi in tutta la galassia con il gas interstellare. E la nuova scoperta di IceCube conferma proprio l’esistenza di una emissione diffusa di natura adronica dalla Via Lattea, che si estende, però, inaspettatamente, fino a energie oltre il PeV, con un flusso ben superiore a quello predetto dai modelli convenzionali di trasporto dei raggi cosmici e in accordo con il modello KRA_gamma. Se i primi fossero stati corretti, IceCube non avrebbe avuto, ancora per diversi altri anni, statistica sufficiente per rivelare l’emissione galattica. 

Il risultato che la Collaborazione Scientifica IceCube è riuscita a realizzare, grazie anche all’interpretazione dei dati sperimentali sulla base del nuovo modello teorico, è una conquista scientifica di notevole importanza, che sembra, quindi, riservarci già delle belle sorprese. 

Peraltro, questa emissione di neutrini deve avere un corrispettivo nei raggi gamma (radiazione elettromagnetica di altissima energia), che alcuni esperimenti hanno effettivamente osservato, come riportato dai recentissimi risultati della collaborazione LHAASO. Tuttavia, i raggi gamma potrebbero anche essere prodotti da elettroni ultrarelativistici, ad esempio originati da pulsar, solo che, in questo caso, non darebbero luogo a neutrini. Il modello teorico KRA_gamma, utilizzato dalla Collaborazione IceCube, tenendo conto di alcune anomalie precedentemente riscontrate nei dati gamma e usando avanzati strumenti numerici, risulta in ottimo accordo sia con i dati di IceCube sui neutrini, sia con i dati di LHAASO sui raggi gamma.
Queste nuove osservazioni sembrano così implicare che la popolazione di raggi cosmici nelle regioni più interne del piano galattico è più energetica di quella osservata in prossimità della Terra da esperimenti come AMS sulla Stazione Spaziale Internazionale. E, oltre ad avere forti implicazioni per la fisica del trasporto dei raggi cosmici, questo risultato è importante anche perché può aiutarci nel prossimo futuro a comprendere la loro, ancora misteriosa, origine. 

La tanto attesa scoperta delle interazioni di raggi cosmici nella nostra galassia è un grande progresso nella comprensione dei misteri attorno alle sorgenti di raggi cosmici. Ulteriori preziose conferme e dettagli necessari a completare questi nuovi scenari verranno delle future analisi dei dati di IceCube e dai risultati degli osservatori per raggi gamma e telescopi per neutrini di prossima generazione, come KM3NeT, IceCube Gen 2 e Baikal-GVD. In particolare, KM3NeT, un telescopio simile in dimensioni ad IceCube, è in fase di realizzazione da parte di altro gruppo internazionale di scienziati nel Mare Mediterraneo. Pensato per operare dalle profondità marine in due siti distinti, tra cui la Sicilia, KM3NeT è supportato dallo European Strategy Forum of Research Infrastructures (ESFRI), e inserito nel Piano Nazionale delle Infrastrutture di Ricerca (PNIR) del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), e riconosciuto come infrastruttura di ricerca di interesse strategico dalla Regione Siciliana. KM3NeT sarà uno degli esperimenti di punta dell’INFN per i prossimi anni e avrà il piano galattico come principale obbiettivo di osservazione. Anche la collaborazione europea ANTARES, alla quale l’INFN partecipa sin dalle fasi iniziali, sta cercando un eccesso astrofisico di neutrini che segua la distribuzione spaziale ed energetica prevista da questo ultimo aggiornamento del modello KRA_gamma, avendo a disposizione un catalogo ampio di dati, e ha recentemente individuato un possibile eccesso dalle regioni centrali della nostra galassia.

ll telescopio di neutrini IceCube è stato costruito ed è operato dalla National Science Foundation (NSF) con il supporto finanziario e la partecipazione di varie istituzioni membri della Collaborazione IceCube provenienti da quattordici paesi, tra cui l’Università degli Studi di Padova, solo gruppo italiano che partecipa al progetto, il cui contributo è coordinato da Elisa Bernardini del Dipartimento di Fisica e Astronomia.

