“GRAVITASFEST” A CAGLIARI: SVELATO IL PROGRAMMA DEL PRIMO FESTIVAL AL CONFINE TRA FISICA E FILOSOFIA DELLA SCIENZA

“GRAVITASFEST” A CAGLIARI: SVELATO IL PROGRAMMA DEL PRIMO FESTIVAL AL CONFINE TRA FISICA E FILOSOFIA DELLA SCIENZA

Il 17 settembre sarà inaugurato al centro comunale d’arte e cultura “Il Ghetto” di Cagliari la prima edizione del festival “GravitasFest”, realizzato dalla Sezione di Cagliari dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). 

“Oltre il senso comune”, è questo il tema della prima edizione di “GravitasFest”, un festival scientifico multidisciplinare che abbraccia temi come la fisica contemporanea, la filosofia e la storia della scienza, l’arte e la sociologia. Nei due giorni del festival, 17 e 18 settembre, la sala comunale d’arte e cultura “Il Ghetto”, in via Santa Croce 18 a Cagliari, sarà teatro di laboratori, tavole rotonde, spettacoli interattivi e mostre.

Organizzato e promosso dalla sezione di Cagliari dell’INFN, il “GravitasFest” chiude una serie di attività divulgative e didattiche dedicate a studenti e studentesse delle scuole secondarie di II grado svolte nell’anno scolastico 2021-2022. Le mostre, in particolare, sono state realizzate in collaborazione con gli studenti e le studentesse che hanno partecipato al progetto “Gravitas”, promosso dalla sezione di Cagliari dell’INFN in collaborazione con il Dipartimento di Fisica e il Piano Lauree Scientifiche Fisica dell’Università degli studi di Cagliari (Unica).

Il programma del festival è stato presentato in occasione di un evento il 7 settembre a Cagliari, al Bar Florio di Piazza San Domenico. Oltre alle mostre e i laboratori didattici, il ricco calendario delle due giornate prevede eventi e discussioni in tono informale e affascinante su buchi neri e onde gravitazionali, vita fuori dalla Terra, teletrasporto quantistico, materia ed energia oscura, rapporto tra scienza e filosofia e tra scienza e industria culturale, gravità quantistica, filosofia del digitale, nuove scienze storia della scienza e sua evoluzione nei secoli, e di molto altro ancora.

Ci sarà inoltre spazio per laboratori e spettacoli al confine tra arte e scienza. Tra questi, il 17 settembre alle 21.30 Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN, presenterà il monologo musicale illustrato “Dante e la Scienza moderna” in compagnia dell’attore Stefano Sabelli, delle illustrazioni di Luca Ralli e delle note al pianoforte di Claudio Mosca. Per il 18 alle 19.00, invece, è previsto lo spettacolo “Tacchini e raggi di luce – storie di incroci tra scienze e filosofia” di Gaia Contu, divulgatrice, youtuber e filosofa della scienza.

Partner del festival

Il “GravitasFest” è organizzato e promosso dalla sezione di Cagliari dell’INFN e realizzato con il sostegno e il patrocinio di INFN, Unica, il Dipartimento di Fisica e il Piano Lauree Scientifiche Unica e del Comune di Cagliari, in collaborazione con “Il Ghetto”, l’Associazione culturale IDeAS, l’Osservatorio Astronomico di Cagliari e la sezione di Cagliari dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.

Maggiori informazioni

Sito web: https://dark.infn.it/gravitas/

Canale Youtube INFN Cagliari: https://www.youtube.com/channel/UCbj8ovQ_fbqR6luQ_jK-wfQ

Pagina Facebook INFN Cagliari: https://www.facebook.com/INFNCagliari

CERN, GIUSEPPE RUGGIERO È IL NUOVO PORTAVOCE DELLA COLLABORAZIONE NA62

CERN, GIUSEPPE RUGGIERO È IL NUOVO PORTAVOCE DELLA COLLABORAZIONE NA62

L’italiano Giuseppe Ruggiero, ricercatore all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e professore associato all’Università di Firenze, è stato eletto nuovo spokesperson della collaborazione NA62, esperimento ospitato al CERN, di cui, a partire da ottobre 2022, sarà alla guida per i prossimi 3 anni.

“È per me un onore coordinare una collaborazione che è riuscita con successo a imporsi nel panorama internazionale con un programma di fisica di frontiera. Considero la mia elezione il giusto riconoscimento all’enorme mole di lavoro che l’Italia e l’INFN ha fatto nell’ambito di NA62 e di cui costituisce una componente predominante”, commenta Giuseppe Ruggiero. “Attualmente, NA62 è di fronte a una duplice sfida: da un lato un programma di fisica ben definito e ambizioso da raggiungere prima del long shutdown 3 del CERN, dall’altro un progetto di upgrade dell’esperimento per continuare ed espandere un programma di fisica, quella del sapore del quark strano, che sempre più si sta rivelando uno degli strumenti più sensibili a effetti di fisica oltre il Modello Standard. Conoscendo l’eccellenza dei nostri collaboratori, sono sicuro che lavorando in modo coeso riusciremo a raggiungere tutti questi obiettivi”, conclude Ruggiero.

Scopo principale di NA62 è la misura del decadimento del kaone carico in un pione carico e in una coppia neutrino-antineutrino, uno dei fenomeni rari previsto dal Modello Standard, la teoria che descrive le interazioni tra particelle fondamentali, la quale prevede con precisione come questa particolare trasformazione si verifichi circa una volta ogni dieci miliardi di decadimenti del kaone carico. Oltre a fornire un test di precisione per il Modello Standard, le misure di NA62 potranno perciò indicare la presenza di effetti di nuova fisica in modo complementare alla ricerca effettuata da LHC.