I modelli impiegati per l’interpretazione dei dati sperimentali dalla collaborazione IceCube e che hanno contribuito all’importante scoperta sono stati elaborati da Daniele Gaggero e Dario Grasso della Sezione INFN di Pisa e dell’Università di Pisa, Antonio Marinelli dell’Università Federico II e della Sezione INFN di Napoli, Alfredo Urbano e Mauro Valli della Sapienza e della Sezione INFN di Roma, in collaborazione con Carmelo Evoli del GSSI e dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN e Pedro de La Torre Luque dell’Università di Stoccolma. In particolare, il modello modello KRA_gamma^5 è stato presentato in Astrophys.J.Lett. 815 (2015) 2, L25 • e-Print: 1504.00227 [astro-ph.HE], e recentemente aggiornato sulla base di nuovi dati in Front.Astron.Space Sci. 9 (2022) 1041838 • e-Print: 2209.10011 [astro-ph.HE]. 

 

 

 

IXPE: SAGITTARIUS A* POTREBBE AVERE UN PASSATO TURBOLENTO

IXPE: SAGITTARIUS A* POTREBBE AVERE UN PASSATO TURBOLENTO

Sebbene oggi meno luminoso e attivo rispetto ai suoi consimili, secondo quanto stabiliscono le osservazioni che hanno tentato fino a oggi di descriverlo, Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia e a noi più vicino, potrebbe celare un passato più burrascoso, anche se di breve durata. A sostenerlo l’ultimo risultato ottenuto grazie all’analisi dei preziosi dati forniti da IXPE, telescopio frutto della collaborazione tra NASA e ASI Agenzia Spaziale Italiana, INFN e INAF Istitututo Nazionale di Astrofica. In un articolo pubblicato mercoledì 21 giungo sulla rivista Nature, la collaborazione IXPE riporta infatti come il grado di polarizzazione della luce emessa dalle gigantesche nubi di gas presenti nelle vicinanze di Sagittarius A*, misurato con precisione dai rivelatori dell’osservatorio spaziale, sia compatibile con un intenso e temporaneo periodo di attività del buco nero, che ha determinato un aumento della sua velocità di accrescimento e una conseguente emissione di raggi X, risalente a circa 200 anni fa.

La maggior parte delle ‘nubi molecolari’, questo il nome con cui vengono indicati i giganteschi ammassi di polveri situati nelle vicinanze dei nuclei galattici, sono solitamente contraddistinte da una bassa luminosità, che denota il loro essere oggetti per lo più freddi e inerti. Studi recenti hanno tuttavia dimostrato come le nubi molecolari al centro della nostra gallassia emettono raggi X. Un comportamento che ha spinto i ricercatori a formulare delle possibili spiegazioni.

Nel 2022, per comprendere meglio il fenomeno, lo sguardo di IXPE, che misura la polarizzazione della luce nei raggi X, ovvero la direzione e l’intensità media del campo elettrico delle onde luminose, è stato rivolto per due volte, nei mesi di febbraio e marzo, verso queste strutture. Quando gli astronomi hanno combinato i dati ottenuti con le immagini del satellite X Chandra della NASA, confrontandoli con le osservazioni di archivio della missione XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), hanno potuto isolare il segnale nei raggi X riflesso e scoprirne il punto di origine esatto.

“IXPE è il primo strumento in grado di misurare la polarizzazione di sorgenti deboli, come le nubi molecolari della Via Lattea”, ricorda Luca Latronico, che ha coordinato per l’INFN la costruzione delle unità di volo di IXPE, “ma è anche in grado di misurare la forma e l’energia di sorgenti estese di raggi X, seppure con minore risoluzione rispetto agli osservatori ottimizzati per queste classiche misure astronomiche. La mappa morfologica e spettrale della regione viene quindi confermata da IXPE, ma si arricchisce della necessaria informazione sulla geometria del sistema per spiegare l’emissione come il riflesso della passata attività del centro galattico riprocessato dalle nubi molecoari”.

I dati raccolti da IXPE sembrano perciò confermare l’ipotesi secondo cui l’inusuale bagliore sia il riflesso di un lampo di luce a raggi X emesso da Sagittarius A* e scomparso da tempo, il quale indicherebbe un passato risveglio temporaneo del buco nero supermaccio al centro della Via Lattea, probabilmente causato dall’accrescimento del buco nero a seguito dell’assorbimento di parte del gas di quelle nubi.

I dati hanno inoltre contribuito a effettuare una stima della luminosità e della durata del bagliore originale, suggerendo che l’evento potrebbe essersi verificato circa 200 anni fa, più o meno all’inizio del XIX secolo. Ulteriori osservazioni potrebbero confermare il risultato riducendo l’incertezza delle misurazioni e fornendo informazioni sulla dimensione e distribuzione delle nubi molecolari che circondano Sagittarius A*.

“Questo risultato segna un altro importante successo della missione IXPE”, spiega il responsabile scientifico della missione per l’INFN Luca Baldini, “che a partire dal suo lancio nel dicembre 2021 non ha mai smesso di fornire informazioni determinati per la comprensione delle proprietà di diversi sorgenti astrofisiche, dimostrando l’efficacia dell’innovativo complesso di rivelatori che compongono la sua strumentazione, alla cui progettazione e realizzazione l’INFN, grazie alle capacità di trasferire tecnologiche maturate nella fisica delle particelle in ambito spaziale, ha fornito un contributo fondamentale attraverso le Sezioni INFN di Pisa e Torino”.

MATERIA OSCURA: SUCCESSO PER ARIA, DISTILLATO IL PRIMO ARGON

MATERIA OSCURA: SUCCESSO PER ARIA, DISTILLATO IL PRIMO ARGON

È stato distillato con successo il primo argon nell’impianto Seruci-0 di Aria. Il risultato conferma le prestazioni di progetto dell’impianto prototipo in funzione nella miniera di Monte Sinni di Carbosulcis, nella Sardegna sud-occidentale, e apre così la strada alle attività scientifiche di DarkSide-20k, l’esperimento ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, la cui tecnologia si basa proprio sull’utilizzo di argon purissimo. L’obiettivo del progetto Aria è, infatti, la purificazione mediante distillazione criogenica di argon a bassissima radioattività, estratto in pozzi sotterranei in Colorado, che sarà impiegato dal rivelatore DarkSide-20k nella ricerca di particelle di materia oscura, un tipo di materia di cui supponiamo l’esistenza, sulla base delle nostre osservazioni astrofisiche, ma che ad oggi non abbiamo ancora mai osservata.

L’articolo scientifico, appena pubblicato sulla rivista internazionale The European Physical Journal C, descrive dunque le misure sperimentali effettuate per la prima volta con la colonna prototipo Seruci-0 dell’impianto di Aria relative alla distillazione criogenica isotopica dell’argon. L’impianto di Aria, progetto dell’INFN e dell’Università di Princeton, e con il supporto finanziario della Regione Autonoma della Sardegna, sarà costituito da una colonna di distillazione criogenica di 350 metri composta di 28 moduli identici al prototipo Seruci-0, ed è in fase di installazione in un pozzo a Seruci.

“Measurement of isotopic separation of argon with the prototype of the cryogenic distillation plant Aria for dark matter searches”

ASSEGNATI I PREMI INFN 2022 PER LE MIGLIORI TESI DI DOTTORATO

ASSEGNATI I PREMI INFN 2022 PER LE MIGLIORI TESI DI DOTTORATO

L’INFN ha assegnato i premi 2022 per le migliori tesi di dottorato nelle cinque aree di ricerca dell’Istituto: fisica subnucleare, astroparticellare, nucleare, teorica e tecnologica, e su attività di ricercae sviluppo nell’ambito del calcolo. I premi, del valore di 2.000 euro ciascuno e assegnati dalle cinque Commissioni Scientifiche Nazionali (CSN) e dalla Commissione Calcolo e Reti (CCR) dell’INFN, sono intitolati alla memoria di illustri fisici italiani o colleghi dell’INFN: Marcello Conversi, Bruno Rossi, Claudio Villi, Sergio Fubini, Francesco Resmini e Giulia Vita Finzi.

 

 

A Elisabetta Manca, della Scuola Normale Superiore di Pisa, e Saverio Mariani, della Scuola Normale Superiore di Pisa, va il premio Marcello Conversi per le migliori tesi di dottorato nel campo della fisica subnucleare. Assegnato dalla CSN1, il riconoscimento premia le due tesi dal titolo “Precision Measurement of W detected in CMS” e “Fixed-target physics with the LHCb experiment at CERN”.

Con questo premio l’INFN rende omaggio alla figura di Marcello Conversi, protagonista negli anni della Seconda guerra mondiale, insieme a Ettore Pancini e Oreste Piccioni, di un esperimento fondamentale che portò alla scoperta del muone e segnò di fatto la nascita della fisica delle alte energie.