Giuseppe Ruggiero è ricercatore INFN e professore associato di fisica sperimentale delle particelle elementari presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze. In passato è stato ricercatore alla Scuola Normale Superiore, staff di ricerca al CERN e Lecturer e Research Fellow presso l’Università di Lancaster in UK. Ha iniziato l’attività scientifica nei primi anni 2000 al CERN con l’esperimento NA48. Ha lavorato quindi alla progettazione e alla simulazione di NA62 ed è autore della ricostruzione dello spettrometro a camere a straw. In seguito, ha lavorato all’analisi dati dell’esperimento realizzando la misura del decadimento del kaone carico in pione neutrino anti-neutrino, di cui è stato coordinatore dell’analisi. Ruggiero ha anche ricoperto il ruolo di coordinatore della fisica di NA62 dal 2010 al 2018, ed è stato vice-spokesperson della collaborazione dal 2018 fino alla sua recente elezione al ruolo di spokesperson.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AIUTERÀ L’ASTRONOMIA MULTIMESSAGGERA

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AIUTERÀ L’ASTRONOMIA MULTIMESSAGGERA

L’intelligenza artificiale, sempre più pervasiva in ogni ambito della nostra vita, potrebbe così diventare tra non molti anni uno strumento decisivo anche le future sfide dell’astronomia multimessaggera. Nei prossimi decenni, infatti, telescopi e antenne sulla Terra e nello spazio riusciranno sempre più spesso a fare osservazioni coordinate e a registrare in parallelo segnali di diversa natura generati dallo stesso fenomeno cosmico: onde elettromagnetiche di differenti frequenze, dalle onde radio fino ai potentissimi lampi gamma, ma anche onde gravitazionali, neutrini o altre particelle cosmiche.

In realtà fino ad oggi esiste un’unica osservazione di questo tipo, avvenuta il 17 agosto 2017. Quel giorno il segnale gravitazionale emesso dalla fusione di due stelle di neutroni catturato dagli interferometri LIGO negli Stati Uniti e Virgo in Italia, e il successivo riscontro di un lampo gamma osservato dal satellite Fermi resero possibile per la prima volta una campagna osservativa multimessaggera che coinvolse oltre 70 telescopi e osservatori su tutto il pianeta. Con i prossimi cicli di osservazioni di LIGO e Virgo, e ancor più in futuro grazie alle nuove generazioni di antenne gravitazionali come Einstein Telescope in Europa e Cosmic Explorer negli USA, e di telescopi elettromagnetici come CTA o il Webb Telescope appena messo in orbita, l’osservazione parallela di onde gravitazionali, raggi gamma e possibilmente neutrini potrebbe diventare routinaria, con la possibilità di rivelare più di un evento multimessaggero al giorno.

“In questo scenario, molti dati di natura diversa saranno registrati quasi simultaneamente e dovranno essere analizzati ed elaborati il più rapidamente possibile per coordinare le osservazioni e soprattutto studiare i fenomeni astrofisici che li hanno generati”, spiega Elena Cuoco, ricercatrice di EGO European Gravitational Observatory, della Scuola Normale Superiore di Pisa e associata all’INFN. “L’intelligenza artificiale potrebbe giocare un ruolo decisivo se saremo in grado di addestrare degli agenti intelligenti in grado di analizzare, quasi in tempo reale, i segnali generati da un unico evento astrofisico multimessaggero, identificandolo e descrivendone le caratteristiche fisiche con estrema rapidità”.

Per questo il gruppo di ricerca, coordinato dalla stessa Cuoco, ha proposto un approccio detto ‘multimodale’, che è utilizzato in molte applicazioni di intelligenza artificiale (IA), in grado di integrare informazioni e segnali di natura diversa, come immagini, suoni, testi. Sono di questo tipo le IA dei robot che analizzano simultaneamente input visivi, sonori e di differenti sensori per orientarsi e muoversi nello spazio, o le applicazioni che per interpretare le intenzioni o i discorsi di una persona incrociano le informazioni che ricavano dalle espressioni del viso, dal timbro della voce oltre che dal contenuto letterale di ciò che viene detto.

“Nel nostro caso – prosegue Cuoco – possiamo rappresentare pezzi di informazione derivanti da diversi segnali fisici nella forma di visualizzazioni 3D, diagrammi di frequenze, immagini o segnali audio, che i programmi imparano a interpretare e integrare, per identificare in tempo reale le caratteristiche delle sorgenti. I test che abbiamo fatto su campioni di eventi astrofisici simulati indicano che questa direzione è percorribile e i primi risultati sembrano incoraggianti”.

Naturalmente questa prospettiva apre sfide impegnative legate agli aspetti di calcolo e alla condivisione su un’unica piattaforma informatica, in modo quasi istantaneo, dei dati e dei risultati di gruppi e istituzioni di ricerca di tutto il mondo.

“La scelta delle istituzioni di ricerca di garantire un accesso libero e universale ai propri dati, il cosiddetto open access, è l’unica via che ci consente di sviluppare collaborazioni così estese, – conclude Elena Cuoco – e in questo senso iniziative come quella dell’European Open Science Cloud (EOSC), che punta alla costruzione di una cloud condivisa per i dati e i software della ricerca europea e utile a settori ricerca molto diversi, dalla biologia alla fisica delle particelle, vanno senz’altro nella giusta direzione. Del resto, la comunità delle onde gravitazionali è in questo senso un esempio: LIGO e Virgo rendono pubblici la posizione nel cielo e le caratteristiche preliminari delle sorgenti gravitazionali appena pochi secondi dopo la loro rivelazione.”

Questo lavoro di ricerca è stato sostenuto da COST (Cooperazione Europea in Scienza e Tecnologia) e dal progetto UE ESCAPE.

 

 

 

IL ‘FASCINO’ INTRINSECO DEL PROTONE

IL ‘FASCINO’ INTRINSECO DEL PROTONE

Un nuovo lavoro della collaborazione NNPDF (Neural Networks Parton Distribution Functions), guidata dall’Università degli Studi di Milano e dall’INFN, fa luce su una sorprendente caratteristica della struttura dei protoni. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, ha infatti determinato come anche i quark ‘charm’, insieme ai più noti e leggeri quark ‘up’ e quark ‘down’, siano da annoverarsi tra i componenti intrinseci di questi costituenti atomici, confermando un’ipotesi elaborata oltre 40 anni fa. Il risultato è stato ottenuto adottando innovative tecniche di machine learning, grazie alle quali è stato possibile analizzare e risolvere nel dettaglio la grande messe di dati prodotti dai collisori di particelle. Oltre a migliorare la comprensione della struttura dei protoni, ancora poco nota, lo studio contribuirà a rendere più accurata la descrizione teorica degli urti tra queste particelle, favorendo l’osservazione di possibili indizi di nuova fisica.