 

Il premio Bruno Rossi, dedicato alle migliori tesi di dottorato in fisica astroparticellare, è stato assegnato a Matteo Borghesi, dell’Università di Milano Bicocca, e Stefano Piacentini, dell’Università Roma ‘La Sapienza’, per le tesi dal titolo “Toward the first neutrino mass measurement of Holmes” e “Search for low-mass dark matter with direct detection experiments”.

L’INFN ricorda con questo premio Bruno Rossi, scienziato che ha dato contributi fondamentali alla fisica delle particelle elementari mediante lo studio dei raggi cosmici, tra i primi a scoprire sorgenti di raggi X al di fuori del Sistema Solare e che ha identificato il decadimento del muone e ne ha misurato la vita media.

 
 

La CSN3 ha assegnato il premio Claudio Villi a Daniele Brugnara, dell’Università di Padova, per la tesi “Investigating the 46Ar proton wave function with the 46Ar(3He,d)47K direct reaction”, giudicata come migliori tesi di dottorato nel campo della fisica nucleare.

Con questo premio l’INFN ricorda Claudio Villi, titolare della prima cattedra italiana di fisica nucleare all’Università di Padova. A Villi si deve l’idea di creare i Laboratori Nazionali di Legnaro (LNL) dell’INFN e l’attuale modello organizzativo dell’Istituto, che prende forma durante il suo mandato di presidente (1970-1975).

 

    

Pierluca Carenza, dell’Università di Bari, Elisa Maggio, dell’Università Roma ‘La Sapienza’, e Matteo Sacchi, dell’Università di Milano Bicocca, hanno ricevuto il premio Sergio Fubini dalla CSN4. Le loro tesi sono state reputate le migliori nel campo della fisica teorica e sono intitolate “Astrophysical and cosmological bounds on axions and axion-like particles”“Probing New Physics on the horizon of Black Holes with Gravitational Waves” “Aspects of dualities and symmetry enhancements in three and four dimensions”.

Questo premio è stato istituito dall’INFN per rendere omaggio al fisico teorico torinese Sergio Fubini, scomparso nel 2005, che ha dato significativi contributi alla teoria dei campi e alla teoria delle stringhe.

 

 

Premiate dalla CSN5 le migliori tesi di dottorato in fisica degli acceleratori e delle nuove tecnologie. Il premio Francesco Resmini va a Oriol Sans Planell, dell’Università di Torino, e a Marta Missiaggia, dell’Università di Trento, per le tesi “Development of a Novel Compact Neutron Collimator for Neutron Imaging Applications within the ANET Project” e “Expanding microdosimetry from radiation field characterization to radiobiological damage modeling”.

Il riconoscimento è dedicato a Francesco Resmini, tra i pionieri degli studi sulle macchine acceleratrici e sulla fisica applicata per la diagnostica ambientale e medica.

 
 

 

Il premio Giulia Vita Finzi, attribuito dalla Commissione Calcolo e Reti, per la migliore tesi di laurea magistrale su attività di ricerca e sviluppo nell’ambito del calcolo dell’INFN, è stato assegnato a Bruk Mohamed Nur, dell’Università di Genova, per la tesi “Pre-processing and machine learning in spatial registration of 3D objects”.

Il premio è dedicato alla memoria di Giulia Vita Finzi, colonna portante della Commissione Calcolo e Reti e del CNAF, e uno dei primi web master dell’INFN negli anni pionieristici per queste attività e ricerche tecnologiche.

IXPE

Prorogata di 20 mesi la missione spaziale NASA+ASI Imaging X-ray Polarimetry Explorer (IXPE).

Il Program Scientist della NASA ed il NASA Astrophysics Director hanno firmato il memorandum di estensione e finanziamento della missione su satellite Imaging X-ray Polarimetry Explorer (IXPE), una missione bilaterale USA-Italia, agenzie NASA e ASI, di tipo Small Explorer (SMEX) .
La missione spaziale IXPE sarà estesa di 20 mesi dalla NASA, con l›attivazione di un General Observer program aperto a tutti gli scienziati dal febbraio 2024 al settembre 2025. IXPE sarà poi rivalutato successivamente alla prossima NASA Senior Review of Operating Missions, per una eventuale ulteriore estensione oltre tale data.
La NASA rilascerà l’Announcement of Opportunity (AO) per il programma IXPE Guest Observer (GO) nelle prossime settimane.