La semplice rappresentazione del protone come oggetto costituito da due soli quark ‘up’ e da un quark ‘down’ confinati e legati insieme per mezzo dello scambio reciproco dei bosoni mediatori dell’interazione forte, i gluoni, ignora la presenza all’interno del protone di un numero infinito di coppie composte da quark e dalle loro controparti di antimateria, gli antiquark. Questa complessa composizione cambia nelle collisioni di protoni all’aumentare delle energie, e quindi con il diminuire delle scale di misura. Uno scenario che trova riscontro nelle previsioni della cromodinamica quantistica, la teoria di riferimento per la descrizione della forza nucleare forte.

A partire dai dati sperimentali”, spiega Stefano Forte, ricercatore INFN e docente dell’Università Statale di Milano alla guida della collaborazione NNPDF, “e facendo ricorso alla cromodinamica quantistica, siamo in grado di risolvere indirettamente la struttura interna del protone a riposo. La principale difficoltà di questa procedura è legata all’incertezza che contraddistingue l’osservazione delle particelle prodotte nelle collisioni ed alle approssimazioni che è necessario adottare per rendere possibili i calcoli, che, se non trattate correttamente, potrebbero fornire conclusioni che dipendono dalle assunzioni iniziali soggettive adottate.”

Nel 1980 i fisici Stan Brodsky, Paul Hoyer, Carsten Peterson e Noriskue Sakai formularono l’ipotesi secondo cui anche il quark ‘charm’, la cui massa è maggiore di quella del protone stesso, avrebbe potuto rappresentare una delle componenti intrinseche di questi costituenti atomici a riposo, da non confondere quindi con i quark pesanti irradiati dalle collisioni tra protoni ad alte energie. Una proposta al centro di una controversia scientifica durata oltre 40 anni, risolta solo oggi dalla collaborazione NNPDF grazie allo sviluppo e all’impiego di metodologie di analisi all’avanguardia in grado di superare i limiti teorici e sperimentali relativi alla determinazione della struttura interna del protone.

Il risultato è stato reso possibile dall’impiego di nuovi dati molto recenti” illustra Forte. Felix Hekhorn e Alessandro Candido, rispettivamente assegnista e dottorando presso l’Università statale di Milano sottolineano che “un ruolo fondamentale lo ha avuto il ricorso ad alcuni sviluppi teorici ottenuti dalla nostra stessa collaborazione, che permettono di separare senza ambiguità la componente intrinseca dalla componente radiativa”. Juan Cruz Martinez, assegnista presso l’Università degli Studi di Milano, osserva che “più importante di tutti è stato lo sviluppo di una metodologia basata su machine learning che permette di estrarre dai dati l’informazione in modo particolarmente efficiente”.

Aver stabilito che il protone ha una componente di charm intrinseco avrà importanti ricadute nello studio sia delle proprietà del protone sia della fisica oltre il Modello Standard, la teoria che descrive le particelle elementari e le loro interazioni. “Da un lato, la componente ‘charm’ individuata sarà infatti inclusa nei calcoli di processi fisici che si producono in collisioni di protoni, e ne influenzerà il risultato. Essa avrà quindi un impatto sulla fisica di precisione, come per esempio la misura dei parametri della teoria attuale, e di conseguenza sulla ricerca di deviazioni da essa, quali le ricerche di possibili particelle candidate per la materia oscura. Dall’altro, ci fornisce importanti indizi per il calcolo della struttura del protone a partire dalla cromodinamica quantistica, che resta difficile ed elusivo”, conclude Forte.

Il lavoro della collaborazione NNPDF è stato reso possibile grazie ai risultati raggiunti da N3PDF, un progetto di ricerca, coordinato sempre da Forte, che ha come principale obiettivo lo sviluppo di una metodologia basata su tecniche moderne di machine learning per la determinazione della struttura del protone, e che nel 2016 ha ottenuto un finanziamento dal Consiglio Europeo delle Ricerche (ERC Advanced Grant). La metodologia sviluppata da N3PDF è ora utilizzata sistematicamente da NNPDF. Tutti i risultati, i metodi e i codici di entrambi i progetti sono resi disponibili liberamente in formato open-source.

La collaborazione internazionale NNPDF, di cui fanno parte nove università e istituti di ricerca di sei paesi, è oggi una delle sole tre realtà a livello mondiale dedicate alla determinazione e all’aggiornamento delle misure relative alla struttura del protone.

Proprio in questi giorni è in corso presso il Palazzo Feltrinelli di Gargnano l’annuale meeting della collaborazione NNPDF e del progetto N3PDF, un’occasione per discutere di nuove idee e sviluppi futuri, grazie anche alla partecipazione di alcuni ospiti internazionali, fra cui Wouter Verkerke, del laboratorio nazionale olandese NIKHEF di Amsterdam e Alexander Huss, del CERN di Ginevra.

ADDIO A LAURA PERINI

ADDIO A LAURA PERINI

Laura Perini, professoressa di fisica nucleare e subnucleare dell’Università Statale di Milano e ricercatrice INFN, ci ha lasciati all’età di 70 anni.

La professoressa Perini ha svolto la sua attività di ricerca nell’ambito della Fisica Sperimentale delle Particelle Elementari. Ha preso parte e contribuito a numerosi esperimenti al CERN, occupandosi sin dai primi anni Novanta della progettazione e preparazione dell’esperimento ATLAS all’acceleratore LHC, che nel 2012 ha permesso la scoperta del Bosone di Higgs, insieme all’esperimento CMS. All’interno della collaborazione ATLAS, Laura Perini si è concentrata sui problemi di calcolo posti dalla straordinaria quantità di dati che l’esperimento comporta, e in quest’ambito ha sostenuto il progetto di calcolo distribuito “Grid”, poi effettivamente utilizzato, e ha avuto un ruolo strategico nella progettazione e nell’evoluzione dell’infrastruttura di calcolo scientifico dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in uso da circa venti anni.

Molti gli incarichi organizzativi e in ambito scientifico da lei ricoperti: dal 2012 al 2017 è stata Direttrice del dipartimento di Fisica “Aldo Pontremoli” e membro del Senato Accademico dell’Università Statale di Milano, e dal 2019 è stata anche membro del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo.

Oltre alle attività didattiche e scientifiche, la professoressa Perini si è impegnata a lungo nelle attività di promozione della Fisica. Responsabile per il dipartimento di Fisica dell’Università Statale di Milano del Progetto Lauree Scientifiche (PLS), finanziato dal MIUR con lo scopo di favorire la crescita dell’interesse degli studenti delle scuole superiori verso le materie scientifiche e la Fisica in particolare. Rilevante anche il suo impegno per migliorare la preparazione in ingresso degli studenti.

“Laura era una persona di grande equilibrio e pacatezza e tutti la ricordano come una persona infaticabile, solare e sempre al lavoro per ricomporre le situazioni.” Ricorda Chiara Meroni, componente della Giunta Esecutiva INFN e già direttrice della Sezione di Milano, e aggiunge: “Grazie alla sua visione sull’importanza del calcolo scientifico e soprattutto dell’analisi di grandi quantità di dati, ha svolto un ruolo trainante nelle attività di punta dell’INFN in questo settore”.

ADDIO A PIERO ANGELA

ADDIO A PIERO ANGELA

Ci ha lasciati oggi, 13 agosto, Piero Angela.
“Tutta la comunità dell’INFN si unisce con profondo cordoglio nel ricordo di Piero Angela, grande giornalista e divulgatore, che ha saputo con serietà e simpatia portare nelle case di tutti noi la scienza”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. “Piero Angela è stato un apripista e una guida nella comunicazione scientifica per il grande pubblico, segnando la storia della televisione italiana. Ha saputo essere sempre attuale e coinvolgente nei modi attraverso i quali, durante i suoi settant’anni di carriera, ha continuato con dedizione e passione a informare e interessare tutte le persone, di tutte le età, sui piccoli e sui grandi temi della ricerca. Ha cresciuto generazioni di italiani, avvicinandole e appassionandole a tutte le discipline scientifiche, sottolineando sempre l’importanza di avere nel metodo scientifico e nello spirito critico il proprio faro nel processo di conoscenza e anche nella vita, per essere persone e cittadini consapevoli. Piero Angela è stata una persona che con garbo, autorevolezza e competenza ha contribuito a costruire la cultura del nostro Paese: con lui un maestro ci lascia, ma la sua eredità rimarrà per tutti noi storia e insegnamento della nostra vita e della nostra società, e ispirazione per il nostro futuro di ricercatori, comunicatori, cittadini”, conclude Zoccoli.

XENONnT PRESENTA I SUOI PRIMI RISULTATI

XENONnT PRESENTA I SUOI PRIMI RISULTATI

XENONnT presenta oggi, 22 luglio, alla International Conference on Identification of Dark Matter, in corso a Vienna, i suoi primi risultati scientifici basati sui dati raccolti durante il primo ciclo di attività, durato 97,1 giorni, dal 6 luglio al 10 novembre 2021. Dall’analisi dei nuovi dati, l’ultimo rivelatore del programma XENON, che è stato costruito e messo in funzione ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare tra la primavera del 2020 e la primavera del 2021 nonostante la difficile situazione pandemica, mostra una sensibilità elevatissima per la ricerca di fenomeni molto rari, grazie alla sua ‘purezza’ senza precedenti. Inoltre, questi primi risultati (che saranno pubblicati su arxiv e PRL) non confermano l’eccesso osservato dal predecessore XENON1T e fissano limiti ancora più stringenti a scenari di nuova fisica.

L’esperimento XENONnT è progettato per cercare le cosiddette WIMP, un particolare tipo di particelle candidate a comporre la materia oscura, l’elusiva componente del 25% del nostro universo che ancora non siamo riusciti a osservare direttamente. Il suo compito è dunque studiare eventi estremamente rari. Esperimenti con questi obiettivi richiedono di ridurre il più possibile il fondo di eventi che potrebbe confondere il segnale che si sta cercando, e quindi richiedono i più bassi livelli possibili di radioattività naturale di qualsiasi tipo, derivanti sia dai materiali utilizzati per la costruzione del rivelatore e dall’ambiente circostante, sia da sorgenti intrinsecamente presenti nello xenon liquido stesso. In particolare, quest’ultimo contributo, dominato dal radon, è il più difficile da minimizzare, ma allo stesso tempo la sua riduzione rappresenta il prerequisito fondamentale per le attuali ricerche al livello della sensibilità di XENONnT.

Installato nelle sale sperimentali sotterranee dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, XENONnT utilizza come bersaglio per le interazioni delle particelle quasi 6.000 kg di xenon liquido ultrapuro, immerso in uno ‘schermo’ di acqua che funge da mezzo per il veto di muoni e neutroni. Grazie all’ampio screening dei materiali e all’ottimo funzionamento di una colonna di distillazione criogenica che rimuove attivamente il radon dallo xenon, la collaborazione XENON è riuscita nella difficile impresa di ridurre il radon a un livello senza precedenti. I risultati di XENONnT presentati oggi mostrano, infatti, un quinto del fondo dovuto al cosiddetto ‘rinculo elettronico’ rispetto al suo predecessore, XENON1T.