Questo traguardo è stato raggiunto grazie alla collaborazione scientifica internazionale che ha reso, la missione IXPE, un satellite di successo, sia dal punto di vista tecnico che scientifico.
IXPE ha esplorato, fino ad ora, lo stato di polarizzazione dei fotoni nella banda elettromagnetica dei raggi X (fotoni di energia tra 2 e 8 keV) emessi da diverse classi di oggetti astronomici nel cielo compatti, aventi campi gravitazionali, elettrici e magnetici estremi.

Al di là degli interessanti risultati astrofisici ottenuti nei primi due anni di missione in volo, essenziali per la decisione positiva di proroga di ulteriori quasi 2 anni, i prossimi mesi potrebbero essere di interesse anche per studi più esotici, ad esempio quelli di fisica fondamentale in ambienti astrofisici così estremi, come la gravità quantistica, birifrangenza, e la ricerca di segnali indiretti di axion-like particles (ALPs) tramite i dati di polarizzazione nei raggi X.

L’Italia sta collaborando attualmente agli obiettivi della missione scientifica IXPE in presa dati, con un team di ricercatori e studenti di ASI, INAF, INFN e Università di Roma Tre. Il contributo italiano comprende anche il coinvolgimento e messa a disposizione della “Luigi Broglio” ground-station di ASI (Malindi, Kenya) e dello Space Science Data Center (SSDC) in ASI.

La Sezione INFN locale di Roma Tor Vergata è coinvolta con Stefano Ciprini, Marco Laurenti e Francesco Tombesi, nell’ambito della sigla INFN di commisisone 2 di esperimento XRO (ovvero satelliti eXTP e IXPE con l’attuale responsabile locale per XRO che è Marco Feroci). Nel centro SSDC per il Team di missione IXPE sono ivi coinvolti Marco Laurenti e Stefano Ciprini assieme ad altri ricercatori INAF e ASI.
A questo annuncio potrebbe seguire un comunicato stampa italiano congiunto ASI+INFN+INAF più generale.

Links utili:

https://www.nasa.gov/mission_pages/ixpe/index.html
https://ixpe.msfc.nasa.gov
https://www.google.com/search?q=site:infn.it++(ixpe+OR+X-ray+polarizzazione)
http://ixpe.iaps.inaf.it
https://ixpe.ssdc.asi.it
https://web.infn.it/csn2/index.php/it/esperimenti/175-esperimenti-2023
https://www.google.com/search?q=site:asi.it++(ixpe+OR+X-ray+polarizzazione)

EINSTEIN TELESCOPE: IL GOVERNO UFFICIALIZZA LA CANDIDATURA ITALIANA PER L’INFRASTRUTTURA DI RICERCA INTERNAZIONALE

EINSTEIN TELESCOPE: IL GOVERNO UFFICIALIZZA LA CANDIDATURA ITALIANA PER L’INFRASTRUTTURA DI RICERCA INTERNAZIONALE

Roma, 6 giugno 2023 – Riuscirà a osservare un volume di universo almeno mille volte maggiore delle infrastrutture di ricerca attuali. Permetterà di studiare i segnali di onde gravitazionali con grandissima precisione. Consentirà di studiare la storia dell’universo andando indietro nel tempo, avvicinandosi quasi al Big Bang. Einstein Telescope è questo e tanto altro. L’Italia si candida a ospitare la grande infrastruttura di ricerca di livello internazionale. Ad ufficializzare la candidatura, questo pomeriggio, è stato il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, insieme al Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani; al Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini; al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone; e al Presidente della Regione Autonoma della Sardegna,Christian Solinas. La Sardegna è la Regione proposta dall’Italia per ospitare la prestigiosa infrastruttura scientifica, nell’area della miniera dismessa di Sos Enattos (Nuoro).

Nella sede dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), già Osservatorio Astronomico di Monte Mario, che ha ospitato la presentazione, sono anche intervenuti Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica e presidente del Comitato Tecnico Scientifico per la Candidatura Italiana per Einstein Telescope (ET) e Antonio Zoccoli, Presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Istituto che coordina la cordata scientifica nazionale per la candidatura italiana per ET.

Presenti, inoltre, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alfredo Mantovano ed Ettore Sequi, Ambasciatore e Capo delegazione italiana nel Board of Governmental Representatives di Einstein Telescope

EINSTEIN TELESCOPE (ET)

Einstein Telescope sarà il futuro rivelatore di onde gravitazionali di terza generazione in Europa. Molto più sensibile degli attuali rivelatori della precedente generazione, i due interferometri gemelli Ligo negli Stati Uniti e il rivelatore Virgo in Italia. E riuscirà a osservare un volume di universo almeno mille volte maggiore. ET permetterà di studiare i segnali di onde gravitazionali con grandissima precisione, aprendo opportunità straordinarie per la fisica fondamentale, l’astrofisica e la cosmologia.