Inoltre, due anni fa, la collaborazione XENON aveva osservato un eccesso di eventi di rinculi elettronici nell’esperimento XENON1T. Il risultato aveva suscitato molto interesse perché poteva anche essere interpretato come un segnale di nuova fisica al di là dei fenomeni conosciuti nel Modello Standard. Quel tipo di interazioni con gli elettroni atomici dello xenon liquido, infatti, potrebbero essere prodotte da assioni solari, neutrini con momento magnetico anomalo, particelle analoghe ad assioni, o altre ipotetiche particelle candidate a comporre la materia oscura. L’assenza di un eccesso di questo tipo nei nuovi dati indica che l’origine del segnale in XENON1T era verosimilmente dovuta a tracce di trizio nello xenon liquido, una delle ipotesi allora considerate. Di conseguenza, questo permette ora all’esperimento di fissare dei limiti molto stringenti sugli scenari di nuova fisica.

Con questo nuovo risultato, ottenuto attraverso un’analisi ‘blind’ (cieca), XENONnT fa il suo ingresso sulla scena con un’esposizione iniziale di poco superiore a 1 tonnellata per anno. I dati già raccolti sono attualmente analizzati anche per cercare WIMP, obiettivo principale dell’esperimento, che interagiscono direttamente con i nuclei dello xenon. XENONnT è attualmente in acquisizione dati e punta a ottenere una sensibilità ancora migliore nei vari canali di fisica esplorati, come parte del suo programma scientifico per i prossimi anni.

Il contributo italiano. I gruppi INFN, coordinati da Marco Selvi della Sezione INFN di Bologna, e guidati da Gabriella Sartorelli (Università e INFN di Bologna), Walter Fulgione (INFN-LNGS), Giancarlo Trinchero (INAF e INFN-Torino), Michele Iacovacci (Università e INFN di Napoli), Alfredo Davide Ferella (Università dell’Aquila) e Guido Zavattini (Università e INFN di Ferrara) fanno parte del progetto XENON fin dal 2009. I gruppi italiani sono responsabili della progettazione, costruzione e funzionamento del sistema di veto di muoni e neutroni, all’interno dello schermo di acqua, cruciali per la riduzione dei fondi ambientali e di quelli dovuti alla radiazione cosmica residua. Hanno progettato e realizzato le varie infrastrutture presso i LNGS, e guidano il gruppo di simulazione Monte Carlo per la predizione e ottimizzazione delle prestazioni del rivelatore, e per la stima delle varie sorgenti di fondo. Partecipano, inoltre, alla purificazione dello xenon, e alla infrastruttura di calcolo dell’esperimento tramite il CNAF.  Sono anche coinvolti in diversi aspetti dell’analisi dati che ha portato a questi primi risultati di XENONnT. 

 

 

 

PNRR: NASCE IL CENTRO NAZIONALE DI SUPERCALCOLO

PNRR: NASCE IL CENTRO NAZIONALE DI SUPERCALCOLO

Si sono insediati, oggi, 19 luglio, gli organi direttivi della Fondazione ICSC, che gestirà uno dei cinque Centri Nazionali previsti dal PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Nasce così il Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing che, proposto dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, conta 51 membri fondatori distribuiti su tutto il territorio nazionale, provenienti dai settori pubblico e privato, dal mondo della ricerca scientifica e dell’industria. Il nuovo Centro Nazionale farà base al Tecnopolo di Bologna, una cittadella dell’innovazione promossa dalla Regione Emilia-Romagna, anche grazie a investimenti del Governo Italiano e della Comunità Europea, che già ospita il Data Center del Centro Meteo Europeo (ECMWF) e a breve accoglierà il supercalcolatore Leonardo gestito da CINECA, e il Centro di Calcolo dell’INFN, e metterà in rete e a sistema le specifiche conoscenze, competenze e risorse di realtà che operano in tutta Italia in molteplici ambiti, con l’obiettivo di costruire un’infrastruttura distribuita e trasversale che supporti la ricerca scientifica e il mondo produttivo nell’innovazione e digitalizzazione del Paese.
ICSC, coerentemente con gli obiettivi strategici del PNRR, realizzerà i suoi obiettivi specifici promuovendo le carriere dei giovani e iniziative per il superamento del divario di genere nelle carriere professionali e tra il Nord e il Sud del Paese.
Per portare a compimento la sua missione, ICSC conterà su un finanziamento, su fondi Next Generation EU nell’ambito della Missione Istruzione e Ricerca del PNRR coordinata dal MUR Ministero dell’Università e della Ricerca, pari a euro 319.938.979,26, di cui il 41% sarà investito al Sud. In particolare, del finanziamento complessivo, oltre 100 milioni di euro saranno dedicati al personale, un investimento che viene considerato prioritario, con una partecipazione femminile di almeno il 40%, e con quasi 16 milioni di euro riservati a borse di dottorato e quindi all’alta formazione e alla carriera dei giovani.
Nel corso della prima assemblea plenaria, che è stata ospitata oggi nella sede della Regione Emilia Romagna alla presenza anche del Presidente Stefano Bonaccini, i membri fondatori di ICSC hanno eletto Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN, alla presidenza della Fondazione, e i dieci membri del Consiglio di Amministrazione: Emilio Fortunato Campana del CNR, Paolo Maria Mancarella dell’Università di Pisa, Francesco Scarcello dell’Università della Calabria, Donatella Sciuto del Politecnico di Milano, Simona Tondelli dell’Università di Bologna, Francesco Ubertini del CINECA, Matteo Laterza di UnipolSai, Elisabetta Oliveri di Autostrade per l’Italia, Andrea Quacivi di Sogei, Francesca Zarri di Eni. A seguire si è svolta la prima riunione del CdA.

Perché. Il contesto. La nostra è la società dei dati. Negli anni più recenti, la sempre maggiore digitalizzazione di pressoché ogni attività umana ha prodotto e messo a disposizione un’immensa quantità di dati e di informazioni, e nel futuro prossimo questa tendenza andrà sempre più incrementandosi, producendo già nei prossimi anni moli di dati senza precedenti. Archiviare, ordinare, condividere, processare e interpretare questi dati, i cosiddetti big data, è diventata la grande impresa di oggi per rendere competitivo il Paese, sia nella ricerca scientifica, sia nel sistema produttivo, così da essere in grado di affrontare le sfide presenti e future su questioni chiave per la nostra società e il nostro Pianeta, come la salvaguardia dell’ambiente, la tutela della salute personale e pubblica, la realizzazione di smart city, lo sviluppo sostenibile. La gestione dei big data è quindi una priorità, per la quale sono necessarie ingenti risorse di calcolo, lo sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative, come i computer quantistici, e di algoritmi e modelli matematici e statistici sempre più avanzati. In questo contesto, il supercalcolo, le simulazioni numeriche, l’intelligenza artificiale, il machine learning, le tecnologie di frontiera sono strumenti essenziali per incentivare sviluppi e scoperte sia del mondo industriale sia del mondo della ricerca scientifica, e quindi per la crescita economica e culturale della nostra società. ICSC ambisce a diventare un ecosistema attrattivo a livello internazionale, rafforzando la competitività italiana e contribuendo alla leadership dell’Europa nel settore.
Questo è lo scenario nel quale nasce il Centro Nazionale HPC, Big Data e Quantum Computing, con il triplice scopo di costruire un’infrastruttura di supercalcolo italiana, di aggregare le risorse di ricerca e di innovazione nei settori maggiormente strategici per il Paese, e di posizionarsi come la piattaforma nazionale a supporto di iniziative scientifiche e industriali.

Che cosa. La missione. Il Centro svolgerà attività di Ricerca e Sviluppo, a livello nazionale e internazionale, a favore dell’innovazione nel campo delle simulazioni, del calcolo e dell’analisi dei dati ad alte prestazioni. Queste attività saranno svolte a partire da una infrastruttura d’avanguardia a livello internazionale per l’High Performance Computing e la gestione dei big data, capace di mettere a sistema le risorse e di promuovere e integrare le tecnologie emergenti. Nei prossimi anni ICSC implementerà soluzioni che porteranno a una velocità di rete superiore a 1 Terabit/secondo, e metterà a disposizione degli utenti una infrastruttura cloud tale da consentire la gestione di attività alla frontiera nella ricerca scientifica e nello sviluppo industriale.
Il nuovo Centro Nazionale di supercalcolo si focalizzerà da una parte sul mantenimento e il potenziamento dell’infrastruttura HPC e big data italiana, e dall’altra sullo sviluppo di metodi e applicazioni numeriche avanzati e di strumenti software, per integrare il calcolo, la simulazione, la raccolta e l’analisi di dati di interesse per il sistema della ricerca e per il sistema produttivo e sociale, anche attraverso approcci cloud e distribuiti.
ICSC coinvolgerà e promuoverà le migliori competenze interdisciplinari delle scienze e dell’ingegneria, permettendo innovazioni sostanziali e sostenibili in campi che vanno dalla ricerca di base alle scienze computazionali e sperimentali per il clima, l’ambiente, lo spazio, dallo studio della materia e della vita alla medicina, dalle tecnologie dei materiali ai sistemi e ai dispositivi per l’informazione.
Il Centro sosterrà l’alta formazione e promuoverà lo sviluppo di politiche per la gestione responsabile dei dati in prospettiva di open data e open science, coniugando profili di regolamentazione, standardizzazione e compliance. ICSC sarà un’infrastruttura cloud/HPC condivisa e aperta, e sarà un asset strategico unico per l’Italia, ma anche per la comunità internazionale.

Come. L’organizzazione. Il Centro Nazionale aggregherà le comunità scientifiche italiane di eccellenza in 10 diversi ambiti, sarà strutturato su due colonne portanti di eguale rilevanza, le infrastrutture e le aree tematiche, e sarà organizzato secondo il modello Hub e Spoke. Il Centro prevede anche il coinvolgimento delle aziende italiane per costruire una sinergia tra le comunità scientifiche e il mondo industriale, a beneficio sia del sistema della ricerca sia del sistema produttivo.
L’Hub avrà la responsabilità di validare e gestire i programmi di ricerca, le cui attività verranno elaborate e realizzate dagli Spoke e dalle realtà a essi affiliate, anche attraverso bandi aperti a istituzioni di ricerca e aziende.
Gli Spoke saranno 10 e cureranno altrettante aree tematiche: Future HPC & Big Data, Fundamental Research & Space Economy, Astrophysics & Cosmos Observations, Earth & Climate, Enviroment & Natural Disaster, Multiscale Modeling & Engineering Applications, Materials & Molecular Sciences, In-Silico Madicine & Omics Data, Digital Society & Smart Cities, Quantum Computing. Gli Spoke Future HPC & Big Data e Quantum Computing saranno di carattere tecnologico e avranno come obiettivo di frontiera lo sviluppo di chip e microchip avanzati e di tecnologie emergenti come quelle per il calcolo quantistico.
Il Centro Nazionale si è inoltre dotato di un Ethics and Data Governance Board (EDGB) e di un’unità di gestione dei dati, nonché di un comitato per l’accesso alle risorse di supercalcolo che sarà fondamentale per abilitare il programma di ricerca degli Spoke tematici con capacità e potenza computazionali. Infine, per ottimizzare e valutare l’impatto socio-economico delle proprie attività, ICSC ha costituito un gruppo di ricerca dedicato che opererà trasversalmente agli Spoke.

Chi. I membri della Fondazione ICSC. INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, CINECA, GARR, CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche, INAF Istituto Nazionale di Astrofisica, INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, IIT Istituto Italiano di Tecnologia, CMCC Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, FBK Fondazione Bruno Kessler, ENEA Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, CRS4 Centro di Ricerca e Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna, OGS Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, Università di Bologna, Università di Ferrara, Università di Bari, Università di Milano Bicocca, Sapienza Università di Roma, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Università di Trieste, Università di Padova, Università di Pavia, Università di Trento, Università di Torino, Università dell’Aquila, Università Federico II di Napoli, Università di Pisa, Università di Firenze, Università di Catania, Università della Calabria, Università del Salento, Università di Modena e Reggio Emilia, Università di Parma, Politecnico di Bari, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, SNS Scuola Normale Superiore, SISSA Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, Gruppo Autostrade, Engineering Ingegneria Informatica, Eni, Ferrovie dello Stato, Fincantieri, Fondazione Innovazione Urbana, IRCCS Istituto Clinico Humanitas, IFAB International Foundation Big Data and Artificial Intelligence for Human Development, Intesa Sanpaolo, Leonardo, Sogei, Thales Alenia Space Italia, Terna, UnipolSai Assicurazioni.