Con Einstein Telescope sarà possibile studiare la storia dell’universo andando indietro nel tempo, avvicinandosi quasi al Big Bang. E questo grazie alla rivelazione sulla Terra delle onde gravitazionali prodotte da eventi cosmologici, come la fusione di buchi neri o di stelle di neutroni, a distanze inimmaginabili.

Proprio per il suo enorme potenziale di scoperta e di conoscenza, la comunità scientifica considera Einstein Telescope come un progetto di impatto mondiale. 

PERCHÉ LA CANDIDATURA ITALIANA?

Grazie a un’esperienza di oltre cinquant’anni nello studio delle onde gravitazionali, l’Italia è riconosciuta a livello internazionale come uno dei Paesi scientificamente più preparati a gestire un osservatorio straordinario quale ET.

L’idea di ET si fonda sui successi degli interferometri Virgo (in Italia) e LIGO (negli Stati Uniti) che, grazie alle osservazioni realizzate a partire dal 2015 (anno della scoperta delle onde gravitazionali) sino ad oggi, hanno rivoluzionato il modo di studiare l’universo, rendendo questo ambito di ricerca fondamentale uno dei più promettenti.

Nel 2020 il progetto inizia a concretizzarsi quando l’Italia, a capo di un gruppo di altri Paesi, ha presentato la candidatura di ET allo European Strategy Forum on Research Infrastructures (ESFRI), che ha riconosciuto il progetto come uno dei principali a livello europeo e inserendolo anche nella sua Roadmap 2021 delle grandi infrastrutture di ricerca su cui è rilevante investire.

Enti di Ricerca, Università, Istituti di Ricerca. A sostenere e a supportare la candidatura italiana è una grande comunità scientifica nazionale con importanti competenze multidisciplinari: Agenzia Spaziale Italiana; CINECA; EGO (Osservatorio gravitazionale europeo); Istituto Nazionale di Astrofisica; Istituto Nazionale di Fisica Nucleare; Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia; Consortium GARR (Rete italiana dell’istruzione e della ricerca); Gran Sasso Science Institute; Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale. E ancora, le Università di: Bologna; Cagliari; ‘Luigi Vanvitelli’ della Campania; Genova; Napoli ‘Federico II’; Padova; Perugia; Pisa; Sapienza di Roma; Tor Vergata di Roma; Sassari.

L’Italia a sostegno della sua candidatura può vantare l’esperienza nella realizzazione e gestione di grandi infrastrutture di ricerca sotterranee, come i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, il più grande laboratorio sotterraneo al mondo dedicato alla fisica astroparticellare.

I Paesi Bassi sono l’altro Paese attualmente candidato per ospitare Einstein Telescope.

PERCHÉ LA SARDEGNA?

L’area dell’ex miniera di Sos Enattos, a Lula, in provincia di Nuoro, in Sardegna, è stata individuata per ospitare Einstein Telescope. La Sardegna è una regione caratterizzata da una bassissima sismicità naturale. L’area di Sos Enattos, inoltre, è un’area con scarsa antropizzazione e quindi con disturbi legati alle attività umane estremamente ridotti. Per eseguire le misure di grande precisione, è fondamentale che Einstein Telescope sia collocato in un’area immersa nel ‘silenzio’.

Per la Sardegna poter ospitare questa infrastruttura di ricerca vuol dire poter contare anche su ricadute per l’occupazione e per l’indotto delle aziende.

Nella fase di costruzione, secondo le prime stime, il potenziale in termini di occupazione, considerando effetti diretti e indotti, è di 36.085 unità di forza lavoro, che corrispondono a circa 4.000 persone impiegate full time ogni anno per i 9 anni di costruzione ipotizzati. A regime, l’infrastruttura ospiterà personale altamente qualificato, che lavoreranno nel laboratorio e vivranno in loco. Questa comunità comprenderà tanto personale assunto in pianta stabile dalla struttura – circa 160 unità – quanto flussi regolari di ricercatori in visita scientifica.

 

Registrazione dell’evento Presentazione della candidatura italiana per Einstein Telescope