Quando. Tempi e sostenibilità a lungo termine. Il Centro Nazionale entrerà in piena attività il prossimo 1° settembre. Tra le sue prime iniziative, vi sarà la pubblicazione entro il 2022 dei primi bandi di dottorato e di reclutamento di ricercatori e a seguire la prima open call per coinvolgere altri soggetti in attività d’innovazione. Dal punto di vista tecnologico e infrastrutturale, invece, tra le principali tappe vi è l’upgrade del supercomputer Leonardo al CINECA e del centro di calcolo dell’INFN, l’acquisizione di un computer quantistico da collocare al Tecnopolo,  il completamento della rete GARR-T (Terabit) e alcuni inteventi per la creazione di Centri satellite tematici in altre sedi italiane. Mentre, nel 2024, sarà messa a disposizione degli utenti l’infrastruttura cloud potenziata. ICSC diventerà un ecosistema unico e di frontiera con un ruolo strategico per il Paese perché metterà a disposizione dei propri partner risorse e strumenti che essi non potrebbero realizzare e sostenere individualmente. Sulla base di questa visione, verrà svolta centralmente una funzione di indirizzo, coordinamento e supporto, mentre l’attività di ricerca e innovazione sarà affidata agli Spoke che potranno beneficiare di finanziamenti direttamente o tramite il Centro. In considerazione di ciò, gli Spoke e i loro affiliati si impegneranno a regime (dal 2026 in poi) a sostenere sul proprio budget ordinario alcune misure finanziate in fase di start up dai fondi PNRR 2022-2025, e a finanziare il Centro con un contributo annuale a partire dal 2022. Durante il primo anno di attività, sarà individuato un meccanismo premiante per incentivare i partner e le ricercatrici e i ricercatori più attivi e dinamici. Il Centro intende assolvere al suo ruolo strategico moltiplicando le opportunità per partner e stakeholder, massimizzando l’impatto socio-economico in un contesto competitivo, implementando qualcosa che oggi non esiste, senza sovrapporsi o competere con i singoli istituti di ricerca già presenti, ma creando invece valore aggiunto per i propri partner e per la società. E la chiave del successo dell’iniziativa risiede nella capacità di creare queste condizioni già nella fase di start up.

 

 

Immagine ©INFN CNAF_Pier Paolo Ricci

AL VIA LA MISSIONE DI LARES-2

AL VIA LA MISSIONE DI LARES-2

Il volo di Vega C, il lanciatore leggero di nuova generazione dell’Agenzia Spaziale Europea, decollato con successo oggi, 13 luglio, alle 15 e 13 (ora italiana) dallo spazioporto di Kourou, in Guiana Francese, segna l’inizio della missione di LARES-2 (LAser RElativity Satellite 2), lo strumento principale a bordo del razzo europeo, che ha raggiunto la sua orbita operativa, posizionata a circa 6000 km dalla Terra, dopo un ora e 24 minuti dal lancio. Frutto di una collaborazione italiana coordinata dall’Asi Agenzia Spaziale Italiana e guidata del Centro Fermi e della Sapienza Università di Roma, il satellite potrà contare su una tecnologia interamente sviluppata dall’INFN, responsabile della realizzazione e della qualifica del satellite. Gli obiettivi su cui LARES-2 si concentrerà nei prossimi anni saranno la verifica sperimentalmente di alcuni aspetti relativistici predetti dalla teoria di Einstein e la realizzazione di accurate misure di geodesia spaziale, tra cui la definizione metrologica della posizione del centro di massa della Terra.

Grazie alle sue caratteristiche, LARES-2, composto da una sfera di nickel ad alta densità (424 mm di diametro e 300 kg di massa) dotata di 303 retroriflettori CCR (Cube Corner Retroreflectors), rappresenterà un perfetto bersaglio riflettente per i raggi laser inviati dalle stazioni dell’International Laser Ranging Service (ILRS), che colpiranno il satellite nel corso della sua orbita intorno al pianeta. La rivelazione dei raggi retro-riflessi, effettuata dagli stessi centri di emissione, tra cui l’osservatorio ASI (Matera Laser Ranging Observatory), consentirà di effettuare misure estremamente precise della posizione di LARES-2 e di comprendere come questa sia influenzata dal campo gravitazionale e dalla rotazione terrestre.

L’elevata massa e compattezza del LARES-2 e la possibilità di seguire costantemente la sua traiettoria attraverso il sistema di posizionamento laser che sarà utilizzato permetteranno al satellite di ridurre al minimo l’influenza di altre perturbazioni non-gravitazionali, rendendolo di fatto una massa di prova particolarmente adatta a testare le previsioni della Relatività Generale, e quindi l’esatta curvatura dello spazio-tempo indotta dalla Terra e gli effetti prodotti dal cosiddetto Frame Dragging, un distintivo fenomeno gravitazionale associato alla rotazione terrestre.

La realizzazione di una struttura sferica di alta densità e perfettamente bilanciata dotata speciali specchi in grado di retro-riflettere i raggi laser incidenti hanno perciò rappresentato compiti cruciali ai fini del futuro e corretto funzionamento di LARES-2. Attività di cui l’INFN, attraverso l’SCF_Lab dei Laboratori Nazionali di Frascati e la Sezione di Padova, è stato interamente responsabile.

La selezione e la certificazione del materiale da adottare e le complesse lavorazioni meccaniche con i corrispondenti controlli dimensionali, hanno rappresentato le fasi fondamentali della progettazione e realizzazione di LARES-2. La vasta esperienza sviluppata all’INFN nella progettazione e realizzazione di rivelatori e acceleratori di particelle, e i contributi alla realizzazione di apparati fondamentali del programma di fusione nucleare (IFMIF e DTT ancillari al progetto ITER) hanno rappresentato la chiave del successo del contributo, che ha visto l’INFN sostituirsi al ruolo precedentemente assunto da aziende specializzate, come avvenuto per LARES-1. Queste attività, condotte presso la sezione di Padova, si integrano con quelle svolte presso i Laboratori Nazionali di Frascati, responsabili del coordinamento del progetto e dei 303 riflettori che compongono l’ottica del satellite, dell’integrazione di quest’ultimo e dei test volti a verificare la sua idoneità al volo spaziale.

“La tecnologia dei retroriflettori sviluppata presso il nostro SCF_Lab è un prodotto di eccellenza del nostro laboratorio, di cui siamo molto orgogliosi. Sono ormai numerose le missioni spaziali che si avvalgono di questi strumenti. Possiamo quindi dire che c’è un pezzo di INFN in molti luoghi dello spazio. Il laboratorio intende proseguire con queste attività, nell’ambito dello sforzo INFN nella ricerca spaziale”, commenta Fabio Bossi, Direttore dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN.

LHCB OSSERVA TRE NUOVE PARTICELLE ESOTICHE. LA PRESENTAZIONE AD ICHEP 2022 IN CORSO A BOLOGNA

LHCB OSSERVA TRE NUOVE PARTICELLE ESOTICHE. LA PRESENTAZIONE AD ICHEP 2022 IN CORSO A BOLOGNA

La collaborazione internazionale LHCb ha osservato un nuovo tipo di ‘pentaquark’ e la prima coppia di ‘tetraquark’, formati da due quark e due antiquark, che a sua volta include un tetraquark mai osservato prima. La scoperta realizzata s grazie a un’analisi interamente condotta da ricercatori italiani dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Università degli Studi di Milano.

Tre nuovi componenti si vanno ad aggiungere al sempre più ricco elenco di particelle rare conosciute. A contraddistinguerli, un numero di costituenti elementari, quark, superiore rispetto a quello che caratterizza i più diffusi protoni e neutroni che compongono la materia di cui anche noi stessi siamo fatti. In particolare, si tratta di un nuovo tipo di ‘pentaquark’, particelle che contengono quattro quark e un antiquark, e la prima coppia di ‘tetraquark’, formati da due quark e due antiquark, che a sua volta include un tetraquark mai osservato prima.

La scoperta porta la firma della collaborazione internazionale LHCb, che conduce uno dei quattro grandi esperimenti al superacceleratore LHC del CERN, ed è stata realizzata grazie a un’analisi interamente condotta da ricercatori italiani dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Università degli Studi di Milano. I risultati dello studio, presentati in anteprima il 5 luglio durante un seminario al CERN, svoltosi a poche ore dalle prime collisioni tra protoni a energia record, vengono presentati oggi, 9 luglio, alla più ampia comunità internazionale che sta partecipando in questi giorni a Bologna alla conferenza ICHEP 2022, il più importante appuntamento mondiale dedicato alla fisica delle particelle, organizzata quest’anno dall’INFN con le Sezioni di Bologna e Ferrara.

I quark sono i mattoni fondamentali di cui è costituita la materia. Si combinano per formare gli adroni: barioni, come il protone e il neutrone, composti da tre quark, e mesoni formati da coppie quark-antiquark. Le recenti indagini condotte per mezzo degli acceleratori di particelle hanno tuttavia reso sempre più evidente come molti adroni, definiti esotici, siano caratterizzati da composizioni peculiari, a quattro o più quark, che non trovano posto nello schema degli adroni ordinari.

“Per riuscire a osservare queste nuove particelle esotiche, ci siamo concentrati sull’analisi dei dati raccolti dal nostro esperimento LHCb durante tutto il periodo di attività scientifica dell’acceleratore LHC, dal 2011 al 2018”, spiega Nicola Neri, ricercatore INFN e docente di Fisica Sperimentale all’Università Statale di Milano. “In particolare, – prosegue Neri – il nostro lavoro si è concentrato sullo studio di alcuni decadimenti di mesoni B, che abbiamo scelto in quanto molto promettenti per la produzione di queste nuove particelle”.

Il primo dei nuovi adroni esotici individuati, il pentaquark, contiene una coppia charm-anticharm e un trio di quark up, down e strange. La seconda scoperta riguarda, invece, l’osservazione contemporanea di un tetraquark e della sua controparte neutra, entrambe composte da un quark charm e un antiquark strange, insieme a una coppia di quark up e antiquark down, in un caso, e antiquark up e quark down, nell’altro.

“Il nuovo pentaquark è la prima particella di questo tipo a contenere un quark strange. Inoltre, la sua massa è risultata vicina alla somma delle masse degli stati ordinari a tre e due quark, il che può rivelare importanti informazioni sulla natura della famiglia dei pentaquark”, spiega Elisabetta Spadaro Norella, ricercatrice dell’INFN dell’Università degli Studi di Milano. “Per quanto riguarda invece la seconda scoperta, l’aspetto di novità è rappresentato dalla particella non neutra di cui si compone la coppia di tetraquark, la prima del suo genere, che risulta essere doppiamente carica”, conclude Spadaro Norella.

“Negli ultimi anni, soprattutto grazie al contributo di LHCb, sono state molte le particelle individuate che sono andate ad arricchire le conoscenze sullo “zoo” degli adroni esotici”. sottolinea Vincenzo Vagnoni, ricercatore e responsabile nazionale INFN di LHCb. “Quest’ultima scoperta ci consente quindi di fare un ulteriore passo avanti verso la costruzione di un modello in grado di classificare queste particolari particelle e descriverne la formazione e i modi di interazione, esattamente come accadde oltre sessant’anni fa con l’elaborazione del modello a quark”, conclude Alessandro Pilloni, ricercatore INFN della sezione di Roma 1 e dell’Università di Messina.